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Autore: Stateira    13/08/2011    8 recensioni
Dopo dieci anni ed una guerra vinta per niente, viene il momento di guardarsi negli occhi.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da VII libro alternativo
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Harry si aggiusta la cravatta cercando di non pensarci. Ricontrolla di aver allacciato le scarpe, mentre il suo mondo urla tutt’attorno a lui, mentre il silenzio spacca i vetri delle finestre, i libri infilati in orizzontale negli scaffali esplodono e il pavimento di casa si spacca come se fosse fatto di biscotti.
Prima o poi arriva, quel momento in cui ti guardi allo specchio e c’è qualcosa di sbagliato. Harry cerca semplicemente di non pensarci.
 
Si schiarisce la voce. Stamattina non c’è tempo per fare colazione, farà tardi in ufficio. Harry ha vent’anni, e tutta una vita da rimettere in piedi. Ignora il tavolo del salotto che si crepa sotto al peso dell’aria, ignora i quadri appesi che bruciano, ignora, soprattutto, lo specchio dell’ingresso.
Guardami negli occhi.
Non può fare tardi, o saranno guai. Stamattina c’è la rassegna dei nuovi Auror. Andrà al lavoro in Metropolvere, per evitare qualsiasi rischio con la Materializzazione. Si è ricordato di dire ad Hermione che domani dovrà lasciare un sostituto in sede per andare alla conferenza stampa? Shacklebolt si è raccomandato di andare con lui perché non ama troppo parlare la lingua dei giornalisti. Non che a lui piaccia.
Guardami negli occhi.
Si è ricordato di dire ad Hermione che la sua vita sta collassando, pezzo dopo pezzo, senza che lui riesca a dare un nome al tarlo infernale che gli sta mangiando le ossa? Chissà dove sono finite le chiavi dell’armadietto.
 
Harry infila il caminetto. Quasi ci sbatte la testa, nella foga di afferrare la polvere. Resta lì con il pugno sospeso a mezz’aria, fa per scagliarlo. La polvere comincia a frusciare fuori dalla mano come una cascata sporca. Harry, lentamente, accetta la sfida dello specchio, l’unico frammento di universo che non stia facendo un rumore micidiale nella sua testa. Improvvisamente, si sente troppo stanco per andare al lavoro. Troppo stanco per averne uno. Guarda la porta blindata e si domanda se sia possibile restare chiuso in casa sua fino alla fine dei tempi, esiliarsi in una soffitta come una vecchia cassettiera piena di stracci.
Piena di rimpianti.
Harry non ha più osato fare il suo nome. Dall’ultima volta che l’ha visto, sono passati centomila giorni. Centomila anni. La gola gli fa male come se avesse ingoiato una graticola, mentre allenta pian piano le inibizioni e permette ai ricordi di lui di sommergerlo gradualmente. Sono ricordi fatti di istanti. Frammenti.
Draco Malfoy.
Chissà perché, ma di lui riesce a ricordare con assoluta lucidità la volta in cui lo vide piangere. Con assoluta, nevrotica, precisa lucidità. Non ha la più pallida idea di cos’abbia mangiato ieri a pranzo, ma sarebbe capace di disegnare l’esatto sentiero che le lacrime di Malfoy tracciarono sulle sue guance quel giorno. L’esatta forma delle gocce. Può contare una ad una le pagliuzze grigie e azzurre dei suo occhi che si arrossavano.
 
Vicino al caminetto c’è un Pensatoio. Harry lascia cadere dalla mano ormai morta l’ultimo sbuffo di polvere che luccica in mezzo alle pepite carbonizzate di legno, sprecata. Harry tuffa la testa nel Pensatoio e per un momento sente di poter annegare nei suoi ricordi per davvero. Non li estrae con la bacchetta. Escono da soli dalle sua testa, macchiano l’acqua come un inchiostro urgente e caotico, e nel giro di un attimo Harry si trova davanti ad un bambino che gli tende la mano con un sorrisetto supponente.
Un bambino.
Allunga la mano, e invece di stringere la sua vorrebbe stringersi quella testolina bionda al petto e dirgli che va tutto bene. Aveva solo undici anni, come ha potuto non capire? Undici anni, piccolo Draco, undici anni.
Guarda un mare di fotografie che si sommano l’una dietro l’altra come un film montato rudimentalmente, perché i suoi ricordi di Draco non sono che schegge di pochi secondi, smorfie e parole ingrigite dal tempo, ambrate dal rimpianto.
Il rimpianto, il rimpianto.
 
Con lui ha sbagliato sempre tutto. Con Draco ha sbagliato ogni cosa, dal primo istante. Finché c’era qualcosa da chiamare nemico, Harry non se n’era curato, ma adesso la pace gli stava scavando sulla pelle solchi profondi come radici di alberi mai piantati.
Da quel che sa, Draco Malfoy vive in un attico alle porte di Diagon Alley, in attesa di prendere possesso della magione di famiglia. Da quel che sa, frequenta una ragazza. Da quel che sa, non sa niente di lui.
La polvere magica è ancora lì sul fondo del camino. E Harry sente di non avere abbastanza coraggio per bussare alla sua porta.
 
*                             *                              *
 
Arriva nel camino della casa di Draco che la testa gli gira come se fosse in un gorgo. La camicia si è sporcata della fuliggine che ha raccolto e scagliato assieme alla polvere, in un tentativo di dare un nuovo senso al viaggio abortito pochi minuti prima. Se la scrolla di dosso, per non alzare gli occhi sulla casa. Si sente come se la stesse violando. Il camino è di marmo venato di rosa e di grigio. È nel bel mezzo di un salone a dir poco squisito, troppo nobile perché lui possa capirlo appieno. A malapena intuisce quanto siano preziose le lunghe tende trasparenti che frusciano sulle finestre come veli da sposa. Alle pareti sono appesi cimeli araldici che dichiarano i loro nomi e i loro anni con la sola solennità dei loro disegni. Harry riconosce lo stemma di Serpeverde, sospeso fra un ritratto ed un piccolo scudo. Il serpente argentato abbraccia il suo spazio. La sua lingua e la sua bocca aperta sembrano incendiate. Harry lo vede per la prima volta come qualcosa di inarrivabilmente aristocratico. Nobile, antico. Bello.
Suo.
- Chi c’è? –
È la voce di Draco. Proprio di fronte a lui c’è una rampa di scale che porta ad un piano superiore. Harry sente che il suo cuore sta adeguando i suoi battiti al rapido martellare dei passi di Draco, sempre più vicini.
- Chi è? Blaise? –
E poi, eccolo lì.
Eccolo lì.
È stato facile.
Draco si ferma a metà della scala. Si paralizza. Ha addosso dei pantaloni grigio chiaro e una camicia bianchissima, ancora slacciata sull’ultimo bottone. La mano sinistra è vetrificata nell’atto di allacciare il polsino opposto. Deve averlo interrotto mentre si vestiva.
Eccolo lì, Draco Malfoy.
Eccolo lì.
- Ehm. Scusa. Avrei dovuto avvertire. –
- … Potter? –
Draco non è cambiato molto. È sempre pallidissimo, ma un po’ meno aguzzo di quanto Harry lo ricordava. I capelli gli sono cresciuti un pochino. Fanno capolino da dietro le orecchie, tenuti in perfetto ordine. Biondi, chiarissimi, come piume di mimosa. Harry lo guarda col naso all’insù, come se l’avesse invitato ad un ballo di gala. Malfoy è raggelato, ma sul suo viso le emozioni scorrono come titoli di un film. Chissà se esiste la remota possibilità di restare semplicemente fermi a guardarsi per l’eternità.



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ANGOLINO!

Stat iz BACK.

  
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