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Autore: Tinkerbell91    29/04/2006    6 recensioni
Harry Potter si ritrova a combattere contro il Signore Oscuro per l'ultima volta e anche se si sente abbandonato da tutti scoprirà, forse in ritardo, che non è così...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È orribile. Orribile. Essere certi di avere solo pochi attimi restanti di vita. Sapere che quando quelle labbra pronunceranno due semplici parole, un getto verde uscirà dalla bacchetta, ti colpirà e il tuo respiro si fermerà per sempre, il tuo cuore cesserà di battere. Morirai. Peggio ancora, morirai solo.

Nessuno urlerà il tuo nome senza sapere che non lo puoi più sentire, nessuno verserà lacrime sul tuo corpo inerme, nessuno ti vendicherà.

E ciò che rende la cosa ancora peggiore è che tu stesso hai scelto di morire così.

Avevi delle persone pronte a seguirti, accompagnarti, sostenerti, ma hai preferito agire da solo.

Non volevi mettere a rischio coloro che amavi. Un altro dei tuoi gesti eroici. L’ultimo.

E così ti ritrovi solo, a pensare alla morte nella manciata di secondi precedenti alla stessa, sentendoti abbandonato da tutti: da Ron, da Hermione, da Ginny, dalla vita.

 

Ad un tratto ricordi: “Era la differenza tra l’essere trascinato nell’arena ad affrontare una battaglia mortale e scendere nell’arena a testa alta. Forse qualcuno avrebbe detto che non era una gran scelta, ma Silente sapeva, e lo sapevi anche tu, e lo sapevano i tuoi genitori, che c’era tutta la differenza del mondo”.

 

Il ragazzo disteso sul freddo pavimento impolverato di quella casa, a Godric’s Hollow, alzò lo sguardo e i suoi occhi ormai rassegnati incontrarono quelli del suo peggior nemico, Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, Colui che gli stava per strappare la vita.

Una lacrima scivolò sul suo volto e in quella si rifletté l’uomo, o quello che ne restava, il braccio alzato pronto a scagliare l’Anatema, sul volto un’espressione di intenso piacere. Voldemort godeva.

Quando vide quella scia di dolore, però, si arrestò. Abbassò il braccio e così disse, con voce lenta, strascicata:

 

“Piangi, Harry Potter?” - caricando le ultime due parole di disprezzo - “Non è da te… A questo punto della tua vita dovresti accogliere la morte a braccia aperte.” E rise. La solita risata senza traccia di allegria.

“Non piango per paura della morte…Non sono come te…Piango per come sto morendo. Solo” rispose Harry, sussurrando le ultime due sillabe.

 

Gli mancavano i suoi amici, avrebbe dato qualsiasi cosa per poterli rivedere un’ultima volta, anche solo per pochi attimi.

All’improvviso le immagini dei loro volti esplosero vivide nella mente del ragazzo, il quale sentì un’ondata di energia nuova dentro di sé, una forza che sovrastava il dolore fisico delle ferite precedentemente subite durante l’estenuante lotta contro il Signore Oscuro.

 

In una frazione di secondo la sua mano strinse la bacchetta e il ragazzo si alzò in piedi, scagliando un incantesimo contro Voldemort, mentre dall’esterno giungevano urla e rumori imprecisati.

La porta si spalancò, l’uomo gridò “AVADA KEDAVRA!”, Ron, Hermione e Ginny fecero irruzione nella stanza, urlando, ormai coscienti di essere arrivati troppo tardi e il corpo di Harry Potter cadde a terra, aggraziato, leggero. Morto.

I suoi amici, disubbidendo ai suoi ordini, non l’avevano abbandonato.

Li aveva sentiti urlare, prima di essere privato di ogni sensazione, aveva intravisto i loro volti tesi, angosciati, impauriti. E in quell’attimo aveva sorriso. 

  
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