Anime & Manga > Katekyo Hitman Reborn
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Autore: Milli Milk    25/08/2011    2 recensioni
[...]continuava a tacere, continuava a starsene in quel suo piccolo angolo del suo mondo, senza la possibilità di potersi allontanare. Si sentiva soffocare ogni giorno di più[...]
Ho provato ad immaginarmi un'ipotetica adolescenza di Squalo e di come è entrato a far parte dei Varia. [?S - XS]
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Dino Cavallone, Nuovo Personaggio, Superbi Squalo, Un po' tutti, Xanxus
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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My secret friend 5
My secret friend



Avvertimenti: la storia tratta argomenti come l'omosessualità, tratta oltretutto argomenti delicati ed è presente linguaggio scurrile, se non vi piace non leggete. La storia non è reale, non ho preso spunto da nessuna storia realmente accaduta. Ogni riferimento a fatti e/o persone è puramente casuale.


I personaggi di 'Katekyo hitman Reborn' non mi appartengono e la storia non è assolutamente a scopo di lucro.




«Anche a me piace, è simpatico»  Dino notò il repentino cambiamento nell'espressione di Federico. «A mamma e papà non piace» continuò a dire mentre svogliatamente stirava le pieghe della maglia che indossava.
Dino si sentiva sempre più a disagio perché dopotutto lui in quel discorso non c'entrava assolutamente nulla, eppure Federico continuava a parlare come se nulla fosse, come se stesse parlando con qualcuno che conosceva da tempo e con cui poteva confidarsi liberamente. Dino oltretutto sapeva anche che a Squalo tutto ciò non sarebbe piaciuto, per quel poco che lo conosceva aveva capito che non gli piaceva parlare dei suoi affari. Più che altro, ora poteva intuire, perché non avrebbe voluto far sapere di quella situazione che sembrava alquanto scomoda, anche se poi non aveva capito fino in fondo ciò che Federico forse stava cercando di fargli capire.
«Mi dispiace» disse allora in mancanza di altre parole, e gli dispiaceva per davvero.
Federico allora smise di lisciare le pieghe e lo guardò confuso, o forse stava semplicemente pensando, Dino non era mai stato un tipo troppo intuitivo, per questo motivo non capiva al volo le emozioni delle altre persone, se non per emozioni palesi e ben chiare, sopratutto con degli estranei, sopratutto con Federico che sembrava un ragazzo alquanto enigmatico.
«Ma va bene così, io gli voglio bene» a quel punto Federico guradò fuori dalla finestra. «Piove, adesso va anche meglio» Dino osservò le grandi nuvole grige che ormai avevano completamente coperto il cielo.
La pioggia sembrava aver racchiuso in una bolla d'acqua le ville tutt'attorno e ancora una volta si ritrovò a pensare al fatto che Squalo avrebbe potuto ammalarsi, nonostante poi Federico gli avesse detto che non si ammalava mai.
«Ed è tornato in anticipo» Osservò Federico che scuoteva la mano in segno di saluto.
«Squalo è tornato?» Dino si alzò e corse a guardare fuori dalla finestra in cerca della testa del suo amico, eppure non vide nulla se non una macchina giagia e lucida.
«No, è papà. Ora Squalo sarà nei guai» Federico si strinse nella maglia e allungò il collo come se stesse cercando di guardare attraverso la piccola villa davanti alla loro.
«Nei guai?! Allora forse è meglio se lo vado a cercare, magari...»
«No. Papà si arrabbia, non gli piace quando Squalo è fuori.  Deve controllarlo» il volto di Dino si rabbuiò in uno strano cruccio. Non sapeva cosa volevano dire quelle parole, non capiva il motivo per cui l'uomo dovesse controllare Squalo e automaticamente si sentì stringere lo stomaco in una morsa dolorosa. Si sentì come un uccellino in gabbia.
«Ma se vado a cercarlo posso dire che era con me, magari non si arrabbia» Federico storse il naso e sospirò.
«Squalo lo sa che non deve uscire»
«Ma come hai detto, vostro padre è tornato in anticipo, Squalo non avrebbe potuto saperlo» lo guardò ansioso in attesa di una risposta quanto più che positiva, perché si sentiva agitato, perché aveva paura di un qualcosa che nemmeno lui riusciva a concepire, ma che nella sua mente, in modo occulto, riusciva a suscitargli dolore.
«Papà è un generale e ha sempre detto che bisogna prepararsi ad ogni evenienza, a lavoro o a casa non importa» Dino non seppe cosa dire, rimase a guardare Federico per un tempo che gli parve eterno. Osservò il modo in cui abbassava le sopracciglia in modo contrariato, era ovvio che anche il ragazzo più piccolo non approvasse quella regola. Non gli piacque affatto, infatti a Dino quel modo di fare gli sembrava quasi una cosa assurda, eppure sapeva bene che quello non era l'unico uomo ad essere così severo in famiglia.
Nonostante Dino potesse capire in qualche modo quella vita, suo padre non si era mai comportato in quel modo, per questo riteneva in qualche modo ingiusto quel comportamento da parte del generale.
Federico sospirò afflitto, sperava che Squalo tornasse al più presto, era evidente.
«Vado a cercarlo» a quelle parole Federico si girò verso Dino, ma lui aveva già preso a camminare verso la porta della camera con l'intenzione di non voler ascoltare altre affermazioni pessimistiche, anche se in fondo sapeva che anche Federico approvava in un certo senso la sua decisione. Il fatto però era che Federico non voleva che Dino si fosse ritrovato in qualche guaio per colpa sua, perché aveva visto sin da subito che tipo di persona era e, per quel poco tempo che avevano potuto per parlare, aveva visto la genuinità del suo animo. 
Era felice che Squalo avesse trovato un amico come quello, anche se sapeva che suo fratello non avrebbe mai e poi mai dimostrato alcun tipo di affetto nei suoi confronti, perché non era il tipo.
Senza dire altro dunque Dino uscì e scese le scale, cercando attentamente di non mancare i gradini. Fino a quel momento non aveva fatto nessun capitombolo, ma appunto per questo doveva stare attento a non creare caos di qualche sorta.
Una volta arrivato alla fine delle scale, vide la madre di Squalo tutta affannata correre verso la porta e mettersi a posto i capelli in un gesto frenetico e nervoso.
«Mi scusi signora, io dovrei...» la donna non lo lasciò finire che subito lo guardò sorridendo e respirando come se stesse in ansia.
«Oh, non ti preoccupare, dirò a Squalo che sei passato!» Dino non capì il modo strano in cui la donna a quel punto sorrise: era un sorriso diverso, tirato e molto falso.
«Mi dispiace.» Disse dunque avviandosi verso la porta.
«Ma no caro, non devi preoccuparti, puoi comunque venire a trovare Squalo quando vuoi, sei il benvenuto.» Di nuovo gli mostrò quel sorriso che a quel punto lo spaventò. Abbassò lo sguardo e lasciò che la donna aprisse la porta.
«La ringrazio. Arrivederci.» Mentre usciva incontrò lo sguardo del padre di Squalo e vi vide freddezza, una freddezza che lo fece chiudere nelle spalle ed abbassare lo sguardo «B-buona sera.» E dopo quelle parole cortesi quanto timorose, corse via come un lampo, senza aspettare che l'uomo potesse rispondergli. 
Dino si sentì scombussolare le membra non appena sentì la voce dell'uomo salutarlo di rimando, ma non osò voltarsi preferendo correre da Romario che era ancora lì ad aspettarlo.
«Scusami se ci ho messo così tanto» quando entrò nell'abitacolo sentì il familiare calore che lo fece sentire meglio.
«Qualcosa ti preoccupa?» Dino guardò Romario e si morse il labbro inferiore.
«No, cioè sì.» Gesticolò e guardò dritto davanti a sé «Dovrei chiederti un altro favore»

Squalo se ne stava sdraiato sul prato a guardare le nuvole cariche di pioggia. Iniziò a pensare a quanto la pioggia potesse essere rilassante. Amava il modo in cui le gocce si scontravano al suole, sugli oggetti e sulle persone. L'acqua piovana puliva quel mondo sporco e ingiusto, la pioggia spazzava via quel senso di disagio che si sentiva addosso. Quando pioveva si sentiva  felice, quando le fredde gocce gli scorrevano sul viso si sentiva sollevato. Non ricordava nemmeno il giorno in cui era iniziata a piacergli così tanto, ma forse nemmeno gli importava. Sapeva solo che sentiva la pioggia come parte integrante di sé, come se fosse il suo elemento naturale. 
Squalo non poteva sapere quanto ciò potesse essere vero. Un giorno però, nemmeno troppo lontano, l'avrebbe capito. Sarebbe stato l'inizio o forse la fine di tutto, questo però, per tutti gli anni che sarebbero passati, non l'avrebbe mai saputo, anzi probabilmente l'avrebbe anche dimenticato.
Pioveva finalmente, le gocce colpivano il suo corpo facendolo sentire sollevato. Era una sensazione magnifica. Alzò la spada e fendette l'aria, godendo dell'effetto che provocava la lama tra le gocce. Si lasciò successivamente cadere a terra tra l'erba bagnata e chiuse gli occhi lasciandosi investire dall'acquazzone. La pioggia era così forte che ad un certo punto gli fece perfino male la faccia.
Storse il naso. Forse era meglio se tornava a casa, anche perché, si rese conto, era tardi e voleva tornare a casa prima di suo padre così da poter stare un po' di più con suo fratello.
Sospirò e si alzò in piedi stropicciandosi gli occhi anche se era inutile, prese il panno per avvolgere la sua spada e si incamminò verso la strada che l'avrebbe riportato a casa.
Camminando si ritrovò a pensare di nuovo a Xanxus e istintivamente rabbrividì. Non che avesse paura, solo un pochino. Era strano comunque che gli avesse messo tutto quel timore addosso, eppure, nonostante avesse temuto per la sua vita, non riusciva a non pensare a quanto quegli occhi lo attirassero e a quanto volesse vederli di nuovo e fissarli in tutto quel pieno d'ira che li riempiva. Erano stati pochi attimi a guardarsi, questione di qualche secondo, ma era come se l'avessero inevitabilmente catturato. Si accorse che quegli occhi lo caricavano di adrenalina ed era una sensazione così strana che sentì il bisogno di correre per scaricare tutta quell'improvvisa forza che sentiva montargli dentro. Alla fine non trovò così male la prospettiva di affrontare Xanxus se questo poteva permettergli di guardarlo dritto negli occhi.
Si fermò improvvisamente e fissò a terra. Era sbalordito dai suoi stessi pensieri. Nemmeno lo conosceva quel Xanxus e già aveva una voglia matta di rivederlo. L'aveva odiato per quei secondi che l'aveva visto e l'aveva anche maledetto, in quel momento invece voleva solo tuffarsi in quegli occhi rossi e non per maledirli, ma per guardarli e basta, per sentire più vivide quelle sensazioni che ora lo stavano scuotendo all'interno e che non capiva nemmeno se fossero piacevoli o meno, se fossero deleterie oppure no. Voleva dunque incontrare di nuovo Xanxus perché voleva capire cosa gli stava succedendo, perché non riusciva a controllare né il suo corpo né la sua mente. Pensò dunque che forse quelle sensazioni e tutta quella carica le provava perché voleva fare davvero del male a Xanxus, almeno per il momento poteva convincersi che fosse così, anche se sapeva che c'era dell'altro e che probabilmente quella notte avrebbe dormito molto male per quello. In quel momento però doveva solo pensare a tornare a casa il più presto possibile se voleva passare abbastanza tempo con Federico.
Riprese a correre sotto la pioggia cercando di dimenticare quel rosso che gli stava invadendo la mente. Era difficile non pensarci, ma una macchina fermatasi proprio davanti a lui, lo distolse dai suoi pensieri e d'istinto si fermò. La portiera si aprì e in un attimo Squalo pensò che forse era meglio scappare, ma quando vide una zazzera bionda spuntare fuori e gli occhi nocciola di Dino fare capolino rilassò i muscoli.
«Squalo!» Corse verso di lui e strinse un poco gli occhi per la forza della pioggia. 
«Che cazzo ci fai qui?» Squalo guardò la macchina e di nuovo l'amico che sembrava preoccupato.
«Ti accompagno a casa» rispose dunque afferrandogli il polso, ma Squalo oppose resistenza. «Tuo padre, ecco, è-»
«Che cosa?!» L'aveva bloccato. Dino guardò gli occhi di Squalo spalancarsi e riempirsi di panico, gli mancò il fiato.
«Non restiamo qui, andiamo» lo trascinò verso la macchina e lo fece entrare. «Mi dispiace Squalo.»
L'albino lo guardò stralunato e guardò poi lo specchietto retrovisore vedendo Romario che li guardava pacato.
«Lui è Romario» disse in fretta e furia Dino. Squalo fece cenno con la testa, ma non una parola gli uscì dalle labbra.
In tutta quella fretta non era riuscito ad allacciare tutti i punti, quando però sentì la macchina iniziare a sfrecciare, nella sua mente iniziarono a crearsi degli interrogativi: come faceva Dino a sapere di suo padre? Come mai suo padre era già tornato? Come aveva fatto Dino a trovarlo? Perché era così allarmato? Cosa sapeva in realtà Dino?  Erano troppi interrogativi e lui non sapeva rispondere nemmeno ad uno di questi. Semplicemente tornò a guardare l'amico che sembrò capire tutta quella confusione.
«Sono stato a casa tua» allora un altro interrogativo nacque spontaneo nella sua mente, ma questa volta riuscì a trasformarlo in forma di parola.
«Perché?» Dino per la prima volta vide lo sguardo di Squalo non corrucciato ma preoccupato. Gli era concesso capire per quanto gli era stato concesso di sapere da Federico.
«La cartella.» Squalo alzò un sopracciglio «L'hai lasciata a scuola» finì dunque.
Squalo lo guardò come se avesse capito tutto quanto e deglutì.
«Quindi...» inclinò la testa in avanti senza smettere di fissarlo e Dino capì di dovergli delle spiegazioni, anche se ormai la macchina si era fermata ed erano arrivati a casa di Squalo.
«Ne parliamo domani, siamo arrivati» Squalo guardò fuori dal finestrino e subito lo sguardo andò verso la macchina del padre.
«Cazzo.» Fu l'unica cosa che riuscì a dire lì per lì prima di scapicollarsi praticamente fuori dalla macchina senza una parola. L'unica cosa che aveva pensato in quel momento era suo padre e di conseguenza aveva dimenticato la buona educazione, ma questo poteva farselo perdonare il giorno seguente. 
Dino osservò Squalo fermarsi davanti alla porta e capì che l'amico stava pensando se entrare oppure scappare di nuovo.
«Dino...» Guardò lo specchietto retrovisore e vide gli occhi di Romario puntati sui suoi.
«Ti spiegherò tutto.» Poi di nuovo tornò a guardare verso la porta, ma di Squalo non c'era traccia. Si guardò dietro e avanti e capì che era entrato in casa. Si preoccupò, ma disse a Romario di tornare a casa.

Squalo era entrato in casa sbattendo la porta. Se ne fregava altamente di quello che sarebbe successo, tanto ormai avrebbe potuto aspettarsi il peggio.
«Cosa ci facevi in giro con questa pioggia?» La madre andò all'ingresso sconvolta. L'albino si tolse le scarpe e la guardò con indifferenza senza nemmeno pensare di degnarla di risposta, sapeva che tanto a lei non importava, quella era stata solo una domanda di circostanza dato che si trovava nelle vicinanze. 
Attraversò l'ingresso, superando la madre che se ne era rimasta lì in mezzo come un palo, ed era entrato nel grande salone, consapevole del fatto che ci fosse il padre lì sulla poltrona ad attenderlo.
«Perché eri in giro?» La voce dura e fredda gli fecero tendere i muscoli. Si fermò e guardò l'uomo negli occhi. Sapeva che la madre era dietro di lui e stava guardando la scena con le mani unite in grembo ostentando una calma che non aveva, sia lui che il padre lo sapevano e Squalo non capiva perché si sforzasse tanto.
«Stavo tornando a scuola» bugiardo. Ma doveva mentire per salvarsi la pelle. Quasi si sentì soddisfatto della sua risposta.
Il padre lo guardò accigliato e mosse una mano facendogli cenno di andare davanti a lui per guardarlo meglio negli occhi. Squalo sapeva che tanto l'uomo non avrebbe capito se stava mentendo o meno, perché non lo conosceva e perché l'albino ormai sapeva bene come mentirgli con gli occhi.
«Vedi di non dimenticare più le tue cose a scuola» disse a quel punto. Squalo si rese conto che con molta probabilità la madre gli aveva detto di Dino e della cartella e forse gli aveva raccontato la sua stessa menzogna. Si voltò quindi verso le scale ed incrociò lo sguardo della madre che teneva gli occhi spalancati ma che sembrava più rilassata. Non avrebbe detto nulla, non l'avrebbe ringraziata perché con lei non ci voleva parlare.
«Vai in camera tua» finì per dire l'uomo, Squalo si fermò a metà scale.
«Voglio salutare Federico»
«Ho detto di andare in camera tua.» Si morse il labbro e strinse i pugni. Lo maledì mentalmente e si diresse verso la sua camera ubbidendo a quell'ordine. Non avrebbe potuto fare altrimenti. 
Guardò fugacemente verso la porta chiusa della camera di suo fratello ed entrò nella sua stanza. Una volta entrato gli venne voglia di dare un calcio alla scrivania, ma non lo fece perché il suo sguardo si posò sul suo letto dove era ancora posato il suo quaderno. Strinse la mascella e lo afferrò sfogliandolo. Ne avrebbe parlato con Federico dato che era l'unico a sapere dove era.
Squalo sapeva perfettamente che suo fratello aveva lasciato il quaderno sul letto per un motivo. L'aveva combinata grossa e l'avrebbe sgridato perché aveva fatto vedere a Dino un qualcosa che doveva rimanere segreto. Non volle pensare al perché l'avesse fatto, preferì arrabbiarsi dopo aver sentito le spiegazioni del fratello, perché dopotutto doveva esserci una ragione e Federico sapeva bene che non doveva andare a spifferare ai quattro venti gli affari suoi. Però sapeva anche che Dino non sarebbe andato a dire i giro nulla, ma in ogni caso era arrabbiato, era ovvio che lo fosse.
Lanciò il quaderno a terra e si buttò sul letto supino andando a fissare il soffitto, dimenticando perfino che era fradicio.
Gli dava fastidio anche l'idea di dover andare giù a cenare e vedere in faccia qualcuno, sopratutto i suoi genitori. Sbuffò, gli si era chiuso lo stomaco e avrebbe dovuto fare finta di mangiare. 
«Vaffanculo» imprecò a denti stretti. Portò gli occhi alla finestra. Perlomeno, pensò, stava piovendo e per questo si lasciò andare ad un sospiro afflitto continuando a fissare le incessanti gocce che si scontravano sul vetro. Avrebbe voluto aprire la finestra e scappare di nuovo, ma era riuscito a scamparla una volta, la seconda non avrebbe potuto riuscirci, non aveva scuse da inventarsi. Decise quindi di andare a fare una doccia, ma si accorse subito che qualcosa non quadrava.
«Cazzo, la spada!» L'aveva dimenticata in macchina. Si portò la mano a coprirsi la faccia. «Maledizione!» Si alzò pieno di stizza e si diresse verso il bagno. Era più che naturale che Dino gli avrebbe fatto delle domande, sperò solo che non avrebbe fatto qualche sciocchezza come portarsi la spada a scuola. Si fermò un attimo a pensare: Dino non era poi così stupido, era sbadato, ma non stupido.
Uscì dalla stanza e guardò di nuovo la porta accanto, era leggermente aperta e gli occhi di Federico lo guardavano.
«Ti ammazzo» sussurrò Squalo. Vide gli occhi di suo fratello illuminarsi furbi e un sorriso allargarsi sul suo volto: lo stava sfidando.
Federico sapeva che in quel momento Squalo era costretto a non poterlo vedere, ma sapeva anche bene che quella notte sarebbe entrato silenziosamente in camera sua, come faceva tutte le volte in cui il padre per punizione gli vietava di vederlo, e avrebbero parlato per tutta la notte. Entrambi sapevano che il padre era a conoscenza del fatto che Squalo e Federico di vedevano di notte, ma fino a quel momento non aveva detto nulla, forse anche quella era una punizione perché la mattina entrambi si svegliavano con solo un paio di ore di sonno.
«Gli piaci!» Rispose consapevole della reazione del fratello. Infatti Squalo strinse le labbra e lo guardò furente.
«Sta zitto!» Si girò e si chiuse bagno sbattendo la porta. Federico se la rise sotto i baffi e tornò a disegnare. Si sarebbe divertito tantissimo a prenderlo in giro quella notte e si sarebbe divertito ancora di più a vederlo trattenersi dall'urlargli contro. Continuò a sorridere riempendo il sole che aveva disegnato, a differenza del fratello a lui la pioggia metteva tristezza, ma se c'era Squalo con lui non poteva essere triste, perché gli occhi di Squalo che guardavano la pioggia sprigionavano il sole. Era talmente tanto bello che non poteva non pensare a quelle gocce d'acqua come tanti piccoli raggi di sole. Si chiuse nelle spalle e prese un nuovo foglio su cui disegnare un nuovo sole.

Squalo si mise sotto il getto d'acqua gelida sperando che questa potesse fargli sbollire la rabbia. Federico si divertiva e Squalo lo sapeva, alla fine poi si sarebbe fatto perdonare, e lui ogni volta lo avrebbe perdonato anche se gli diceva sempre che sarebbe stata l'ultima volta. Questa volta però l'aveva fatta più grossa, non era semplicemente l'aver fatto un sole sul suo quaderno, aveva fatto vedere i suoi appunti a Dino. Imperdonabile, pensò, ma sorrise. Pensò al broncetto che avrebbe fatto suo fratello, a quando gli avrebbe detto che Dino gli stava simpatico perché aveva gli occhi buoni, perché lo sapeva che aveva pensato questo, chi non l'avrebbe pensato guardando gli occhi di Dino. Poi pensò anche a quanto l'avrebbe preso in giro perché "gli piaci!", anche se poi in realtà quell'affermazione non l'aveva colta del tutto. Squalo sapeva che Federico non si risparmiava domande imbarazzanti e Dino si imbarazzava facilmente e quando si imbarazzava diventava ancora più trasparente, gli si poteva chiedere di tutto e lui avrebbe risposto sinceramente portandosi una mano a torturarsi la nuca. Era adorabile, ma questo di certo non l'avrebbe detto né a Dino né a Federico, già doveva sforzarsi per ammetterlo a se stesso.
Dino era, dopo Federico, l'eccezione alla regola al suo modo di relazionarsi. Nonostante mostrasse sempre la faccia burbera, Dino riusciva anche a farlo sorridere e rilassare. Certo, puntualmente arrivava sempre qualche caduta o qualche piccolo guaio che lo facevano arrabbiare, questo almeno all'inizio, con il tempo però ci stava facendo l'abitudine, rideva perfino di lui dopo essere inciampato nel nulla ed aver stretto le labbra arricciando il naso. Iniziava a piacergli la sua sbadataggine, ma tanto nemmeno questo avrebbe mai ammesso, né ora né mai.
Si appoggiò alle mattonelle, era stanco morto, sia fisicamente ma sopratutto mentalmente. Era stata una giornata stressante e il peggio era che non era ancora finita, doveva affrontare a colpi di battute Federico. A Squalo non erano mai riuscite le battute, con tutto che si sforzasse a trovarne di buone, con tutto che cercava di prendere esempio da suo fratello, proprio non riusciva, poteva riuscire a fare dell'ironia ogni tanto, ma era un'ironia aspra. Preferiva di gran lunga mandare tutti a quel paese, era più facile.
«Squalo» bussarono alla porta, era la madre «c'è il tuo amico» ci mancò poco che scivolasse nella vasca.
«Che cazzo vuole» non era diretto alla madre di certo.
«Non essere così volgare» sbuffò irritato «è un tuo amico dovresti»
«Che palle!» la interruppe e nemmeno si pentì.
Uscì dalla doccia senza nemmeno ascoltare la madre che titubante continuava a dire qualcosa sul fatto che non avrebbe dovuto trattare male le persone e forse anche qualcosa sugli ospiti, ma nemmeno aveva capito dato che parlava a voce troppo bassa.
"Fanculo", pensò infilandosi maglietta e pantaloni ed uscendo dal bagno senza nemmeno curarsi di guardare la madre o dirle qualcosa. Si diresse al piano inferiore dove già si aspettava Dino seduto sul divano a torturarsi le mani dall'imbarazzo.
Quello che vide però lo spiazzò: Dino stava parlando con suo padre.
«Squalo!» in quel momento odiò tutto quell'entusiasmo, odiò la sua voce, i suoi occhi e il suo sorriso. 
Dino gli porse il panno bianco avvolto in quello che sembrava un grande quadro. Che diamine era?
«Ti ho portato la tavola che hai dimenticato in macchina» Squalo si accigliò. La tavola? Ma non poteva inventarsi qualcosa di migliore?
«Dino ci ha detto che frequenti un corso d'arte» la voce della donna gli punse le spalle.
«Mi dispiace averti rovinato la sorpresa!» Squalo strinse i pugni. Allora, infine, Dino era più idiota di quel che credeva.
L'albino guardò il padre che pacatamente guardava il biondo che si sbracciava in varie ricerche di scuse. Distolse lo sguardo e lo portò verso il basso.
«Non importa» scrollò la testa e di nuovo si ritrovò a guardare il padre che questa volta lo fissava con uno sguardo indecifrabile: era la prima volta che non sembrava distante. 
Squalo deglutì e Dino portò di nuovo in avanti la tela. Ma era davvero una tela? Notò un piccolo rigonfiamento nel panno, quella era sicuramente l'elsa della sua spada, non c'era dubbio. Forse così stupido non era, ma perché riportargliela proprio ora?
«Dino, vuoi rimanere a cena?» Squalo si morse il labbro inferiore stizzito. Quella donna parlava sempre troppo, ma dopo tutto quel blaterare sull'essere cortese con gli ospiti poteva aspettarsi un'uscita del genere.
«Nessun disturbo» disse a quel punto l'uomo seduto comodamente sulla poltrona. Lo sguardo di Dino si illuminò ancora di più, ma quando guardò gli occhi grigi e irritati di Squalo gli si bloccò il fiato in gola.
«Dino, che bello, sei tornato!» Federico scese di corsa le scale e andò ad abbracciarlo. Squalo si stupì di come il fratello fosse tanto amichevole con qualcuno che aveva conosciuto sì e no due ore prima e con cui aveva parlato per poco tempo. Si stupì di come il padre sembrava tranquillo alla vista di tutta quella vivacità e di come sua madre sorrideva serena. Si sentì ancora una volta fuori posto: quella non era la famiglia che conosceva. In un attimo tutto gli sembrò estraneo e una fitta alla bocca dello stomaco gli face salire un doloroso groppo alla gola; quella era la famiglia che i suoi genitori avevano sempre desiderato. Squalo era la tessera sbagliata in quel puzzle perfetto, era quello che aveva rovinato tutto.
«Ti prego resta!» disse a quel punto il ragazzo più piccolo e Dino non seppe dire di no. Non guardò Squalo negli occhi per non sentirsi in colpa, ma ugualmente sentì il rimorso grattargli la gola.
«Devi avvertire casa» si avvicinò la donna con il telefono in mano.
«Grazie signora!» sorrise come al suo solito e prese il telefono.
«Oh caro, non chiamarmi signora, chiamami Letizia, dammi pure del tu.» era bella, pensò Squalo, quando sorrideva in quel modo, eppure continuò a non vederla come sua madre.
Dino portò l'indice a grattarsi la guancia in modo distratto.
«Ci proverò» e la donna rise cristallina.
«Intanto potete andare su, la cena non è ancora pronta» poi la donna guardò Squalo «e dagli qualcosa per asciugarsi, non vorrei prendesse un malanno» concluse con tono nettamente diverso a quello con cui si era rivolto a Dino. A quel punto anche il biondo guardò Squalo: aveva lo sguardo basso e stava sicuramente stringendo la mascella. Si dispiacque, ma prima che potesse anche solo sentirsi lo stomaco strizzarsi, Federico lo aveva preso per mano e si erano diretti verso le scale, dove poi aveva preso anche il polso del fratello trascinandoli entrambi al piano superiore.
«Io...» disse una volta entrati nella camera di Squalo, dove li aveva trascinati Federico.
«Chiama prima che ti dimentichi, coglione» disse l'albino per poi guardare il fratello e stringendo il pugno, imitando un cazzotto.
«Mi uccidi dopo» ridacchiò il più piccolo facendosi scudo con le braccia. Squalo abassò la mano e storse la bocca in una smorfia.
«E tu» puntò il dito vero Dino «se dici che ti dispiace ti taglio la lingua» l'amico alzò le mani e subito dopo compose il numero.
«Romario, puoi andare a casa, rimango qui» Dino guardò fuori dalla finestra la macchina ancora parcheggiata.
«Idiota, poteva anche uscire e dirglielo» borbottò l'albino.
«Ma piove, è meglio così» Dino guardò Squalo e sorrise colpevole facendo spallucce, l'altro sbuffò e guardò verso destra.
«Certo, sì. Grazie Romario, ciao!» attaccò poi e osservò la macchina allontanarsi.
«È la prima volta che un amico di Squalo viene a cena»
«Sì, sì, sta zitto!» Fece acido Squalo buttandosi sul letto. Federico ridacchiò divertito.
«Hai i capelli bagnati» Dino indicò verso la sua testa e Federico rise.
«Chissenefrega» si girò di lato dando le spalle ai due.
«Sei sempre scontroso, anche quando ci sono i tuoi amici» Squalo sospirò profondamente irritato. Era anche normale che fosse arrabbiato no? Insomma un completo estraneo alla sua famiglia, piombava in casa per ben due volte nello stesso giorno e già veniva invitato a rimanere per cena. Ma ovviamente non era quello il problema, il problema era che aveva già simpatizzato con tutti, come era possibile Squalo non lo sapeva, però gli si strizzarono le membra al solo ricordo dello sguardo più o meno tranquillo e non duro del padre, uno sguardo che non aveva mai visto rivolto a lui. A dire la verità poi quello sguardo non l'aveva mai rivolto a nessuno da quanto ne sapeva, e questo gli andava quanto mai scomodo, il perché non lo sapeva, dopotutto non era Dino che gli dava fastidio, tantopiù se ne fregava del padre. Come poteva essere però che Dino fosse riuscito così facilmente a parlare con l'uomo, e cosa si erano detti? Si accorse però di non volerlo sapere.
Federico prese la tela e tolse il panno.
«Che bello!» Esclamò Federico guardando il dipinto. Dino si sporse per guardare.
«È la copia dei girasoli di Van Gogh» sentenzia pensieroso. Federico si sedette a terra e alzò il quadro spostandolo e girandolo per guardarlo in tutte le angolazioni possibili.
«Certo che» Squalo si girò di nuovo andando a guardare l'amico «te ne potevi inventare una migliore» alzò il busto e lo guardò accigliato. Dino si grattò la nuca.
«È stata la prima cosa che ho pensato» fece tra un sorriso e l'altro. Squalo scosse la testa in diniego.
«Potevi anche risparmiarti di tornare» non pensò molto a quello che aveva detto, ma Dino sembrò non prendersela troppo.
«Non passano inosservate certe cose, a scuola non te l'avrei comunque potuta portare» Federico a quel punto guardò il biondo e poi il fratello.
«Ha ragione» annuì e fece cenno a Dino di sedersi a terra. Il biondo sorrise e fece per sedersi inciampando come al solito nel nulla e dando una poderosa sederata a terra. Si lamentò dolorante e Federico lo guardò preoccupato.
«Ti sei fatto male?» Allungò il collo per assicurarsi delle condizioni del ragazzo e questi alzò lo sguardo verso di lui e rise.
«No, no sto bene, mi capita spesso di cadere» Squalo schioccò la lingua in un "tsk" scocciato.
«Dai Squa, non fare così» disse a quel punto il fratello guardandolo con la fronte corrugata, ammonendolo del suo comportamento burbero.
«Ora che mi invento con la storia del corso» Dino stese le labbra forse rendendosi conto solo in quel momento del problema che si era venuto a creare.
«Partecipi al corso» rispose il più piccolo tranquillamente. Squalo lo guardò come se avesse bestemmiato.
«Voooi! Ma anche no!» aveva dunque esclamato alzandosi in piedi ed iniziando a percorrere in lungo e in largo la stanza «Non ci penso nemmeno» finì per dire, chinandosi a prendere il panno con cui poi avvolse la spada.
«Se trovi altre soluzioni» lasciò in sospeso il biondo. L'albino lo guardò furente.
«Certo che le trovo!» aprì l'armadio e ripose la spada come al solito sotto libri e quant'altro fosse possibile per poterla nascondere.
«Anche a me piacerebbe tanto partecipare ad un corso di disegno» sembrò più una frase detta fra sé e sé, riprese poi a girarsi il quadro tra le mani.
«Non è la fine del mondo» disse Dino rivolto a Squalo che aveva sbattuto le ante dell'armadio.
«Lo è invece, non voglio fare quel corso del cazzo» Dino sbatté gli occhi più volte.
«Puoi anche solo fare finta»  di nuovo Squalo si ritrovò a lanciare uno sguardo esterefatto, questa volta diretto a Dino.
«Torni a casa un po' più tardi il venerdì» spiegò.
Squalo rimase in silenzio per una dozzina di secondi. Si ritrovò a riflettere su quel punto: sarebbe stato costretto a vagare a vuoto il venerdì pomeriggio. Non che gli dispiacesse, tanto a casa la maggior parte delle volte non ci voleva tornare, però non aveva mai pensato ad un'eventualità simile e di conseguenza si ritrovò a pensare a quanto cattiva fosse quell'idea. Era difficile per Squalo stare fermo con le mani in mano, non ci riusciva proprio. La prospettiva di ritrovarsi a vagare nei dintorni della scuola non lo allettava affatto, come gli dispiaceva sprecare un pomeriggio senza poter migliorare la sua abilità con la spada.
Dino non sapeva quello che diceva, non c'era alcun dubbio, ma forse pensandoci attentamente avrebbe capito che quella erano tutto fuorché parole dette senza logica.
«Potresti tornare anche dopo papà» fece a quel punto Federico.
«Vooooi! E secondo te gli fa piacere se faccio un corso del cazzo come quello?» sbottò sedendosi anche lui a terra.
«Non sembrava tanto dispiaciuto» Squalo lo guardò interrogativo, in effetti, dovette ammettere, non gli era sembrato affatto arrabbiato.
Squalo trattenne il fiato e lo sguardo cadde sul quadro: quei girasoli erano orribili. Si lasciò andare un ennesimo "tsk" e digrignò i denti. 
«Posso abbandonare il corso»
«Che stupido» se ne uscì subito il fratello in risposta. Squalo girò velocemente la testa e lo guardò arrabbiato mollandogli poi un cazzotto sulla spalla.
«Non voglio cacciarmi nei guai!» Federico si massaggiò la parte lesa facendo un broncio offeso.
«Non ti cacci nei guai» rispose infine cacciando fuori la lingua. Squalo gli diede un altro cazzotto, sempre sulle stesso punto, e Federico si lamentò mentre Squalo diceva cose come "ben ti sta" e "la prossima volta ti spezzo il braccio".
Dino rimase in silenzio pensando al grande guaio che aveva combinato. Alla fin fine però sembrava la soluzione più logica. Non sapeva ovviamente cosa intendeva Squalo con "guai", ma sapeva che l'amico non era il tipo da spaventarsi facilmente, né si tirava indietro davanti a situazioni difficili. In quel caso se era tanto preoccupato una ragione c'era e dunque doveva trovare una soluzione, perché era stato lui a creare quel problema tornando a casa sua. Però come avrebbe potuto fare?  Avrebbe potuto tenersi la spada e trovare un altro momento per riportargliela, ma alla fine aveva deciso di tornare indietro e portargliela subito. Non sapeva bene il perché, ma forse inconsciamente aveva pensato che tornando a casa di Squalo almeno si sarebbe tolto il peso dell'angoscia che si sentiva da quando aveva riportato l'amico a casa. Quando infatti aveva sentito la madre di Squalo invitarlo in casa e dirgli di attendere qualche attimo, si era sentito più rilassato capendo che non gli era capitato nulla.
Quando Dino aveva detto a Romario di tornare a casa, aveva iniziato a pensare di tutto. era passato dal pensare che Squalo si sarebbe beccato una strigliata con i fiocchi, fino ad arrivare a Squalo chiuso in camera al buio in un angolo. Non era nemmeno troppo tragico, ma non riusciva proprio a pensare a punizioni più dolorose, anche se davvero il padre di Squalo a prima occhiata poteva sembrare molto severo, tanto da imporre la disciplina a suon di bastonate. Ma davvero, Dino non voleva nemmeno pensare ad una cosa del genere.
Aveva poi visto la spada dimenticata da Squalo e non aveva potuto fare a meno di pensare di riportargliela subito, era ovvio che il suo cervello avesse lavorato di subinconscio.
Dino aveva chiesto a Romario se per l'ennesima volta quel giorno avesse potuto fargli un favore. Romario era sempre stato un tipo paziente, per questo aveva accettato. Inizialmente gli aveva consigliato di riportarla un altro giorno, solo che Dino non ci aveva voluto pensare troppo ed aveva insistito sul dover riportare subito l'oggetto al proprietario. L'uomo dunque lo aveva riportato indietro mentre Dino si scervellava ad alta voce agitando le mani, cercando di trovare un modo per nascondere la spada. Poi tra un agitarsi e l'altro aveva trovato la soluzione del quadro anche se Romario non sembrava affatto convinto, ma il ragazzo era così tanto soddisfatto della sua genialata che non aveva potuto fare a meno di approvare.
Per grazia divina oltretutto non era caduto rovinosamente a terra mentre correva verso la porta della casa del suo amico. Quando gli fu aperta la porta, mostrando la donna che, quando l'aveva visto, aveva sorriso solare si era sentito sollevato da un peso. Si era pentito inizialmente, perché solo in quel momento aveva potuto accorgersi di come Squalo non avrebbe accettato il suo ritorno, poi però, quando il padre di Squalo si era presentato, aveva dimenticato il motivo per cui si era sentito tanto angosciato fino a pochi minuti prima. Seppure lo sguardo dell'uomo potesse sembrare duro, freddo e distante, si era presentato in modo molto gentile e nemmeno si era trovato a disagio a parlare con lui.
«Tieni» un asciugamano arrivò dritto in faccia a Dino «saresti un problema con la febbre» fu la volta di Squalo di beccarsi un pugno sulla spalla.
«Sei tu il problema» aveva detto Federico sogghignando. 
«Voooi, pezzo di merda, guarda che te lo spezzo per davvero il braccio!» Dino rise divertito davanti alla scena di Squalo che si buttava sul fratello: quei fratelli gli piacevano proprio tanto.



Finalmente il quinto capitolo! Dopo quasi sei mesi di blocco, ritorno ad aggiornare, mi sembrava ingiusto fermarmi, anche se più scrivo più penso di aver sbagliato tutto quanto.
Rileggendo i capitoli precedenti ho trovato molti errori, ho corretto qua e là quelli più evidenti, non ho modificato la trama e non ho cambiato nulla, ho tolto solo qualche frase di troppo e corretto gli orrori grammaticali, anche se credo di non aver corretto tutto per bene, ma non importa. Sì, importa, ma li rivedrò più in là con molta più calma.
Detto questo: il capitolo di per sé non dice molto, mi rendo conto che la storia sta andando per le lunghe per questo cercherò di essere più breve nei prossimi capitoli e di aggiungere fatti più concreti.

Vediamo Dino che ha combinato uno dei suoi geniali guai, e vedremo (nei prossimi episodi...) come si evolverà il tutto.
Non so se avete notato, ma il capitolo è più lungo (quindi?!)! Ci sono oltretutto tanti, ma tanti tanti discorsi diretti, quindi... Niente, ci sono tanti discorsi diretti (?).
Premetto già che nel prossimo capitolo, da come forse avete potuto intuire, accadrà di tutto.
Come ho detto prima, penso che la storia sia iniziata male e mi sto sforzando molto per trovare un modo per migliorare la situazione. Ci proverò, lo prometto, vediamo cosa ne esce (a chi importa?!, vabbè 8D).

Mi dispiace tantissimo per il ritardo e non mi aspetto recensioni (evvai), però mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate e se notate degli orrori non fatevi alcuno scrupolo a segnalarmeli, anche uno alla volta (questo però vi toglierebbe un sacco di tempo), le critiche sono sempre ben accette.
Ringrazio come sempre tutti coloro che preferiscono, ricordano e seguono la storia e anche coloro che leggono ovviamente e un ringraziamento anche alle buone anime che arrivano fino alle noiose note di una povera vacca-banana come me 8D.
Per le recensioni ringrazio direttamente nella pagina recensioni, che amo e non smetterò mai di dirlo 8D

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