“Ne,
Sachiko, tu cosa ne pensi delle persone che si trovano
l'amante?”
Erano le tre del pomeriggio di una fredda giornata
invernale. La biblioteca dell'università era zeppa di studenti che,
a causa del freddo pungente, si erano rinchiusi in quel edificio
adiacente alla sede centrale, leggendo libri, sorseggiando lo
scadente caffè delle macchinette o parlando con le amiche fingendo
palesemente di studiare. Umi girò annoiata le pagine del libro di
diritto civile, attendendo che l'amica alzasse il viso dal suo
pesantissimo quaderno degli appunti e le prestasse un minimo di
attenzione. Sachiko tamburellò con la penna sul tavolo di legno
scuro, alzando quel poco che bastava gli occhi per sbirciare il viso
di Umi.
“Perché fai una domanda del genere ad una single?”
La mora alzò le spalle, concentrandosi sulle scritte sul
quaderno della castana.
“Così, mi incuriosisce la tua
opinione.” buttò li la ragazza. La pioggia non dava segno di voler
smettere di cadere, l'acqua scorreva veloce sui vetri delle finestre.
Sachiko esitò un attimo prima di rispondere, indecisa se chiudere
quel libro di diritto che non le sembrava particolarmente invitante
quel giorno e spettegolare con l'amica.
“Beh, se una persona si
fa l'amante molto probabilmente l'attuale fidanzato non la soddisfa
pianamente. Magari è una spina nel fianco.” rispose la castana,
appoggiando il mento sul palmo della mano e scrutando la mora con
grande interesse.
“Sai, conosco un'amica che ha l'amante. Ma
non se l'è fatto perché il fidanzato era seccante.” mormorò Umi,
osservando una coppietta di amiche che si precipitava dietro ad uno
scaffale con una montagna di libri tra le braccia. “ Tra loro va
tutto alla grande, eppure lei ha un altro.”
“Da quanto stanno
insieme?”
Umi sembrò pensarci su, appoggiando la schiena sullo
schienale della sedia e raccogliendosi i capelli in una coda di
cavallo alta con il solo intento di impiegare le mani in un'attività
che fosse stata diversa dallo scrivere su un quaderno frammenti di
frasi ricopiati da un libro dell'università. “Saranno più o meno
tre anni.”
“E con l'amante?” chiese Sachiko, sorridendo
maliziosamente. I gossip erano da sempre stati l'argomento preferito
della ragazza. Umi alzò gli occhi al soffitto, pensierosa.
“Un
anno.”
Sachiko cercò di trattenere una risata, timorosa che la
bibliotecaria la sbattesse fuori sotto al diluvio universale.
“E
non ha ancora lasciato il fidanzato?” esclamò stupita, nascondendo
un sorriso dietro alla mano. Umi posò i piedi per terra, diede una
piccola spinta e cominciò a dondolarsi sulla sedia.
“Forse
perché non ha nessun motivo di farlo.”
La castana si portò la
penna alle labbra, mordicchiando il tappo nero di plastica e
lanciando occhiate fugaci all'amica.
“Ne, chi è questa?”
Umi
smise di dondolarsi, riprendendo il libro dalla borsa rossa e
riaprendolo al capitolo che pochi istanti prima aveva accantonato per
mancanza d'ispirazione.
“Non la conosci .”
Troncò lì la
conversazione, lasciando Sachiko senza parole.
Non poteva certo
dirle che quella ragazza era proprio lei.
“Buona
serata, signorina.”
La voce del conducente del taxi le giunse
calda e cristallina alle orecchie mentre si chiudeva la portiera
dell'auto alle spalle. Umi si avvicinò al finestrino del sedile
vicino al guidatore, sorridendo all'ometto basso e dall'aspetto
tondeggiante.
“Anche a lei, Miura-san.” rispose allegramente
la moretta, porgendo i soldi della corsa all'uomo. Umi sentì le
ruote della macchina sgommare leggermente sull'asfalto, prima di
prendere velocità e incolonnarsi dietro alle numerose macchine che
sfrecciavano lungo la strada principale di Tokyo. L'aria fredda di
Febbraio le scompigliò i lunghi capelli neri come la pece, facendoli
ondeggiare al vento. La ragazza si strinse nel trench di lana rosso,
rabbrividendo al freddo della sera invernale.
L'odore di fritto
proveniente da qualche bancarella del parco le arrivò fino alle
narici, facendole venire l'acquolina in bocca. L'ultimo pasto che
aveva consumato era stato il pranzo che aveva condiviso con l'amica
Sachiko e i crampi della fame le stavano facendo andare lo stomaco in
subbuglio. Affrettò il passo, pensando che non appena arrivata
dentro avrebbe sicuramente cenato con il suo fidanzato. Sorrise
all'idea di rivederlo, sbadato e smemorato com'era non si era nemmeno
fatto sentire per tutta la giornata. Molto probabilmente il suo
manager l'avrà costretto a chiudersi in sala di registrazione come
un'appestato o, e questa le sembrava la risposta più incline alla
verità, il ragazzo aveva semplicemente accostato l'idea di chiamarla
insieme ai tanti altri messaggi che gli arrivavano e a cui rispondeva
giorni e giorni dopo averli ricevuti. Umi si scrollò di dosso un
paio di foglie che le erano finite sopra alla spalla, facendole
cadere sul marciapiede pieno di pozzanghere . Quella mattina aveva
piovuto parecchio e l'aria odorava ancora di pioggia e umidità.
Salendo alcuni gradini di un possente edificio si scontrò con una
bambina di appena cinque anni che, dall'urto , fece cadere il suo
peluche di pezza. La bambinette si fermò sull'ultimo gradino,
voltandosi alla ricerca del pupazzo e ignorando le richieste della
madre di sbrigarsi.
Umi ritornò sui propri passi, si chinò
appena e raccolse la pantera morbida e soffice . Con il palmo della
mano spolverò la testa dell'animale, privandola della polvere che
gli si era annidata sotto al pelo arruffato. Il rumore degli stivali
della bambina le fecero alzare lo sguardo, costatando che la piccola
aveva risalito i scalini e ora stava in piedi davanti a lei, il
faccino tondeggiante e le guanciotte rosa rivolte all'insù,
osservando la pantera che Umi stringeva tra le mani. La moretta
sorrise, porgendo il pupazzo alla legittima proprietaria.
“Tieni.”
disse la ragazza, dando un leggero e affettuoso buffetto sulla
guancia morbida e bianca come la porcellana della bambina. Quella
sorrise, mostrando i denti, agli angoli della bocca comparvero due
fossette ben marcate.
“Arigatou, Onee-chan!” rispose la
bambina allegramente, salutandola con la mano piccina e ritornando
dalla madre. Umi sorrise, riconoscendo nel sorriso della bambina le
sue stesse fossette. Non riuscì a non pensare al fatto che quelle
fossette infantili che possedeva fin dalla nascita facevano impazzire
lui.
Quel lui
che non era il suo ragazzo....
Cercò
di scacciare dalla mente il viso del ragazzo, stringendo la borsa e
voltandosi verso la porta dell'edificio che
portava la luminosa insegna “ Johnny's Entertainment.” ,
spingendo la porta a vetri con una mano e facendo ondeggiare il
pacchetto rosso plasticato con l'altra.
La donna in tailleur al
bancone della reception le lanciò un'occhiata veloce, alzando una
mano dalla cartellina nera e abbozzando un mezzo saluto.
“Buonasera,
Serizawa-san.” esclamò la donna, sorridendo pacatamente. Umi la
salutò sventolando la mano libera. Erano mesi ormai che faceva
avanti e indietro in quel edificio e benché si ostinasse ad arrivare
quasi sempre all'orario di chiusura, la vigilanza e le donne che
lavoravano come manager o segretarie chiudevano sempre un occhio,
fingendo di non vedere le sue incursioni notturne.
Premette il
tasto del decimo piano, guardando le porte dell'ascensore chiudersi
con un silenzioso e attutito clic. Il suo sguardo si posò sulla sua
immagine riflessa sulla superficie argentata che ricopriva le pareti
dell'ascensore, sistemandosi velocemente una ciocca di capelli dietro
all'orecchio. Strinse nervosamente il pacchetto tra le dita tremanti
delle mani, sospirando e contando mentalmente i secondi che le
mancavano per arrivare al suo piano.
Quella era una giornata
importante, era il 14 Febbraio, San Valentino. Quasi le sembrava ieri
il giorno in cui aveva incontrato per la prima volta il suo ragazzo,
Aiba Masaki. Umi sorrise, ricordando come se fosse appena successo il
loro primo incontro.
Quel lontano Febbraio dei suoi 17
anni....
Umi
osservava il fumo biancastro del suo respiro congelato uscirle dalla
bocca dischiusa, si contorceva nell'aria come nuvole di fumo magico,
salendo lentamente verso il cielo per poi scomparire in un batter di
ciglia. Erano ore ormai che stava in piedi in mezzo al marciapiede
pullulante di liceali, uomini d'affari e coppiette che avevano deciso
di passare il sabato sera in giro per le vie di Tokyo, rinchiudendosi
dentro a qualche bar, ristorante o andando al cinema a guardare
qualche nuovo film uscito da poco nelle sale.
Umi fece schioccare
la lingua spazientita, prendendo tra l'indice e il pollice la manica
del giubbotto rosa dell'amica, tirando leggermente la stoffa verso il
basso.
“Ne, Sachiko-chan... non possiamo semplicemente andare in
qualche bar aperto per noi povere liceali minorenni?” esclamò la
moretta, dando più forza al suo strattone “ Non passerà nessun
idol per di qua, lo vuoi capire?”
Sachiko si liberò della
stretta salda dell'amica, lanciandole uno sguardo di fuoco,
allontanandosi di qualche passo da lei, visibilmente irritata.
“Sono
sicura che qualcuno passerà, sono sicura.” esclamò la ragazza, il
tono di voce aveva leggermente sfiorato i decibel consentiti per non
prendersi una denuncia di disturbo della quiete pubblica. Umi alzò
gli occhi al cielo, incrociando le braccia al petto, facendo
ondeggiare la borsetta bianca. Presa da una sfrenata noia, cominciò
a camminare avanti e indietro per lo spiazzo deserto davanti ad un
ristorante francese, strascicando i piedi per terra, colpendo qualche
sassolino con la punta degli stivali neri, maledicendo l'amica che si
stava comportando come una perfetta fan girl in mezzo al marciapiede.
Avrebbe potuto fare tante altre cose quella sera, invece di
passarla all'agghiaccio con la sua migliore amica in mezzo ad una via
particolarmente trafficata in centro Tokyo ad aspettare, Dio sapeva
solo perché, qualcuno di famoso. Avrebbe potuto studiare per il
prossimo compito di matematica che le sembrava particolarmente
difficile, dato che non aveva mai aperto il libro da quando era
iniziata la scuola. Oppure si era appena ricordata che facevano quel
bellissimo film basato su una storia strappalacrime e particolarmente
deprimente che aveva atteso di vedere da mesi.
Era così
concentrata a camminare come una funambola sul ciglio del
marciapiede, allineando attentamente i piedi uno dietro all'altro
mentre con le braccia spalancate cercava di mantenere l'equilibrio
più stabile possibile, che non si accorse minimamente delle occhiate
preoccupate che i passanti le davano, catalogandola come l'ennesima
ubriaca del sabato sera. Umi si sentiva una stupida nel vedere che la
sua unica attività di quella sera era quella di rendersi ridicola
davanti alla gente.
Mise un piede in fallo, scivolando dal
marciapiede nell'esatto momento in cui un taxi stava per parcheggiare
vicino a lei. La macchina gialla non aveva ancora rallentato e si
prestava ad avvicinarsi al marciapiede ad una velocità che
sicuramente avrebbe investito Umi se fosse caduta in mezzo alla
strada. Lanciò un urlo stozzato, ma una mano la prese per il polso,
trascinandola verso la parte sicura del marciapiede. Umi inciampò
sbadatamente sui suoi stessi stivali, andando a finire tra le braccia
del suo salvatore. Si allontanò velocemente da lui, massaggiandosi
con le punta delle dita la guancia dolorante che era andata a
sbattere contro il petto dello sconosciuto. Alzò lo sguardo verso il
viso del ragazzo, incrociando un paio di occhi scuri e vivaci. Sulle
prime non riuscì a capire se fosse di aspetto gradevole o meno, dato
che la pesante sciarpa blu gli copriva metà del viso. Anche il
cappello di lana verde faceva il suo gioco, camuffando il suo
aspetto. Indossava un giubbotto pesante con il cappuccio, un paio si
jeans chiari e delle scarpe da ginnastica.
“Stai bene? Non
avrai mica pensato di toglierti la vita lanciandoti sotto ad un taxi
in procinto di parcheggiare, vero?”
La sua voce era squillante,
allegra. Umi aggrottò la fronte, voltandosi per notare che il taxi
si era fermato a pochi metri di distanza da lei.
“Non volevo
morire. Mi stavo solo annoiando.” esclamò la ragazza, sistemandosi
la sciarpa rossa attorno al collo che, dallo scossone, le si era
allentata. Umi alzò lo sguardo verso lo sconosciuto, rimanendo
stupita nel vedere che se ne stava davanti a lei silenzioso, come se
attendesse qualcosa di più che una semplice negazione di un
suicidio. Abbassò la testa in un inchino, aggiungendo: “Grazie per
avermi salvata.”
Sorrise e ritornò a grandi passi dall'amica
che guardava con gli occhi sgranati il ragazzo che, dopo averle
risposto con un educato “Di niente” stava entrando in un piccolo
Karaoke infondo alla strada.
Si aggrappò alla manica di Umi,
strattonandola con forza e indicando come una pazza in preda ad una
crisi isterica la porta del Karaoke dietro a cui era appena scomparso
il miracoloso salvatore.
“O mio Dio, sai chi era quello?”
esclamò tutta eccitata Sachiko, gli occhi le stavano uscendo dalle
orbite da quanto sgranati erano. Umi rifletté per alcuni secondi,
cercando di ricordare il viso dello sconosciuto.
“Una persona
che entrava in un karaoke?” domandò dubitante la mora, ma a
quanto pare l'amica non intuì la sua vena ironica dato che le
assestò un colpo con la borsetta firmata chanel sulla spalla.
“Quello era Aiba Masaki! Ma ti rendi conto che le fan pagano
per vederlo cantare e tu hai avuto una conversazione con lui
gratis!!?”
Umi aggrottò la fronte, osservando Sachiko con la
stessa espressione che avrebbe riservato alla comparsa di un alieno
davanti ai suoi occhi.
“Io non la riterrei una conversazione,
dato che ci siamo scambiati due parole e lui stava decisamente
dubitando della mia sanità mentale.” rispose la mora. Sachiko alzò
gli occhi al cielo, decidendo che non avrebbe mai più portato Umi
Serizawa a caccia di idol con lei.
La prese saldamente per una
mano, trascinandola come un bambina dietro a quel ristorante francese
,dove erano state ferme per ben due ore, il cui proprietario avrebbe
sicuramente chiamato la polizia se sarebbero di nuovo tornate davanti
al suo locale. Dietro alla struttura c'era un piccolo parco dotato di
qualche panchina e un'altalena dall'aspetto cadente. La fece sedere
su quella che doveva essere stata una panchina in origine e incrociò
le braccia al petto, lo sguardo decisamente irritato. Umi sospirò,
abbandonando la borsetta di fianco a se e appoggiando la schiena allo
schienale.
“Perché mi hai trascinato qui?”
Sachiko le
mise le mani sulle spalle, stringendo appena la presa.
“La
domanda che devi farti non è perché ti ho trascinata qui ma ..”
lasciò passare qualche secondo per dare enfasi alla frase che stava
per dire, per poi aggiungere: “ Ho abbastanza eye-liner sugli
occhi?”
Per poco Umi non le scoppiò a ridere in faccia,
trattenendo una grossa risata solo per non fare arrabbiare
ulteriormente Sachiko. La castana evitò apertamente le lamentele di
Umi ed estrasse dalla borsa un lucida labbra, che le passò con cura
sulla bocca, e una boccietta di profumo che solo Dio sapeva come
c'era finita dentro alla sua borsa. Ignorando le suppliche di Umi di
lasciarla andare a casa, la trascinò a forza dentro al Karaoke.
Il
locale era caldo e accogliente, il bancone della reception era
illuminato da luci rosse e palloncini a forma di cuore erano appesi
vicino alla porta. Il clima era così in tema con San Valentino che
Umi non poté non commiserarsi ulteriormente per essere ancora single
a 17 anni. Sachiko prenotò una stanza del karaoke per un'ora e, con
il scontrino ancora stretto tra le dita smaltate di rosa, si avviò
allegramente per il corridoio. La loro stanza portava il numero 6
appeso alla porta bianca e non appena le due ragazze furono entrate,
Sachiko si chiuse la porta alle spalle allo stesso modo di una spia
in incognito.
“Bene, Aiba Masaki è qui dentro e noi lo
attireremo cantando tutte le canzoni che ci sono degli Arashi.”
esclamò Sachiko, togliendosi la sciarpa e lanciandola sul divano
nero.
“Non è mica un animale della savana!” esclamò Umi,
togliendosi il giubbotto ed esibendo per la prima volta la maglia che
aveva comprato con tanta fatica con i soldi del suo lavoro par-time
“Sembri una bracconiera.”
Sachiko non la stette nemmeno ad
ascoltare e cominciò selezionare una canzone degli Arashi a caso.
Per ben mezz'ora non fecero altro che cantare canzoni su canzoni
di quel gruppo musicale. Umi non conosceva le loro canzoni, così si
limitò ad suonare le maracas a tempo di musica e a ondeggiare il
microfono come se fosse stato un uchiya.
Umi sentì il polso
dolerle così abbandono il microfono sopra al tavolo, guardandosi i
piedi con aria distrutta, desiderosa più che mai di tornare a casa e
di togliersi quei stivali che le stavano facendo gonfiare i piedi.
Erano passati anni dall'ultima volta che aveva messo piedi in un
Karaoke. Ora ne ricordava il motivo. Lei e la musica non andavano
decisamente d'accordo.
Si alzò in piedi, dirigendosi con fare
annoiato verso la porta bianca. Sachiko alzò lo sguardo dal display
luminoso dell'apparecchio per il karaoke, lanciandole un'occhiata
preoccupata.
“Non avrai mica intenzione di scappare vero?”
Umi
sventolò una mano all'altezza del viso, scuotendo la testa. “Vado
solo in bagno. Torno subito, fan-girl.”
Si chiuse la porta alle
spalle, nell'esatto momento in cui le note di “Hadashi no mirai”
cominciarono a risuonare per la stanza. Si voltò in direzione del
bagno, andando a sbattere contro qualcosa.
Alzò lo sguardo,
massaggiandosi la fronte dolorante. Un ragazzo sui 24 anni le stava
davanti, un paio di occhi vivaci si incatenarono con i suoi. Aveva un
bel fisico, la maglia a maniche lunghe bianca gli ricadeva un po'
larga sul corpo.
“Chiedo scusa, non l'avevo vista.” mormorò
Umi, inchinandosi appena. Sentì la risata allegra del ragazzo
giungerli alle orecchie, costringendola ad alzare il capo.
“E'
la seconda volta che ci incontriamo.” esclamò divertito il
castano, sorridendo alla moretta. “Non è che mi stai pedinando per
caso?”
Umi l?osservò attentamente e solo allora riconobbe il
ragazzo con il berretto verde che aveva incontrato fuori sul
marciapiede. Ora che si era tolto il giubbotto e la sciarpa la
ragazza lo poteva vedere bene il faccia. Aveva un bel viso che le
ricordava le fattezze di un felino, i capelli erano corti e
dall'aspetto morbidi.
“Veramente potrei pensare anch'io la
stessa cosa di lei.” rispose Umi, ricambiando il sorriso che Aiba
le aveva appena donato. La verità era proprio come l'aveva detto il
cantante ma Umi non poteva certo rivelargli i piani da stalker
dell'amica. Masaki annuì, osservandola intensamente, un sorriso
quasi bambinesco stampato sulle labbra. Umi si inchinò nuovamente,
superandolo e dirigendosi a passo spedito verso il bagno. Non sapeva
perché ma aveva sentito qualcosa, una specie di scossa elettrica
scorrerle lungo la schiena quando il ragazzo l'aveva osservata con
quello sguardo. Il suo sguardo aveva semplicemente indugiato troppo
sul suo viso.
Umi stava per scomparire dietro alla porta del
bagno quando la voce di Aiba la fece voltare nuovamente.
“Facciamo
così, se ci incontriamo di nuovo all'uscita tu mi dai il tuo numero
di telefono.”
La mora sgranò gli occhi, spalancando la bocca
stupita.
“Come? Che cosa ti fa credere che lo farò?”
rispose, non riuscendo a controllare il tremolio che si era
impossessato della sua voce. Da quando le tremava la voce quando
parlava con i ragazzi?
Aiba sorrise, infilando le mani nelle
tasche dei jeans e voltandosi nella direzione opposta, saltellando
leggermente da un piede all'altro.
“San Valentino, oggi mi
sento fortunato.”
Umi lo guardò scomparire dietro ad una
porta, canticchiando una canzoncina a bassa voce.
Quella sera la
ragazza diede veramente il numero al giovane Masaki.
E il giorno
dopo, Masaki telefonò sul serio.
Le porte dell'ascensore si aprirono lentamente, ridestando dai suoi pensieri la moretta. Umi si avviò lungo il corridoio canticchiando la stessa canzone con cui tre anni fa Aiba l'aveva lasciata senza parole al Karaoke. Un sorriso malinconico tinse le labbra rosate della ragazza, il cuore le si strinse in una morsa d'acciaio.
Se solo Aiba avesse saputo tutto.......
Raggiunse
il camerino degli Arashi, indugiando alcuni secondi davanti alla
porta bianca.
Che cosa avrebbe fatto se lui fosse stato li?
Sarebbe riuscita a comportarsi come sempre?
La maniglia si
piego verso il basso e la porta si aprì con uno scatto deciso. Sulla
soglia fece capolino Jun, i bei capelli neri ordinati e all'apparenza
appena stirati alla perfezione dalla parrucchiera.
A quanto pare
non aveva visto all'istante Umi, dato che gli andò a sbattere
letteralmente addosso. Umi barcollò leggermente, cercando di
mantenere l'equilibrio. Jun alzò lo sguardo dal telefono, osservando
con una espressione accigliata la ragazza.
“Oh, Umi-chan.
Scusa, non ti avevo proprio vista. Ti ho fatto male?” domandò il
moretto, posandogli un mano sulla spalla. Umi sorrise,
inginocchiandosi per prendere il sacchetto rosso che le era caduto a
causa dell'urto. Il ragazzo aveva un non so che di diverso quel
giorno. Umi lo conosceva ormai da un paio di anni e Jun per lei era
diventato come un libro aperto. L'osservò velocemente, notando ciò
che le pareva diverso allo sguardo. Il ragazzo aveva semplicemente
accorciato la frangia. Si diede della stupida al pensiero di aver
notato quel piccolo particolare.
“No, tranquillo Jun-kun. Sono
io che devo scusarmi. Stavo davanti alla porta come una perfetta
imbecille.” rispose Umi, cercando di sistemare velocemente il
fiocco del regalo rosa che si era leggermente afflosciato. La voce
squillante di Sho giunse dall'interno del camerino, il tono
palesemente canzonatorio.
“Scusalo, Umi-chan. Si è appena fatto
i capelli quindi il suo cervello è un tantino in tilt a causa del
vapore della piastra!”
Jun aggrottò la fronte, rientrando nella
stanza velocemente, visibilmente irritato. Umi lo segui, non
riuscendo a trattenere una risata divertita. Sho sedeva su una sedia
davanti a uno dei tre specchi destinati alle parrucchiere e alle
truccatrici. Reggeva in mano un quotidiano spiegazzato aperto sulla
pagina dedicata alla politica. Indossava una tuta dell'adidas
dall'aspetto trasandato, i capelli sembravano aver appena combattuto
una battaglia persa contro il pettine. Non appena la vide entrare, le
sorrise e alzò una mano in segno di saluto. Umi lo salutò
allegramente, sbirciando da dietro le sue spalle l'articolo che il
ragazzo stava leggendo.
“L'economia va a rotoli, Sho?”
“Non
quanto la stiratura di Jun.”
“Smettila di fare certe battute,
Sho! A quelle ci pensa Nino.” rispose acidamente Jun, strappandogli
il giornale dalle mani. Satoshi, seduto sul divanetto bianco, alzò
lo sguardo dal suo album degli schizzi, posandolo su i due
compagni.
“Per piacere, smettetela di litigare.” mormorò con
il suo solito tono di voce basso e biascicato. Jun e Sho capirono a
mala pena quello che aveva appena detto.
Umi alzò lo sguardo dal
giornale, posandolo sulla figura minuta del Riida. Non riusciva a
capirne il motivo, ma ogni volta che entrava nel loro camerino non
captava mai la presenza di Satoshi. Era silenzioso come una statua e
si sapeva mimetizzare meglio di un camaleonte.
“Ciao Oh-chan.”
Satoshi mormorò un “oh” a bassa voce. Umi spostò lo sguardo
verso il divanetto e vide, seduto in modo scomposto vicino al
ragazzo, Nino. Reggeva in mano il nintendo rettangolare, spostando le
dita magre velocemente da un tasto all'altro, lo sguardo visibilmente
assorto nel suo gioco.
Umi si schiarì la gola, cercando di
attirare la sua attenzione.
“Ciao, fidanzatina di Aiba-chan.”
La voce di Nino era totalmente incolore, quasi come se il suo
saluto fosse una pura formalità e non una cosa veramente desiderata.
Umi arricciò le labbra, sentendo il desiderio infrenabile di
uccidere quel sociopatico minuscolo e drogato di videogiochi.
“Ciao
,nano malefico.”
“Non fare caso a lui. E' da stamattina che è
totalmente intrattabile.” esclamò Jun, dandole una leggera pacca
sulla spalla “Più del solito, direi.”
Sho rise a pieni
polmoni, riprendendosi il giornale che il moretto stringeva ancora
tra le mani . “Nessuno gli ha regalato nemmeno un cioccolatino per
San Valentino.”
“Come se tu ne avessi ricevuto qualcuno,
Keio-boy.” borbottò Nino, gli occhi scuri che scorrevano
velocemente sul display illuminato del nintendo.
Ohno lanciò
un'occhiataccia a Sho, invitandolo a tacere. Sho si limitò a
scrollare le spalle, ritornando alla lettura del suo quotidiano.
“Scusate, sapete dov'è Masaki?” domandò la ragazza,
sondando la stanza con lo sguardo, nel vano tentativo di vedere
sbucare il suo ragazzo da qualche angolo del camerino.
Alzò il
pacchetto rosso a mezz'aria, sorridendo. “Dovrei dargli
questo.”
Jun prese il pacchetto tra le mani, esaminandolo con
cura.
“Sono cioccolatini?”
“Si. Sono fatti in casa, spero
che gli piacciano.” rispose Umi, osservando Jun sorridere e
restituirle il pacchetto.
“Aiba è davvero fortunato nell'avere
una fidanzata che gli prepara dei cioccolatini fatti in casa.”
esclamò Sho, girando una pagina del giornale, lanciandole una fugace
occhiata compiaciuta.
Ohno appoggiò il quaderno sul tavolino di
vetro, alzandosi dal divano e avvicinandosi alla ragazza, osservando
con grande interesse il sacchettino rosso.
“Oggi è il vostro
anniversario, vero?” domandò il ragazzo, lasciando che Umi gli
mettesse il regalo di San Valentino tra le mani per poterlo guardare
meglio.
La ragazza annuì felicemente. “Si, sono tre anni
oggi.”
Le esclamazioni di Jun e Sho la stupirono parecchio.
“Wow, già tre anni?” chiese stupito il rapper degli Arashi,
alzando gli occhi e puntandogli leggermente sconvolto su
Umi.
“Sembrava ieri quando gironzolavi di nascosto nel nostro
camerino indossando la divisa scolastica.” esclamò l'esteta del
gruppo, guardando sbalordito la ragazza che, inevitabilmente, aveva
riso nel vedere gli occhi a palla di Sho puntati su di lei.
Umi
annuì nuovamente, sorridendo.
“Io non direi gironzolare
liberamente. Masaki mi nascondeva la faccia sotto al suo giubbotto
come se fossi una clandestina abusiva, spacciandomi per la sorella di
Sakurai-kun.”
La porta alle loro spalle si aprì nell'esatto
momento in cui le persone all'interno della stanza scoppiarono in una
risata generale, escludendo Nino che aveva sbuffato sonoramente,
imbronciando di più il viso già da prima solcato da un'espressione
scocciata.
“HO FINITO LE REGISTRAZIONI GENTE!”
La voce
squillante di Aiba precedette il corpo stesso del ragazzo, entrando
nella stanza come un uragano estivo. Il castano lanciò con poca
attenzione il grande fascicolo delle nuove canzoni appena incise sul
divano, colpendo in testa il povero Kazunari che, senza tante
pretese, rigetto i fogli per terra. Aiba individuo nel giro di pochi
secondi Umi, sorridendo allegramente e correndo verso di
lei,stampandogli un leggero bacio sulle labbra.
“Umi-chan, che
ci fai qui? Pensavo che mi aspettassi a casa tua.” esclamò il
ragazzo, cingendole i fianchi con le braccia. Sho alzò il giornale
sopra al viso, costringendo se stesso a non guardare quella scena
troppo amorosa che assomigliava vagamente ad un episodio di un drama
sentimentale. Jun si voltò dall'altra parte con Satoshi, fingendo di
leggere lo script del “Quiz Show” con l'amico.
Umi arrossì
leggermente, scompigliando amorevolmente con una mano i capelli
soffici e profumati del fidanzato.
“Pensavo di passare a farti
una visitina. Sono appena uscita dall'appartamento di una mia amica,
abbiamo studiato fino a tardi per il prossimo esame e dato che ero di
strada, ho pensato che ti avrebbe fatto piacere vedermi.” rispose
la moretta, cambiando l'espressione gioiosa sul volto in un broncio
deluso. “Non ti sei mai fatto sentire, oggi.”
Aiba sbatte le
palpebre confuso, cercando velocemente di trovare una risposta che
non avesse alimentato l'ira della fidanzata.
“Oggi? Beh, oggi
ho avuto molto da fare. Sai, tra le registrazioni e le riprese per il
Vs non ho mai avuto un minuto libero.” rispose il castano,
sorridendo come un bambino che cerca di addolcire la sfuriata
imminente della madre.
Notando il silenzio prolungato di Umi e il
pungo alzato con cui lo stava minacciando, Aiba si affrettò ad
aggiungere: “ Ma avevo intenzione di farlo, ne?”
Umi rimase
senza parole. Non le aveva nemmeno fatto gli auguri!
Scosse il
capo, abbassando il braccio e decidendo di arrabbiarsi più tardi con
il cantante.
“Comunque, ti ho portato una cosa.” disse la
moretta, scostandosi da Aiba per cercare il sacchetto rosso con i
cioccolatini “ Ma dove sono?”
Satoshi si avvicinò di qualche
passo, alzando il regalo a mezz'aria davanti al viso di Umi. “
Scusa, lo avevo ancora io in mano.”
Umi sorrise, prendendolo
tra le mani. “Non importa.”
Lo porse ad Aiba, schioccandoli
un veloce bacio sulla guancia calda.
“Questo è il mio regalo,
Masaki-kun.”
Aiba rimase senza parole dalla gioia, un sorriso
luminoso gli si era allargato sulle labbra. Prese il pacchetto tra le
mani, raggiante.
“Oh, Umi-chan! E' fantastico!” esclamò il
castano, aprendo il sacchetto e affondando la mano al suo interno. Ne
estrasse un cioccolatino a forma di cuore, ricoperto di glassa rosa.
Lo addentò, sentendo il gusto del cioccolato dolce che li si
scioglieva sulla lingua.
“E' buonissimo, Umi!” esclamò il
ragazzo, ingoiando il resto del cioccolatino rimasto, prendendone
subito un altro dal sacchetto. “ Ne, ne, come mai questo regalo?
C'è qualche occasione speciale oggi?”
Umi spalancò la bocca
stupita mentre dietro di lei Sho aveva fatto cadere il giornale dallo
shock, Jun si era quasi soffocato con la gomma da masticare e Satoshi
aveva assunto un'espressione sbalordita oltre ogni limite. Nino si
era limitato a sogghignare.
Aiba gli osservò stupito, masticando
lentamente il cioccolatino. “ Che c'è? Ho detto qualcosa che non
va?”
Jun sospiro, massaggiandosi le tempie. Ma era possibile che
Aiba fosse così dannatamente ingenuo e possedesse una memoria così
limitata? Tutti si erano ricordati del loro anniversario, tranne il
diretto interessato. Umi prese un profondo respiro, non riuscendo a
credere alle parole del fidanzato.
“Stai scherzando, vero
Masaki?” chiese la ragazza, sbalordita.
Aiba stava per dire
qualcosa ma la porta alle loro spalle si aprì, e il maneger di Aiba
fece capolino nella stanza.
“Masaki-kun, dobbiamo rifare la
registrazione del tuo assolo. Ci siamo accorti che c'erano degli
errori.” esclamò l'uomo, reggendo in mano una cartellina piena di
fogli.
Il castano dubitò per alcuni secondi sul da farsi,
masticando ancora quel cioccolatino che Umi aveva preparato con tanto
amore e fatica per San Valentino.
“D'accordo, arrivo.”
rispose, annuendo verso il maneger che scomparve dietro alla porta.
Aiba le diede un bacio casto sulle labbra, accarezzandole una
guancia. “Ne parliamo più tardi, ok? Vango a casa tua dopa le
registrazioni, ne?”
“Se un perfetto cretino, Aiba!” esclamò
Jun, lanciandoli dietro la spazzola della parrucchiera nell'esatto
momento in cui il castano era scomparso oltre la soglia della porta.
Umi strinse in pugni, decisa più che mai che non appena avrebbe
rivisto Aiba Masaki l'avrebbe preso a pugni così forte che la sua
faccia si sarebbe trasformata in un pallone aerostatico. Jun scese
dal tavolo sopra al quale era seduto, appoggiandole una mano sulla
spalla.
“E' sbadato, perdonalo.”
Umi si morse un labbro,
cercando di sedare la rabbia. “Dopo averlo picchiato lo farò, ci
puoi contare.”
Nino si alzò dal divanetto, abbandonando il
nintendo bianco tra i cuscini. Si avvicinò ad Umi, prendendola per
un polso.
“Ora tu vieni con me a pestare Aiba-chan.” disse il
ragazzo, trascinandola fuori dalla stanza. Prima di scomparire dal
tutto dalla visuale degli Arashi, Umi sentì la voce di Sho urlare:
“Senza pietà, Umi-chan!”
Percorsero il corridoio a grandi
falcate, superando tecnici dello staff che stavano lasciando lo
stabile per ritornare alle rispettive case. Scesero le scale che
conducevano in una parte dell'edificio deserta, dato che era l'area
dove si trovavano i camerini dei News e dei Kat-tun, ormai tutti
sgombri dato che i legittimi proprietari erano già rincasati. Umi
l'osservò agitata prendere un mazzo di chiavi dalla tasca,
inserendone una nella toppa.
“Lo studio di registrazione è di
sopra.” disse la moretta, visibilmente perplessa.
“Lo so.”
mormorò a bassa voce Nino, aprendo la porta e accendendo le luci. La
trascinò dentro alla stanza, chiudendo la porta alle sue spalle.
L'ambiente era spoglio, solo qualche divanetto, una finestra e un
paio di appendi abiti.
“Kazunari-kun, ma che diavolo...”
Le
parole le morirono in gola nell'esatto momento in cui Nino premette
le labbra sulle sue.
Ok,
ok sto provando a scrivere una fan fic strana....decisamente
strana.
Ammetto che forse la trama non si capisce molto bene ma
nel prossimo capitolo tutto sarà più chiaro.
Mentre scrivevo
pensavo nella mia testolina “ non è che Umi sembra vagamente
una.....”
Vi prego, ditemelo se lo è!!!!
Ho passato tre
giorni a scrivere questo capitolo, spero che qualcuno abbia la forza
di recensirlo.
Per gli errori grammaticali......vi do il permesso
di fucilarmi se ne trovate alcuni. T.T
Un grazie a tutti quelli
che hanno avuto la forza di leggere fino a qui.
BENE, spero che vi
sia piaciuta
un baciottone,
Rebby
°(^__^)°