Anime & Manga > Dragon Ball
Ricorda la storia  |      
Autore: Djali    25/04/2006    20 recensioni
L'arrivo di Majin-Bu ha scosso il mondo. Guerrieri Sayan, terrestri, namecciani e di ogni sorta hanno preso parte alla lotta per la sua distruzione. Il male finalmente è stato sconfitto e il bene ha trionfato. Hanno trionfato i guerrieri, i Re Kaio, i terrestri... Ma la vittoria più grande è stata quella del piccolo Trunks.
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Mi siedo sul letto e inizio lentamente ad allacciare le stringhe delle mie scarpe da ginnastica. Il mio cuore è così leggero che potrebbe sollevarmi da terra contro la mia volontà. Non sono mai stato così felice in vita mia. I miei occhi scorrono le pareti della mia camera senza prestare attenzione a nulla, sfiorano il cuscino, il comodino alla sua sinistra, e solo allora il mio sguardo si posa su un oggetto. Tendo le mani, sollevo il portafoto e lo tengo fra le braccia, guardandolo con dolcezza. Gli occhi di mia madre, tali e quali ai miei, mi ricambiano un sorriso dalla superficie lucida della foto. Davanti a lei, stretto fra le sue braccia, ci sono io, solo un po' più piccolo di come sono adesso. I miei occhi sono da terrestre, limpidi e sorridenti, ma da dietro al loro zaffiro traslucido filtra una tristezza che va ben oltre i miei otto anni, una tristezza senza rimedio, senza cura. E la causa della mia tristezza è ritratta nella foto, pochi passi alla mia destra. E' un uomo alto più o meno come la mamma, ma con gli occhi da Sayan color antracite che non lasciano filtrare nulla. La piega seria e arrogante della sua bocca conferisce al viso un'espressione di rabbia, una rabbia molto dolorosa e triste. Ma mai triste come quello che offusca il mio sorriso di bambino.

Era proprio mio padre la causa della mia tristezza. Mentre le braccia della mamma mi cingevano le spalle con un affetto un po' possessivo, lui stava discosto da noi, come se lo avessimo costretto a comparire in quella foto senza che lo desiderasse. Come se lo stesso essere mio padre fosse per lui solo un dovere, un dovere che non poteva fuggire ma solo ignorare. Cosa avrei dato, cosa avrei dato perché si fosse fatto più vicino di un passo, solo di un passo a me, al suo bambino! Cosa per me avrebbe avuto più valore di un suo abbraccio? Ma sapevo che non dovevo aspettarmi affetto o amore da parte sua. Da parte del Principe dei Sayan un piccolo, debole mezzosangue come me non aveva il diritto di aspettarsi niente, e questa consapevolezza che mi aveva accompagnato per tutti i primi otto anni della mia vita mi aveva tolto la gioia di essere un bambino.

A volte, quando le amiche della mamma venivano a casa, le chiedevano dove fosse suo marito. Lei sorrideva con un'amarezza che solo io riuscivo a percepire dietro gli occhi socchiusi e i denti candidi. Rispondeva allegramente che si stava allenando per il prossimo Torneo Tenkaichi, forse in palestra, o forse da qualche altra parte. Stringevo i pugni appoggiati sulle ginocchia quando quelle donne iniziavano a tessere le mie lodi davanti a lei. Dicevano che ero proprio un bel bambino, che ero gentile, educato, e che sul mio viso i suoi occhi splendevano in modo sublime. Perché, perché tutti mi lodavano, amavano, coccolavano quando l'unica persona il cui amore desideravo fingeva che io non esistessi?

La nonna e il nonno viziavano il loro unico nipotino, lo portavano al parco, gli regalavano vestiti e giocattoli, ed io volevo molto bene ai genitori della mamma. Un giorno la nonna chiese alla mamma dove fosse il suo bellissimo marito . La mamma aveva sorriso e le aveva intimato di smetterla di fare il filo a mio padre, perché lui era interessato solo a noi due. Eppure io tutto questo interesse non lo avevo mai visto. A volte mi chiedevo come una donna esigente come mia madre, sempre desiderosa di essere vezzeggiata e riverita avesse potuto sposare un uomo che non trascorreva mai una sera con lei davanti alla televisione, non la portava mai a passeggio o per negozi, non le facesse mai un regalo. E mi chiedevo anche come si possa provare così poco amore verso la propria moglie e il proprio unico figlio.

Pensai che forse mi voleva poco bene perché ero per metà un terrestre. Non avevo ancora imparato a scrivere in corsivo quando decisi che era il momento di mostrare a papà che suo figlio sarebbe stato un degno erede al trono Sayan, e così mi allenai con ogni mia forza, con ogni briciolo della mia energia finché riuscii a raggiungere lo stadio di Super Sayan. Credevo che ora mio padre avrebbe capito che ero un guerriero proprio come lui. Credevo che avrebbe capito quanto lo amavo, quanto desideravo di essere forte come lui, io che non ero che una formica al suo confronto, io che sentivo un privilegio poter rivolgere la parola ad un essere così potente e che mi sentivo riempire di un orgoglio smisurato al pensiero che avevo il suo stesso sangue, che ero la sua stessa carne. Mostrai ai miei genitori i miei capelli biondi e la mia aura fiammeggiante. La mamma strillò che ero proprio il figlio di Vegeta e mi diede un bacio sulla fronte. Attesi il commento entusiasta di mio padre, un suo sorriso, un suo abbraccio. Lui, però, restò immobile per molti secondi, fissandomi con uno sguardo che non ho mai saputo interpretare. Per un secondo potei giurare di avere intravisto in un suo impercettibile sorriso l'ombra della fierezza. Era fiero di me, pensai con una gioia infinita. Rimase in silenzio ancora un po' prima di dirmi: -Era ora che anche tu ti trasformassi. Iniziavo a temere che i mezzosangue non ne fossero capaci-.

Lui sapeva che i mezzosangue potevano farlo, perché aveva visto Gohan trasformarsi quando io ero molto più piccolo. Allora perché mia aveva detto questo? Per non darmi soddisfazione? O perché temeva che io fossi troppo debole per diventare un Super Sayan? Una dolore incontenibile si impossessò di me. Non potevo mostrarmi debole davanti a lui, non potevo deluderlo ancora. Salutai con voce ferma tutti e due e annunciai loro che andavo un po' dai nonni per fare vedere anche a loro la mia trasformazione. Volai lontano, il più lontano possibile. Azzerai l'aura perché nessuno potesse sorprendermi mentre davo sfogo alla mia disperazione e piansi a lungo e in silenzio.

Desiderai di odiare mio padre. Lo desiderai perché sapevo che era la mia unica arma per non soffrire della sua indifferenza, ma non ne ero capace. Amavo mio padre con ogni fibra del mio essere, ogni sua parola era la mia legge, ogni suo gesto l'esempio che avrei dovuto seguire. Nulla mi avrebbe onorato di più di essere simile a lui in tutto e per tutto. Pensai anche che, nel vedermi simile a lui, mi avrebbe voluto più bene. Diventai più taciturno, meno scherzoso, e presi ad allenarmi con costanza per diventare forte come lui, anche se ero consapevole che non sarei mai stato veramente degno di un uomo così straordinario, così forte, così fiero e nobile. Mi abituai ad essere poco affettuoso, a non desiderare più che mio padre mi abbracciasse e mi coccolasse coem faceva la mamma. Iniziai a diventare un vero Sayan. Eppure papà parve non accorgersi del cambiamento.

La mia vita era dunque relativamente tranquilla quando uno scossone turbò la quiete di tutto il mondo. Uno scossone di nome Majin-Bu.

Mio padre voleva combattere. Voleva dimostrare di essere diventato più forte di Goku, di Kakaroth. Così decise di affrontare quel mostro. Non aveva possibilità, lo sapeva lui come lo sapevamo tutti. Decisi di lottare fianco a fianco con lui. Allora qualcosa scattò dentro l'anima del Principe dei Sayan, qualcosa che non so spiegarmi bene che cosa sia stato. Un miracolo forse, o una magia. -Prenditi cura di tua madre... figlio mio- mi disse. Io rimasi immobile, incapace di comprendere quelle semplici parole, di afferrare quello che volevano dire. Mi aveva chiamato suo figlio. Riuscii a chiedere cosa stesse dicendo. A balbettare, più che a chiedere. NOn mi importava quello che aveva detto, non mi interessava quello che dovevo fare. Mi aveva chiamato suo figlio. Il mio cuore si librò in alto, più in alto del sole, delle stelle. Sentii dentro di me un'energia che non avrei mai sospettato di possedere. Ero sicuro che in quel momento avrei potuto uccidere Majin-Bu e qualsiasi altro nemico con un soffio, perché ero il figlio di Vegeta, e niente e nessuno poteva spaventarmi.

-Per favore... Lascia che io ti abbracci- mi disse. Tese un braccio verso di me ed io non riuscii più a muovere un passo.

-Papà, cosa stai dicendo?- chiesi con gli occhi spalancati. Perché dici questo, papà, cosa vuoi fare? Una consapevolezza pesante più del piombo si fece largo nella mia mente, ma non volevo crederci. Rimasi immobile, sconvolto da quelle parole, e così fu lui ad avvicinarsi. Tentai di indietreggiare, ma Vegeta strinse un braccio attorno alle mie spalle, e così rimanemmo immobili per lunghi secondi.

I miei otto anni di vita mi scorsero davanti come la pellicola di un vecchio film dimenticato. La sua indifferenza, il mio dolore, quello di mia madre, tutto mi sembrava remoto e insignificante. Sentii di arrossire mentre ero stretto in quell'abbraccio agognato per quasi dieci anni, quell'abbraccio diverso da quelli di mamma o dei nonni. Papà mi abbracciava con un braccio solo, senza stringere troppo forte, senza sollevarmi da terra e riempirmi di baci. Semplicemente mi teneva stretto a sè, così vicino che potevo sentire la sua aura vibrare contro la mia guancia. Nulla di ciò che accadeva nel mondo poteva toccarmi, adesso. Poteva verificarsi un cataclisma, mille nemici potevano tentare di uccidermi, un asteroide poteva distruggere la terra su cui poggiavo i piedi. Ma nulla di tutto questo aveva importanza, perché ero il figlio di Vegeta e lui mi stava abbracciando coem un padre abbraccia suo figlio, il suo sangue, la sua carne, la sua promessa di vita eterna.

Quel giorno morì il Principe Vegeta. In seguito, mio padre tornò fra i vivi, mentre il crudele, lo spietato, il glaciale Vegeta sparì per sempre, senza mai più fare ritorno, perché tanto nessuno avrebbe sentito la sua nostalgia. Mio padre tornò, e con lui tornò il suo immenso amore per me e per mia madre, amore che non mi lascia mai, che mi promette protezione e conforto, che non mi lascia mai solo davanti al pericolo. Finalmente questo amore mi viene manifestato. Questa volta Vegeta mi sorride con orgoglio quando supero una prova difficile, quando seguo i suoi insegnamenti per essere come lui...

Dei passi in rapido avvicinamento mi riscuotono. Allaccio velocemente le scarpe, mentre la maniglia si abbassa e la porta si apre.

-Trunks... Sbrigati, il parco chiude!-

-Sì papà, arrivo...-

Salto giù dal letto e stringo la mano di Vegeta mentre scendo le scale.

Finalmente è mio padre.

   
 
Leggi le 20 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: Djali