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Autore: MorgueHanami    25/08/2011    2 recensioni
Mi avevano chiesto il continuo della storia ' La nuit du Chasseur '.
Bene, allora ho deciso di partire dall'inzio.
Da Zero.
Morgue è Lex. Una fortunatissima ragazza, destinata ad affiancare i Thirty Seconds to Mars non solo nell'ambito della Musica...
..ma anche nell'ambiente Vita. E capirà davvero il significato di 'Echelon + 30 seconds to mars = Family'
Ma ormai il concerto era finito; nella mia mente il ricordo di me folle che scavalca le transenne e si aggrappa al palco tendendo la mano al cantante. La security ovviamente ha fatto del suo meglio... stava per sbattermi fuori dall'Ippodromo! Ma Jared li ha bloccati. Jared mi ha preso la mano che tendevo piangente, me l'ha stretta e mi ha tirato sul palco. Mi ha abbracciato, mi ha chiesto cosa avevo.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Is this War? No, this isn't. This is Love.

A chi avrebbe il coraggio di dare la propria vita

per la Musica.

 

Capitolo 1 - Recrudescenze.

Camminavo ancora balcollando, tra l'indice e il medio una Diana rossa accesa che aiutava l'Alba ad illuminare il cielo. Fumeggiava tranquilla, la sigaretta, senza porsi il problema di dare troppo nell'occhio ai passanti. Camminavo sull'orlo del marciapiede, con gli stivaletti neri e sporchi di fango dalla serata spentasi magicamente, come tutti i concerti. Jared non era in gran forma quella sera del Diciotto giugno a Roma ma, almeno per me, il concerto è stato uno dei più belli che abbia mai vissuto. Oddio, non che in diciassette anni abbia vissuto chissà quali avventure, ma l'idea di Jared che suonava la chitarra e noi piccoli echelon che cantavamo all'unisono, ha il sapore di famiglia. Ed è quello che siamo, noi. Siamo una famiglia.

Ma ormai il concerto era finito; nella mia mente il ricordo di me folle che scavalca le transenne e si aggrappa al palco tendendo la mano al cantante. La security ovviamente ha fatto del suo meglio... stava per sbattermi fuori dall'Ippodromo! Ma Jared li ha bloccati. Jared mi ha preso la mano che tendevo piangente, me l'ha stretta e mi ha tirato sul palco. Mi ha abbracciato, mi ha chiesto cosa avevo.

' Grazie perché siete qui. Grazie perché siete l'aria che respiro.'

Probabilmente m'avrà presa per matta, però mi ha sorriso.Continuava a cantare ' Alibi', mentre il suo pollice gentilmente si permetteva di sfiorarmi la pelle, catturando una lacrima.

- Canti con me? - mi chiese, sorridendo. Ma io non capivo nulla in quel trambusto, non riuscivo nemmeno a decifrarlo l'inglese. Probabilmente in quel momento non riuscivo a capire nemmeno i miei pensieri. Le urla delle echelon aumentarono ancora di più quando al mio 'Oh, Yes.' Jared posò le labbra sulla mia fronte, calmandomi. Sì, quando mi baciò, quando quelle labbra sottili mi sfiorarono, le lacrime si fermarono al loro comando e per una frazione di secondo anche il cuore si fermò. O il tempo? Sì, forse si fermò anche il tempo, perché quel secondo era stato l'unico secondo della mia vita lungo un secolo. Poggiò la fronte contro la mia, sorridendomi. Quei fari azzurri e accesi mi guardavano limpidi e sinceri. Sinceramente, non avrei mai creduto che Jared fosse così dolce e paterno con le proprie fan. Ma, dopotutto, siamo una famiglia. E' giusto che sia così. Che sia come un padre. E che padre! Allontanò di poco il microfono, portandolo al centro, tra noi due.

- Sing. Sing with me. - sussurrò, e cominciammo a cantare. Jared mi guardava abbastanza stupito, forse perchè non ero poi così stonata come credeva, e soprattutto riuscivo a fare tutte le note più alte, che quel giorno il mal di gola non gli permetteva.

'Ueeeeeeiiiiooooh, uueeeeeeiiiioooohhh

ueeeeiiiooooohhh, ueeiioooh,

ueeeeeeeeaaaaaaahh... '

Mi accorsi che continuando a pensare al concerto, le mie labbra e la mia voce cominciarono a camminare insieme dimenticando che all'alba, cantare a scuarciagola per strada, non faceva di me un soggetto 'capace di intendere e di volere'. Le persone continuavano a guardarmi come se fossi uscita da un manicomio. Probabilmente alcune pensavano che fossi fatta. Sì, sono drogata. Pensai. Drogata dei 30 Seconds to Mars. La Diana sulle mie labbra era ormai finita, ma io continuavo a tenerla stretta, mentre canticchiavo tutto l'album ' This is War '. Non mi accorgevo del cellulare che vibrava in tasca, né del fatto che ormai fossero tipo le dieci di mattina. Non m'accorgevo nemmeno dell'odore di concerto che emanavo, né delle persone che si scostavano alla mia vista. Ma chissene frega, domani ritorno a casa mia e ' Bye Bye Rome!', pensavo.

' A milliom littleee pieeceeesss

we'veee brokeeeen innntooo..

.. a miiilliiiooon liiitttlleee piiieeeceees

i'veee stoooleeenn frooomm...'

Un ' Yooou. Seearchhh annnnd Deestroooy! ' che non fu procurato dalla mia voce mi bloccò improvisamente. No, non ci credevo. Stavano continuando la canzone. Una voce, continuava la canzone. Un momento: non era una voce qualsiasi. Era quella voce. QUELLA FOTTUTISSIMA VOCE. Quella della DivaH. Mi fermai, ma non ebbi nemmeno il coraggio di voltarmi. Bloccata, paralizzata.

Adesso ho anche le allucinazioni. Fantastico.

' Seaaarchhhh annnd Deestroooooy. ' Eppure la voce continuava e io non potei fare a meno di seguirla e cantare. In quel momento mi voltai. Le diana mi hanno male. SERIAMENTE MALE. Riprenditi, Morgue. Respira lentamente. E' un miraggio. Qualcuno che gli assomiglia.

NO. ERA JARED LETO, in meglia bianca e aderente al corpo snello e tonico, un jeans attillato che terminava alle caviglie strette, scarpe nere con lacci arancioni . Lo scollo della maglia lasciava intravedere il tatuaggio 'Provehito in altum ' sul petto e la collanina con il simbolo della triad appesa al collo. Mi sorrise, facendomi segno di avvicinarmi.

Ma io rimasi immobile, a fissarlo. Jared Leto. Era l'unico nome che tappezzava entrambe le parti del mio cervello. Ma insomma, che ci faceva solo soletto in giro per Roma a quest'ora? Mossi qualche passetto verso di lui, che continuava ad osservarmi con gli occhioni blu ed indagatori.

- Tu sei la ragazza di ieri. Quella della mano. - disse, guardando la mia mano, la stessa che quella sera aveva toccato la sua. C'era il tatuaggio di una freccia, sulla mia mano. Una freccia che puntava verso l'alto, con la punta che prendeva il dorso della mano e il segmento ,che ne costituiva il corpo, che prendeva tutto il braccio fino al gomito. E tra quella freccia nera, si poteva notare la scritta color pelle ' Provehito in altum' e sulla punta, nello stesso colore, il simbolo della triad.

- Il tuo tatuaggio è bellissimo. - continuò, toccandomi la mano. Sobbalzai. Mi sentì. Scoppiò a ridere.

- Sì, sono io. - risposi dopo qualche minuto di ritardo. Ci mancava solo il mio cervello che impegasse secoli per rispondergli,pensai.

- Non credo alle concidenze. - sussurrò Jared, lasciando che l'unghia del suo indice sfiorasse il dorso della mia mano e salisse verso il braccio.Un brivido, fu tutto quello che sentì. Chiusi gli occhi per un breve momento, senza pensare. Ciò che sentivo era l'eco del percorso che il suo dito aveva fatto. Sto impazzendo. Sto sognando. Dove mi sono addormentata? Su quale gradino dell'albergo?

No, il punto è che ero sveglia. Sveglia davvero.

- Come ti chiami? - chiese subito dopo, lasciano ricadere la mano sul suo fianco. Mi guardava come un bambino curioso, un bambino stupito; il volto si fece di poco più vicino a me, come se gli occhi per leggere i miei avessero bisogno di diminuire le distanze.

- Donia. Ma mi chiamano Morgue.- sussurrai. Non avevo bisogno di alzare la voce, era a un passo da me. Si riallontanò, sorridendomi in modo buffo.

- Obitorio? - domandò inarcando un sopracciglio e scuotendo il capo come solo lui sa fare. Con la faccia fintamente stupita. Scoppiai a ridere. Rise con me.

- Cosa ci fai qui? - domandai curiosa, guardandomi per un attimo intorno. Ma lui non mi rispose, anzi, con aria di rimprovero arricciò il nasino squadrandomi.

- TU cosa ci fai qui? Non hai dove dormire? I tuoi genitori sanno che sei qui? - domandava preoccupato mentre continuava ad osservarmi, fino a cominciare a chiudermi la camicia sbottonata. Lo lasciai fare, guardandolo stupita. Sembrò mio padre, per un momento. Un attimo, poi ritornò la divaH figa di sempre.

- Effettivamente, hanno saputo solo dopo il concerto che io ero andata ad un concerto i miei. - annunciai e lui mi guardò sorridente. Approvava che io fossi scappata di casa per andare a vedere un concerto? Roba da pazzi.

- Non avresti dovuto farlo. Hai dove dormire? - mi domandò sempre con quello strano tono di paternità che cominciava seriamente a darmi sui nervi.

- No. - annunciai anche questo, con un sorrisino non del tutto convinto.

- Verresti con me? - domandò Jared, finendo di aggiustarmi la camicetta e lanciandomi un'occhiata. Adesso sembrava più un depravato che un padre. Ma quella domanda mi scosse.

- Mi... mi.. mi porteresti con te? - domandai a fatica. In quel momento facevo tutto a fatica. Respiravo, a fatica.

Pensavo, a fatica.

Rispondevo, a fatica.

- Certo, sei un echelon, no? Ovvio che ti porto con me. Non voglio che corra rischi. Ti riportiamo noi a casa tua. - sorrise.

Non ci credevo. Non sapevo nemmeno quale espressione tempestasse il mio volto, perché Jared rimase lievmente scosso. Mi sentì impallidire per qualche attimo, poi diventare rossa, poi rosa, poi forse verde, poi blu.. poi di nuovo pallida! In un secondo tutte le emozioni di questo mondo si formavano nel mio cuore ed esplodevano come una bamba nella mia mente.

Fortunata. Pensa. Mio dio, è vero. Ho un mazzo scassato! Che botta di culo enorme, santa pazienza! Fortuna. Sapevo di essere fortunata. E.. sapevo anche che ogni volta che arrivava la fortuna - molto spesso, devo dire - era come assaggiarla per la prima volta.

Che botta di culo. Non riuscivo a pensare ad altro.

Devo farmi di Mars più spesso. Che botta di culo!

 

 

  

  
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