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Autore: Saretta L Lawliet    16/08/2011    6 recensioni
Mentre i miei occhi continuavano a combattere un’ardua battaglia per riuscire a mettere a fuoco ciò che avevo davanti, ebbi l’impressione di vedere me stesso sei anni prima: distinto, educato, ordinato, pulito nel corpo e nell’anima. Quel ragazzo dai capelli perfettamente pettinati e l’abito sistemato a puntino teneva ancora la cartella sotto braccio come fosse appena uscito da scuola dopo le lezioni. Stava percorrendo la direzione opposta alla mia; mi stava, in un certo senso, venendo incontro. Non potei fare a meno di fissarlo, così lui si fermò, stupito e incredulo; entrambi lo facemmo. Non credo che mi riconobbe, non poteva farlo, ma di una cosa potevo essere quasi del tutto sicuro: gli facevo pena.
Salve a tutti, questa è la mia prima ff, spero vi piaccia! ;)
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L, Light/Raito
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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TheEnd
The end?





Il calore del sangue delle mie ferite mi scivolava prepotentemente addosso; e camminavo. Il mio respiro si faceva via via sempre più affannoso, impossibile, sforzato; sembrava quasi che esso rappresentasse la voce del mio inconscio; mi diceva: “Fermati. Orami è tutto finito”. Ma non riuscivo a smettere di andare; non potevo interrompere quella marcia inevitabile quanto nefasta. Era la mia ultima corsa: quella del migliore giustiziere di tutti i tempi. O forse quella del più grande assassino mai esistito sulla faccia della Terra.
Chi ero veramente? In quegli ultimi istanti che mi rimanevano da vivere, così infiniti, così fugaci, non riuscivo a darmi una risposta. Ero stato Light Yagami, figlio e studente modello, dotato di quell’arguzia e intelligenza fuori dal comune che quando sarebbe stato il momento opportuno avrei messo al servizio della giustizia, quella che mio padre con il suo operato nella polizia mi aveva insegnato e trasmesso. Poi, un giorno, divenni Kira, colui che avrebbe creato un nuovo mondo eliminando chiunque non ne fosse stato degno: assassini, rapinatori, stupratori e criminali di ogni genere avrebbero perito sotto il mio nome per garantire alla brava gente una vita migliore. Solo io avrei potuto portare un simile peso di dolore e morte addosso: il mio sacrificio sarebbe valso la serenità di chi veramente se lo meritava. Era giusto così, certe persone non dovevano sopravvivere. Infine diventai un dio, adulato quanto temuto sia dai miei discepoli che da coloro che avrebbero voluto vedermi morto. Ma che fine aveva fatto quel dio adesso? Non era forse altro che un brandello di carne malconcia destinata a scomparire nel nulla di lì a poco? Sì. Io, Light Yagami, Kira e signore supremo della giustizia, in quel momento non ero nient’altro che il più piccolo e insulso degli individui, abbandonato e solo lungo una strada senza ritorno.
Sudore, sangue, di nuovo quella sensazione di calore, torpore e stanchezza; questo sentivo dentro di me; e camminavo.
 Mentre i miei occhi continuavano a combattere un’ardua battaglia per riuscire a mettere a fuoco ciò che avevo davanti, ebbi l’impressione di vedere me stesso sei anni prima: distinto, educato, ordinato, pulito nel corpo e nell’anima. Quel ragazzo dai capelli perfettamente pettinati e l’abito sistemato a puntino teneva ancora la cartella sotto braccio come fosse appena uscito da scuola dopo le lezioni. Stava percorrendo la direzione opposta alla mia; mi stava, in un certo senso, venendo incontro. Non potei fare a meno di fissarlo, così lui si fermò, stupito e incredulo; entrambi lo facemmo. Non credo che mi riconobbe, non poteva farlo, ma di una cosa potevo essere quasi del tutto sicuro: gli facevo pena. Quel suo sguardo da ragazzino innocente e per bene mi impressionò. Tutto intorno a me si era improvvisamente bloccato; potevo solo udire il ticchettio della lancetta dei secondi del mio orologio, quello stesso assordante rumore che scandiva inesorabile gli ultimi istanti di vita delle mie vittime. Un senso di colpa mai provato, senza fine e profondo, si scagliò addosso a me con la stessa violenza di un’onda dell’oceano in tempesta quando si imprime su uno scoglio. Che cosa avevo fatto? Che essere ero diventato? Forse un mostro dato che il me stesso che avevo di fronte continuava a guardarmi con quell’infinita pietà che si riserva solo a chi è senza speranza. Di nuovo percepii una strana sensazione di calore, ma questa volta non proveniva dalle mie ferite: erano le mie guance ad essere in fiamme, accese da lacrime amare che copiosamente rigavano il mio viso. Adesso ne ero sicuro: io, Light Yagami, Kira e signore della giustizia avevo sbagliato tutto. Per la prima volta riuscii ad ammettere che Elle aveva ragione: ero solo un ragazzino infantile che credeva di avere il diritto di poter giudicare chiunque esclusivamente per prepotenza. Non appena la mia mente ebbe chiaro questo pensiero, l’altro me scomparve.
Vista annebbiata; colori troppo accesi che si mescolavano l’uno con l’altro generando in me sempre più confusione; sangue, tanto sangue, in parte appiccicoso e in parte caldo, che mi ricopriva da capo a piedi; e lacrime, bollenti e ghiacciate al tempo stesso.
Intravidi un baraccone abbandonato e vi entrai. All’interno tutto mi sembrava oscuro; nessun oggetto mi appariva ben definito. L’unica cosa che riuscii a mettere a fuoco fu una scala che conduceva ad un piano superiore. Evidentemente gli ultimi raggi del tramonto che filtravano da una finestra dai vetri rotti mi avevano consentito di notarla. Stremato mi accasciai su di essa.
Confusione, mal di testa, dolori dappertutto, sangue e lacrime calde, colori sgargianti e cupi insieme. Ormai probabilmente stavo solo delirando. L’ora della mia morte, della mia scomparsa definitiva ed irrevocabile, era giunta. Potevo nuovamente udire il ticchettio della lancetta dei secondi del mio orologio, quello stesso assordante rumore che scandiva inesorabile gli ultimi istante di vita delle mie vittime. “Però almeno adesso so di aver sbagliato”. Dissi con un filo di voce.
Un colpo violento al petto. Poi un altro. E un altro.
Stava facendo meno male di quello che credevo. Tutto sommato era dolce morire in quel modo. Per i crimini che avevo commesso mi aspettavo una punizione più severa. Forse la prospettiva del nulla era già una pena sufficiente. Gli occhi stanchi, stremati, non riuscivano più a reggere il peso delle palpebre. Dovevo semplicemente lasciarmi andare ed aspettare che quel tempo infinito e fugace che mi separava dalle braccia della morte trascorresse. Entro pochi secondi sarei finito nel nulla; io stesso sarei diventato nulla…
“Yagami, tu credi davvero che non ci sia niente dopo questa vita?”
Conoscevo quella voce, e bene. Chi aveva appena pronunciato quelle parole era stato il migliore dei miei rivali, l’unico degno del mio intelletto. Se non fossimo stati nemici per forza di cose, forse avremmo anche potuto essere dei veri e competitivi compagni di università, due ragazzi come tanti, due amici. Ma non poteva essere proprio lui, era impossibile che si trattasse di…
“Riuzaky? Non… Non puoi essere tu. Tu sei…”
“Sì, Light, sono morto. Ma vedi, pochi scompaiono per sempre”.
Come era possibile tutto questo? Lo shinigami mi aveva detto da subito che per chi utilizzava il Death Note non esisteva né il paradiso né l’inferno. Qualora la persona che avevo di fronte fosse stata davvero Riuzaky e non il frutto di una mia allucinazione, io di certo facevo parte di quella categoria di individui condannati per l’eternità. Riuk non poteva essersi sbagliato riguardo a quel punto.
 Mentre la mia mente, con gli ultimi scampoli di forza che mi restavano ed estrema fatica, cercava di mantenere ben saldo questo pensiero, mi accorsi che Elle si stava avvicinando. Si accovacciò davanti a me e mi mise le braccia sulle spalle. Mi guardò negli occhi con la compassione di un vero amico ed esclamò: “Ascoltami, Light, so che stai pensando a ciò che ti ha riferito il dio della morte riguardo al destino di chi usa il quaderno. In effetti fino ad ora nessun essere umano dopo aver utilizzato quello strumento di distruzione ha visto una vita diversa da quella terrena. Ma questa volta le cose andranno diversamente…”
Sentivo a male appena le parole di Elle, ero davvero arrivato allo stremo, stavo morendo. A quel punto sentii che Riuzaky mi stava scuotendo. Riaprii gli occhi che si erano chiusi.
“Light Yagami, tu sei stato il primo essere umano ad essersi pentito veramente per avere sperimentato ed abusato del potere del Death Note. Per questo sono stato mandato qui. Sono venuto a prenderti per portarti con me. Tu, Light Yagami, Kira e signore della giustizia in questa vita terrena, non finirai nel nulla, bensì in un luogo in cui pagherai per tutti i crimini che hai commesso: ogni omicidio compiuto ti costerà cento anni di pena. Sarà un tempo molto lungo, ma prima o poi avrà una fine. Tutto ha una fine, Light, e quando ciò avverrà non ti sarà preclusa la salvezza nel regno delle anime pure. Io ti aspetterò lì e con me tuo padre. Adesso lasciati andare e non preoccuparti”.
Una volta pronunciate queste parole, Riuzaky mi abbracciò: la sua era la stretta di un fratello. Per la prima volta nella mia vita mi sentii felice e libero. Quel sentimento di noia che mi aveva spinto ad utilizzare il Death Note era svanito per sempre e ora, nel regno di chi sconta le sue pene, potevo finalmente sperimentare e comprendere nel profondo il vero significato della parola giustizia.
Una luce accecante ci pervase e scomparimmo.


 

SPAZIO DELL'AUTRICE

Salve a tutti! Per scrivere questa fan fiction mi sono ispirata agli ultimi fotogrammi dell’anime in cui si vede Light vagare nella città poco prima di morire. Il suo sguardo in quel frangente mi ha fatto così pena che, nonostante tutti i crimini commessi, ho voluto dargli una possibilità di pentimento e, perché no, di redenzione una volta scontata una vera punizione. Il fatto che nel video comparissero anche le immagini del Light innocente del primo episodio e quella di Elle ha fatto il resto.
Spero abbiate apprezzato questa storia! Sono accetti commenti di ogni genere ;)
P.s. è la mia prima fan fiction!
  
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