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Autore: Leopimpa    21/08/2011    3 recensioni
Ho voluto dedicare a Misa il mio primo racconto, si tratta di alcune riflessioni sulla sua vita e sulle sue scelte, mi sono ispirata soprattutto a me stessa scrivendo questo racconto, a ciò che ho provato e a quanto mi senta simile a questo personagggio. Spero che vi piaccia!
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Misa Amane
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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 “Dannazione!” un’occhiata veloce e tagliente come una katana, amara come la solitudine, disperata come la sua meravigliosa follia. “Sbaglio o tu dovresti custodire il Death Note? Invece non fai altro che assillare tutti con i tuoi inutili problemi che tu stessa ti crei, dato che tu a differenza del sottoscritto non hai nulla da fare!” Mi lasciai sfregiare da quelle parole, ma non provai nessun dolore, solo un leggero fastidio paragonabile ad un ago che punge una crosta ormai troppo spessa. Lo fissai attonita, dai suoi occhi non traspariva alcun sentimento umano, erano gelidi e calcolatori eppure così dannatamente belli… il freddo tutto d’un colpo mi avvolse, succhiandomi lentamente le forze. Ma io non potevo lasciarmi sopraffare, non prima di…. “Dammi il tuo Death Note” Sibilai. Fece finta di non sentirmi, mentre cercava di ripararsi dai brividi che lo stringevano nel loro fatale abbraccio. Mi avvicinai e dopo averglielo strappato di mano dissi fra me e me “Spero tanto di non avere un secondo nome” Light sobbalzò, i suoi occhi ora erano tizzoni ardenti “Non fare sciocchezze” Disse gelido “Posa quella biro. Ora.” Disegnai una bella “M”, con tanto di ricciolo. Doveva essere una firma perfetta, la migliore che avessi mai fatto in tutta la mia vita. Scrivere il nome di qualcuno per ucciderlo, un meccanismo privo di qualsiasi logica umana, perverso e diabolico. E pensare che a sedici anni imbrattavo decine di fogli con la mia firma, scrivere il mio nome mi faceva provare una sensazione meravigliosa, quella di essere viva. Poi, forse per istinto di sopravvivenza nella mia mente si visualizzò un minuscolo braccialetto rosa, allacciato ad un braccio altrettanto minuscolo. “Misa” Il giorno della mia nascita mio padre aveva insistito con le infermiere per scrivere lui stesso il mio nome. Provai un’amarezza indescrivibile, ma la crosta resistette, mentre la mia mano scorreva rapida sul foglio. Ad un tratto sentii un dolore lancinante al volto, tutto diventò nero, riuscii solo a distinguere l’acre odore del sangue, lo stesso che mi aveva avvelenato i polmoni il giorno dell’assassinio dei miei genitori. Le tenebre che erano solite opprimermi ora mi avvolgevano cullandomi nel loro oscuro abbraccio, dondolavo in un tiepido mare nero che sembrava non avesse mai conosciuto la tempesta. Nelle sue placide acque riversai tutti i miei pensieri, tenni solo la certezza di esistere. Solo quella mi bastava. Pensai di essere morta ma subito realizzai che, anche se come mi aveva detto Rem non mi attendeva altro che il nulla, quella  non era la giusta punizione per un’assassina del mio calibro. Non era  una punizione, anzi  ero felice, felice di esistere e non pensare. Poi però una rete bianca mi catturò issandomi su di una nave. Iniziai a boccheggiare come un pesce. “Perché non posso restare qui per sempre?” Pensai rammaricata. La risposta la conoscevo bene: lì mi sentivo bene, e per una ragazza di nome Misa Amane questa è una colpa ancora peggiore di quella di cui si macchia quotidianamente. “Misa ti prego svegliati” Socchiusi gli occhi e ricordai ogni cosa. Ero fra le braccia di Light. Subito li richiusi, decisa a non svegliarmi da quel meraviglioso e immeritato sogno “Misa ho bisogno di te, ti prego svegliati!” Emisi qualcosa che doveva essere un lieve gemito “Grazie al cielo! Scusami tanto ma non vedevo altra soluzione per impedirti di commettere il più grosso sbaglio di tutta la tua vita!” Mi sfiorò appena le labbra con un bacio, come quella sera a casa sua. “Permettimi di fare il mio dovere ti prego” Sussurrai “Io esisto solo per servirti, sono nata per questo. Mi avevi implicitamente chiesto di togliere il disturbo e io, voglio, devo andarmene se è questo che desideri” “Taci ho già sentito abbastanza” Disse con tono seccato. “Dobbiamo fermarlo” Mi scostò una ciocca di capelli dal viso  “Vedrai che sarà costretto a fermarsi, sai prima di morire il conducente sembrava volesse dirigersi verso il distributore e mentre eri svenuta attraverso questa fessura ho visto che preso dall’euforia ha imboccato la tangenziale est che porta fuori città. Il prossimo distributore è fra trenta chilometri, quando ci saremo fermai ho già in mente qualcosa per tagliare la corda” Sfoderò uno dei suoi meravigliosi sorrisi perversi. Lo guardai intensamente, per fare il pieno di quella medicina prodigiosa. Come avevo potuto, anche solo pensare di togliermi tutto questo? Vedendo i miei occhi brillare prolungò quell’incantevole spettacolo. “Però” proseguì imbarazzato “Per quanto rapidamente possa esaurirsi la benzina… diciamo che sarà una gara a chi si esaurirà prima” “Cosa??’” Gridai. Mi sciolse un codino “Se non sbaglio si chiama Elementi di Biologia, sesto capitolo, diciassettesimo paragrafo. Il mio libro di scienze del liceo afferma che un uomo nelle nostre condizioni sopravvive in media dai venti ai venticinque minuti, tu hai l’aggravante di essere bagnata quindi facciamo pure quindici scarsi” In questi momenti devo dire che il masochismo aiuta. Forse avrei dovuto gridare, disperarmi e strapparmi i capelli, ma rimasi impassibile “Ah interessante” Azzardai “Quindi la scenata con il Death Note è stata inutile” “Già nient’altro che un inutile spreco di energie” Disse impassibile. “In ogni caso se vuoi non andrà come dice la scienza” Ironizzai “Giusto, giusto tu sei dio quindi le leggi della fisica ti obbediscono, il freddo si scansa e…”Mi fulminò, anche se notai che gli era comparso un sorrisetto quasi impercettibile agli angoli della bocca. “Molto più semplicemente conosco un antidoto” Detto questo iniziò a sbottonarsi la camicia. Forse avevo le travegole, ma se era il freddo il responsabile di questa meravigliosa allucinazione mi sarei trasferita in Alaska al più presto! “A..aspetta” balbettai “E’ per quella faccenda di sommare il calore corporeo?” “Già” si limitò a rispondere. Lasciai cadere l’accappatoio e lo abbracciai con tutte le forze che mi restavano. Non avrei mai dimenticato quell’istante, anche se nei momenti di buio sconforto è proprio il ricordo  istanti come quello a fare più male. “Non devo pensare” dissi fra me e me. “Adesso non devo pensare” Chiusi gli occhi e mi convinsi la mia vita aveva avuto inizio in quell’istante, che prima non c’era stato nulla. “Prima quando ero svenuta hai detto delle cose bellissime” Sussurrai “Io HO BISOGNO  di te” Prima che potessi rendermi pienamente conto di  ciò che aveva detto le lacrime riempirono i  miei occhi, iniziai a singhiozzare senza motivo. “Anch’io” riuscii a dire fra le lacrime. “Anch’io e non sai quanto” mi appoggiò l’indice sul collo, poi iniziò a scendere. Ormai i miei non erano più brividi di freddo. “Pensaci bene” Le sue parole nelle mie orecchie risuonavano come una melodia dolce e perfetta. Lo guardai negli occhi così a lungo che mi parve di intravedere la sua anima. “Ha forse senso la vita di un assassino quando viene a mancare il suo obiettivo, la sua vittima predestinata?” Scossi lievemente la testa e aggiunsi “E che senso ha l’esistenza di un oggetto quando non può essere utile fino in fondo al suo possessore?” Mi lanciò un’occhiatina rapida e sfuggente, fu solo un effimero istante prima che le nostre labbra e i nostri corpi diventassero una cosa sola. “Siamo pazzi, dico sul serio” Dissi  ansimando. Lui scoppiò in una sinistra risata “Misa, la pazzia non esiste; esiste  solo gente straziata dalla noia e io appartengo decisamente a questa categoria” Gli sorrisi appena. Lui abbassò gli occhi, pensieroso. I miei occhi intanto percorrevano tutte le linee del suo viso, era perfetto, mi piaceva in ogni suo piccolo insignificante dettaglio… “Misa tu… tu ami?” Disse a bruciapelo “Intendo…. Tu…. Tu sei capace di amare qualcuno?” Mi guardai istintivamente il petto, temevo seriamente che il cuore potesse saltarmi fuori da un momento all’altro. Tutto ciò che riuscii a rispondere fu un timido “credo di si…” Se solo avesse saputo quanto soffrivo per lui, istante dopo istante, giorno dopo giorno… “Io…. Io non credo di esserne capace però per la prima volta dopo diciassette anni forse ho amato qualcuno” Avevo immaginato quel momento in ogni minuto libero della mia giornata, in tutti i modi e luoghi possibili, ma mai avrei pensato che la mia esistenza iniziasse ad avere senso nel retro di un camioncino a meno venti gradi sotto zero. “Io non so esattamente cosa provo per te,  Misa però sono felice che tu sia qui con me adesso, non vorrei essere con nessun’altra persona al mondo” Mi sedetti su di lui “Fammi tua” lo implorai con un filo di voce. Mi strinse violentemente i fianchi, poi mi costrinse a chinarmi su di lui. “Tu sei già mia, lo sei sempre stata e sempre lo sarai. Tu mi appartieni da sempre” Mi feci inebriare dal suono di quelle meravigliose parole, le uniche che avrei voluto sentire. Tutto ciò che riuscii a rispondere fu “Hai visto com’era semplice? Ora sono felice”

  
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