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Autore: Flippy83     11/08/2011    17 recensioni
Questa storia ha partecipato al concorso "ONE SHOT DELL'ESTATE" di epf
Un bambina dagli occhi cioccolatosi spia il bambino triste e dagli occhi verdi al di là del campo.....una storia romantica che va al di là del destino avverso!!!
"Ogni nostro sfiorarsi è accompagnato da un sorriso e dall’urgenza di unirsi finalmente in una unica carne come lo eravamo da anni in un unico cuore…" Se vi ho incuriosito leggete!!!
grazie a tutti e buona lettura ;)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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il canto del campo di grano

Ciao a tutte, 

per chi non mi conosce questa non è la mia prima ff, ma lo è sicuramente con Edward e Bella umani......Leggendo del concorso sulla one shoot per l'estate improvvisa è arrivata questa storia, ben impressa in testa e quando l'ispirazione chiama non si può far altro che rispondere... ;)

Per chi mi conosce già, eh si è tornata l'ispirazione e anche il tempo per scrivere quindi quando prima ricomincerò la ff sui Robsten!!!Non nego che le one shoot ultimamente mi vengono più spontanee....

Questa storia partecipa al concorso "One shoot dell'estate".

Quindi vi auguro a tutte/i buona lettura sperando che proviate quello che ho provato io nel scriverla...Bacioni!!! 

Il canto del campo di grano

 

 

Questa è la storia dei miei genitori…una storia d’amore bella e travagliata, che riascoltare e rivivere mi riempie sempre di gioia e commozione.

Ancora adesso, anche se la mia vita conta più di qualche anno, mi piace aprire il vecchio diario di mia madre, ingiallito e macchiato da innumerevoli lacrime, per immergermi nel racconto del loro amore…

Sepolta tra i cuscini del divano, in una sera di pace e tranquillità dovute al fatto che il resto della famiglia dormisse, coperta da un plaid caldo ed accogliente che mi coccola, davanti una tazza di thè fumante apro la prima pagina del Diario, l’accarezzo e comincio ad immergermi nella lettura:

 

Giugno 1983

    

“ Gli scossoni del treno mi risvegliano bruscamente dal torpore che mi aveva catturato, mi guardo intorno sbigottita ed intontita sentendo salire quel sottile senso di panico tipico di quando non sai dove ti trovi. Guardo fuori dal finestrino e leggo il nome della stazione “Davenport”, subito mi ricordo ed un sorriso nuovo compare sulle mie labbra accompagnato da un senso di euforia: sto tornando a casa!!!

Il treno rombando e sferragliando riprende il suo cammino lento mentre io come una bambina curiosa guardo il panorama che diventa sempre più familiare. Il sole del primo pomeriggio, rispecchiandosi sul vetro del finestrino, illumina un paesaggio dorato mostrandomi ettari ed ettari di terreno coperti dal manto frusciante e spettacolare del grano maturo.

Di nuovo campi di grano…

I miei campi di grano…

I miei ricordi corrono veloci a tanti anni prima, a quando ero solo una bambina allegra e spensierata, che conosceva il dolore ma aveva ancora tanta voglia di vivere,

che contemplava quei campi immensi e quasi poetici per lei dalla finestra della sua camera.

 

Ero una bambina dai lunghi capelli boccolosi di un marrone cioccolatoso un po’ anonimo e dagli occhi neri e curiosi. Vivevo lì, nell’Iowa, in una delle case più belle dell’intera zona. Una piccola casa a dire il vero, in cui vivevo con mio padre che lavorava come poliziotto e allo stesso tempo coltivava il grano. Amava la terra, l’odore della terra quando finalmente pioveva dopo un periodo di siccità, ne amava il calore in estate e la consistenza…..ed aveva trasmesso questo amore a me, Isabella, la sua unica bambina.

L’estate era il periodo che amavo di più, passavo tutto il mio tempo libero a giocare nei campi, rincorrendo Stregatto, il mio gatto dispettoso….Ballavo immaginando di trovarmi su un palco immenso….ma soprattutto nascondendomi per spiare lui, il bambino dei vicini. Era un bambino timido e solitario che passava molto tempo sulle rive del ruscello che attraversava il confine con le nostre terre a suonare la chitarra. Lo avevo intravisto per caso un giorno al finir dell’estate prima, ma pur curiosa avevo avuto paura ad avvicinarmi.

Inutile negarlo ormai, ero una bambina che difficilmente legava con gli altri, avevo paura di legarmi a qualcuno che non fosse il mio forte e stabile papà…

Da allora, mi mettevo ad osservarlo nascosta tra piante di grano e di granturco. Un occhio sbirciava quel bambino triste dagli occhi verdi che pizzicava la sua chitarra scordata rimanendo spesso con lo sguardo perso.

Era più alto di me, con bellissimi capelli ramati che rispecchiavano il colore del grano al tramonto…ma non sorrideva mai, o almeno io non l’avevo visto mai.

Durante le feste e le passeggiate in città con mio padre evitavo sempre di avvicinarmi a lui, nascondendomi dietro la figura esile ma protettiva del mio papà…

 

Continuo a guardare il paesaggio fuori dal finestrino mettendomi comoda sul sedile del treno mentre sento salire un nodo alla gola al ricordo di mio padre, un uomo che mi ha dovuto crescere da solo dopo che mia madre lo ha abbandonato alla ricerca di una vita migliore. Era il papà più buono del mondo, anche se burbero molto spesso, ma mi amava e mi voleva bene e pensare al suo ricordo adesso dopo tanti anni lontani mi mette un po’ di tristezza mentre una lacrima scivola via veloce sulle mie guance…

 

Un pomeriggio uscii di casa odiando la mia vita, mia madre, che ancora una volta aveva dimenticato che io esistessi e non mi aveva neanche fatto una chiamata per il mio decimo compleanno... sola ed accecata dalle lacrime mi immersi nel mio mondo, il campo dietro casa…lì dove nessuno poteva trovarmi, dove potevo immaginare qualche mondo fantastico senza dolore e dove una madre ti vuole bene…Le lacrime scendevano senza che io potessi fermarle annebbiandomi la vista mentre correvo a perdifiato, correvo per non pensare, correvo per dimenticare, correvo per stancarmi tanto da perdere i sensi e non sentire più tutto quel dolore che non mi faceva respirare, correvo verso una buca che non potevo vedere e che mi fece cadere e ritrovare per terra con un dolore lancinante alla caviglia.

Non so quanto tempo rimasi lì piangendo tutte le mie lacrime, con la caviglia che pulsava dolorosamente, finchè arrivò lui

-“Perché piangi bambina?” alzai gli occhi rispecchiandomi nel verde-azzurro del bambino spiato.

Non riuscii a rispondere troppo confusa e ancora scossa per rendermi conto di quello che stava accadendo. Lui si accorse che mi tenevo la caviglia che ormai si stava gonfiando e subito vi pose le mani cercando di esaminarla, emisi un flebile lamento come di un cucciolo ferito e lui voltandosi mi sorrise…

Non l’avevo mai visto sorridere in tutto quel tempo che l’avevo spiato ed era un peccato perché era la cosa più dolce che avessi mai visto.

Si tolse la camicia sottile a quadri che portava e piegandola come una striscia di stoffa ne fece una fasciatura che usò sulla mia caviglia, mi fece male all’inizio ma il sollievo subito dopo fu davvero tanto.

-“Gr-grazie” riuscii a dire con non poca difficoltà…

-“Oh allora sai parlare” mi canzonò dando un’ultima occhiata alla caviglia ormai fasciata.

-“Molto più di te” risposi un po’ stizzita, mentre lui guardandomi sorpreso scoppiava in una risata che finalmente illuminava i suoi occhi sempre tristi.

-“Io mi chiamo Edward Cullen e abito nella casa dei miei zii, i Masen” mi disse allungando la mano per presentarsi, la osservai un attimo valutando come sempre se potessi fidarmi, mentre lui mi guardava curioso ma non riluttante come tutti gli altri bambini.

-“Isabella Swan, e la mia casa è quella laggiù” risposi sorridendo finalmente, stringendo la sua mano e  indicando la mia casa che si intravedeva in lontananza.

Senza farmi appoggiare la caviglia storta mi riaccompagnò fino a casa sorreggendomi e tutto il tempo lo passammo ridendo e scherzando come due vecchi amici che si conoscono da sempre…

Non potei muovermi per molti giorni dopo a causa della slogatura, e ogni volta mi aspettavo che Edward comparisse alla mia porta impaziente di rivederlo perché finalmente avevo un amico. Ma fu solo molti giorni dopo che si presentò davanti casa, scesi le scale talmente in fretta che rischiai di rompermi anche la gamba sana… aprii la porta con un ampio sorriso e le lunghe giornate di assenza furono presto cancellate dal papavero che lui mi offrì, rosso come le mie guance in quel momento….Da quel giorno in avanti Edward diventò il mio migliore amico, il mio confidente, la mia famiglia, la mia nuova vita e dopo tanto tempo potei dire che ero felice…

 

I ricordi si affollano caotici nella mia mente riportando a galla tanti episodi successi in quegli anni meravigliosi…..Edward era di un anno più grande di me e aveva alle spalle una vita ancora più dolosa della mia…Io avevo almeno il mio papà, mentre lui aveva perso entrambi i genitori in un modo atroce, vittime di un incendio nella loro casa mentre lui ancora era a scuola….Era per quello che  viveva con gli zii, insieme ai suoi cugini, mi diceva sempre che stava bene con loro, lo avevano accolto come un fratello e come un figlio, ma io sapevo leggere la tristezza nei suoi occhi e capivo cosa significava non avere un genitore, che fosse per disgrazia o per volere di questo…il dolore era lo stesso…

La sua sensibilità non l’ho mai riscontrata in nessuno, ne uomo ne donna, e con lui potevo parlare ore, mi ascoltava ed io facevo lo stesso per lui, era un ragazzo che pensava sempre a me, al mio bene prima di tutto il resto… Ci divertivamo, litigavamo come tutti i bambini, facevamo pace e ci sfottevamo fino a ridere con le lacrime agli occhi…

Sorrido divertita, tanto che il mio anziano compagno di vagone mi guarda come fossi pazza scuotendo la testa pensando sicuramente “gioventù bruciata”, ripensando a tutti gli scherzi fatti insieme a lui, mio padre ormai era esasperato tanto che per un periodo provò a vietarci di vederci con risultati altamente disastrosi….Come io che scappavo in piena notte e correvo in camicia da notte per i campi di grano ed Edward che si calava dalla finestra della sua camera cadendo di sedere su una pianta di rose alquanto spinose della zia….Ridacchio camuffandolo con un colpo di tosse!!! Uno dei nostri incontri notturni è anche uno dei ricordi più belli che ho del nostro periodo insieme:

 

-“Isabella???” mi chiamò Edward mentre eravamo sdraiati per terra su un pezzo di campo ormai rovinato…..ci piaceva troppo passare il tempo sdraiati così a parlare o anche semplicemente in silenzio ma insieme…

-“Mmm???” la mia risposta alquanto loquace nel cuore della notte.

-“Tu pensi che i miei genitori siano orgogliosi di me???”mi misi a sedere di scatto provocandomi quasi un capogiro, in tre anni che conoscevo Edward raramente aveva parlato dei suoi genitori e quando avveniva era  molto spesso dopo una mia domanda inopportuna…

Mi volto a guardarlo,lui con un fil di grano tra le labbra… il viso scruta il cielo blu e stellato sopra di noi, i suoi occhi malinconici sono di un colore diverso, circondati così dal grano e sotto la luce della luna i suoi occhi sono color ambra…..potrebbe quasi mettere timore a guardarlo per la prima volta, maestoso, occhi ambrati, espressione fredda….ma è sempre il Mio Edward…

-“Edward non devi neanche chiederla una cosa del genere, come potrebbero non esserlo???” mi guarda serio negli occhi, un ombra di un sorriso fugace sul volto

-“E tu, Bella, sei orgogliosa di me?” il respiro mi si blocca all’altezza del petto diventando una pallina palpitante insieme ai battiti del mio cuore che forse per la prima volta si rende conto che Edward è qualcosa di più di un semplice amico…

-“Sempre Edward, lo sarò sempre” rispondo con fatica e voce tremante, il suo volto si illumina come se la luna si fosse spostata direttamente nei suoi occhi…e mi abbraccia forte finendo l’operazione di soffocamento iniziata dal mio cuore ingrossato.

Mi stavo innamorando del mio migliore amico.

Mi stavo innamorando di Edward Cullen.

-“Edward saremo sempre amici noi due vero?” dissi aspirando il suo profumo e soffocando il groppo che saliva in gola prepotentemente…..

-“Certo mia piccola Bella” mi disse baciandomi la fronte mentre il mio cuore ormai malato di lui agognava qualcosa di più…

 

Furono anni bellissimi, non solo noi ma anche le nostre famiglie divennero sempre più unite, passavamo molte domeniche insieme, o i Natali e la festa del ringraziamento quando non andavamo da nonna Swan…ed era un bene anche per papà che in un certo senso occupandosi di me, del lavoro e dei campi aveva tralasciato tutto il resto, forse anche lui spaventato di legarsi di nuovo a qualcuno…

Ho ricordi bellissimi di mio padre che mi riempiono il cuore di calore dopo tanti anni di freddo…

I nostri genitori ormai avevano perso le speranze, sapevano che separarci era peggio e quindi avevano imparato a tollerare le nostre “fughe nel grano” come le chiamavano loro….anche quando i campi ormai erano aridi d’inverno passavamo i pomeriggi lì io a studiare mentre Edward suonava per me….

Il tempo insieme passava veloce, e più passavano i mesi più io diventavo decisamente isterica, ancora adesso mi domando come facesse a sopportarmi, ero innamorata follemente di lui, ma lo nascondevo con quanta più energia potessi, troppo spaventata delle conseguenze. Ma diventavo una iena, più mi convincevo che non potevo averlo più lo respingevo, ma più lo allontanavo più mi sentivo male, era tutto per me e così lo ricercavo implorante finchè non mi rendevo di nuovo conto che quella vicinanza mi faceva male…Ero combattuta tra non averlo e averlo comunque vicino!!!!

Adesso scuoto io la testa, quanta ingenuità di una sedicenne nell’adolescenza e soprattutto quanto tempo sprecato dietro quei vaneggiamenti, pensando che non fosse giusto averlo per me…

 

-“Isabella Swan!!!!” mi chiamò con tono imperioso “Si può sapere cosa diavolo ti prende?” mi chiese quasi rabbioso dopo l’ennesima mia sfuriata da donna, bè donna è troppo impegnativo, da ragazza preda degli ormoni…

-“Niente” risposi continuando a camminare veloce in direzione del ruscello.

-“Niente un cavolo Bella, io non so più cosa ti prende, non vuoi più passare il tuo tempo con me? Basta che me lo dici chiaro e tondo”

-“Ma che dici? Stai farneticando” risposi sempre continuando a non guardarlo in faccia, ero arrivata troppo in là ormai tutte le energie mi avevano abbandonato, non potevo continuare con quella farsa a lungo.

-“Ti vuoi fermare per una fottuta volta” quasi strillò prendendomi per un braccio

stringendolo forte e facendomi voltare. Non aveva mai usato parole del genere con me e neanche quel tono…..esasperato si, proprio quello.

-“Bella” sussurrò più dolcemente e fu anche peggio del tono rabbioso, perché il mio nome, solo lui mi chiamava Bella, sussurrato così fu come una carezza sui miei nervi tesi… “io…io vedo che c’è qualcosa che è cambiato e se ho fatto qualcosa di sbagliato o non so io…”

Ero una cretina, con il mio comportamento infantile stavo facendo solo un gran casino da cui non sapevo più come uscirne.

-“Edward non è niente davvero” gli risposi guardando le mie scarpe diventate improvvisamente interessantissime.

-“Ed è per questo che neanche riesci a guardarmi negli occhi….” mi rispose triste.

Mi odiavo perché con il mio comportamento stavo facendo l’unica cosa che mi ero ripromessa non avrei mai fatto con lui: farlo soffrire.

Calde lacrime rigavano il mio volto senza sapere quando avevano iniziato il proprio cammino, mentre due calde e morbide dita mi sollevavano il volto portandomi a specchiarmi dentro due pozze che riuscivano a leggermi l’anima, profondamente.

I suoi occhi così espressivi che si facevano sempre più vicini ai miei mentre il mio respiro usciva a scatti ad ogni centimetro di avvicinamento…

-“Bella……..” fu un soffio sottile a contatto con le mie labbra quando le sue vi si posarono, delicate e calde…

Ero paralizzata.

Con gli occhi aperti guardavo ma non vedevo davvero davanti a me, chiusi gli occhi assaporando il contatto con le labbra di Edward….Edward mi stava baciando!!!

Un sorriso incurvò le mie labbra legate alle sue, mentre aprendo gli occhi mi potei rispecchiare nei suoi occhi blu, i suoi occhi così mutevoli alle emozioni e fantastici.

Le mie mani corsero alle sue spalle come avessero fatto ciò tutta la vita, come fosse naturale, e il bacio si approfondì diventando più caldo…

Le nostre labbra si cercavano felici finalmente libere di potersi trovare, mentre le mie si schiudevano la sua lingua assaggiò il mio sapore provandomi brividi intensi su tutto il corpo che catturarono anche lui.

Ci baciammo con più esigenza, la voglia di sentirsi, le lingue si incontrarono con impeto facendoci sospirare felici.

Ci separammo senza fiato, entrambi con gli occhi lucidi, sorridendo e con la voglia di ricominciare a baciarci. Tutto intorno a noi il vento produceva  un suono quasi melodioso…

-“……Ti Amo” il groppo in gola mi impedì di rispondere mentre il mio cuore faceva gli straordinari pervadendo ogni più piccola cellula del mio corpo di euforia…e non potei che dimostrargli quanto lo amassi anche io ricominciando da dove ci eravamo interrotti.

 

Edward era stato in quegli anni il mio “primo”, il mio primo amico sincero da bambina solitaria, il mio primo amore, il mio primo vero bacio…..il mio primo ragazzo.

Mi accorgo che inconsapevolmente le mie dita accarezzano le labbra nel ricordo di quel primo bacio….le labbra marchiate come con un tatuaggio da quel bacio anche se ce n’erano stati altri e anche molto intensi.

Il giorno dopo ridevo come non mai contenta anche dei lividi che mi aveva lasciato sul braccio per fermarmi…

Fu l’estate che passammo sempre insieme ad amarci, sorridendo del nostro esserci ritrovati, assaporando ogni attimo insieme, credendo che niente e nessuno avrebbe mai potuto dividerci…

Guardo il paesaggio dal finestrino scorrere veloce mentre mi avvicino sempre un po’ di più a casa….I ricordi di quegli anni ben custoditi nel mio cuore, oppure portati con me come  la camicia ormai lisa del nostro primo incontro, che ho custodito gelosamente…

Ero decisa: Edward sarebbe stato anche il primo in quel salto importante per diventare donna, ma non potevo immaginare invece che quello sarebbe stato il nostro ultimo periodo insieme, il nostro ultimo bacio…

Mia madre, la donna ingrata che mi aveva messa al mondo, tornò rivendicando i suoi diritti su di me…Minacciò mio padre che mi avrebbe portato comunque via con qualsiasi mezzo e non mi avrebbe permesso di tornare mai più.

Fui costretta a seguirla mentre lei pretendeva amore incondizionato e rispetto.

Prometteva un futuro migliore, in Europa dove lei finalmente aveva fatto “carriera”, in modo che potesse far diventare migliore la sua unica figlia.

Adesso so che il suo fine era solo trovare qualcuno che si occupasse di lei scopertasi malata, e non la mia cultura e il mio bene.

Lasciare la mia terra, la mia casa e mio padre fu la cosa più dolorosa che avessi mai fatto…

Lasciare Edward fu devastante.

 

Sentivo solo dolore.

Me ne stavo in piedi in mezzo al mio campo e guardavo l’orizzonte tingersi di rosso al tramonto….anche il cielo sanguinava….stavo per dire addio alla mia vita. Tutto di me sarebbe rimasto qui, e solo l’involucro del mio corpo ormai svuotato di tutto, senza anima, sarebbe partito.

Lo vedevo avanzare nella mia direzione, lento, accarezzando le spighe di grano al suo passaggio, delicatamente, come aveva fatto tante volte con la pelle della mia schiena.

Non riuscivo più a respirare.

Il mio cuore, il mio cervello, tutto di me urlava di non lasciarlo mai.

Bello come il sole, i capelli scompigliati come le spighe che attraversa, il corpo sempre più muscoloso, i tratti marcati e gli occhi…spenti.

Vorrei dire mille parole, dirgli che tornerò, che non lo dimenticherò mai, che lui è il mio destino, ma nulla di tutto ciò riesce ad uscire dalle mie labbra perché adesso so solo che me ne sto andando e che non lo rivedrò più….

Non ci saranno più chiacchiere in riva al fiume immersi con i piedi nell’acqua, non ci saranno più corse nei campi, non ci saranno più baci e carezze nelle fughe notturne, non sentirò più le sue mani tra le mie, non guarderò più i suoi occhi mutare ad ogni sua emozione…

E’ arrivato vicinissimo a me e mi abbraccia anche lui senza parole, ed io riesco solo a piangere ed accasciarmi senza più voglia di alzarmi mentre ci trasciniamo in ginocchio scossi dai miei singhiozzi.

Riesco a ripetere solo due parole strozzate..

-“Ti amo……Perdonami…….Ti amo…….Perdonami” come una litania funesta mentre lui mi accarezza i capelli e mi sussurra di calmarmi baciandomi la fronte.

Lo sto lasciando solo come i suoi genitori e questo non mi da pace mentre continuo a ripetere quelle due parole non riuscendo a smettere…

-“Non ho nulla da perdonarti mia piccola Bella” fu una pugnalata sentirmi amata così mentre io volevo solo evitargli tutto quel dolore.

-“Ti…..ti….sto lasciando….solo” riuscii a dire tra i singhiozzi ormai incontrollati mentre anche il cielo si era reso conto di cosa stava accadendo lì, diventando più minaccioso e ventoso.

-“No Bella, noi non ci stiamo lasciando, tu sarai sempre con me, ci sentiremo, ci rivedremo, è un arrivederci ad un giorno in cui staremo di nuovo insieme mia bella spiona” lo guardai incuriosita, non mi aveva mai detto in quegli anni che si era accorto del mio spiarlo. Mi sorrise cercando di infondermi un po’ di quella sicurezza che leggevo nel suo sguardo.

-“Mi mancherai, anche tu sarai sempre con me, in me…” gli risposi sempre più svuotata di tutte le emozioni.

Il vento era aumentato producendo intorno a noi un suono singolare.

-“Lo senti Bella?” mi chiese ed io annuii, “questo scampanellio dolce del grano mosso dal vento, sta suonando una melodia per noi, ovunque sarai e sentirai il canto del campo di grano saprai che io ti sto pensando e così sarà per me, ricorda, per sempre”

 

Deglutisco a fatica ricordando il nostro addio.

A Londra dove mi trasferii con mia madre i primi tempi furono bruttissimi, non ero io, fredda come il clima di quella città, vivevo perché non avevo alternative o le uniche alternative prevedevano un coraggio che non avevo.

Cominciai a soffrire di attacchi di panico, rimanendo senza respiro come quel giorno dell’addio ad Edward ed ogni volta rivivendo quella sensazione di smarrimento di me stessa.

Mi ero buttata con tutta me stessa negli studi quando non dovevo badare a mia madre ormai malata seriamente e solo il senso di colpa, dannato senso di colpa, mi aveva impedito di salire sul primo aereo e correre da lui…

A Londra raramente sentii il canto del campo di grano, anche se non mi serviva…il mio pensiero era costantemente rivolto al mio Edward e anche il suo a me…ma quando per qualche strana coincidenza riuscivo a sentire quel suono così particolare nuova energia nasceva in me dandomi la speranza che lo avrei rivisto di nuovo.

I primi tempi ci sentivamo ogni volta che potevamo, ma purtroppo ed inevitabilmente  le nostre strade si divisero inesorabilmente.

Edward non fu, come desiderato, la mia prima volta ma ci fu qualcun altro ad occupare quel posto, ci furono altri uomini, certo non tantissimi, ero pur sempre la ragazza che non si legava a nessuno, ci furono tanti errori commessi, anche se il mio cuore non era mai stato aperto a nessuno.

Trovai un lavoro che mi piaceva tantissimo, aiutare i bambini con problemi, il sostegno degli altri era diventato la mia fonte di serenità…..Al lavoro mi sento in pace, lo sguardo di un bambino che sa che tu ci sei per aiutarlo scalda il mio cuore per troppi anni freddo. Ho un’amica speciale, forse la vera amica che ho mai avuto, è un’insegnate delle scuole elementari, Mary, che è diventata la mia famiglia in Inghilterra….    

Tornai in America una sola volta, era mio padre che veniva da me, e in questi oltre dieci anni che sono passati non ho più rivisto il bambino spiato.

Mi hanno detto che ha preso la carriera miliare dopo qualche anno che sono partita, non ho più notizie di lui da almeno tre anni, da quando è partito in missione di pace.

E’ stata Mary a convincermi a partire e tornare per un po’ in America, adesso che mia madre non c’è più, non c’era più ragione di rimanere ma nello stesso tempo non trovavo più la ragione di tornare…Lei dolce e comprensiva come sempre mi aveva detto che mi avrebbe fatto bene ritornare un po’ nella mia terra e poi lei credeva molto nel suo sesto senso infallibile che le suggeriva che io avrei trovato la felicità…

Mai contraddire la mia pazza amica sui suoi presentimenti e così eccomi qui in viaggio verso la mia terra, verso casa.

Il treno si avvicina lento alla stazione che scopro essere la mia, immersa nei miei pensieri non mi sono accorta che erano passate tre ore di viaggio e finalmente ero arrivata.

La gioia di tornare a casa piano piano stava lasciando il posto all’agitazione, ero un po’ preoccupata e mentre mangiavo le mie unghie facendomi male sentivo la paura salire, avevo paura che non sarei stata più bene neanche qui, che qualcosa si fosse ormai spezzato quel lontano giorno…

Scendo timorosa sulla banchina facendomi catturare dagli odori così familiari per me e che mi sono mancati da morire, così come mio padre che si sbraccia commosso e tanto invecchiato per attirare la mia attenzione…

Piango tra le sue braccia come da bambina quando mi consolava per qualche mia sbucciatura, stringendolo forte e dicendogli che non lo avrei più lasciato, si liscia i baffi ormai bianchi, il suo gesto quando era in imbarazzo. Non era cambiato nulla, mi sento finalmente davvero a casa.

Il viaggio in macchina passa in silenzio mentre i miei occhi catturano ogni particolare di quel paesaggio tanto amato, ogni sfumatura, ogni cambiamento in tutti quegli anni…

E poi eccola apparire…….

Casa.

In lei non ci sono cambiamenti, forse i colori rinnovati, ma per il resto tutto è uguale a prima e le mie mani sudaticcie e gli occhi lucidi confermano la mia forte emozione…

Il mio sguardo veloce corre al campo dietro casa, dorato, in pieno periodo di maturazione e le lacrime fin ad allora trattenute scendono copiose, sbircio quasi sperando di veder apparire lui……..ma così non è….

Mio padre parla di come avesse sognato quel giorno da molto tempo, mi aggiorna di tutte le novità, mentre io al centro del salotto di casa mi guardo intorno assaporando anche la vista dei granelli di polvere sul camino, sono felice anche se una parte di me rimane morta, lasciata in quel campo tanti anni prima.

Mi sistemo e corro in camera mia, quasi scoppio a ridere, mio padre l’aveva lasciata intatta ed era decisamente la camera di un’adolescente come non le ero più da un pezzo!!!

Mi siedo sul davanzale della finestra come avevo fatto chissà quante volte e guardo il tramonto che comincia la sua avanzata tingendo tutto di rosso sfumato, il cielo della mia America, la terra del mio Iowa, il grano del mio terreno e…..

Una statua di cera in quel momento era più viva di me.

Il respiro e il cuore si sono fermati.

Un uomo lavora tra il grano maturo.

Un uomo dai ribelli capelli ramati.

Non posso crederci, mi stropiccio gli occhi, chiudendoli un attimo e cercando di riprendere un attimo di lucidità…..lo sapevo che tornando avrei perso definitivamente le mie facoltà mentali, ma non pensavo così presto e con allucinazioni così vivide.

Li riapro…. un occhio per volta.

E’ ancora lì, bellissimo.

Corro fuori avendo paura che arrivando giù possa scoprire di averlo solo sognato.

Con la coda degli occhi vedo mio padre ridacchiare divertito mentre mi guarda raggiungere quasi volando l’estremità del mio campo.

Cammino veloce ma cercando di non fare rumore temendo quasi che l’uomo che ho visto muoversi sicuro tra le spighe potesse fuggire via da me….la pazza Isabella!!!

Mi fermo e con le mani che tremavano corrono alla bocca a soffocare l’urlo che stava salendo, lì davanti a me bello come mai prima d’ora c’è Edward.

Immobile senza sapere cosa fare continuo a spiarlo, era la cosa che sapevo fare meglio.

Con grazia innata continua il suo lavoro. A torso nudo. Tutti i suoi muscoli della schiena tesi. I capelli già di loro ribelli scompigliati dal vento, di quel colore che solo lui può portare con tanta bellezza. Alto come non mi ricordavo. Sicuramente la mia memoria non gli rendeva giustizia, lo contemplo sognante e con gli occhi lucidi cercando di scacciare le lacrime che mi impediscono di vederlo finalmente.

Non so cosa fare, ho aspettato questo momento per tantissimo tempo e adesso non so cosa fare.

Ma non c’è bisogno di fare nulla, lui come se avesse percepito la mia presenza lì si volta nella mia direzione…..la sorpresa sul suo volto bellissimo mentre viene attraversato da mille emozioni e sensazioni: incredulità….dolore….gioia….speranza.

Ci guardiamo per un tempo che sembra infinito mentre tutto intorno a noi è immobile.

Con le gambe fattesi improvvisamente molli cerco di fare un passo verso di lui e nello stesso istante mi ritrovo tra le sue braccia forti e accoglienti, sentendomi ritornare a vivere.

-“La mia Bella” sussurra a voce bassissima troppo emozionato per riuscire a dire di più.

Passo una mano sul suo volto bellissimo, cambiato dagli anni che sono passati…un leggero strato di barba ricopre le sue guancie e il suo mento, passo il pollice tremante su una cicatrice che non c’era prima, i suoi lineamenti così familiari ma allo stesso tempo mutati, ma i suoi occhi sempre uguali che adesso brillano di felicità specchio dei miei…

-“Edward, sei qui….ancora qui” riesco a malapena a dire prima che la mia voce si strozzi, lui mi stringe più forte e mi fa ruotare sorridendo come un bambino, neanche quello è cambiato, e coinvolgendo anche me in quella gioia ritrovata.

-“Sei tornata, sei tornata……sei sempre stata qui” mi risponde mettendomi giù e portandosi una mano sul cuore, “e lo sapevo che questo giorno sarebbe arrivato” mi scosto da lui guardandolo con intensità perché nonostante tutto lui ci ha creduto davvero che ci saremmo ritrovati.

Inizia a raccogliere le sue cose e prendendomi per mano ci incamminiamo nel grano come se non fossero passati tutti quegli anni ma solo pochi mesi!!!

Mentre camminiamo così e lui mi spiega del perché ci siamo persi del tutto in questi tre anni, io non faccio altro che guardare quanto sia migliorato…i miei occhi  scorrono sui suoi zigomi pronunciati, sulle sue spalle larghe, sulla sua pelle di un magnifico color bronzeo dato dal sole…

La sua pelle bagnata di sudore quasi scintilla, mentre una goccia sbarazzina fugge via attraversandogli il petto massiccio che non passa certo inosservato.

Ho sempre amato Edward e l’ho anche desiderato tantissimo ma mai come in questo momento….sarà stato tutto il dolore vissuto, sarà stata la lontananza, sarà la consapevolezza che il tempo a nostra disposizione ci è stato rubato….non lo so, ma in questo momento riesco a pensare solo che con lui non voglio perdere più un minuto della mia vita.

Mi fermo e lui mi guarda sorpreso finchè non legge nei mie occhi tutto il desiderio che brucia come il sole sull’orizzonte.

E’ un attimo.

Ci ritroviamo stretti uno all’altro, labbra a labbra, lingua a lingua, come incollati…..ci stringiamo quasi a provocarci dolore tanta la paura di non toccarci abbastanza.

Il calore del suo corpo possente si propaga anche al mio che si risveglia dal torpore mentre il mio cuore torna ad aprirsi tanto che il suo battito ho paura possano sentirlo per miglia.

Non ci stacchiamo neanche per spogliarci finchè il bisogno di sentire la pelle dell’uno sull’altro non diventa più importante del tenersi stretti.

-“Mi sei mancata da morire amore mio….” Mi dice guardandomi negli occhi mentre un bacio molto più dolce e meno urgente le accompagna. Le sue labbra morbide e calde succhiano le mie togliendomi il respiro e facendomi sospirare.

La sua bocca passa al mio collo, accompagnando ogni bacio con un ti amo o un ti voglio mentre io sono solo capace di ansimare e sospirare come mai fatto prima….e passare le mani su quel torace scolpito e sul quel corpo che mi stò ripromettendo di scoprire tutto centimetro dopo centimetro.

Contenta dell’effetto che ho su di lui che rabbrividisce tra le mie braccia mi faccio più audace posando le mie labbra proprio su un suo capezzolo a contatto con il cuore che sento galoppare veloce…

Ogni nostro sfiorarsi è accompagnato da un sorriso e dall’urgenza di unirsi finalmente in una unica carne come lo eravamo da anni in un unico cuore…

E lui sa suonare magistralmente ogni parte del mio corpo come da ragazzo suonava la sua chitarra, ci sa fare tremendamente e quasi urlo mentre le sue dita toccano la mia parte più tesa e pulsante….affondandoci!!! Non mi soffermo sul moto di gelosia che ho sentito nascere nello stomaco pensando a come abbia imparato e con chi, non è il momento di pensare ad altre donne tra le sue braccia….

-“Sono stato solo tuo nel cuore” come se mi avesse letto nel pensiero mi sussurra roco ad un orecchio mentre prende tra le labbra un lobo.

Ormai sdraiati sul campo di grano, protetti come in una bolla, mi lascio andare completamente toccando anche la parte di lui che sicuramente più soffre in quel momento e sospirando di piacere…

Edward fu di nuovo il “primo” in quel momento, il primo con cui feci l’amore.

Il primo che entrando in me mi fa gridare di piacere.

Mi guarda negli occhi cogliendo ogni mia espressione estasiata mentre mi fa godere in un modo mai provato, mentre il mio corpo gli dimostra quanto non l’abbia mai dimenticato…

I suoi capelli bagnati ricadono sui suoi occhi blu mentre le mie mani li accarezzano di nuovo dopo tanto tempo.

Le spinte si fanno più urgenti come i respiri spezzati e la spiarle dentro di me che mi fa raggiungere l’apice gridando il suo nome e lasciandomi con la testa vuota e il corpo rilassato mentre guardo il suo viso stravolto dal piacere che lo rendono sconvolgentemente bello ed eccitante….

E mio.

Neanche dopo l’appagamento riusciamo a separarci, rimane in me mentre rimaniamo stretti in un abbraccio che vale più delle parole, abbiamo troppo da recuperare.

Rabbrividisco e solo in quel momento mi rendo conto che la notte è quasi alle porte e che il vento scuote il paesaggio intorno a noi, il frusciare melodioso delle spighe che ci circondano provoca quel dolce suono che ci accompagnerà per tutta la vita.

Il canto del campo di grano.”

Se siete arrivati alle note finali significa che avete letto la storia, le parti in corsivo sono ricordi del passato, cliccando sulla parola canto alla fine si sentirà il tipico suono di un campo di grano scosso dal vento....ringrazio tutti. Baci ;)

Altri miei scritti:

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