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Autore: rolly too    23/08/2011    7 recensioni
«Lo sapevi?» gli domandò. Era una domanda inutile. Gaara, nell'ultimo periodo, aveva instaurato un bel rapporto con Kankuro. Sicuramente migliore di quello che era riuscito a creare con lei. Se Gaara faceva qualcosa, era assai improbabile che Kankuro non lo venisse a sapere.
«Me l'aveva accennato.»
«Ti ha detto perché?»
«Sì, ma non era una motivazione valida.»
Temari evitò di rispondere. Ancora poco, e avrebbe picchiato entrambi i fratelli fino a rompersi le mani.
[Fanfiction scritta per l'iniziativa Happy birthday, Temari! Organizzata dal forum The black parade]
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kankuro, Sabaku no Gaara , Temari | Coppie: Shikamaru/Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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All I want for Christmas is Black
Temari ingoiò in un sol tempo le ingiurie e la bile che le erano salite alla gola e decise che era meglio evitare di accappigliarsi con Gaara per una questione del genere. Sapeva bene di avere ragione, perché Gaara sapeva ormai da mesi che lei aspettava quel viaggio a Konoha, ma a quanto pareva lui aveva deciso di ignorare le sue richieste, e all'improvviso, il giorno prima della sua partenza, le aveva comunicato che non poteva più andare a Konoha. A suo dire, aveva altre cose da fare a Suna. Ma non era stato in grado di dirle quali. A domanda aveva risposto: ti farò sapere.
E Temari, furente, se n'era andata sbattendo la porta.
L'ultima volta che era stata a Konoha, Shikamaru le aveva chiesto di tornare in tempo per il suo compleanno. Le aveva detto che non aveva voglia di portarle il regalo a Suna, che era troppo faticoso. E nel momento esatto in cui era tornata a Suna, Temari era stata chiara con Gaara: il ventitré agosto avrebbe dovuto essere a Konoha. Lui aveva placidamente annuito e le aveva assicurato che non sarebbe mancata.

Temari entrò in casa tentando di nascondere la propria irritazione. Guardò appena Kankuro, concentrato su una delle sue marionette, e sperò che non si accorgesse di lei. Anche se normalmente riusciva a nascondere con facilità i propri sentimenti, sapeva bene che il fratello, con  la stessa semplicità, riusciva a capirla con una sola occhiata. E in quel momento non aveva voglia di parlare. Tentò di raggiungere la propria stanza, ma la voce di Kankuro, bassa e pacata, la fermò.
«Ti ha detto di no, vero?»
Temari sospirò, con la mano già sulla maniglia. Mollò la presa, si voltò verso il fratello e lo raggiunse.
«Lo sapevi?» gli domandò. Era una domanda inutile. Gaara, nell'ultimo periodo, aveva instaurato un bel rapporto con Kankuro. Sicuramente migliore di quello che era riuscito a creare con lei. Se Gaara faceva qualcosa, era assai improbabile che Kankuro non lo venisse a sapere.
«Me l'aveva accennato.»
«Ti ha detto perché?»
«Sì, ma non era una motivazione valida.»
Temari evitò di rispondere. Ancora poco, e avrebbe picchiato entrambi i fratelli fino a rompersi le mani. Sapevano tutti e due quanto teneva a quel viaggio, anche se lei non aveva fatto niente per farglielo capire. Se anche Gaara aveva deciso di impedirle di partire, perché Kankuro non gli aveva parlato? Perché non gli aveva spiegato l'importanza di quel viaggio?
«Lo sospettavo.» sbottò Temari. Si voltò di scatto, tentando di ignorare il nodo che le si era formato in gola. Aspettava quel viaggio da così tanto. Non tanto per il compleanno che avrebbe potuto passare insieme a Shikamaru, ma perché ultimamente avevano avuto modo di vedersi per poco tempo, e a lei mancava, anche se non gliel'aveva mai detto. Ma sapeva che lui l'aveva capito.
Quello che più la irritava era il fatto che Gaara, fino a quel momento, non le aveva negato niente. E all'improvviso se n'era uscito con quell'assurda pretesa... Decise che era meglio non pensarci. Se fosse rimasta a rimuginarci troppo, sarebbe impazzita. Si sdraiò sul letto e chiuse gli occhi. Aveva deciso che, per quieto vivere, avrebbe saltato la cena. O almeno, avrebbe atteso che entrambi i fratelli andassero a dormire. Non se la sentiva di affrontarli, non ancora. Ma presto Gaaraa avrebbe pagato quel tiro mancino. E non importava se era il Kazekage o se era un ninja molto più abile di lei. Si sarebbe pentito di quello che le stava facendo.

Quando Temari riaprì gli occhi era già mattina. Doveva essersi addormentata, e così la cena l'aveva saltata davvero. Aveva fame e se non avesse mangiato qualcosa sarebbe svenuta. Rassegnata, uscì dalla propria stanza e si diresse in cucina. Gaara non c'era, e Kankuro, seduto scompostamente, studiava con circospezione la propria zuppa di tofu.
«E' già andato via?» gli domandò stancamente Temari, prendendo una ciotola e servendosi di riso. Kankuro annuì.
«Non avercela con lui.» la pregò. «Ci sta male.»
«Mi passerà.» brontolò Temari. «E' un problema suo se ci sta male, poteva pensarci prima. Anche perché mi ha detto che sono qui perché ha delle cose da farmi fare, e invece sono a casa a rigirarmi i pollici.»
«Vedrai che ti spiegherà tutto.» tentò Kankuro, ma questa volta Temari non era disposta a cedere. Cacciò con rabbia le bacchette nella ciotola e rigirò il riso.
«Tenta di farmi impazzire.» replicò.
«Ti dico che non dovresti prendertela.» ribadì Kankuro. «Fidati. Non vuole farti arrabbiare.»
«Eppure ci sta riuscendo benissimo.»
Kankuro sospirò, scosse la testa e rinunciò alla propria impresa. Da una parte, Gaara gli faceva pena. Sapeva bene che il fratello non voleva fare un torto a Temari, e il motivo per cui le aveva negato quel viaggio era valido e anche piuttosto seccante. Ma, dall'altra, sapeva bene quanto Temari stesse aspettando quel viaggio. Loro non avevano mai festeggiato i compleanni, anche se era capitato, a volte, che si facessero dei regali. Per Temari l'idea di passare il suo insieme a Shikamaru doveva essere meravigliosa. E Gaara le stava negando quell'opportunità. Capiva fin troppo bene l'indisponenza della sorella.
«Mi è anche passata la fame.» brontolò Temari. Svuotò il riso avanzato nella spazzatura, si avvicinò al lavandino e vi mise la propria ciotola. Subito si accorse che, però, nel lavabo ce n'erano già due. Kankuro stava ancora mangiando, e una doveva essere quella di Gaara. Ma l'altra?
«Com'è che ci sono due ciotole, qui?» domandò a Kankuro, che le rivolse un'occhiata colpevole che lei non riuscì a comprendere. Ma si riscosse subito, si portò una mano tra i capelli scuri e la guardò.
«Ah... E' che Gaara ha mangiato sia il riso che la zuppa, così ha preso due ciotole diverse.»
«Poteva farsene bastare una sola.»
«Lo sai com'è lui.» disse lentamente Kankuro. «Non gli piace mischiare i sapori... Comunque, oggi tocca a me lavare i piatti, quindi lascia perdere. Non prendertela per queste cose.»
Già, Kankuro aveva ragione. C'erano già altri motivi per cui prendersela. Una ciotola che non avrebbe lavato lei non aveva motivo di irritarla.

Sentiva Gaara e Kankuro confabulare, nella stanza accanto. Quale fosse il motivo di quella riunione segreta, non le era dato sapere. Ma non le importava. Ormai era da due giorni che non vedeva Gaara. Lui faceva in modo di trovarsi fuori di casa quando lei si alzava, la mattina, e rientrava molto tardi, quando era certo che lei si fosse già ritirata. Kankuro le aveva accennato un paio di volte una tregua, giusto per permettere al fratello minore di dormire a sufficienza, dato che quegli orari lo stavano massacrando, ma lei aveva risposto che era lui che la evitava, e per quanto la riguardava avrebbe potuto tornare a casa quando preferiva. Non aveva motivo di chiedere il suo parere. Non le aveva assegnato nessun compito, da quando le aveva dato, come motivazione, imminenti impegni a Suna. Ma ormai era troppo tardi per andare a Konoha. Il suo compleanno sarebbe stato il giorno seguente, e non c'era modo di raggiungere Shikamaru in tempo. Le venne il folle istinto di correre nella stanza di Gaara, agguantarlo per il colletto della maglia e urlargli il suo risentimento, ma decise che non era la scelta giusta. Rinunciò anche a cercare di capire quale fosse l'argomento di conversazione dei due fratelli, anche se aveva sentito il proprio nome e qualcosa a proposito del suo compleanno. Per quanto la riguardava, sarebbe stato già un traguardo non trovarsi in carcere, il giorno del compleanno, con l'accusa di aver assassinato brutalmente il Kazekage.
Chiuse gli occhi, e cercò di rilassarsi. Forse sarebbe riuscita a dormire per tutte le ventiquattro, lunghissime ore del ventitré agosto, e così la peggiore di quelle giornate sarebbe passata. Si sentiva già appesantita dal sonno quando, all'improvviso, udì una terza voce provenire dalla stanza di Gaara. Si tirò a sedere di scatto sul letto. Non era certa di aver capito a chi appartenesse. Era stata solo una parola, un brontolio indistinto... Ma non si trattava di Gaara, e nemmeno di Kankuro. Per un attimo le era sembrato... Ma era impossibile. Premette il volto sul cuscino con rabbia, augurandosi di trovare abbastanza pazienza da riuscire a evitare di correre nell'altra stanza, e solo dopo molto riuscì ad addormentarsi. Non sentì più la voce.
Il giorno dopo si svegliò più tardi del solito. Gaara, come sempre negli ultimi giorni, era già uscito, e nemmeno Kankuro era in casa. Ritrovandosi sola, con la consapevolezza che avrebbe potuto essere a Konoha, con Shikamaru, e che invece non lo era per colpa di suo fratello, le venne l'istinto di mettersi a piangere. Ma non lo fece. Decise invece che avrebbe fatto colazione, e mormorò un'imprecazione a mezza voce quando vide che Kankuro aveva lasciato le stoviglie sporche nel lavabo. Era la sua settimana per i piatti, e sapeva quanto lei odiasse fare colazione con i piatti sporchi nel lavandino. E poi, di nuovo, c'era una ciotola di troppo. Questa volta, però, non poteva fregarla con la scusa della doppia colazione. In tutte e tre le ciotole c'erano chicchi di riso, e questo poteva significare due cose. O uno dei suoi fratelli, probabilmente Gaara, era impazzito, oppure c'era davvero qualcun altro in casa. Si diresse a passo spedito nella camera di Kankuro, e la ispezionò a lungo. Ma non c'era niente di strano, lì dentro. Nessuna traccia della presenza di qualcun altro. Quando tentò con la stanza di Gaara, scoprì che il ragazzo aveva chiuso la porta a chiave. Non l'aveva mai fatto, prima d'ora, e la cosa la insospettì. Ma era consapevole del fatto che non poteva certo sfondare la porta, perciò decise che prima si fosse messa il cuore in pace prima sarebbe riuscita a sbollire tutti i sentimenti che la tormentavano in quei giorni.
Com'era prevedibile, nessuno dei suoi fratelli disse nulla riguardo al suo compleanno. A pranzo, Gaara fu costretto a mangiare con loro, nonostante fosse chiaro che avrebbe preferito evitare Temari. Ma Kankuro l'aveva trascinato a casa quasi di peso, mormorando qualcosa su un calo di pressione.
«Lavori troppo, e per di più salti il pranzo. E in questi giorni dormi anche poco.» lo rimproverò spingendolo verso la cucina.
Gaara non rispose e mangiò la propria porzione in silenzio, senza nemmeno osare sollevare lo sguardo su Temari, che preferì rimanere zitta. Ma Gaara sapeva d'avere la coscienza sporca, a quanto pareva. E lo sguardo della sorella gli pesava. Kankuro, un paio di volte, tentò di dire qualcosa per allentare la tensione, ma tutti i suoi tentativi si persero in un silenzio opprimente, perciò alla fine decise di rinunciare.
Gaara si defilò prima che poté, senza alzare lo sguardo da terra, e richiuse pesantemente l'uscio di casa alle proprie spalle. Kankuro, invece, iniziò con un sospiro a lavare i piatti.
«Ha chiuso la porta della sua camera a chiave, oggi.» lo informò Temari.
«Ah, sì?» fece Kankuro senza alzare gli occhi dal lavabo. «Non so perché. Non lo fa mai.»
«No, infatti. Di che parlavate ieri sera?»
Kankuro sbuffò.
«Ufficialmente di niente, quindi che non sappia che te l'ho detto. In realtà soprattutto di te. Non sa che cosa fare, si sente in colpa.»
«Fa bene.» replicò Temari, stizzita. «Avrei dovuto essere a Konoha con Shikamaru, adesso, e lo sai. Invece sono-»
«Qui, con noi.» completò Kankuro. «Mi rendo conto che non è entusiasmante.»
Temari tentennò, capendo di aver ferito il fratello.
«Non era quello che intendevo dire.» si scusò, e Kankuro annuì. Le rivolse un'occhiata stanca e un piccolo sorriso.
«Lo so, lo so.»
Temari capì dal tono del fratello che la conversazione era finita. Sarebbe impazzita se fosse rimasta ancora a casa, perciò decise di uscire a fare una passeggiata.

Quando tornò a casa era ormai sera inoltrata. Gaara e Kankuro dovevano aver già cenato, e le avevano lasciato una ciotola piena di zuppa di tofu sul tavolo. Non c'era nessuno dei due, nel salotto. Dovevano già essersi chiusi nelle proprie camere. Anche Temari, dopo aver mangiato, andò nella propria. Quando accese la luce e si avvicinò al letto, fu sorpresa di vedere che, a quanto pareva, né Gaara né Kankuro si erano dimenticati del suo compleanno.  Sul comodino c'era  un piccolo piattino con tre biscotti, sicuramente opera di Kankuro, considerato che Gaara non sapeva nemmeno accendere i fornelli. Ma sul cuscino, disposti uno accanto all'altro, c'erano due piccoli fiori rosa, che Gaara doveva aver recuperato fuori dal villaggio, al di là del deserto. Improvvisamente si sentì in colpa per averlo trattato con tutta quella freddezza, ma le passò subito. Avrebbe desiderato vedere Shikamaru, e invece proprio per colpa di Gaara non era stato possibile.
All'improvviso, come se fosse stato lì fuori a cronometrare il tempo che ci avrebbe impiegato ad accorgersi dei suoi regali, qualcuno bussò alla porta. Temari riconobbe i colpi di Kankuro. Gli aprìe gli rivolse un debole sorriso.
«Solo tre? Ti sei sprecato.» lo apostrofò dolcemente. Kankuro le rispose con un altro sorriso, consapevole che quello era il suo modo di ringraziarlo.
«Troppi ti fanno male. Comunque, ce ne sono ancora in cucina. Non sono qui per questo, comunque.»
«Ah, no? E per cosa?»
«Vieni di là.» le indicò il salotto con un cenno della mano e lei, arrendevole, lo seguì. Gaara era lì, in piedi vicino alla finestra, teso come se si fosse aspettato di essere aggredito dalla sorella, ma lo sguardo della ragazza era stato attirato da qualcos'altro.
«Tu...» mormorò.
«Già.» annuì Shikamaru, seduto comodamente sul divano. «Mi chiedevo se ti saresti accorta che ero qui, seccatura. A quanto pare, no.»
«Che significa tutto questo?» sbottò Temari, sconvolta. Si morse un labbro. Avrebbe dovuto arrivarci. «Da quanto sei qui?»
«Cinque giorni.» rispose Shikamaru, laconico. Fece per accendersi una sigaretta, ma un'occhiataccia congiunta dei tre fratelli gli fece capire che non era una buona idea. «Volevo farti una sorpresa.»
«Ci sei riuscito.» rispose Temari a bassa voce. Era troppo sconvolta per dire qualsiasi altra cosa. Si voltò verso Kankuro.
«Tu sapevi tutto?» ringhiò.
«Tutti e due sapevamo tutto.» replicò allegramente Kankuro. Accennò col capo a Gaara, che era rimasto immobile, in silenzio. «Lo sapevamo da un sacco di tempo, da quando sei tornata da Konoha. E' un bel po' che ci lavoriamo.»
«Quindi tu hai fatto di tutto per farmi arrabbiare... per aiutare lui?» domandò ancora Temari, stavolta guardando Gaara. Lui annuì.
«Non dovevi accorgertene.»
E infatti l'avevano fregata. Si era sempre considerata intelligente, ma a quanto pareva tre ninja del livello di quei ragazzi erano perfettamente in grado di tenerle testa. L'unico che ci aveva rischiato veramente era stato Gaara, che ancora non sembrava del tutto ripreso da quell'esperienza.
«Quando ti arrabbi stai un sacco chiusa in camera.» le fece notare Kankuro. «Avevamo bisogno che ci lasciassi un po' di tempo per far uscire Shikamaru, o sarebbe morto.»
Shikamaru le rivolse un sorriso e annuì.
«Dove sei stato?» gli chiese Temari, ma ormai era chiaro. Ecco perché la stanza di Gaara era chiusa a chiave.
«Lo sai.»
«Sì.»
«Seccatura,» sospirò Shikamaru alzandosi dal divano e avvicinandosi a Temari. Le cinse i fianchi con le braccia e le diede un bacio veloce sulle labbra chiuse «io mi sono fatto tre giorni di viaggio per venire qui solo per te e fare in modo che potessi passare il compleanno anche con i tuoi fratelli, sono stato nascosto nella stanza di Gaara per cinque giorni, e tu fai solo domande e non dici nemmeno che sei contenta di vedermi?»
«Ti aspettavi che te lo dicessi?»
«No.» Shikamaru sorrise e la baciò ancora, con più passione. Questa volta Temari rispose al bacio, portando le mani sulla schiena del ragazzo. Al che Kankuro, ancora in piedi accanto a lei, si schiarì la voce con molta più enfasi del necessario. Temari si allontanò appena da Shikamaru, e da sopra alla sua spalla rivolse un'occhiata di ringraziamento a Gaara, che finalmente si rilassò e si concesse anche un piccolo sorriso.
Nel momento in cui Shikamaru si chinò su di lei per baciarla di nuovo, Temari, mentre rispondeva al bacio con gli occhi chiusi, udì i passi di Kankuro che si allontanava da lei e si avvicinava a Gaara.
«Sarà meglio andare via, fratellino.» lo sentì dire. «Qui la situazione inizia a farsi piuttosto intima, e tu sei ancora piccolo per certe cose. Lasciamo che Temari si goda il suo regalo...»
Temari sorrise, abbracciata a Shikamaru. Gliel'avrebbe fatta pagare, a tutti e tre. Ma più tardi.
   
 
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