Alcune
piccole infeormazioni prima della lettura.
Prima
di tutto ringrazio Tefnut per il giudizio, sono felicissima del
risultato visto
che è la mia prima Draco/Astoria e, diciamocelo, Draco non
è per niente
nelle mie corde….
Sono
passati Quattro anni dalla battaglia di Hogwarts. La famiglia Malfoy
è caduta
per così dire in disgrazia, nel senso che non gode
più della stessa
considerazione nel mondo magico, in particolare Lucius dovrebbe essere
in
carcere (la cosa nella fic non traspare, cito solo Narcissa, ma si
può
intuire). Che altro? Astoria e Draco quindi non si vedono dal sesto
anno di
Draco e questo è il loro primo incontro dopo tano
tempo…il primo di tanti
incontri. La storia è lasciata volutamente in sospeso per
dare una certa
aspettativa, Draco è cambiato, è cresciuto e
Astoria entra prepotentemente
nella sua realtà incrinata. Bene dopo tutte queste
chiacchere suppongo che vi
debba lasciare…buona lettura J
I
personaggi di questa storia appartengono quasi tutti a J. K. Rowling. I
fatti
narrati di seguito non sono mai accaduti nella saga di Harry Potter.
Questa
storia è stata scritta senza nessuna intenzione di lucro, si
ritiene, quindi,
che nessun diritto di copyright sia stato violato.
Acrobat
Don't believe what you hear
Don't believe what you see
If you just close your eyes
You can feel the enemy
When I first met you girl
You had fire in your soul
What happened your face of melting in snow?
Now
it looks like this
“Acrobat” U2
Si avvolse nel mantello e
diede un’ultima
occhiata al foglio poggiato sul piano dello scrittoio.
La
carta fine recava in bella calligrafia le indicazioni del luogo.
Prese
il foglio, si calò sul volto una maschera bianca e si
Smaterializzò.
Ricomparve
nell’ingresso della tenuta di campagna dei Greengrass. Tutti
gli anni, la sera
del solstizio d’estate, organizzavano un ballo in maschera.
Era
solo un altro degli eventi mondani che le famiglie Purosangue si
divertivano a
indire per dare sfoggio della loro ricchezza.
Col
tempo aveva cominciato a odiare tutte quelle serate in cui lo sfarzo
faceva da
padrone. Soprattutto odiava il modo in cui tutti studiavano tutti come
fossero
cavie da laboratorio.
Quando arrivò al
portone che si apriva sulla
sala illuminata a giorno un maggiordomo gli si avvicinò
chiedendogli di
mostrare l’invito e quindi gli sfilò il mantello.
Aveva declinato
l’invito per ben tre anni.
Da
quando il buon nome dei Malfoy era caduto in disgrazia non si era dato
la pena
di riguadagnare punti.
Non
sarebbe servito a nulla.
Semplicemente
la questione non lo sfiorava lontanamente.
Poi
sua madre l’aveva scongiurato.
Praticamente
supplicato.
Alla
fine aveva ceduto.
Individuò Blaise
accerchiato dalla solita
folla di ragazzine adoranti. Stava sicuramente tenendo un sermone su
chissà
quale argomento. Quel ragazzo aveva la capacità di attirare
l’attenzione come il
miele le api.
Mentre si avvicinava al
tavolo dell’amico,
recuperò un bicchiere di Firewhisky, il profumo troppo forte
di una dama che
gli era passata acconto gli fece girare la testa.
-
La settimana scorsa mi è capitato di andare a Parigi con mia
madre, lì si che
si possono trovare dei veri sarti. Così mi sono fatto
confezionare questo
magnifico abito – nel dire questo ovviamente
Blaise stava assumendo le più svariate pose così
da offrire agli sguardi del
suo auditorio l’abito blu in stile settecentesco, –
Davvero magnifico, non
trovate anche voi?
I
sospiri sommessi delle ragazze sembrarono soddisfare il ragazzo che si
limitò a
sorridere causando un’altra ondata di sospiri.
Bastò il suo
arrivo per decretare la fine di
quel siparietto.
Il
suo sguardo truce fu un chiaro invito a liberare il tavolo.
-
Sloggiate.
Neanche
troppo
velato.
Le
ragazze se ne andarono parlottando tra loro, troppo spaventate per
replicare al
suo ordine.
Zabini si portò
la mano alla fronte con fare
teatrale – Suvvia Draco, più garbato!
Emise
un suono che somigliava più a un grugnito che a un saluto e
si mise seduto.
-
La tua loquacità mi sorprende ogni volta!
Blaise
aveva la capacità di portarlo all’esasperazione
con una semplice frase.
-
Bè vedo che alla fine sei venuto. – Daphne si
accomodò con poca grazia sul
posto vicino al moro.
Emanava
un’alterigia unica nel suo abito verde smeraldo. La chioma
bionda ricadeva
elegantemente sulla spalla destra, mentre la mascherina nascondeva una
minima
parte del volto agli occhi indiscreti dei presenti.
La
vide tendere la mano con il palmo rivolto verso l’alto nella
direzione di
Blaise.
Il
ragazzo le prese la mano e ne baciò il dorso.
-
Zabini, la mia vincita.
A
quanto pareva l’eleganza della ragazza quella sera era andata
a farsi benedire
insieme alle buone maniere.
-
Vedi Daphne, confidavo nel fatto che Malfoy dopo tutto questo tempo
avesse
ancora un po’ di sale in zucca, ma a quanto pare…
-
Avete scommesso su di me? – calcò volutamente la
voce sull’ultima parola. Come
era possibile procurarsi degli amici che rasentassero la soglia della
normalità? Certo non pretendeva di trovare due guardie del
corpo come Weasley e
la Granger, ma un minimo di tatto non avrebbe guastato.
-
Oh, Draco sei la fonte dei miei guadagni. – La bionda lo
stava guardando con
un’espressione ironica dipinta sul viso.
Senza preavviso
scoppiò a ridere.
Si
chiedeva come aveva fatto a restare tutto quel tempo rintanato nel
maniero – O
forse sono gli ormoni di Zabini che non lo fanno ragionare quando
scommette
contro di te…
Forse
non le
odiava poi così tanto quelle serate.
Daphne aveva ritirato i suoi
dieci galeoni e
aveva ripreso a fare gli onori di casa sotto lo sguardo vigile di
Zabini.
Trangugiò il Firewhisky e se ne fece portare un altro.
Il
bruciore dell’alcool era come un anestetico, lo aiutava a
sopportare.
Si era reso perfettamente
conto di non essere
una presenza gradita per la maggior parte dei convitati. La vena sopra
il sopracciglio
pulsava fastidiosamente per la frustrazione mentre il suo sguardo si
posava
sulla pista da ballo.
Percepiva lo sguardo di
Blaise sulla sua
figura tentare di decifrarlo, ma la maschera nascondeva i suoi
lineamenti
contratti.
Cercò
di rilassarsi seguendo i movimenti fluidi delle coppie danzanti.
In
mezzo alla pista intravide una ragazza vestita di grigio che lo
guardava
insistentemente. Di tanto in tanto distoglieva lo sguardo, ma alla fine
tornava
sempre su di lui.
Bevve ancora qualche sorso
del liquido
ambrato.
-
Sembra che qualcosa abbia catturato la tua attenzione, Malfoy.
Qualcuno.
Si
alzò senza dire una parola.
Non poté evitare
di guardare di nuovo nella
sua direzione.
La
attirava come una calamita. Semplicemente non poteva farne a meno.
Quando
incontrò il suo sguardo sussultò
impercettibilmente tra le braccia del suo
cavaliere, distolse lo sguardo e tornò a fissare la spalla
di Adrian.
Un
paio di minuti e i suoi occhi saettarono nuovamente verso il tavolo
dove era
seduto.
Non
c’era più.
-
Pucey, mi concederesti un ballo con la tua dama?
Vide
il suo cavaliere voltarsi verso il ragazzo che aveva richiamato la sua
attenzione.
Il
quartetto d’archi aveva appena terminato un minuetto.
La
mano di Adrian abbandonò la sua vita mentre la faceva
avanzare verso il loro
interlocutore.
Lo
vide rivolgergli un sorriso sghembo prima di ammonirlo: –
Malfoy, hai
intenzione di irretire tutto il gentil sesso questa sera?
Draco rise di gusto
–
Per quello c’è già Zabini!
Pucey
si inchinò leggermente per baciarle la mano.
I violini ricominciarono a
diffondere le loro
note; osservò il suo cavaliere allontanarsi tra le coppie
mentre Draco le
cingeva la vita e cominciava a muoversi seguendo la musica.
Si lasciò
condurre in quel lento opprimente.
Rimasero
in silenzio per molto tempo, continuando a volteggiare tra le altre
coppie.
Respirava
pianissimo, era come se all’improvviso lui catturasse ogni
particella di
ossigeno attorno a loro. Si sentiva come in una bolla, percepiva a
stento la
musica che si diffondeva nella stanza.
-
Prima mi stavi guardando.
Non
era una
domanda.
Si
concentrò sul colletto della camicia nera: la stoffa
pregiata gli sfiorava la
gola creando un contrasto notevole con il suo pallore.
Sentì
distintamente le sue dita insinuarsi tra i laccetti del vestito alla
base della
schiena e sfiorarle la pelle scoperta. Trattenne il respiro.
Calma.
La
spinse ad inarcare la schiena così da avvicinarla
maggiormente al suo corpo.
Quel cambiamento di posizioni la costrinse ad alzare il capo e ad
incontrare i
sui occhi.
Quegli
occhi grigi stavano scandagliando i suoi senza ritegno alla ricerca di
una
risposta.
Le
foglie ricamate che arricchivano la sua mascherina gli sfioravano la
mascella,
ma lui non dava segno di fastidio, almeno apparentemente.
-
Chi sei? – osservare le sue labbra sottili muoversi era quasi
ipnotico. Aveva
sempre amato osservarlo mentre parlava.
-
Stai flirtando con me, Malfoy? – tenerlo in bilico sul filo
di un rasoio era
una delle sue tante fantasie. Stuzzicarlo fino a fargli perdere la
pazienza per
leggergli i cambiamenti d’umore sul viso: il modo in cui
serrava la mascella
per la frustrazione o socchiudeva leggermente gli occhi.
Amava
osservarlo.
-
Non trovo giusto il fatto che tu sappia chi sono e non valga lo stesso
per me.
La
guardava con un’intensità unica.
Quell’intensità
che credeva non avrebbe mai rivolto a lei.
-
Credi che sia davvero importante?
Stava evitando ogni sua
domanda.
Le
fece fare una giravolta su se stessa e poi la attirò
nuovamente a se. Le gambe
intrecciate alle sue, in quel lento di cui non riusciva a distinguere
nemmeno
la musica per la confusione che gli provocava la sua vicinanza.
Probabilmente
il suo cuore non avrebbe retto altro a quel punto.
Le
sembrava di essere tornata la quattordicenne che non faceva altro che
osservarlo da lontano.
Le
stava guardando intensamente le labbra.
Lo vide abbassare il viso
verso il suo fino a
sfiorarle il naso con il proprio.
-
Chi sei?
Una
rapida occhiata dietro la sua spalla, dall’altra parte della
sala c’era suo
padre.
Li
aveva visti.
Voltò il viso un
attimo prima che potesse
baciarla.
Aveva
serrato la mascella. Le labbra strette e lo sguardo dardeggiante
stavano ad
indicare quanto poco aveva gradito quel gesto.
-
Io…scusa.
Si
dileguò tra le coppie che ballavano.
Il
cuore che le batteva all’impazzata e le guance in fiamme.
Stava parlando con una
ragazza vestita di
rosso. L’abito grigio le fasciava perfettamente il corpo, il
seno stretto nel
corsetto, la schiena era parzialmente scoperta, si potevano intravedere
lembi
di pelle chiara tra gli incroci dei nastri di raso.
Riusciva
ancora a percepire la consistenza dell’epidermide sotto i
polpastrelli.
Il
respiro che gli aveva sfiorato il collo.
L’insoddisfazione
gli bruciava sulle labbra come l’alcool in gola.
-
Daphne chi è quella ragazza laggiù?
L’amica
lo guardò con sospetto prima di rivolgere lo sguardo dove le
aveva indicato.
-
Intendi quella vestita di rosso vicino a mia sorella?
L’aveva
visto.
La
seguì con lo sguardo mentre si dirigeva da sola in veranda.
-
Draco?
Daphne
l’aveva richiamato, ma lui la stava già seguendo.
Fortunatamente non li aveva
visti mentre ballavano. Questo non gliel’avrebbe perdonato.
La veranda, illuminata da
poche candele che
fluttuavano sopra le loro teste, era grande e spaziosa, le pareti erano
di
vetro e legno intarsiato così come il tetto spiovente. Da
lì si potevano vedere
la campagna che circondava la tenuta e il cielo trapuntato di stelle.
-
Non trovi che la luna sia luminosissima?
Aveva
lo sguardo rivolto verso l’alto.
Si
era accorta della sua presenza.
Più
probabilmente l’aveva visto seguirla.
Alzò
gli occhi per guardare la luna, era più vicina del solito ed
emanava una luce
innaturale.
Così
vicina.
Se
solo avesse allungato una mano l’avrebbe potuta toccare.
Portò
nuovamente lo sguardo su di lei, si limitava a guardare le stelle.
Si
tolse la maschera e la poggiò su di un divanetto. I capelli
gli ricadevano
scomposti sulla fonte.
Si
avvicinò lentamente fino ad arrivarle di fronte, le
toccò la base del collo con
le mani, proprio dove arrivavano alcuni boccoli scuri
dell’acconciatura.
Le
sfiorò il collo con i pollici fino ad arrivare alla
mandibola e lì la toccò con
movimenti lenti e circolari. Lei continuava a guardarlo negli occhi.
Quelle
pozze azzurre lo tenevano incatenato. Deglutì il vuoto.
Incapace
di
distogliere lo sguardo.
Le
sfilò finalmente la mascherina lasciandola poi cadere a
terra.
-
Astoria.
La
vide incurvare le labbra in un sorriso ironico. – Ce
l’hai fatta.
La
piccola
Astoria.
Era
bella.
Non
la bellezza sconvolgente della sorella, quella di Daphne era
opprimente,
devastante all’inizio ma stucchevole col passare del tempo.
Quella di Astoria
era una bellezza più sottile, più semplice.
Qualcosa che la pervadeva senza
offuscare la sua essenza.
Lo
attraeva inspiegabilmente.
Se
non avesse portato la maschera, probabilmente, non l’avrebbe
riconosciuta
comunque. Non dopo tutto quel tempo. L’aveva sempre
considerata poco, era solo
la sorellina di Daphne e lui un ragazzino viziato.
Mentre
le studiava il volto cercò di ricordare quando fosse stata
l’ultima volta che
l’aveva vista.
Il
suo sesto
anno ad Hogwarts.
Sembrava
fosse passata un’eternità, quasi
un’altra vita.
-
Perché tutto quel mistero?
Gli
aveva preso la mano destra tra le sue, stava giocherellando con
l’anello che
portava al dito. L’anello con lo stemma dei Malfoy.
-
Se ti avessi detto chi sono… Mi avresti seguita?
La
vide alzare il viso per incontrare i suoi occhi.
Era
una domanda
retorica.
Proseguì la sua
avanzata verso il polsino
della camicia, gli slacciò gli alamari e arrotolò
con cura il tessuto appena
sotto il gomito; il Marchio alla luce lunare era ancora più
inquietante.
I
muscoli si tesero fino allo spasmo quando vi passò le dita
affusolate.
-
Hai paura?
-
No. – l’aveva spinta fino a farle appoggiare la
schiena contro la parete di
vetro. – E tu hai ancora paura, Draco?
Quella
domanda lo colpì come un pugno allo stomaco. Non lo diede a
vedere,
semplicemente spostò lo sguardo sul suo seno.
Era
arrossita.
-
T’interessa veramente? – Le sfiorò la
pelle appena sopra il corsetto facendola
trepidare, – T’interessa veramente sapere cosa ne
è stato del vecchio Draco
Malfoy? Del ragazzino impaurito che si divertiva a fare il Mangiamorte?
Tratteneva il respiro e
aveva gli occhi
chiusi. L’altra mano era scesa dal fianco a metà
coscia dove aveva cominciato a
tirare verso l’alto la seta del vestito.
Inesorabilmente.
La
sentì respirare forte.
Le
aveva appena sfiorato la pelle nuda della coscia quando Astoria gli
afferrò la
mano intrecciando le dita con le sue. Poggiò la guancia
contro la sua tempia –
Lasciamelo fare.
Lei strinse convulsamente la
mano attorno alla
sua, allontanò l’intreccio quel tanto che bastava
per far scivolare la stoffa
al suo posto.
-
Credo non sarebbe opportuno. – Il tono che aveva usato
tradiva la fermezza
della frase.
Opportuno.
Non era prudente.
Opportuno
dava al tutto
un’ufficialità che non poteva sopportare.
-
Sei proprio intenzionata a non concedermi nulla.
Quella
ragazza stava mettendo a dura prova il suo autocontrollo negandosi in
quel
modo. Continuando a negarsi in quel modo.
La vide alzarsi sulle punte
dei piedi e
lasciargli un bacio castissimo sulle labbra. Per la sorpresa non si
mosse
subito, poi poggiò la mano sulla parete dietro la sua
schiena intrappolandola
con il suo corpo – Potrei decidere di non lasciarti
più andare.
-
È una promessa?
Era
bella
Astoria.
Di
quella
bellezza che ti entra dentro avvelenando ogni singola cellula del tuo
corpo.
Pensò
che la risposta più giusta da dare fosse baciarla a sua
volta.
Un
bacio castissimo.
Come
non aveva mai fatto in vita sua.
Attratto
dal suo profumo di rosa selvatica e dai suoi occhi.
Attratto
da lei.