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Autore: laNill    22/08/2011    6 recensioni
Aprendo gli occhi, titubante, lo vide ancora piegato in avanti alla sua altezza senza più il Pocky a legarli; c’era solamente lo sguardo di lui che non voleva e non poteva staccarsi da quello azzurro di lei.
“Sai, mi piaci di più quando ti arrabbi che non quando mi ignori quando ti prendo in giro e quando hai quelle rughe sulla fronte; proprio qui.”
Non capiva. Non capiva. Non capiva. [...]
[Kagura x Okita Sogo]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Kagura, Okita Sogo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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*Pocky: bastoncini di biscotto ricoperti con cioccolato al latte. Una piccola porzione di bastoncino si presenza senza copertura, per permettervi di impugnarli e gustarli a morsetti senza che il cioccolato possa macchiarvi le dita (Vedi i Mikado)

~

Pocky


Era snervante starsene sotto al sole cocente di inizio Agosto, seduta lungo i bordi del fiume ad aspettare quell’idiota dal cespuglio incolto sopra la testa alle due del pomeriggio.
Alle due.
Un orario durante il quale non passava nemmeno un insetto da calpestare per strada, almeno con quelli ci si sarebbe potuta svagare.
E invece no.
Per lo meno aveva il suo ombrellino rosso che la copriva dai raggi del sole, fin troppo caldi per i suoi gusti e per la sua pelle; ma l’afa della città era così soffocante che, se si sarebbe sforzata un poco, avrebbe potuto emanare calore lei stessa.
Era snervante; e deprimente.
Deprimente perché, mentre osservava con lo sguardo azzurro vacuo le piccole increspature dell’acqua sotto ai suoi piedi, non poteva far altro che ripensare al suo precedente incontro con suo fratello Kamui.
Non poteva ancora crederci: l’aveva incontrato, anche se per una minima frazione di secondo, dopo tanti, troppo anni.
Quanto avrebbe voluto sorridergli e saltargli al collo, abbracciandolo; chiedergli dove era stato in tutti quegli anni, cosa aveva fatto, quante cose aveva visto.
Ma niente.
Nulla di tutto questo gli aveva potuto chiedere.
Il perché? Suo fratello, il suo stesso fratello aveva tentato di ucciderla con lo stesso sguardo che rivolgeva ai suoi nemici.
Strinse impercettibilmente la mancina attorno al manico dell’ombrello, lo sguardo fisso verso il basso.
Nnon si era minimamente accorta della persona che gli si era avvicinata lentamente e che in quel momento si trovava al suo fianco, in piedi, a scrutarla atono.
Fu un rumore di acqua, pareva, accompagnato da uno strano, stranissimo odore a destarla dal suo stato di trance e ad obbligarla a volgere lo sguardo, sempre atono, verso la figura del membro della Shinsengumi che più odiava al mondo.
E in quel momento, nell’atto di fare la pipì nel fiume, lo iniziava ad odiare ancora di più.
“Aaah, finalmente.” Sospirò sornione Okita, con una naturalezza quasi assurda.
Kagura, nel mentre, continuava a guardarlo impassibile alternando il suovisto al suo cavallo e viceversa, senza alcuna parola da dire.
In verità non voleva dire nulla; cosa si può dire ad un idiota nato?
“Sai, penso che tu non avere molto cervello dentro tua testa.”
“Uh?” Okita parve accorgersi solo in quel momento della ragazzina, guardandola fintamente stupito dal’alto in basso. “Ah, c’è la tappetta dello Yorozuya. Non ti avevo visto; non ci metterò molto.”
La ragazzina lo guardò di sbieco, per poi tornare a osservare il fiume.
Questa volta aveva deciso di ignorarlo, non riusciva nemmeno a rispondere alle sue provocazioni; era davvero caduta in basso.
Sospirò flebile, quindi, passandosi una mano sulla fronte.
“Fa caldo eh, hai sete? Tieni se vuoi ti disseto io. Ne ho quanta ne vuoi.” Affermò il ragazzo puntandogli ciò che teneva tra le mani e lasciando che qualche schizzo laraggiungesse a sfiorargli il vestitino rosso al livello delle cosce, fortunatamente fasciate dai pantaloncini rossi.
Lei, per contro, lo fulminò con lo sguardo poco prima di tentare di colpirgli il cavallo con l’ombrello in uno scatto repentino.
“Fai schifo!” gli urlò dietro mentre lui si allontanava svelto, richiudendo la zip dei pantaloni.
“Ehi, potevi fare male al mio amico. Guarda che è molto sensibile, eh.”
“Non me ne frega. Se io potevo, lo tagliavo con un solo colpo.”
“E dire che volevo solo aiutarti; ti vedo molto disidratata. Se vuoi ne ho ancora.”
Kagura avrebbe voluto ribattere ma, per qualche motivo, lasciò cadere la questione e abbandonò l’ombrello in basso, voltandosi e camminando nella direzione opposta.
“Lasciami in pace, cetriolo.”
Si allontanò per qualche metro, osservata in ogni minimo particolare dallo sguardo attento di Okita, per poi mettersi seduta su di una panchina all’ombra di un albero di ciliegio senza i suoi fiori rosati.
Diede un’occhiata alla sua destra dove prima c’era la figura del ragazzo.
E, in qualche modo, non vedendolo più dove l’aveva lasciato la fece deprimere ancora di più.
Era rimasta sola, di nuovo.
Prese un pacchetto di Pocky prendendone un bastoncino tra le dita e mettendosi la punta di cioccolato tra le labbra, assaporandone il gusto ma senza realmente percepirlo.
Fu questione di qualche secondo che si ritrovò il viso del membro della shinsengumi a qualche respiro di distanza.
“Si può sapere cosa tu volere ancora?” chiese con una nota di disappunto nella voce nel vedere come lui avesse afferrato con le labbra l’altra estremità del Pocky mentre lei continuava a mantenere salda la presa sulla sua, di estremità.
“Mi piacciono questi dolci, li voglio provare.” Rispose lui, come se fosse la cosa più normale del mondo.
“Non li hai i soldi? Vatteli a comprare.”
“Preferisco questi; rubarli da te li rende più dolci.”
Il suo sguardo si fece più intenso, così come il respiro che Kagura poteva sentire sul suo viso e che, per qualche strano motivo, la fece rabbrividire.
Lentamente, a poco a poco, il viso di Okita si avvicinò sempre di più al suo masticando il suo pezzo di Pocky e facendo avvicinare sempre di più i loro volti.
Non capiva il perché ma il suo cuore aveva iniziato a battere sempre più forte, tanto da poterlo sentire anche senza il bisogno di mettere una mano sul petto e contarne i battiti. E più lui si avvicinava, più le sue guance assumevano una colorazione rossastra e le iridi si dilatavano.
Ma non capiva il perché di tutto quel trambusto né la piacevole, seppur lievemente pesante, sensazione che quella vicinanza le portava.
Per contro il ragazzo pose una mano al muro dietro di lei, di fianco al suo viso, di modo da non sbilanciarsi eccessivamente su di lei ma di tenerla sempre sotto controllo; la sua espressione era neutrale anche se, lievemente, la rossa poteva scorgere un piccolo rossore sulla sue guance e il socchiudersi brevemente delle sue palpebre mentre reclinava il viso verso destra.
E trattenne il respiro quando si rese conto che mancava un morso.
Un morso.
Solo un morso e le loro labbra si sarebbero inevitabilmente sfiorate.
Serrò gli occhi così come la bocca; azione fatta più per impulso che per impedire un loro possibile bacio - nonostante ancora non era totalmente consapevole di ciò che Okita stava per fare -, indietreggiando lentamente con la nuca.
Passarono una manciata di secondi, a suo dire, senza che accadesse nulla. Si aspettava che il ragazzo facesse o dicesse qualcosa ma quel qualcosa non arrivò; o meglio, non nel senso che pensava Kagura.
Aprendo gli occhi, titubante, lo vide ancora piegato in avanti alla sua altezza senza più il Pocky a legarli; c’era solamente lo sguardo di lui che non voleva e non poteva staccarsi da quello azzurro di lei.
“Sai, mi piaci di più quando ti arrabbi che non quando mi ignori quando ti prendo in giro e quando hai quelle rughe sulla fronte; proprio qui.”
Non capiva. Non capiva. Non capiva.
Ed in una frazione di secondo, vide come il pollice e l’indice della mano destra di lui si erano posizionate sopra la sua fronte come in procinto di scagliare una biglia e, com’era da copione, il dolore che ne scaturì la fece piegare in due.
“M.. M.. MA SEI DEFICIENTE!?” Gli urlò lei, infervorata, con ancora le guance arrossate ma con un’espressione tra l’irato e l’imbarazzato.
“Non ho saputo resistere, ce l’avevo a portata di tiro.” Si giustificò lui, facendo spallucce e mostrandole la lingua.
Quanto la faceva innervosire quando faceva così?
“Anche io avere a tiro la tua minuscola salsiccia, e tu stare certo che domani non la avere più tra gambe.”
“Ma dai, e dire che prima ce l’hai avuto vicinissimo. Guarda che è grande, forse non hai visto bene; vuoi rivederlo?”
Fu in procinto si abbassarsi di nuovo la zip quando un ombrellata verticale da parte della rossa lo bloccò prima che lo ritirasse fuori, riuscendo ad evitare di striscio il colpo.
“Finalmente reagisci, pensavo che ti piacesse l’idea di vedermelo tirare fuori, caccola!”
“Come se io riuscire a vedere quel fagiolo piccolo; io avere seri dubbi sul fatto che tu essere maschio o femmina.”
“Stavo pensando la stessa identica cose di te; quelle che ho palpato non sono nemmeno da considerare delle tette.”
A quella frase, Kagura avvampò per l’imbarazzo spostando velocemente lo sguardo dal suo petto all’espressione di scherno dipinta sul viso di lui.
“Tu… FAI SCHIFO!”
E partì nuovamente in quarta, con l’ombrello a mò di spada con l’intenzione da darglielo in testa e spaccargliela una volta per tutte; attacchi che Okita sapeva parare bene, tanto più da continuare a prenderla in giro.

“Caccola!”
“Omuncolo!”
“Seno ultrapiatto!”
“Menomato!”
“Nano da giardino!”
“Salsiccia uscita male!”
“Hamburgher senza carne!”
“Patata con vermi!”
“Cacche fritte, si può sapere cosa diavolo state farneticando?”
La voce di Gin si intromise in quel battibecco assurdo che nessuno dei due voleva perdere, continuando a scalciare e a tentare di picchiarsi nonostante la mano di Gin quanto quella del comandante della Shinsengumi Hijkata li aveva afferrati per il colletto degli indumenti di entrambi per allontanarli l’uno dall’altro.
“Smettila di comportarti come un bambino, Sogo, è il tuo turno di pattuglia.” Lo richiamò il moro, incamminandosi.
“Raffredda il bacon bollente che hai nella zucca, tu, e ritorniamo a casa.” Lo seguì il cespuglio argentato dirigendosi nella direzione opposta.
E mentre Kagura tentava di dimenarsi per ritornare a dargliene di santa ragione e Okita la mandava a quel paese con un gesto della mancina mostrandogli di nuovo la lingua, entrambi pensarono che quel Pocky non se lo sarebbero dimenticato per un bel po’ di tempo ed ogni volta che ne avrebbero mangiato uno, si sarebbero ricordati del sapore dolceamaro che avevano provato.



Nota dell'Autrice:
Nyao minna :3
Visto che non ho ilmio pc a portata di mano, qui dove sono in vacanza, e visto che la mia testolina aveva avuto la brillante idea di spingermi a scrivere una ficcy, la volevo pubblicare in fretta.>.<
Badate, non è niente di particolare; anzi, non penso sia molto invitante come storia. Lo comprendo D:
Forse l'insolazione per il troppo mare mi ha dato alla testa e.. questo è quello che ne uscito fuori.
Spero, comunque, che sia di piacevole lettura!
See ya :3
  
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