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Autore: Tonna    12/08/2011    7 recensioni
“Dov’è andato?”
“Non lo so” rispose Hermione, chiudendo Le Fiabe di Beda il Bardo; si massaggiò le tempie con gli occhi socchiusi e sollevò la testa verso Harry, notando la sua inquietudine mentre si guardava intorno alla ricerca di Malfoy.
“Stai tranquillo” lo ammonì alzandosi da terra e passandosi le mani sui pantaloni per cacciare via i residui di foglie secche. “Malfoy non è uno stupido, non ci farà scoprire”
Harry smise di vagare con lo sguardo e spostò gli occhi sull’amica, chiedendosi come riuscisse sempre a leggergli nella testa.
“Non può continuare ad andarsene in giro come se niente fosse” borbottò preoccupato, tornando a scrutare il folto degli alberi sperando di scorgere una figura esile dai capelli biondi, ma dopo qualche secondo fu costretto a rassegnarsi e tornò nella tenda sbuffando.
Hermione lo seguì dopo aver gettato una veloce occhiata alle proprie spalle, sperando di non aver parlato troppo presto. D’altronde Harry aveva ragione, Malfoy non poteva andarsene in giro tranquillo e tronfio come aveva fatto per tutti quegli anni a Hogwarts. Ormai era un reietto, un fuggitivo, un ricercato – per quanto il termine risultasse più babbano che magico -, proprio come lo erano loro.
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Ron Weasley, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
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Before you read:

Salve a tutti!
Sono qui con la mia prima Dramione (o più precisamente con la mia prima fanfiction su Harry Potter in generale o.o) e sono alquanto terrorizzata. XD
Inizio col dire che la storia sarà moooolto lunga, visto che per come li troviamo nei libri, Draco e Hermione sono assolutamente incompatibili.
Dopo aver letto qualche storia su di loro, però, mi sono finalmente convinta che tra loro qualcosa ci può essere *-* per questo mi è venuta la malsana idea di buttarmi in questa storia, quindi partiamo subito con le delucidazioni che la riguardano!
La storia parte dal capitolo 9 del Sesto Libro, con una sola differenza.
I fatti rimasti invariati sono: Piton ha già fatto il Voto Infrangibile con Narcissa (con Bella come Garante), Harry e Silente (che è stato colpito dalla Maledizione, infatti la sua mano è “bruciacchiata”) sono già stati da Lumacorno e il nostro Trio ha già ricevuto le lettere con i risultati dei G.U.F.O.; Malfoy è andato nel negozio Magie Sinister e Harry si è (giustamente, nel libro v.v) fissato che è diventato un Mangiamorte perché non vuole mostrare l’avambraccio sinistro. Infine, Piton ha ottenuto il ruolo di Insegnante di Difesa Contro Le Arti Oscure.
L’unico evento che non si è verificato è che Harry sia andato nello scompartimento dei Serpeverde sull’Espresso per Hogwarts (quindi in questa ff è arrivato al Castello con tutti gli altri).
In pratica, quindi, riscriverò quasi tutto il Sesto e il Settimo libro, una faticaccia insomma °-° Alcuni – ma pochi - capitoli ovviamente rimarranno uguali a quelli nei libri (ad esempio i flashback che parlano degli Horcrux), ma quando arriverà quel momento lo scriverò all’inizio del capitolo interessato.
Detto questo, credo di aver finito °-° E meno male X°D E’ più lunga la presentazione che la storia O_O
Beh, spero che l’idea vi abbia incuriosito almeno un po’, e ora via con la storia!
Grazie dell’attenzione, ci vediamo al prossimo capitolo! ;)

Bacini,
Tonna

 

I Don’t Want To Be

 

1.  Un nuovo anno a Hogwarts

 

Harry Potter aprì gli occhi di scatto, riscoprendosi sudato e con il cuore martellante nel petto.

L’aveva sognato di nuovo.

Si passò una mano sulla fronte madida di sudore e sentì un vago senso di nausea coglierlo all’improvviso, come gli succedeva sempre da quasi tre mesi a quella parte.

Aveva sognato Sirius.

Fece vagare lo sguardo vacuo per tutta la stanza, sentendo i respiri rilassati dei suoi compagni di dormitorio; si fermò a guardare le tendine tirate del letto di Ron, invidiandolo per come riusciva a dormire sempre sonni tranquilli, a prescindere da quello che gli succedeva intorno.

Guardò in basso sulle proprie coperte e notò, alla luce della luna, che stava stringendo convulsamente il lenzuolo, le nocche quasi bianche a causa dello sforzo.

Allentò la presa e si liberò dal groviglio di coperte, per poi scendere e rabbrividire quando i piedi vennero a contatto con il marmo freddo del pavimento.

Senza fare il minimo rumore, scese le scale che conducevano alla Sala Comune e prese posto sulla sua poltrona preferita, quella davanti al camino. Si rannicchiò con le gambe poggiate al petto e lo sguardo perso nel fuoco che ancora magicamente scoppiettava davanti a lui.

Quante volte aveva visto il volto di Sirius comparire lì all’improvviso, per dargli consigli o semplicemente per sapere come andavano le cose?

Si lasciò scappare un piccolo sospiro e poggiò la fronte sulle ginocchia, sentendo gli occhi inumidirsi.
Erano quasi tre mesi che non riusciva a dormire la notte, e la causa era sempre quello stesso sogno che lo faceva svegliare di soprassalto.

Sirius.

Sirius che spariva dietro il velo, che lo guardava con sguardo vuoto prima di cadere e scomparire alla vista.

E lui che urlava, mentre Remus lo tratteneva e gli diceva che il suo padrino, l’unica persona che gli ricordava la sua famiglia, non sarebbe più tornato.

Tirò su con il naso, sentendo il pesante senso di colpa farsi largo nel suo petto come un mostro deciso a squarciargli la cassa toracica con violenza.

Era colpa sua se Sirius era morto.

Aveva ceduto alla sua mania di fare l’eroe, come l’aveva chiamata Hermione, e aveva spinto l’Ordine e i suoi amici tra le braccia dei Mangiamorte.

Era successo tutto troppo in fretta.

La morte di Sirius, la comparsa di Voldemort, la Profezia, Silente che gli spiegava finalmente cose che avrebbe dovuto scoprire quattro anni prima...

Era stato troppo da sopportare e, come se non bastasse, la Gazzetta Del Profeta aveva rigirato il dito nella piaga, con tutti quei titoloni altisonanti che lo citavano come Il Prescelto, e di nuovo come Il Ragazzo Che è Sopravvissuto.

Ridicolo, davvero ridicolo. Se solo si fermava a pensare che un anno prima lo stesso giornale lo aveva citato come un pazzo, screditando sia lui che Silente, gli prudevano le mani. Ora cosa cercavano di fare?

Si asciugò gli occhi con la manica del pigiama, sollevando gli occhi arrossati e tornando a guardare il fuoco che scoppiettava più allegro di quanto in realtà volesse.

La vita gli sembrava vuota, da quando Sirius era morto.

Certo, quando Silente l’aveva portato via da Privet Drive si era sentito rilassato e contento, ma una volta arrivato alla Tana la depressione era tornata a farsi sentire. Con la casa piena di persone era stato facile isolarsi e chiudersi in camera per ore a fissare il poster dei Cannoni di Chudley appeso al muro, a ripensare al terribile anno passato.

“Harry?”

Harry sobbalzò e si voltò di scatto, facendo scricchiolare il collo.

Hermione…!” esclamò massaggiandosi la base della testa con una mano mentre con l’altra faceva sparire ogni traccia di lacrime dal proprio viso.

Hermione, stretta nella sua vestaglia verde chiaro e in pantofole, si avvicinò e gli poggiò una mano sulla spalla, aggirando la poltrona e prendendo posto sul bracciolo.

“Tutto ok?” chiese seria, notando le sue guance arrossate e gli occhi lucidi. Non si sorprese di trovarlo in quelle condizioni.

Harry annuì poco convinto, accennando un piccolo sorriso, e Hermione gli strinse la spalla per rassicurarlo.

“Non riesci ancora a dormire, vero?” domandò cauta, ma conoscendo comunque la risposta. Infatti Harry annuì e Hermione abbozzò un piccolo sorriso di incoraggiamento, prendendo ad accarezzarlo con dolcezza.

“Devi smetterla di torturarti così” lo ammonì cercando di usare un tono di voce autoritario ma allo stesso tempo dolce.

Il ragazzo le gettò un’occhiata veloce. “È stata colpa mia” disse solo, e Hermione sobbalzò sul posto.

“Non è vero!” disse convinta, togliendogli la mano dalla spalla. “Siamo andati lì per salvare Sirius, non è colpa tua se” esitò un secondo, “…Voldemort ti aveva ingannato. Non potevi saperlo”

“Ma tu lo sapevi” esordì lui, la voce tremolante. “Lo sapevi, me l’hai detto e io ti ho ignorata. Sirius è morto per colpa mia e se- se…” gli occhi di Harry si inumidirono velocemente e si affrettò a nascondere il viso contro le ginocchia, “se fosse successo qualcosa anche a voi…” lasciò in sospeso la frase, incapace di continuare quel discorso. Quell’eventualità era troppo brutta anche solo per essere pronunciata.

Gli occhi di Hermione divennero lucidi, ma ricacciò indietro le lacrime rendendosi conto che quello non era proprio il momento di lasciarsi andare ai piagnistei. Harry stava male, lo sapeva già da tempo, e da sua migliore amica qual era doveva consolarlo e aiutarlo.

Si sporse verso di lui e lo strinse in un abbraccio caloroso. Harry singhiozzò forte maledicendo se stesso per quello che aveva fatto e per essere scoppiato così, senza vergogna, davanti a una persona fiera e spesso rigida come Hermione.

Senza rendersene conto, però, si ritrovò a ricambiare quell’abbraccio materno e a stringere convulsamente la stoffa della sua vestaglia, mentre si lasciava andare come non aveva fatto quasi mai.

Harry aveva sofferto tanto in vita sua. Aveva perso i suoi genitori, i suoi zii lo detestavano, aveva visto morire davanti ai proprio occhi un compagno di scuola e, come ultima cosa, aveva visto morire il suo padrino per causa sua. Aveva sofferto in ognuna di queste occasioni, ma quest’ultimo evento sembrava avergli dato il colpo di grazia.

“Harry, stiamo tutti bene, siamo tutti vivi” disse Hermione all’improvviso, accarezzandogli i capelli dietro la nuca. Lui trattenne il fiato, stordito dalle lacrime. “Non pensare a quello che sarebbe potuto succedere.

Siamo qui, cerca di concentrarti su questo, altrimenti la morte di Sirius sarà stata vana” si allontanò piano da lui e lo fissò negli occhi, cercando di scorgerci un pizzico di sollievo.

Harry annuì piano con la testa, mentre Hermione tirava fuori un fazzoletto dalla tasca della vestaglia e iniziava ad asciugargli le lacrime.

“Ora torna a dormire, fra qualche ora dobbiamo scendere nella Sala Grande per la colazione” si alzò e lo afferrò per le mani, tirandoselo appresso. Harry seguì quei movimenti svogliatamente, ma cercò di tranquillizzarla con un cenno della testa e un sorriso un po’ più convinto degli altri.

Hermione si sporse e gli baciò la guancia, poi si allontanò e tornò nel proprio dormitorio silenziosamente. Harry la fissò sparire su per le scale e rimase qualche secondo immobile, mentre il calore dell’abbraccio che la sua migliore amica gli aveva dato poco prima, si disperdeva.

Era la prima volta che mostrava quella debolezza a qualcuno, dopo Silente. Ricordò quando poco più di due mesi prima era entrato nel suo ufficio e lo aveva quasi praticamente distrutto, lanciando cose ovunque e alla rinfusa.

Quella volta Silente non aveva battuto ciglio, e Harry, con il senno di poi – anche se in quel momento aveva seriamente pensato di volergli fare del male – gliene era grato. L’aveva fatto sfogare, proprio come aveva fatto Hermione in quel momento.

Sorrise, rendendosi conto di quante persone sorprendenti lo circondassero.

Si avviò su per il dormitorio con il cuore un po’ più leggero e uno sbadiglio nascente sulle labbra.

*

La mattina successiva, Harry, Ron e Hermione presero posto al tavolo dei Grifondoro nella Sala Grande, mentre i gufi scendevano in picchiata per consegnare lettere e pacchetti agli studenti.

Ron si servì un po’ di tutto, sotto lo sguardo disgustato di Hermione (che ancora non riusciva a capacitarsi di quanto fosse grande lo stomaco dell’amico) e quello assonnato di Harry, che si massaggiava le palpebre.

“Hai dormito, poi?” domandò Hermione staccando gli occhi da Ron e rivolgendosi all’altro, che per tutta risposta sbadigliò e annuì con la testa.

“Sì” rispose Harry, sorseggiando un po’ di succo di zucca, “Ma ho sonno lo stesso. Quando passa la McGranitt con gli orari?”

Hermione capì al volo il motivo per cui Harry aveva cambiato discorso, e non se la sentì di dirgli nulla. Dopotutto, nonostante la stanchezza, lo trovava meglio. Certo, non benissimo, ma meglio.

“Eccola, sta arrivando” rispose, e Ron sollevò la testa mentre la Professoressa marciava fiera verso di loro, la bacchetta e una pila di fogli in mano.

“Meho mahe che hoh ahhiamo hiù oshioni” esordì Ron sputacchiando ovunque, e Hermione lo colpì forte in testa con la mano.

“Manda giù, almeno, prima di parlare!”

Il rosso si massaggiò la testa con un sonoro Ahi! e ingoiò il boccone, tossendo.

“Dicevo” gettò un’occhiataccia a un’Hermione disgustata, “Meno male che non abbiamo più Pozioni” si rivolse a Harry, “Quest’anno niente Piton!”

Hermione scosse la testa e li fissò entrambi, scettica.

“Avete forse dimenticato che la cattedra di Pozioni quest’anno è stata assegnata a Lumacorno? Piton insegna Difesa Contro Le Arti Oscure”

“Il Professor Piton, Signorina Granger”

Tutti e tre si voltarono di scatto, trovando alle loro spalle Minerva McGranitt, più austera del solito.

“Sì, Professoressa, mi scusi” borbottò Hermione contrita. Non le era mai piaciuto essere ripresa dagli insegnanti, né durante le lezioni né in qualunque altra circostanza.

“Bene, Signorina Granger, questo è il suo orario” toccò con la bacchetta un foglio di carta dove apparve scritto l’orario delle lezioni di Hermione. Lei ringraziò e si alzò gettando un’occhiata veloce a Ron e Harry, per poi sparire fuori dalla Sala Grande diretta alla prima lezione di Antiche Rune.

La McGranitt prese i fogli con i risultati dei G.U.F.O. di Harry e Ron, e dopo averli esaminati, li informò che erano stati entrambi ammessi senza problemi alle materie necessarie per inseguire la carriera di Auror.

Harry e Ron si avviarono nella sala comune, decisi a passare la prima ora libera nella più assoluta libertà, rilassandosi e non facendo altro che giocare agli Scacchi Magici.

Quando Ron distrusse la seconda e ultima torre di Harry, esplose in una fragorosa risata mentre Harry protestava dicendo che quella che aveva appena fatto era una mossa scorretta.

Ron smise di ridere e fissò l’amico che, concentrato, fissava la scacchiera mentre i suoi pezzi gli urlavano suggerimenti che lui ignorava, volendo cavarsela da solo.

Quel particolare ricordò a Ron la vicenda che avevano vissuto in giugno, quando Harry non aveva voluto dare ascolto a Hermione, e gli tornò alla mente la conversazione che avevano avuto quella mattina mentre aspettavano che Harry scendesse dal dormitorio.

Hermione gli aveva raccontato che aveva trovato Harry nella Sala Comune, seduto sulla sua poltrona preferita, e che stava piangendo. Gli aveva raccontato dei suoi dubbi, di come l’avesse consolato, e a quelle parole Ron si era sentito un po’ amareggiato e tagliato fuori. Non perché i suoi migliori amici passavano del tempo insieme alle sue spalle, ma perché lui, Ron, non si era accorto affatto che Harry era sgattaiolato via dal dormitorio per starsene da solo nella Sala Comune, come non si era accorto del fatto che alla Tana Harry preferiva starsene sulle sue piuttosto che stare con gli altri. Era il suo migliore amico, eppure non aveva visto niente.

“Ron?”

Il rosso si riscosse dai propri pensieri, vedendo che Harry aveva mosso il suo cavallo e attendeva una sua mossa.

“Tutto ok?”

“No” rispose velocemente Ron, attirando la piena attenzione di Harry. “Voglio dire…” si corresse, “Mi dispiace, non mi ero mai accorto di quanto stessi male”

Harry rimase senza parole, mentre Ron diventava tutt’uno con i capelli e chinava il viso, imbarazzato.
Evidentemente Hermione gli aveva raccontato quello che era accaduto la notte scorsa.

“Sto bene, adesso” disse sicuro, e Ron alzò di scatto la testa per guardarlo e capire in qualche modo se gli stesse mentendo. Ma il sorriso che stava sfoggiando Harry lo rassicurò un po’.

“Hermione ha ragione, devo concentrarmi sul fatto che siamo qui e che possiamo ancora distruggere Voldemort. Così il sacrificio di Sirius non sarà inutile”

“Non dire quel nome” disse subito Ron, nervoso – Harry sbuffò -, ma poi annuì. “Vero. Concentriamoci su quello che faremo adesso” concluse, mangiando il cavallo di Harry con la regina.

Il moro gli lanciò uno sguardo irritato mentre i suoi pezzi riprendevano a urlare suggerimenti a voce ancora più alta, terrorizzati che potessero fare la stessa fine dei loro compagni.

“Senti, Ron…” disse, spostando in avanti un alfiere che però cercava di ribellarsi.

Ron fece un cenno della testa, e Harry continuò.

“Riguardo al discorso di Malfoy, di quello che abbiamo visto a Nocturn Alley…”

“Oh, non ricominciare!” sbottò lui, muovendo una torre su una casella nera lì davanti, “Malfoy non può essere un Mangiamorte, ha soltanto sedici anni!”

“E io ne avevo uno quando mi sono scontrato con Voldemort la prima volta, l’età non conta!”

“Non dire quel nome” soffiò Ron guardandosi intorno, e Harry sbuffò di nuovo. Non capiva affatto quella sciocca paura che avevano tutti quanti. Che differenza faceva un maledetto nome?

“Ok, ho capito, ma ti ripeto che secondo me Malfoy è diventato un Mangiamorte, e voglio provarlo”

“E cosa vuoi fare?” domandò Ron scettico, incrociando le braccia. “Vorresti intrufolarti nella Sala Comune di Serpeverde?”

Gli occhi di Harry si illuminarono all’improvviso, e Ron capì di aver detto una grande stupidaggine.

“Geniale, Ron!”

“Scordatelo, Harry, l’abbiamo già fatto una volta e non abbiamo cavato un ragno dal buco, ricordi?”

Certo che lo ricordava. Ricordava quel giorno come se fosse ieri, e invece erano passati quasi quattro anni. Lui, Ron e Hermione avevano fabbricato la Pozione Polisucco e avevano preso il posto di Vincent Tiger e Gregory Goyle – mentre Hermione aveva avuto un divertente incidente di percorso cercando di assumere l’identità di Millicent Bulstrode – per cercare di capire se Malfoy fosse l’Erede di Serpeverde, ma avevano preso una sonora batosta quando avevano scoperto che l’Erede non era nientemeno che Tom Riddle, ossia Voldemort stesso.

“Appunto, ma nessuno ci ha scoperti, no? Potremmo prendere il posto di qualcuno e cercare di far parlare Malfoy! Oppure basterebbe solo vedere se ha il Marchio Nero sul braccio!”

“Tu sei impazzito” Ron scosse la testa, deciso, “Siamo al penultimo anno, non possiamo rischiare così tanto solo per un dubbio”

“Mi sembri Hermione” rispose Harry aggrottando le sopracciglia. Perché nessuno voleva dargli retta? Anche quando aveva provato a parlarne al Signor Weasley, si era sentito dire che sicuramente si sbagliava perché Malfoy era solo un ragazzo. Ma qual era la differenza? L’età non contava, lui aveva incontrato Voldemort a un anno, e poi a undici anni. Era piccolo, eppure era riuscito a farsi valere. Perché per Malfoy doveva essere diverso?

“Anche lei ti direbbe che è una follia” disse Ron, indicandogli la scacchiera. “Ora forza, giochiamo”

Harry gli gettò un’occhiataccia e poi mosse un pedone, riflettendo.

Ron probabilmente aveva ragione, Hermione gli avrebbe detto che era una cosa inutile e che preparare la Pozione Polisucco da capo sarebbe stato difficile, senza contare che avrebbero anche dovuto rubare gli ingredienti dalle aule di lezione e dalla riserva privata di Piton.

Forse Ron aveva ragione, forse era una follia.

Ma la mente di Harry aveva preso a lavorare freneticamente, e in un modo o nell’altro avrebbe scoperto cosa stava tramando Draco Malfoy.

*

Hermione entrò dal buco del ritratto alla fine della lezione di Antiche Rune, accasciandosi sulla poltrona accanto al divano che stavano occupando Ron e Harry.

“Dio, che fatica” fece scivolare la borsa a terra e si stiracchiò, gettando un’occhiata ai suoi amici.

“Abbiamo Difesa Contro Le Arti Oscure, andiamo?”

I due annuirono e tutti e tre si alzarono, presero i libri di testo e dopo averli messi nelle borse insieme alle bacchette, uscirono diretti verso l’aula adibita per la lezione.

“Sono preoccupata” disse Hermione mentre camminavano per i corridoi, circondati da ragazzini del primo anno che cercavano frenetici le aule delle lezioni. Harry si perse un secondo a guardarli, ricordando quando anche lui e Ron al primo anno si erano persi nel castello e avevano fatto tardi alla prima lezione di Trasfigurazione con la Professoressa McGranitt. Ridacchiò fra sé e vide Ron fare lo stesso, probabilmente aveva pensato la stessa cosa nello stesso momento.

“Per cosa?” domandò il rosso scansando un paio di alunni di Tassorosso.

“Difesa Contro Le Arti Oscure è sempre stata una materia… come dire, interessante. Abbiamo avuto sempre professori un po’ strani, mi chiedo come Piton affronterà questa situazione”

“Lupin non era strano. E neanche Malocchio” rispose imbronciato Harry, e lo pensava veramente. Oltre a stimare Remus e Alastor come persone, li aveva stimati anche come professori. O meglio, aveva stimato Lupin, dato che Barty Crouch Jr aveva preso il posto di Moody come insegnante spacciandosi per lui tramite la Pozione Polisucco.

“Sì, intendo dire che anche quando c’era il Professor Lupin, le lezioni erano incostanti a causa del suo problemino” cercò di moderare i termini, sapeva quanto Harry fosse suscettibile su quell’argomento, e se la prendeva con chiunque dimostrasse un qualcosa di negativo nei confronti dell’amico d’infanzia dei suoi genitori.

“Ma è stato lo stesso un ottimo insegnante” intervenne Ron, bloccandosi davanti la porta dell’aula.

“Comunque è inutile parlarne, siamo arrivati. Fra cinque minuti potremmo vedere come si comporta Piton nei confronti della materia che ha sempre sognato di insegnare”.

Harry e Hermione si scambiarono un’occhiata inquieta e annuirono, poi aprirono la porta e tutti e tre entrarono nella sala poco illuminata.

Presero immediatamente posto ai banchi della seconda fila, Harry e Ron allo stesso banco e Hermione a quello accanto al loro, lasciando un posto vuoto.

“Con chi è questa lezione?” chiese Ron sporgendosi sul banco per parlare con entrambi gli amici, senza premurarsi di abbassare la voce. Piton non c’era, erano arrivati un po’ in anticipo evidentemente.

Harry tirò fuori l’orario dalla borsa e sbuffò sonoramente.

“Serpeverde” bofonchiò, riponendo il foglio al suo posto.

Ron alzò gli occhi al cielo sbuffando e Hermione tirò fuori il libro di testo dalla borsa, iniziando a sfogliare pagine a casaccio. L’aveva già letto, ovviamente, ma era sempre dell’avviso che un ripasso non le avrebbe fatto male.

“Toh, guarda chi c’è qui”

I tre si voltarono di scatto, trovando sulla soglia della porta la solita faccia da schiaffi di Malfoy e dei suoi due scagnozzi, Tiger e Goyle, grossi come armadi.

Draco mosse qualche passo in avanti e prese posto all’ultimo banco, mentre Tiger e Goyle si sedevano al banco accanto al suo, ridendo come due scemi in direzione di Ron, Harry e Hermione.

“Lo Sfregiato, Lenticchia e la Mezzosangue” disse sprezzante, un ghigno sul viso. Ron afferrò la bacchetta e fece per alzarsi, ma in quel momento entrò il Professor Piton seguito da altri alunni Serpeverde e Grifondoro.

“Weasley, che stai combinando?” fece vagare velocemente lo sguardo e notò l’espressione di trionfo di Malfoy, poi tornò a guardare il rosso. “Meno cinque punti a Grifondoro. E ora posa la bacchetta, se non vuoi far perdere altri punti alla tua Casa”.

Ron divenne rosso fino alle orecchie e fece come gli era stato detto, digrignando i denti in direzione di un Malfoy che si stava rotolando dalle risate.

Harry lo tirò per una manica e lo costrinse a voltarsi, poi gettò un’occhiataccia al biondo mentre Pansy Parkinson prendeva posto accanto a lui e gli sfiorava l’orecchio con le labbra, forse sussurrandogli qualcosa.

Qualcosa nello stomaco di Harry si mosse.

Non aveva mai fatto veramente caso al rapporto tra la Parkinson e Malfoy, ma ad un tratto li aveva visti con una luce diversa. Certo, non bastava una semplice frase sussurrata in modo complice per presupporre che fra i due ci fosse qualcosa, ma il modo in cui Pansy guardava Draco, faceva ipotizzare che tra loro ci fosse qualcosa di più di una semplice amicizia.

Si voltò verso Ron con una strana luce negli occhi e con un cenno della testa indicò alle loro spalle.

Ron cercò di guardare senza che nessuno se ne accorgesse, poi si voltò verso Harry con le sopracciglia aggrottate.

“E allora?” chiese, non capendo. Perché Harry gli aveva indicato Malfoy e la Parkinson?

“Malfoy forse si confiderebbe con lei…” mormorò Harry senza farsi sentire, e Ron spalancò gli occhi, incredulo.

“Harry, no! Basta con questa storia!” sussurrò, mentre Piton chiudeva le tende della stanza con dei veloci e fermi colpi di bacchetta.

Harry si chinò verso di lui e si coprì la mano con la bocca per non farsi sentire dagli altri.

“Ma sì, pensaci, è perfetto! Basta che uno di noi prenda la Pozione Polisucco e si spacci per la Parkinson, così Malfoy tirerà fuori tutto!”

“Io mi rifiuto” ribatté Ron con una smorfia, immaginando una scena in cui lui, nei panni di quella schifosa Serpeverde dalla faccia da Carlino, baciava Malfoy per estorcergli informazioni riguardante Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. 

Harry si fermò un attimo a pensare, poi si rese conto che c’era solo una persona in grado di ricoprire quel ruolo.

“Sì, io e te non siamo adatti per prendere il suo posto, non saremmo naturali”

“Quindi lasciamo perdere, ok?” Ron gettò un’occhiata nervosa a Piton, che stava sistemando con la bacchetta il proiettore per la lezione, e diede una gomitata a Harry.

“E basta, ok? Meglio non dare a Piton altre occasioni per toglierci punti”

Il moro guardò il Professore che aveva finito di armeggiare e annuì verso l’amico, deciso solo a rimandare la questione.

Gettò un’occhiata di sottecchi a Hermione – che aveva già sistemato sul banco piuma, calamaio, libro e bacchetta - e un piccolo sorriso sicuro gli si dipinse sul volto.

Hermione era perfetta, avrebbe recitato il ruolo alla perfezione.

L’unico problema, ora, sarebbe stato convincerla.

  
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