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Autore: pandamito    25/08/2011    4 recensioni
Perché? Perché doveva finire così?
Non era giusto, pian piano tutti la stavano abbandonando: i suoi genitori, Kate e Michael, ed ora anche Gabriel, presto si sarebbe trovata sola, a combattere con le sue forze ed a contare solo su sé stessa.
Si strinse ancora più forte al collo dell’uomo, quasi per soffocarlo e per non lasciarlo mai più.
Era una cosa difficile da capire?
« Anch‘io ti voglio bene. Ma devi andare. » Se la staccò dal collo e la spinse verso la scala. « Vai! Subito! »
Emma tirò su col naso, mentre ormai aveva il viso completamente rigato dalle lacrime.
« Ti aspetterò, Gabriel. » … Fra quindici anni, avrebbe tanto voluto aggiungere.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Wibberly, Gabriel Kitigna Tessouat
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Non voleva ascoltarlo, non voleva credergli, dargli ragione, non doveva andare a finire così; in realtà lui doveva rimanerle vicino, avrebbero salito fino in cima le scale, avrebbero chiuso la porta in modo che il mostro non potesse uscire ed in un modo o nell’altro avrebbero salvato i bambini impedendo che morissero tutti, una volta che la diga si fosse completamente distrutta, trascinati sulla nave dalla cascata che si sarebbe formata. Ma Emma sapeva bene che non era così che sarebbe andata. Il mostro avrebbe sicuramente trovato il modo di fuggire e molto probabilmente avrebbe attaccato gli uomini ed i nani vicino al bosco di Cambridge Falls o addirittura ucciso - e mangiato, chissà - i bambini, magari compresi sua sorella e suo fratello, che si trovavano ancora sulla nave assieme al dottor Pym.
Sperava con tutto il cuore che stessero bene, che avevano portato tutti i bambini in salvo e che ora si trovavano assieme ai nani e agli uomini, felici di poter riabbracciare le loro famiglie.
Se fosse stato veramente così sarebbe stata disposta a giurare che non avrebbe mai più preso in giro Michael ed i suoi stu… ehm, ed i nani, e che magari ogni giorno avrebbe lustrato la medaglia di suo fratello, che non si sarebbe mai più lamentata della signorina Sallow e della sua fissazione per - a suo parere disprezzati - i re e le regine di Francia, che non avrebbe più incolpato la Crumley per ogni minima disgrazia che le capitava - specialmente in quei giorni - e che, magari, non avrebbe più provocato una rissa e quindi non avrebbe più picchiato nessuno - a meno che non fossero Strillatori o se non per legittima difesa - nemmeno gli altri bambini dell’orfanotrofio. No, ok, ora però si stava esagerando. Ma chi vogliamo prendere in giro, era impossibile, per Emma, non odiare la Crumley e non finire in liti violente - nelle quali, tra l’altro, lei vinceva sempre!
Ma, purtroppo, Emma sapeva bene che i bambini non erano ancora del tutto salvi, perché ogni secondo che passava le urla di quelli aumentavano sempre più ed ogni secondo che passava faceva diminuire il tempo tra quel momento e quello in cui la diga si sarebbe completamente distrutta, ovvero l’ora della loro morte e la fine di tutto quello in cui credevano e per cui avevano continuato a lottare, riuscendo ad arrivare fino a lì, non rimpiangendo i loro sacrifici, se quelli erano serviti a salvare gli abitanti di Cambridge Falls.
Gabriel era inginocchiato di fronte a lei, guardandola con i suoi occhi più neri della pece e sapeva che, benché tutte le parole che le stava dicendo per tranquillizzarla, quella non l’avrebbe ascoltato.
Senza accorgersene la ragazza iniziò a piangere, non dando peso nemmeno al ballatoio che cadde giù, voleva solamente fuggire via assieme a Gabriel, mettere lui in salvo e chi se ne fregava degli altri, Stephen McClattery le stava pure antipatico! Che egoista che era, pensò, salvare una sola vita e far morire centinaia di innocenti, sicuramente Gabriel l’avrebbe odiata se avesse saputo quello che aveva appena pensato .
Non solo balbettava per la paura di perdere l’uomo per sempre, ma ora ci si mettevano anche le lacrime ed i suoi singhiozzi a complicare le cose, avrebbe voluto dire all’altro tutto ciò che provava, magari ringraziarlo, così almeno lui l’avrebbe ricordata per sempre, perché lei - ne era più che certa - non l’avrebbe mai dimenticato.
Stava ripensando alla prima volta in cui vide l’uomo, quel gigante che comparve all’improvviso, uccidendo qualche Strillatore e lanciandosi all’attacco verso la Contessa; o quando li salvò dai lupi, ammirando quanto facile fosse per lui ucciderli; o di quanto amasse il calore che le infondevano le sue braccia quando la stringevano per proteggerla, per rassicurarla, per aumentare il passo ed andare più veloce, o per farla semplicemente addormentare; o di quanto l’avesse trovato bello mentre uccideva quel cervo nella foresta, incantata dal fatto che subito dopo che il gigante aveva affondato il coltello nella gola del cervo, tagliandogliela, quello si era scusato con l’animale per averlo ucciso, ringraziandolo perché ora la sua carne avrebbe sfamato lui ed i tre fratelli.
Lei gli doveva tutto e non avrebbe esitato ad affidargli la sua stessa vita, ancora, perché era merito suo se ora era viva e non morta in una grotta, avvelenata e con una freccia che le attraversava lo stomaco.
Le ricordava proprio il leone che aveva visto allo zoo, nella gita con l’orfanotrofio: grande, coraggioso, bello e con gli occhi più neri che avesse mai visto. Anche ora era un leone, disposto a sacrificarsi per il bene degli altri.
Ma Emma voleva lui. Solo lui. Nessun’altro.  
Gabriel posò la mano sulla spalla e la guardò negli occhi.
« Non so cos‘è successo ai tuoi genitori, né perché abbiano fatto quel che hanno fatto. Ma di tutte le bambine al mondo, io avrei voluto te come figlia. »
Emma, piangendo, gli buttò le braccia al collo.
Era stato più forte di lei, benché odiasse questo genere di cose - specialmente con gli adulti - non aveva mai obiettato con Gabriel. Lo sapeva bene anche lei il perché, ma non l’avrebbe mai detto ad alta voce, si sarebbe semplicemente fermata a pensarlo, anche perché il gigante avrebbe dovuto aspettare troppo. L’avrebbe capito da subito, anche lei era intelligente, non solamente brava a disubbidire e picchiare gli altri: Gabriel era stato il primo adulto da cui si sentiva attratta.
L’aveva sempre seguito, non sapendo manco il perché, chiamava sempre il suo nome nei casi di pericolo, ce l’aveva sulla punta della lingua e l’unica volta in cui gli aveva disubbidito gli aveva salvato la pelle, anche se era significato abbandonare i fratelli e mettere le loro vite in pericolo e rimediarsi una freccia che l’attraversava da una parte all’altra lo stomaco. Ora che ci pensava l’aveva disubbidito anche quando era salita su quella sporgenza, attirando il corvo della Contessa e vedendo l’espressione di delusione che si era dipinta sul volto di Gabriel, il cuore della ragazza si spezzava in mille frammenti.
Maledetta strega, avrebbe tanto voluto vederla morire sulla nave e magari assieme alla signorina Crumley, quell’orribile zitella!
Le lacrime non davano segno di voler cessare ed oramai la spalla del gigante sarà stata più bagnata di prima.
Non voleva. Non poteva. Non doveva.
Sapeva che si sarebbe maledetta per l’eternità, abbandonarlo così era una cosa inaccettabile per lei.
« Ti voglio bene. » confessò sinceramente, erano forse le parole più vere che ebbe mai detto in vita sua. « Non… Non ti preoccupare » singhiozzò, mentre il suo tentativo di rendersi coraggiosa fallì miseramente per via delle lacrime, « non ti… abbandonerò… mai. » balbettava, riuscendo a stento a terminare una manciata di frasi.
Perché? Perché doveva finire così?
Non era giusto, pian piano tutti la stavano abbandonando: i suoi genitori, Kate e Michael, ed ora anche Gabriel, presto si sarebbe trovata sola, a combattere con le sue forze ed a contare solo su sé stessa.
Si strinse ancora più forte al collo dell’uomo, quasi per soffocarlo e per non lasciarlo mai più.
Era una cosa difficile da capire?
« Anch‘io ti voglio bene. Ma devi andare. » Se la staccò dal collo e la spinse verso la scala. « Vai! Subito! »
Emma tirò su col naso, mentre ormai aveva il viso completamente rigato dalle lacrime.
« Ti aspetterò, Gabriel. » … Fra quindici anni, avrebbe tanto voluto aggiungere.
Tremava dalla paura di non poterlo rivedere più, che non ce l’avrebbe fatta, ma sapeva che non doveva pensare queste cose. E’ Gabriel, dannazione, lui ce la fa sempre! Anche se ora doveva combattere in un corpo a corpo con la creatura, disarmato.
Si odiava con tutta sé stessa, passo dopo passo che si allontanava da lui. Frecce avvelenate? Erano niente in confronto al dolore che ora provava nel petto.
Arrivata alla porta, si voltò a guardarlo.
Era tanto difficile? Sapeva che non gliel’avrebbe mai detto, qualunque cosa fosse successa. Era bello persino stanco, ridotto a brandelli e mentre combatteva faccia a faccia con la sua morte.
Lo amava, era così ovvio.
Le sfuggì un piccolo sorriso malinconico al pensiero delle sue ultime parole: le più dolci che le avessero mai detto in vita sua. Purtroppo, però, Emma non riusciva a scacciar via nemmeno la tristezza che vi trovava in quella frase, perché in fondo lei non avrebbe voluto esser sua figlia, bensì sua moglie.
Lo amava, era così semplice.
 
***
 
Era lui, sì, era veramente lui, Emma l’avrebbe riconosciuto fra cinquecento e più fotocopie di Gabriel che lui era quello originale, vero e… vivo! Benché le avesse raccontato la storia, la brunetta ancora non ci credeva che si era riuscito a salvare e che non era morto, benché sapesse che il gigante era il più forte di tutti, ovviamente.
Però, nel rivederlo, una morsa al cuore le tolse un attimo il respiro. Non era come quindici anni fa, era cresciuto, nel viso erano accentuate diverse rughe ed alcune ciocche alle tempie erano bianche. Ora sì che non andava più bene. Lei era rimasta la stessa, aveva ancora undici anni, mentre per Gabriel erano trascorsi quindici lunghi anni. Quanti anni aveva? Quaranta? Cinquanta? Se prima credeva che fra loro due ci fosse troppa differenza di età, doveva ricredersi per affrontare il presente e non il passato. E se avesse chiesto agli altri il permesso di tornare nel passato grazie all’Atlante, andare al tempo in cui Gabriel aveva poco più che la sua età e poi portare quel gigante al loro tempo? Che poi, chissà com’era Gabriel da giovane. Ma, a lei, in fondo, l’uomo piaceva così com’era, anche se ora era decisamente più grande ed i suoi sogni si sarebbero infranti per l’ennesima volta.
Fece chinare Gabriel, avvicinandosi al suo orecchio e sussurrandogli: « Ti ho aspettato tanto. »
Come avrebbe voluto dire “Ti amo tanto”. Ah, come avrebbe voluto, se solo potesse!
« Lo so, anch‘io… » rispose, lasciando come la frase a mezz’aria, per dare la possibilità - provò ad intuire Emma - di terminare la frase, capire il pezzo mancante.
Il gigante la guardò complice e la brunetta si sentì leggere tutti i suoi pensieri.
Sorrise, tanto aveva pianto di gioia anche prima.
Era felice, perché ora lo sapeva, anzi lo sapevano entrambi, ma nessuno dei due poteva dirlo.
“Ti amo”.
   
 
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