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Autore: loonaty    25/08/2011    3 recensioni
[Legata a "muri di cenere"(e ovviamente a tutte le storie della serie "Cuori di plastica")]
E cosa accadde dopo?
Dopo che la guerra finì che ne fu degli eroi?
E dei traditori?
Che ne fu degli amori?
Dopo restava solo una cosa da fare. Trovare un nuovo sogno.
Qualcosa in cui sperare.
"-Ehi Teme, ti diverte tanto farti inseguire?- Ti mordi il labbro inferiore. Labbra gonfie e succose come frutta matura. Si volta verso di te ed abbassa lo sguardo sulle tue labbra. Esita solo un istante, con quegli occhi spaiati dal taglio elegante e felino circondati da una corolla di folte ciglia lunghe e scure, ali piumate ai cocci di vetro quali erano le sue iridi. "
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
- Questa storia fa parte della serie 'Cuori di plastica'
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-Non sorridi mai … Visto che sei davvero molto bello dovresti farlo di più.-
Certe persone morirebbero per quel sorriso.

 
Le code lisce oscillano fondendosi con il buio di quei vicoli.
Le scarpe basse che accarezzano la strada coprendo i sospiri degli amanti appostati nelle nicchie, negli angoli tra un cassonetto ed un auto.
Vestita di colori sgargianti che poco si confanno ad un ambiente tetro, che ti mettono in risalto, ti fanno spiccare in quel buio affamato di vita che avvolge ogni tuo passo spezzato soltanto dalle luci accecanti dei lampioni, che brillano sui tuoi capelli accendendoli di rosso scarlatto.
I ciottoli bagnati del ponte scivolano sotto i tuoi piedi, le mani affondate nelle tasche.
Sollevi il viso sulla figura appoggiata con i gomiti al parapetto. I capelli neri ceduti alla notte, la pelle candida e l’occhio grigio che da lontano ti sbeffeggia senza vederti. In silenzio non puoi far altro che proseguire indifferente. Fino ad arrivare alle spalle di quell’ombra e a stringere l’arma affilata nella tasca della tuta. La voglia di affondargliela nella schiena è molta, quasi pari a quella di trovarlo in un posto normale, ad un orario normale, in una sera normale.
Squadri le sue spalle larghe strette in quella camicia scura che risalta la linea perfettamente curva della schiena.
Arrossisci ricordando di avervici affondato le unghie, di aver dormito con la guancia premuta su quella pelle e ti dai della cretina ancora una volta. Perché deve essere così difficile vederlo quando siete stati amici per tanti anni?
-Guarda che lo so che sei lì- Dice tranquillamente, senza voltarsi. Perché per lui è tutto normale. Sei tu quella arrabbiata, quella irritata a morte per questa nuova fuga. A lui non importa niente si quello che stai passando per fargli riacquistare una buona fama al villaggio. Se ne va a zonzo. Così.
Scappa e finisce a rifugiarsi in quel villaggio sperduto e cupo nel paese della nebbia!
Brutto bastardo…
-Ehi Teme, ti diverte tanto farti inseguire?- Ti mordi il labbro inferiore. Labbra gonfie e succose come frutta matura. Si volta verso di te ed abbassa lo sguardo sulle tue labbra. Esita solo un istante, con quegli occhi spaiati dal taglio elegante e felino circondati da una corolla di folte ciglia lunghe e scure, ali piumate ai cocci di vetro quali erano le sue iridi.
Torna a fissare l’acqua che scorre sotto il ponte,come se non ti avesse sentita, irritata gli tiri un pugno su una spalla, lì dove sai si trova una cicatrice più scura delle altre, quasi violacea. Lui geme e ti guarda storto perché non gli piace il fatto che tu sappia identificare con precisione ogni suo punto debole. Perché lui è il ninja più forte del villaggio della foglia, ma tu sei l’Hokage e sai come ammansirlo.
-Guardami degli occhi quando ti parlo- Sbotti infuriata trattenendolo per la camicia e voltandolo verso di te.
E’ più alto.
Tu sei sempre stata piccoletta di statura, con la tua pelle candida ed i capelli che alla luce prendono fuoco ed i tuoi occhi azzurri e cristallini come il cielo d’estate e l’acqua del mare.
Lui ti guarda, ti accontenta, quei ciuffi troppo lunghi che gli cadono in mezzo alla fronte e scivolano di lato dal naso affilato sfiorando le labbra. Il suo sguardo è intenso, ti sta mettendo alla prova perché continua a divertirsi a trattarti da stupida, perché nonostante tutto ti considera ancora la stupida bamboccia figlia di un messia defunto per mano di suo padre.
-Non puoi andartene in giro così, come ti pare!- Non può dopo che ti ha detto che ti ama – Insomma, al villaggio hanno paura di un’altra rivolta!- Hai paura che lui se ne vada di nuovo, che ti abbandoni di nuovo e stavolta sarebbe peggio. –E non pensi a Sasuke e Sakura? Non hanno sofferto abbastanza perdendoti una volta?- Non vuoi, non puoi, sopportare di vederlo di nuovo in fin di vita. Di nuovo coperto di sangue senza poter fare niente.
Lui ti fissa serio, nemmeno strafottente, solo impassibile, il solito broncio, la fossetta tra le sopracciglia.
-Io sono un mukenin, qualunque cosa tu faccia lo resterò sempre.- Senti di starti avvicinando al punto, ti convinci a restare calma, a non sfogare su di lui la tua rabbia. Prendi respiri profondi e poi ritorni all’attacco.
-Questo lo decido io, non posso andare in giro a colpire in testa con una clava i membri del consiglio, ma con il tuo aiuto posso convincerli che sei cambiato, così come ha fatto tua madre con Sasuk … -
-MIO PADRE NON HA UCCISO DEI BAMBINI INNOCENTI!- Urlò. Ti guarda fissa con la bocca un poco socchiusa e gli occhi sbarrati. Non ci credi, dunque è questo il problema?
Odore di pesce e strade lerce condisce l’umidità che rende la stasi ferma ed ondeggiante come gelatina.
Solo silenzio e lo sciabordio dell’acqua.
-Quindi è questo, ti senti in colpa eh? – Era vero, era terribile, ti sentivi oppressa dalla sua stessa disperazione, ma doveva smontare quell’atmosfera lugubre, non le piaceva non la reggeva. Perché Itachi aveva fottutamente ragione.
Itachi era un assassino.
Non era stato indeciso come suo padre.
Né altrettanto forte.
Né altrettanto buono.
Itachi aveva ucciso facendo roteare la katana sulle dita sottili, aveva provato gusto e piacere nel sangue, aveva amato la lotta, la guerra, la polvere e le lacrime.
Itachi aveva tentato davvero di ucciderla più di una volta. Non scherzava, non giocava. Non era un capriccio era puro desiderio che grazie alla sua irreprimibile testardaggine si era tramutato in fame di labbra da bambina, in notti incandescenti e graffi sulla schiena.
Altro silenzio.
E l’acqua,
il vento.
E i loro cuori dal battito disordinato.
E non può dirgli che non le importa, che basterà dimenticare, perché lei lo sguardo di Asuma ce l’ha ancora impresso in mente, mentre stringe il corpo esanime della bambina bionda, quel corpo che non è più tale stracciato dalle macerie, e piange e giura vendetta sul compagno che, da un certo punto di vista amava.
Così fa un passo avanti e tende le braccia verso di lui che inaspettatamente si rannicchia sul suo petto e le passa le mani attorno alla schiena.
-Torniamo a Konoha- Ti esce dalle labbra l’ordine diretto. Perché certe cose vanno dimenticate, costrette in un angolo della mente. Incatenate e relegate. Itachi scuote il capo e sospira. Non può farcela e tu lo sai.
 
**
 

-Teme! Vuoi rientrare?! E’ pronto da mezz’ora!-
-Io, quello che cucini tu, non lo mangio.-
-Malfidente!- Gli mollò una cucchiaiata sulla testa.
La sollevò per i fianchi baciandola.
Lei sorrise contro le sue labbra.

-Non pensare di scamparla così!- Gli disse cingendogli la vita con le braccia forti.
-mhpf.-

 
**
 
Asuma si rigirò tra le mani il cappello enorme e fece scivolare le dita sulla stoffa bianca e rossa, tra le pieghe incontrò il contorno riconoscibile di una busta di carta. Una lettera.
La aprì ed abbozzò un sorriso.
 
Ah, quindi c’era un motivo per cui l’Hokage era sparita.

A vivere con l’Uchiha?

Perché no?

Si calcò in testa il cappello ed uscì sulla veranda.
Sperava solo che alla fine Kyuubi riuscisse ad essere felice.
Sperava che potesse prefissarsi un nuovo obbiettivo, qualcosa che la facesse, infine, stare bene.
 
**
 

-Itachi, ma tu non sorridi mai!- Gonfiò le guance indispettita pizzicandolo a lato della bocca. Lui la fulminò con i suoi occhi spaiati. Lei sospirò. Sapeva che a lui quel tempo passato con la morte sarebbe pesato sempre sul cuore. Lo sapeva quando si era allontanata da Konoha già sicura di non tornarci più. Lo sapeva quando aveva lasciato la carica di Hokage ad Asuma.
Sapeva che con Itachi non sarebbe stato facile.
Aveva però promesso, che sarebbe sempre stata lì, pronta a seguirlo, se lui fosse scappato, e a riportarlo a casa.
Poi si era accorta che Konoha non era la “casa” giusta.
-Sai, sei davvero molto bello.- Gli afferrò l’altro lato della bocca sedendosi a cavalcioni sulle sue ginocchia.

-C’è chi morirebbe per quel sorriso- Gli tese le labbra sollevandogliele vrso l’alto. Lui roteò gli occhi prendendole i polsi e allontanandole le mani. –Smettila cretina!-
Sbottò.
-Cretina a chi, TEME!- Strillò infuriata.
Lui la guardò serio.
-E a te va bene?-
-Cosa?-Disse sulla difensiva.
-Aver lasciato il tuo sogno … -
Abbassò lo sguardo sul pavimento di legno di quella casa che dividevano da poco.
Aveva paura della sua risposta.

Un pugno lo colpì al centro della testa, con forza, senza riguardi.
-Ehi! Ma sei scema?- La spinse a terra.
-Dovrei chiedertelo io, brutto idiota! Ti sembrano domande da fare?!-

Si sedette a gambe incrociate davanti a lui. Il sole entrava dalla finestra brillando tutt’attorno.
-E poi, se proprio lo vuoi sapere ho un nuovo sogno!- Grugnì alzandosi in piedi ed affacciandosi fuori, la luce del tramonto penetrava tra le fronde fitte e brillava incendiando la sua chioma nera.

-Quale, guadagnare abbastanza da comprarti un cervello?- Le fece ironico, ancora seduto sul letto.
-Stai forse insinuando che sono stupida?- Affilò lo sguardo.
Itachi sollevò gli occhi al cielo, ma preferì non infierire ancora o non l’avrebbero più finita.
-Allora? Questo sogno?-
-Non credo di volertelo più dire!- Mise il broncio dandogli le spalle.
-Kyuubi, girati.-

-Che c-

Un cuscino la colpì in pieno volto lasciandola basita.
Itachi ghignò. –Allora?-

-E va bene!- Sbuffò raccogliendo il guanciale e, allo stesso tempo, la sfida implicita.
-Entro questa settimana voglio riuscire a vederti sorridere!-
Il ragazzo la guardò inarcando un sopracciglio. Scettico.
Il cuscino gli tornò in dietro.

 
 
-Questo non si può definire un sogno!-
-E’ il mio sogno!-
-Non si realizzerà mai.-
-Strano … -

-Cosa c’è di strano usurantomaki?-
-Proprio in questo momento, tu stai sorridendo.-

 
   
 
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