Autore: Chicca
Weasley
Titolo: A Blink of an Eye
Personaggi scelti: Harry Potter (protagonista) Ginny Weasley, Hermione
Granger, Ron Weasley,
Hugo Weasley, Rose Weasley, James Sirius Potter, Lily Luna Potter,
Albus Severus Potter
Pairing: Harry/Ginny, Ron/Hermione (accennato)
Prompt: Mirtillo
Genere: Commedia, Fluff, Romantico
Avvertimento: One-shot
Rating: Verde
But really great things
happen in a blink of an eye *
Quella,
decisamente, non era una giornata fortunata.
Harry Potter si era svegliato di soprassalto, sudato e ansimante, il
fiato corto come se avesse corso una maratona. Cosa che -ovviamente-,
essendo appena le nove di domenica mattina e trovandosi lui nel comodo
letto della stanza che condivideva con la moglie, avviluppato nel
piumone rosso e oro, non era possibile.
Scalciò via le coperte e maledisse mentalmente Ron e la
parure matrimoniale dai colori nostalgici, regalo dell’amico
per il suo trentesimo compleanno. Parure che tra l’altro
Ginny si ostinava a utilizzare.
La causa di un risveglio così tumultuoso era
l’incubo ricorrente di Harry, lo stesso che lo tormentava sin
da quando era solo un adolescente, che l’aveva colpito anche
pochi istanti dopo la definitiva sconfitta di Voldemort: la rinascita
del suo nemico, la prospettiva che il mondo magico fosse nuovamente
dilaniato dagli orrori della magia oscura, la paura di non riuscire a
proteggere la sua famiglia, Ron, Hermione e i loro figli, Teddy e gli
innumerevoli Weasley con i quali era imparentato.
Cercando di scacciare le immagini vivide dell’incubo che
ancora gli danzavano nella mente, Harry aprì le tende e
lasciò che la luce calda del sole mattutino invadesse la
stanza. Si mise davanti allo specchio della toeletta, appoggiando le
mani al piano di marmo chiaro, e fece un respiro profondo nel tentativo
di calmarsi. Molto meglio. Si azzardò addirittura ad alzare
lo sguardo per capire in che stato fosse. Gli occhiali, inforcati in
tutta fretta per permettergli di controllare l’ora,
ricadevano storti sul naso; gli occhi erano gonfi di sonno e qualche
gocciolina di sudore gli imperlava ancora le tempie e il labbro
superiore.
Spostò lo sguardo alla cicatrice sulla sua fronte e un
brivido gli corse lungo la schiena: in casi come questo -si disse-, ma
in un’era più lontana e molto meno felice, sarebbe
arsa dolorosamente.
Quando fu sicuro che il respiro gli fosse tornato regolare, si decise a
scendere in cucina per la colazione. Man mano che percorreva il
corridoio e la manciata di gradini che lo dividevano
dall’idea di uova fritte e bacon, e magari una ciotola di
pudding ai mirtilli o del succo di zucca fresco, la voce della moglie
lo raggiunse, insieme allo sbatacchiare allegro delle pentole e al
piagnucolio del figlio maggiore.
“Dai mamma, perché non posso mangiare le patatine
fritte a colazione?”
“Perché, James, sono le nove del mattino! Vuoi
forse spaccarti il fegato? E ti ho già detto che non ho
intenzione di assecondare i tuoi capricci!” sbottò
Ginny, lasciando cadere una ciotola nel lavello e borbottando qualcosa
che conteneva “esasperata”
“impossibile” e “come Ron”.
Evidentemente la discussione andava avanti da molto.
Albus e Lily, che mangiucchiavano mesti rispettivamente una ciotola di
cereali e uno yogurt alla fragola, fissarono preoccupati la madre.
“’Giorno!” esordì Harry,
facendo la sua apparizione sulla porta della cucina.
“Buongiolno papi!” lo salutò Lily
allegra, ogni preoccupazione cancellata dal suo viso di bimba di
quattro anni.
Albus, che stava masticando piuttosto rumorosamente i suoi cereali, gli
rivolse un sorriso e un cenno con la mano; James si limitò a
sbuffare e incrociò le braccia, mettendo il broncio.
“Qual buon vento! Come mai così presto?
È domenica… ricordi?” fece Ginny,
voltandosi e rivolgendo al marito un sorriso radioso.
Il sorriso che le aveva rivolto dopo il loro primo bacio.
Esattamente il genere di sorriso che dieci anni di matrimonio, quasi il
doppio di fidanzamento e tre figli dopo faceva ancora sciogliere le
viscere di Harry come un ghiacciolo al sole.
Mentre Harry faceva il giro del tavolo, scompigliando i capelli dei
maschietti e dando un bacio sulla guancia a Lily, Ginny con un unico
movimento della bacchetta tagliava a bastoncini quattro o cinque patate
già sbucciate e le faceva ricadere in una ciotola, che
galleggiò a mezz’aria per poi planare vicino alla
friggitrice nella quale versò prontamente il proprio
contenuto.
James seguì speranzoso con lo sguardo il volo delle patate,
ma fu subito richiamato dalla madre.
“Per pranzo.” gli disse in tono severo, senza
però riuscire a trattenere un sorriso dolce. Il bimbo parve
rallegrarsi.
“È impossibile arrabbiarsi con lui”
sussurrò la donna, quando sentì un paio di
braccia cingerle i fianchi da dietro e le labbra del marito posarle un
bacio leggero sulla nuca “Per quanto voglia non ci riesco
mai.”
Harry rise nei capelli rossi di lei, inspirando il familiare profumo di
fiori freschi.
Forse non era proprio una cattiva giornata.
“Amore, ti ricordi che oggi io, Hermione e Fleur andiamo in
centro per i saldi?” disse la donna con noncuranza,
liberandosi dell’abbraccio del marito.
Come non detto.
“Ginny, le parole “Hermione”,
“centro", “saldi” e
“Fleur” non possono stare insieme nella stessa
frase.” ironizzò Harry, nel tentativo di
distogliere la moglie dal quel progetto suicida. “Dico sul
serio! Hermione ti odierà a vita, Fleur anche, e
poi… hai davvero intenzione di fare shopping?”.
“Harry ti prego, non ricominciare! Lo sai che non sono una
patita dello shopping, ma ho bisogno di qualcosa di nuovo. Anche per i
bambini…” rispose stizzita la donna, togliendo dal
tavolo le tazze sporche. “Sai quanto ho impiegato a
convincere Hermione? Ne hai una vaga idea? Flebo si è solo
accodata.”
Chiamava ancora così Fleur, nonostante le avesse ormai da
tempo accordato una muta fiducia quando aveva capito che a Bill lei
teneva davvero.
Harry sbuffò. Questo -il fatto che moglie e cognate avessero
allegramente dato forfait- voleva dire solo una cosa.
Perché, per quale razza di motivo al mondo aveva messo Ron
di guardia la domenica mattina?
Ah, già. Gliel’aveva chiesto lui.
L’aveva lasciato solo.
Traditore, ipocrita, doppiogiochista.
Aveva calcolato tutto.
“Ginny… i bambini vengono con voi?”
“No, i bambini li tieni tu!”
E con un gran sorriso e uno svolazzo della mano Ginny uscì
dalla cucina.
No, non era una buona giornata. Per niente.
Non che Harry non amasse i bambini. Per i suoi figli e i suoi nipoti, e
specialmente per Rose e Hugo, che erano insieme così
scherzosamente Ron e così diligentemente Hermione, lui
avrebbe fatto qualsiasi cosa. Anche riaffrontare Voldemort per dieci,
cento, mille altre volte.
Ma il pensiero di James, Lily, Albus, Hugo e Rose… insieme,
nella stessa casa, era… devastante.
James e Rose, poi… da soli bastavano a mettere in piedi
un’impresa di demolizioni.
Avrebbe dovuto pensare a qualcosa, qualsiasi cosa, per intrattenerli
per qualche ora.
I giochi da tavolo erano da escludere, a prescindere.
L’ultima volta che ci avevano giocato… no, meglio
non pensarci.
Qualsiasi cosa che includesse la realizzazione di un oggetto, era da
escludere anch’essa. Con un brivido Harry ricordò
che Lily aveva pianto per buoni tre quarti d’ora, dopo che
James aveva accidentalmente fatto esplodere il suo Ippogrifo di gesso.
Merlino, quel ragazzino era davvero da rinchiudere.
Si arrovellò alla ricerca di un intrattenimento non
pericoloso, magari istruttivo, se possibile non facilmente infiammabile
né esplodente, preferibilmente non troppo costoso e
soprattutto, soprattutto che non richiedesse l’uso della
magia.
Cinque maghi minorenni, tutti incredibilmente dotati, erano davvero
molto difficili da gestire.
Seduto ai piedi del letto, Harry fissava Ginny, intenta a spazzolarsi i
lunghi capelli rossi, con uno sguardo inevitabilmente adorante.
Trasudava tranquillità, ma al suo interno ribolliva come un
fiume in piena. Cosa avrebbe fatto fare ai bambini?
Sembrava un interrogativo sciocco per il mago che aveva salvato il
mondo magico, e che in vita sua era stato posto di fronte a domande ben
più grandi e dagli esiti pericolosi, ma la realtà
era che Harry non sapeva davvero cosa fare.
Inaspettatamente, con un notevole anticipo (ma d’altra parte
si trattava di Hermione, Harry lo aveva previsto), il campanello
suonò.
Scendendo le scale per accogliere la sua amica -altra traditrice,
gliel’avrebbe fatta pagare- Harry sentì i passetti
eccitati dei figli, che lo precedevano nell’aprire la porta.
“Tia!” squittì Lily felice, mentre
Hermione la abbracciava. Albus e Rose, da sempre molto legati, si
esibivano in uno strano saluto, che comprendeva strette di mano e
svariate giravolte, per le quali guadagnarono un’ occhiata
disgustata da James e una risatina da Hugo.
“Ma ciao!” sputò fuori Harry
“il maritino è al lavoro?” aggiunse
sarcastico.
Hermione alzò gli occhi al cielo, reprimendo una risata.
“Harry ti prego, non ricominciare!”
“È la stessa cosa che gli ho detto
mezz’ora fa!” disse Ginny, comparendo in fondo alle
scale ed entrando nell’ingresso sovraffollato
“Andiamo? Dobbiamo anche passare a prendere
Flebo…” sorrise all’indirizzo di
Hermione.
“Certo… ragazzi, non fate impazzire lo zio Harry,
chiaro?”
Rose, senza farsi vedere dalla madre, sorrise compiaciuta
all‘indirizzo di James. Lui per tutta risposta le diede una
gomitata scherzosa, sotto lo sguardo preoccupato di Albus. Per loro
sfortuna, Ginny intercettò lo scambio.
“Voi due, parliamo seriamente! Fate i bravi!”
Non meno di dieci minuti più tardi, dopo aver salutato i
ragazzi, ripreso James che infastidiva Hugo e Lily, rassicurato Albus
che continuava ad ammiccare preoccupato all’indirizzo di
fratello e cugina, Ginny ed Hermione uscirono.
Harry, con un bacio veloce alla moglie, richiuse la porta alle loro
spalle e si voltò verso i bambini.
“Allora, che vi va di fare?” chiese sedendosi sul
pavimento del salotto, con la schiena appoggiata al divano.
“Facciamo i pupattetti di gesso!” tentò
Lily, ancora offesa per l’affronto subito dal suo piccolo
Ippogrifo.
“No, meglio un gioco da tavolo”
s’inserì Albus
“A me piacciono più i pupattetti” disse
Hugo in difesa della cugina
“Ragazzi, non credo siano buone idee”
dissentì Harry, in tono incerto
“Perché non cuciniamo qualcosa…
potrebbe essere divertente!” propose James.
“Si! Ti prego zio, per favore! Potremmo fare i biscotti, ho
già una ricetta. Biscotti con glassa di mirtilli. Me
l’ha insegnata mamma l’altra sera mentre preparava
gli involtini per papà. È un po’
complicata ma dovremmo riuscire a farla. Possiamo prendere il calderone
autorimestante di zia Ginny, così…”
disse tutto d’un fiato Rose, in una perfetta imitazione della
madre.
“Va bene Hermione, va bene!” la interruppe ridendo
Harry. A volte la nipote assomigliava così tanto alla sua
amica che non poteva fare a meno di chiamarla
“Hermione”, scatenando
l’ilarità generale.
E infatti i bambini risero, dando i loro cenni d’assenso alla
proposta.
Harry era comunque un po’ preoccupato: non avevano mai
sperimentato nel campo culinario, e l’improvvisa immissione
nella sua giornata degli elementi fornelli, calderone autorimestante e
biscotti gli creava non poca ansia. Ma allo stesso tempo confidava nel
fatto che i bambini era d’accordo sul da farsi, quindi forse,
forse sarebbero anche andati d’accordo e gli avrebbero
ubbidito. Forse.
Miracolosamente, fu così. Un’ora e mezzo dopo
erano tutti seduti sugli sgabelli intorno al tavolo della cucina, Harry
al centro. Davanti a se aveva il calderone, dal quale, con la fedele
bacchetta di agrifoglio, estraeva tante piccole porzioni di impasto
già lavorato e ne una spediva davanti ad ogni bambino.
Aveva rinunciato quasi subito a fare tutto “alla
Babbana”: troppo faticoso.
E si era anche scoperto un bravo cuoco! Mentre l’ultimo pezzo
di impasto planava di fronte a James, con la bacchetta Harry
spedì una ciotola di mirtilli nel frullatore.
Tutti stringevano febbrilmente i loro piccoli mattarelli in legno, che
Harry aveva Trasfigurato da dei tappi di sughero trovati in un
cassetto. Ora dovevano solo stendere la sfoglia, per poi ricavarne con
delle formine i biscotti. Pochi minuti dopo, Rose era l’unica
ad essere riuscita ad ottenere una sfoglia liscia ed omogenea, e solo
dopo aver messo da parte il mattarello, preferendo di gran lunga la
“manina magica”, come la chiamava Lily: tenendo il
palmo sospeso sopra la sua porzione e arricciando e stendendo le dita
ritmicamente, Rose era riuscita a stendere la sua sfoglia, sotto gli
sguardi ammirati degli altri.
Harry ormai era talmente fiducioso che aveva lasciato addirittura che
anche i bambini usassero la magia, in caso quella si fosse presentata
nelle loro manine.
Così diceva Lily, per spiegare a se stessa e agli altri i
numerosi fenomeni di magia involontaria che tanto spesso capitavano
nelle mura di casa loro.
Ora, mentre Rose provava a stendere anche la pasta di Lily, che
osservava con un misto di ansia e commiserazione James, il quale aveva
abbandonato ogni speranza e picchiava la pasta con un lato del
mattarello, Harry era impegnato a ripulire Albus, che nel tentativo di
imitare la cugina si era spruzzato il viso e i capelli di farina.
“Aspetta tio, ti aiuto!” era scattato Hugo,
saltando giù dal suo sgabello e avvicinandosi al cugino con
i palmi delle mani rivolti verso l‘alto. “Sento la
magia che arriva!”
“Aspetta Hugo, non credo sia una buona
idea…” fece Harry improvvisamente allarmato.
Ma ignorandolo del tutto, il piccolo alzò le mani
all’altezza del viso e le spinse in avanti, come a spostare
l’aria. Si udì una sorta di fruscio e uno schiocco.
Harry scrutò preoccupato il volto del figlio, aspettandosi
di vedere piaghe purulente, bolle o chissà
cos’altro. Invece Albus era di nuovo ripulito, ogni traccia
di farina era sparita, addirittura i capelli erano perfettamente
pettinati.
Hugo si guardò incredulo le manine, poi fece un gran sorriso
e urlò, correndo incontro ad Harry “Tio, la mia
prima magia!!”
In effetti, quella era la prima magia di Hugo: mentre Lily, sua
coetanea, aveva cominciato sin dai due anni a fare le cose
più disparate (Levitava oggetti, cambiava colore ai suoi
peluche…), Hugo non aveva mai dato segno di possedere doti
magiche. Ron era segretamente convinto che fosse un Magonò,
anche se non l’avrebbe mai confessato al bambino. Ma, come
tutti i suoi fratelli non mancavano di fargli notare, anche lui aveva
cominciato a manifestare i suoi poteri molto tardi, un paio di anni
prima di andare ad Hogwarts. E poi secondo George, era statisticamente
improbabile che il figlio di Hermione Granger non sapesse usare la
magia, bisognava solo aspettare perché la parte di DNA di
Ron rallentava tutto. Ovviamente Ron era molto offeso dalle
considerazioni dei suoi parenti.
Arrovellandosi su quello che era un argomento ricorrente nelle
chiacchierate post pranzo della domenica alla Tana, Harry
abbracciò felice Hugo, complimentandosi con lui per la magia
appena compiuta.
Raggiante di felicità, il bimbo trotterellò al
proprio posto e si risedette sullo sgabello.
“Hai visto tio, pensavi che combinavo un guaio, invece sono
stato bravo!” aggiunse sorridendo in direzione di Harry. E
gli fece l’occhiolino.
Per un attimo, a Harry parve di cadere nel vuoto, di essere trascinato
via dalla cucina, come se avesse appena preso una Passaporta.
All’improvviso, un’immagine si presentò
ai suoi occhi, senza che lui l’avesse cercata nella memoria.
Gli stessi tratti del viso, la stessa massa di capelli rossi, lo stesso
occhio azzurro che gli faceva l’occhiolino. Non era
esattamente un ricordo, era semplicemente un’immagine del
passato. Per un attimo se chiese se stesse forse usando il Pensatoio,
ma si rese immediatamente conto che era impossibile.
Eppure, gli pareva di vederlo, proprio davanti a se, come una
fotografia.
Chiuse gli occhi, incapace di lasciarsi sfuggire il momento.
Seduto davanti a lui, sul bordo
di un letto da campo, dentro una tenda da campeggio. Aveva i gomiti
poggiati sulle ginocchia, distanti una dall’altra e si
fissava le mani, una chiusa a pugno e avvolta dentro l’altra.
Un ragazzo sui diciassette anni, che conosceva fin troppo bene. Rideva.
Ma non era una risata spensierata: era più un suono
gutturale, forzato.
“Sul serio
Harry, me lo devi promettere” la testa si alzò di
scattò, le mani ricaddero flosce in mezzo alle ginocchia,
come se a tenerle ferme fino a quel momento fosse stato lo sguardo.
Un’ombra fuori
dalla tenda si mosse impercettibilmente.
“Harry,
giuramelo. Giuramelo su questa guerra, sui tuoi genitori, su Sirius e
su Silente. Giurami che lo farai.” il ragazzo parlava con un
tono di voce basso, lentamente, scandiva ogni parola, come se avesse
paura che l’interlocutore potesse non recepire il messaggio.
“Lo
farò, l’avrei fatto anche se non me
l’avessi chiesto” rispose Harry
“Proteggerò Hermione, l’ho fatto anche
quando te ne sei andato. E proteggerò Ginny, e la tua
famiglia… sai che se potessi lo farei anche ora. Hai la mia
parola.” rimarcò.
Il ragazzo seduto parve
rallegrarsi un po’, quello in piedi invece
s’incupì.
L’altro lo
notò subito. “Ehi amico, adesso però
non buttarti giù. Volevo soltanto essere sicuro che
l’avresti fatto. Se solo penso a Hermione” e
abbassò la voce, temendo che qualcuno li ascoltasse
“e a ciò che sarebbe potuto succederle,
io…”
Strinse nuovamente le
mani in quell’assurda posizione, sembrava quasi che lottasse
contro di loro per impedire che lo colpissero.
“Va tutto
bene… andrà tutto bene.” si corresse il
ragazzo in piedi “Non ci sarà bisogno di me,
potrai proteggerli anche tu, tutti quanti. Li proteggeremo insieme. Ti
fidi di me?” chiese poi.
“Mi
fido.” rispose serio il ragazzo seduto, e gli fece
l’occhiolino.
“Papà?
Papà… va tutto bene?” la vocina
preoccupata di Albus lo riportò alla realtà.
Il Ron diciassettenne si dissolse, e con lui il letto, la tenda e
l’ombra di Hermione fuori di essa.
Sia Albus che Hugo lo fissavano preoccupati, gli altri invece non si
erano accorti di nulla.
“Si, si certo. Tutto bene.” rispose meccanicamente,
battendogli sulla spalla.
Poi sorrise, e sorrise di nuovo, chiedendosi se avesse mantenuto quella
promessa.
I biscotti cuocevano nel forno, riempiendo l’aria del profumo
della glassa di mirtilli che Rose e Lily
avevano insistito per preparare.
Tutti erano tranquilli: Rose e Albus sfogliavano un manuale di
Trasfigurazione consunto dal tempo, appartenuto proprio a Harry; James
giocava con Hugo a Sparaschiocco, sotto lo sguardo divertito di Lily,
che faceva il tifo per l’uno o per l’altro. Harry,
seduto sul divano, rifletteva.
Era stato un attimo. Hugo gli aveva fatto l’occhiolino, e il
ricordo era riaffiorato nella memoria, dal confine labile tra presente
e passato.
Anche Ron gli aveva fatto l’occhiolino. Forse era la prima
volta che se ne rendeva conto, ma quei due si somigliavano in una
maniera inverosimile. Credeva fosse stato questo -la somiglianza- ad
aver scatenato quella strana reazione.
Ma lui, no. Lui non aveva mantenuto quella promessa.
Non aveva mai protetto Ron, Hermione, Ginny o chiunque altro.
Erano stati loro a proteggerlo dalle insidie del mondo, da Voldemort,
dalla paura, da se stesso.
Si era improvvisamente reso conto che Ron e Hermione erano sempre stati
in qualche modo presenti nella sua vita. Aveva sempre dato per scontata
la loro amicizia, ma solo ora capiva che era di più.
Improvvisamente ebbe voglia di parlare con loro, di riunirsi, solo loro
tre, neanche avessero di nuovo quindici anni e dovessero progettare
riunioni segrete di gruppi studenteschi clandestini. In un certo senso
gli mancava la loro adolescenza, forse perché non era stata
un’adolescenza vera. Si era trovati catapultati
nell’età adulta, in un mondo fatto di
responsabilità e di paura, di misteri e missioni da
compiere, di enigmi da risolvere e orrori da cui avrebbero voluto
essere lontani anni luce.
Tutto era stato veloce: gli anni della scuola, la decisione di
lasciarla, la ricerca degli Horcrux, la battaglia finale.
Dopo di essa, se possibile, la loro vita era stata ancor più
frenetica. L’ultimo anno di scuola per Hermione, il lavoro al
negozio di scherzi per Ron e la specializzazione da Auror per Harry.
E poi il matrimonio, il lavoro, i bambini. Non si erano fermati un
attimo. Eppure, dopo anni, tirando le somme… Harry si rese
conto di essere felice. E di doverlo proprio a loro. A Ron e Hermione,
e a Ginny, naturalmente. L’avevano protetto.
Si chiese se anche loro avessero mai fatto questa riflessione.
Avrebbe dovuto chiederglielo. Ma prima doveva assolutamente dir loro
grazie.
Quella stessa sera, quando suonò il campanello e Hugo si
precipitò ad aprire, Harry lo precedette.
Si trovò davanti Ron, e vide Hermione e Ginny, dietro di
lui, cariche di sacchetti.
Non diede loro tempo nemmeno di entrare, si precipitò su Ron
e lo abbracciò forte, battendogli con la mano dietro la
schiena.
“Amico, ma che ti prende? Sei impazzito?” chiese
con la voce soffocata dall’abbraccio inaspettato.
“Niente, deve esserci per forza un motivo se voglio
abbracciare il mio migliore amico?” rispose il moro con
naturalezza “E comunque, grazie.” disse
solennemente.
Lo liberò dalla stretta, ricevendo uno sguardo della serie
“questo non sta bene, portiamolo al St. Mungo”.
Gli parve di cogliere la voce eccitata di Hugo che raccontava al padre
della sua magia, ma non ne fu poi così sicuro. Hermione lo
guardava sorridendo e annuiva piano: poteva scommetterci qualsiasi
cosa, lei aveva capito.
“Grazie Hermione”.
Fu più veloce di lui: lo strinse a se, mormorando un
“Grazie a te Harry” contro la sua guancia. Quando
si staccarono, vide che aveva gli occhi lucidi. Raggiunse il marito e
abbracciò anche lui, che le passo comprensivo una mano sul
viso, accarezzandola. Aveva ancora un’aria un po’
spaesata, ma gli avrebbero spigato tutto più tardi. Ora
Harry aveva altro da fare. Ginny era ancora appoggiata allo stipite
della porta e gli sorrideva.
Fece un respiro profondo e lanciò un’occhiata a
Hermione. Lei con molto tatto guidò Ron e i bambini in
cucina, dove il profumo di mirtilli era talmente forte che Harry
sospettava il forno potesse scoppiare da un momento all’altro.
“Com’è andata?”
“Bene, credo. È stata una domenica piena di colpi
di scena. E di mirtilli.”
Così dicendo, Harry prese Ginny tra le braccia e la
abbracciò. “Grazie amore.”
Lei posandogli la testa sulla spalla, chiese:
“Perché?”
“Perché non sarei l’uomo che sono senza
te, Ron e Hermione. Sono una persona migliore grazie a voi, ma non vi
avevo mai detto grazie per questo.” rispose serio Harry.
“Allora grazie anche a te, Harry.” e gli
posò un bacio sulle labbra.
Harry le prese la mano e insieme si avviarono in cucina dagli altri.
Incontro a una cena a base di pizza e biscotti ai mirtilli.
Incontro ad altri anni di felicità.
Alla fine, era stata una giornata davvero fortunata.
Quarta
Classificata: Chicca Weasley con "A blink of an Eye"
NdA:
Buonasera!
Taa-dan! Eccomi qui con l’ennesima schifezza!
Ho molte cosuce da dire riguardo questa storia, quindi non perdiamo
tempo.
Per prima cosa, la valutazione della meravigliosa giudiciA, Wynne_Sabia!
- Grammatica: 8,8/10
Ciao. Cominciamo
dalla grammatica, perdi 0,5 per un errore grave (un'adolescente,
trattandosi di Harry non ci vuole l'accento, perché
è un personaggio maschile), mentre altri 0,7 punti li perdi
a causa di alcuni errori di punteggiatura -nulla di grave- che sono
disposta a correggerti se ne avrai bisogno. Lo stile va bene,
è scorrevole, ma nonostante ciò molto semplice e
forse risente anche degli errori nella punteggiatura. L'originalità
e molto buona, mi piace il modo in cui hai analizzato Harry e la
somiglianza fra Hugo e Ron, senza contare che la tua Rose mi ha
stupita! E parlando dei bambini mi ricollego alla caratterizzazione,
che è ottima. I bambini sono ben delineati, ho apprezzato
tanto il fatto che tu abbia inserito dei piccoli errori nel loro modo
di parlare, li rende più credibili, ed Harry con i suoi
dubbi e i suoi sensi di colpa mi piace. Il fatto che Ginny continui a
chiamare Fleur Flebo mi sembra azzeccatissimo. Il
prompt è utilizzato bene, mi piace la tua idea di farli
cucinare, e mi sembra che tu abbia dato ai mirtilli abbastanza
importanza nella storia. Mi
è piaciuta. Non posso dire di averla letteralmente amata, ma
la trovo tenera e al tempo stesso profonda, perciò senza
dubbio meriti un punteggio alto per quello che riguarda il mio
gradimento, ben fatto!
[EDIT] 02/09/2012 La storia ha partecipato al contest "flash green! - storie a
rating verde" indetto da camy_country dreamer sul forum di Efp
classificandosi tredicesima. Questo è il giudizio ricevuto:
- Stile: 9/10
-
Originalità: 10/10
- Caratterizzazione
personaggi: 10/10
- Squadra vincente: 0/3
- Utilizzo del prompt:
2/2
- Gradimento personale:
9,5/10
Totale: 49,3/55
La storia è stata anche vincitrice del Premio Esordiente
Passiamo alle vere e proprie note dell'autrice (questa pazza
sconsiderata...)!
Innanzitutto, mi scuso con la giudicia e con tutto il popolo di EFP per
la mia totale incapacità di usare un prompt che, ne sono
sicura, mi farà perdere molti punti ù.ù
Per scrivere questa storia, mi sono ispirata a una frase della canzone
“One in a Million” di Miley Cyrus, la stessa della
citazione all’inizio della storia. L’espressione
“a blink of an eye” vuol dire letteralmente
“un batter d’occhio” e viene usata (nello
slang americano, per esempio) per indicare uno spazio di tempo molto
breve. Io mi sono basata sul gioco di parole tra lo spazio di tempo e
il vero e proprio battito dell’occhio (il famoso occhiolino)
per far rivivere a Harry quel momento.
Lo so, è un ragionamento piuttosto contorto… ma
questo è uscito, e questo vi tenete ù.ù
Per quanto riguarda i personaggi, mi ha dato un’enorme mano
Wikipedia: grazie alla scheda personaggi minori di Harry Potter sono
riuscita a risalire alle date di nascita di tutti i bambini. Nella
storia Harry, Ron, Hermione e Ginny hanno circa 32 anni; James ne ha 7;
Rose e Albus circa 6; Hugo e Lily poco più di 4.
È per questo che ho voluto inserire nelle frasi dei bambini
dei piccoli “errori” (tia/o invece che zia/o,
buongiolno, “credevi che combinavo…”
invece che “credevi che combinassi/avrei
combinato…”. ecc.): ovviamente non sono veri
errori, ma scelte puramente stilistiche… spero che la
giudicia sia d’accordo con me in questo!
Anche per i lavori svolti dai protagonisti mi sono basata sulle fonti
riportate da Wikipedia: infatti, secondo delle interviste a zia Jo,
Hermione è l’unica ad esser tornata ad Hogwarts
dopo la guerra, mentre Ron per un periodo ha lavorato con George al
negozio di scherzi, e Harry si è dedicato alla carriera da
Auror. In seguito però, tutti e tre avevano deciso di
diventare Auror, infatti nella storia Harry dice chiaramente che Ron
“è di guardia sabato mattina”. Ho
ipotizzato anche che Harry fosse il capo dell’ufficio Auror.
Ok, credo di aver detto tutto, se non siete d’accordo con me
fatemelo sapere…. Magari con una recensione ^^
Alla prossima, Chicca Weasley
A blink of an Eye di
Chicca Weasley
_Grammatica: 8,1510
Non sono riuscita a
capire una cosa.
Hai dimenticato in
tantissime occasioni lo spazio fra il punto e la maiuscola.
Sono io che non lo vedo
per qualche ragione misteriosa di lay out o è un vero
errore?
Fra il punto e la
maiuscola ci vuole sempre uno spazio. In tantissime frasi manca, e ti
ho tolto un punto per questo.
Non avrei mai voluto
farlo, anche perché è una bella storia ed
è un peccato penalizzarla tanto per la grammatica.
Se la mancanza di spazi
fra il punto e la maiuscola esistesse e fosse solo una questione di lay
out strano, per favore, dimmelo. Correggerei subito!
Altri errori:
-Un’adolescente: te lo ha corretto anche la giudicia
dell’altro contest, perlomeno potevi correggerlo (-0,25).
“con unico
movimento”. Manca l’articolo un (-0,25)
“le disse in
tono severo.” Qui Ginny parla a James. Disse a lui, gli
disse. (-0,5)
- Magiare le patatine
fritte. Quando Lily ed Hugo parlano male, lo posso capire. Ma qui,
magiare, detto da un bambino di otto anni… Potremmo stare a
discuterne ore, effettivamente. Io l’ho interpretato come un
errore di battitura, sinceramente. (e qui perdi 0,1)
-
_Stile: 8,5/10
Vai a capo, vai a capo,
vai a capo.
Da’ respiro
al testo, non aver paura di staccare le frasi.
Soprattutto nei
dialoghi, non lasciarli attaccati alla parte narrativa/descrittiva.
Saranno gli errori di
punteggiatura, ma un po’ hanno appesantito lo stile, che
comunque mi è piaciuto.
Brava
nell’utilizzo di un lessico semplice nei dialoghi dei
bambini, non ripeti mai le parole.
_IC: 10/10
Sicuramente, il punto
forte di questa storia.
Bellissimi i bambini,
umani, credibili e teneri.
Stupendi gli adulti,
Harry in particolar modo. Di Harry così completi e ben
caratterizzati ne ho trovati pochi, davvero!
_Originalità: 10/10
Particolare, davvero.
Anche perché
l’idea di base, questo mix di passato e presente,
è già di per sé inusuale, e
l’hai resa molto bene.
_Gradimento personale:
5/5
È una delle
mie storie preferite.
Tenera e commovente, mi
ha lasciata con un groppo alla gola davvero stupefacente.
Bravissima!