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Autore: sammyjoe Storm    28/08/2011    6 recensioni
Arwen/Signore dei Nazgûl
La loro prima volta.
L'unica volta in cui i due corpi si unirono, gli spiriti si abbracciarono e le anime si sfiorarono.
Storia scritta per il contest "La loro prima Volta" indetto da Jakefan e Kagome_86/Arahan86. Settima classificata, vincitrice del Premio Letteratura.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Arwen, Nazgul
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è stata scritta per il contest La loro prima volta: Rosso con classe indetto da jakefan e Kagome_86/Arahan86. Si è classificata settima vincendo il Premio Letteratura.

Fandom scelto: Il Signore degli Anelli
Titolo: Supernova: galad ar barzum
Personaggi: Arwen/ Signore dei Nazgûl
Genere: Romantico
Rating: Arancione
Avvertimenti:
La storia è ambientata durante la Terza Era, più precisamente nell'anno 2988.
Vedasi note a fine capitolo.
Eventuale riferimento ad opera letteraria: Silmarillion, Signore degli Anelli.

Supernova: Galad ar Barzum

I lunghi capelli castani ondeggiavano al ritmo cadenzato della cavalcata, il mantello candido, dalle rifiniture lucenti, dondolava mosso dalla lieve brezza e dal movimento del bianco cavallo elfico: Asfaloth.
Arwen dopo un lungo periodo passato a Lothlórien, presso la nonna materna Galadriel, stava facendo ritorno nella sua casa, da suo padre e dal suo popolo a Imladris.
Spinta dalla curiosità aveva deciso di seguire il corso del fiume Anduin fino all'Antica Via Silvana e arrivare a Gran Burrone dalla parte orientale, evitando la solita strada che seguiva il fiume Celebrant fino alle pianure di Fregion e proseguendo a nord fino al Guado del Bruinen, osservando così una parte di Arda a lei sconosciuta.
Aveva attraversato pianure verdeggianti, boschi, foreste rigogliose e fertili colline; aveva incontrato uomini, Hobbit ed Elfi ed ognuno di loro l'aveva accompagnata per una parte del tragitto, garantendole protezione e compagnia.

Si addentrò in un bosco, le piante parevano immense navate e la luce del sole filtrava tra le fronde degli alberi, come se fossero magiche vetrate, illuminando come spilli lucenti il sottobosco. Ogni erba poteva essere una medicina, ogni frutto un cibo, ogni anfratto di roccia, cavità di corteccia o gobba del terreno la tana di un animale e ogni radice una cura.
Udì gli uccellini cinguettare la melodia dei loro canti felici. Sorrise.
Amava la natura più di tutto ed essa faceva parte di lei, ne sentiva l'essenza e la forza, la pace e l'armonia, ne traeva luce e gioia e magia.

Man mano che proseguiva, iniziò ad udire uno scroscio che si faceva sempre più vicino, finché percepì, con chiarezza, il vigore elementale dell'acqua e la sua immensa forza che scaturiva rombando, gettandosi in uno specchio d'acqua cristallina. Una cascata.
Più si avvicinava più gli alberi si diradavano fino ad aprirsi, come un sipario di fronde vellutate, mostrandole una piccola radura.
Smontò da cavallo e fissò lo scorrere impetuoso dell'acqua gettarsi nel piccolo laghetto.
Gocce e spruzzi cristallini, illuminati dalla luce solare, si libravano in volteggi creando iridi colorati. Chiuse gli occhi e ascoltò.
Lo scroscio, dalla tendenza ritmica, si propagava nell'aria sotto forma di un curioso suono dalla parvenza grave e bassa, ma con dei tocchi sonori più alti, spumeggianti.
Pace dei sensi.
Ad un tratto si sentì avvolgere da uno strano senso d'inquietudine, misto a qualcosa che non riuscì a definire, aprì gli occhi e vide affiorare dall'acqua un ragazzo. Si nascose dietro l'albero più vicino e posò lo sguardo su quella creatura.

Era girato, e l'acqua lo copriva fino ai fianchi, ma vide che aveva i capelli neri, lunghi fino le spalle, e una muscolatura degna di un guerriero: braccia forti e scolpite e un'ampia schiena muscolosa.
All'inizio pensò che fosse un uomo, capelli troppo scuri e fisico possente per poter essere un Elfo, troppo alto e proporzionato per essere un Hobbit, pelle troppo bella e liscia per essere un Orco; ma i suoi sensi le dicevano che era una creatura oscura poiché percepiva chiaramente un'essenza buia e torva.
Il moro si girò di scatto e lei si nascose dietro il tronco dell'albero. Trattenne il fiato.
Pochi istanti dopo la curiosità, tipica femminile, prese il sopravvento e Arwen si sporse appena per guardare.
La creatura non c'era più, era scomparsa.
Sbatté un paio di volte le palpebre. Com'era possibile? Riusciva a percepirlo ma non riusciva a vederlo.
Fu un attimo, si trovo con la schiena premuta contro l'albero e una mano alla gola.
Spalancò gli occhi e si fissarono.
Il moro inclinò appena il capo e la scrutò attentamente.


L'aveva percepita, sentita arrivare e scorta mentre lo guardava.
Era una bellissima creatura, forse la più bella che i suoi occhi avessero mai incontrato in due Ere di vita.
Un viso dai tratti delicati e fini, occhi di un grigio lucente - quasi al pari della luna che splendeva nelle limpide notti su Arda - un naso piccolo e proporzionato e due labbra ben delineate di un colore tenue.

Chi sei Elfa?” Domandò con voce profonda e grave.
Arwen Undómiel, figlia di Elrond e Celebrian di Imladris” rispose con tono gentile.
Anche la voce esprimeva la sua purezza d'animo e le parole appena sussurrate sembravano incantevole musica.

Da quanto tempo non udiva un suono così soave? Da quanto tempo non scambiava parole con una donna? Da quanto tempo il suo sguardo non incontrava occhi così splendenti? Da quanto, lui stesso, non percepiva un'essenza così pura? Un animo così buono ?
Troppo. Ormai aveva perso il conto.
Viveva nell'ombra, nel buio più oscuro e totale, uccideva e massacrava, cavalcava il suo drago alla ricerca di sangue e vendetta in nome della distruzione e del potere Oscuro. Bramava e tesseva attacchi, preparava eserciti e radunava spettri.
Aveva sempre cercato potere e gloria, ma quando li aveva finalmente afferrati, comprese che erano solo un'effimera illusione, perché il potere l'aveva reso schiavo: un servo incatenato alla volontà e alle dipendenze del Signore Oscuro: Sauron.
E tutto quello che gli restava della sua vita passata, vita in cui era un famoso e potente re, negromante, Númenoreano, prima di cedere all'anello, erano sbiadite reminiscenze che sfumavano e scomparivano con il tempo.
Cos'era questo qualcosa che sentiva nascere dal corpo in cui si era trasformato? E questo sensazione strana che sentiva nel profondo? Era forse vittima di una sorta d'incantesimo di protezione magica della donna?
Gli Elfi non avevano alcun potere sulla sua mente, non potevano annebbiargli la vista o incantarlo; le domande che si era appena posto e le sensazioni che iniziava a provare da dove provenivano, allora?

Mezza Elfa, sai chi sono?”
Arwen lo fissò senza paura.


I suoi occhi erano antracite pura, imperscrutabili, il viso una roccia, dura e scolpita ad arte, la pelle scura e le labbra carnose color amaranto; i capelli bagnati e color pece, incorniciavano quel viso rendendolo bellissimo, misterioso e sensuale.
E più lui le stava vicino più comprendeva che c'era qualcosa che si distaccava da quell'essenza maligna, qualcosa di molto piccolo che lottava contro tutto quel nero.
I suoi occhi continuarono a scrutarlo.
La mascella leggermente squadrata, dove le gocce d'acqua si adagiavano per brevi attimi, come rugiada mattutina, e si tuffavano sulle clavicole, scendendo poi sui pettorali scolpiti. S'irrigidì quando gli occhi videro l'artefatto che portava al collo.
Aveva un anello, tondo e d'oro, con una pietra nera incastonata; era l'opera di un Elfo, troppo bello e lucente per essere stato creato dagli Umani, Nani, Hobbit od Orchi.
Riportò lo sguardo negli occhi della creatura che le stava in fronte e la teneva ancora per la gola.
Avevano capito entrambi.


Distese di Vespro infinito e luminoso si scontrarono con montagne di roccia avvolte dall'oscura nebbia.
In quegli occhi, Arwen, vide profili taglienti e appuntiti, creste di odio e versanti scoscesi di malvagità, ma anche passi e valichi nascosti.

In Ulae(*) e a bassa voce ripeté la profezia “Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende
e continuò lui “Un Anello per domarli, un Anello per trovarli, un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli.”

Qual'è il tuo nome?” gli domandò.
Lui vide i suoi occhi riempirsi di tristezza, non paura, non terrore. Perché non lo guardava con odio e rancore? Decise di risponderle.

Mi chiamano in molti modi: Re Stregone di Angmar, Re degli Stregoni, Signore dei Nazgúl, Capitano di Sauron, Signore di Morgul, Capitano nero, Ombra della Disperazione, Lancia di Sauron e ne verranno altri. Ora che hai capito chi sono, perché non fuggi? Non hai paura come tutti gli altri? Non provi terrore?”

Arwen non capì se le sue parole volevano schernirla, intimorirla o se le sue fossero semplici domande.
Non voglio fuggire. Provo dolore per te”

Il Re Stregone rise tagliente e lasciò il collo della Mezza Elfa, incuriosito ed amareggiato da quelle parole, se fosse scappata l'avrebbe ripresa senza alcuno sforzo; non aveva ancora deciso cosa fare di lei.

Grazie, così posso respirare meglio” disse Arwen sempre con quel tono gentile che tanto l'aveva colpito.
Mai aveva udito un grazie.

Ti servirà a poco lo stesso” rispose duro.
Non importa, anche se vivrò per poco posso respirare senza fatica” Sorrise.
Perché gli sorrideva e lo ringraziava e lo guardava in quel modo?

Perché mi spiavi?” Assottigliò gli occhi per scorgere ombra di menzogna.
Non ti spiavo, passavo per caso e ti ho visto nell'acqua, poi incuriosita mi sono fermata a guardarti” Arrossì dicendo queste parole ma non distolse lo sguardo.

Il moro la osservò attentamente e il corpo rispose a quel rossore facendogli provare un brivido e sensazioni che non sapeva più nemmeno di poter provare.
Era attratto da quel corpo, da quel viso, da quelle labbra, ma soprattutto da quell'essenza pura e bianca e delicata.
Il suo corpo, di pelle e ossa, reagiva come quando era umano, come un semplice uomo; non succedeva da migliaia di anni e quasi non si ricordava nemmeno più cosa fossero le sensazioni della carne.
Qualcosa dentro di lui traballò.

Non percepisco altre creature, quindi dici il vero”
Non posso mentire, Re di Angmar”
Erano vicini, sentivano le loro essenze, percepivano le loro aure e il calore dei corpi.

Allungò una mano per toccarle una guancia, sentire il calore e la morbidezza della sua pelle, e senza che se ne rendesse conto - come se fosse attratto da una forza superiore – posò la mano sulla candida pelle.
Arwen chiuse gli occhi ed espirò.
Non aveva l'anello al dito, stava agendo per volontà propria, senza influenze magiche o volere altrui.


Era una sensazione meravigliosa, la mano era calda e delicata; appoggiò la guancia contro il suo palmo e restò così, ad occhi chiusi per qualche istante, poi portò la sua piccola mano sulla guancia di lui, senza guardare.
Si sentiva attratta da quella presenza così vicina, da quell'essenza buia e misteriosa, e capì quella sensazione strana che aveva percepito inizialmente.
Era la solitudine e la tristezza che lo attanagliavano dentro, la malinconia che si portava dietro da quando era stato reso schiavo e servo; erano questi i piccoli frammenti che lottavano nel nero della sua anima e che riusciva a sentire, nonostante fossero celati e avvolti dal buio.
Forse c'era ancora speranza.


Quando sentì la sua piccola mano delicata sulla pelle, il suo corpo fu inondato dal calore, da una miriade di emozioni contrastanti.
Liberò la mente e seguì il suo istinto, forse per l'unica volta da quel momento all'eternità.
Portò l'altra mano sul viso di Arwen e la fissò un breve attimo, prima di posare le sue labbra su quelle di lei, con delicatezza e dolcezza, quasi come se fosse la prima volta, il primo bacio di una vita.
Aveva labbra morbide e lisce, inspirò. Sentì un profumo di mughetto avvolgerlo e respirò per la prima volta qualcosa di buono, qualcosa che aveva scordato, dimenticato o forse cancellato.
Si allontanò appena e la guardò ancora: i suoi occhi erano chiusi e le sue labbra lo attendevano, lo desideravano.
Si avvicinò di nuovo, ma questa volta con decisione, posò le labbra e lei schiuse le sue, le prese il labbro inferiore e lo baciò, alzò leggermente il viso verso il Capitano, fece lo stesso con quello superiore.

Arwen fece scivolare la mano dietro la nuca e lo stesso fece con l'altro braccio, circondandolo e cercando maggior intimità e contatto.
Si assaporarono lenti, curiosi di scoprirsi ed assaporarsi.

Le loro lingue si sfiorarono, si toccarono finché non iniziarono a rincorrersi, per poi iniziare un ballo lento, un virelai, per poi proseguire in un rondò e trasformarsi in una giga. Le lingue danzarono, le labbra ballarono e le bocche si unirono in una danza antica che non conosceva distinzione di razza, popolo o tempo.

Scese carezzandole il collo con il dorso e si spostò verso l'incavo dei seni, fino a sfiorarla con la punta delle dita, prese tra il pollice e l'indice la catenina, che teneva serrato il mantello, e con un movimento semplice la slacciò.
La candida cappa scivolò sul corpo di lei, creando un lieve fruscio, e si posò a terra in un sordo e muto tocco.
Proseguì la discesa sfiorandole il seno e posandosi sul fianco, mentre l'altra mano, dopo averle spostato i capelli dalla spalla, si posò dietro la nuca.
Lasciò le sue labbra e scese a sfiorare, baciare e lambire quella pelle appena scoperta, ne inspirò il profumo e ne tastò la morbidezza; sentì la brezza del suo sospiro carezzargli l'orecchio.
E fu un attimo: il desiderio offuscò completamente la sua mente, la passione prese il sopravvento facendo scemare quella parvenza di tenerezza e titubanza iniziale.
La mano risalì dal fianco e corse sulla schiena, accarezzò e toccò, fino a trovare quello che cercava: i lacci del vestito, li afferrò e, tirando appena, li slegò.
Il vestito perse l'aderenza al corpo. Con la bocca spostò il lembo di tessuto che si posava sulla spalla, scoprendola completamente; con la lingua iniziò a tracciare scie umide e risalì fino all'orecchio, prendendole tra le labbra il lobo ed espirando aria, tornò sulle labbra e la baciò con vigore, con passione.
La voleva, la desiderava intensamente, voleva perdersi dentro di lei anche se fosse stato solamente per una volta.
Attrazione e desiderio.

Erano mondi diversi, poli opposti, buio e luce, bianco e nero, terra e cielo, oro e pece, ed era proprio il loro divario ad attrarli indissolubilmente. E quando due mondi distanti, seppur vicini, che coesistono da sempre, si attraggono che accade l'inevitabile: Supernova.


Intrecciò le dita nei suoi capelli e rispose con ardore al bacio, premendo il corpo contro il suo - cercando un contatto più intenso - fece scivolare la mani sulla schiena, toccandone la calda pelle e poi sui fianchi, risalì con la destra, accarezzandolo per poi spostarsi sugli addominali e infine si fermò sul pettorale duro; con i polpastrelli tracciò linee invisibili, sfiorò lieve il capezzolo, e sentì la sua pelle incresparsi di desiderio, fino a che s'indurì.
Con le dita fece scivolare la veste, che si posò a terra insieme al mantello, rivelandone così il candido e bellissimo corpo.
L'afferrò per i fianchi e la trascinò con sé sul manto erboso, facendola poggiare al suo corpo, per poi sovrastarla. La osservò per un breve attimo.

Possedeva la bellezza di un fiore, la delicatezza dei petali, la flessuosità dello stelo e il profumo della corolla. Aveva seni sodi e tondi, ventre piatto su cui compariva un piccolo ombelico, la pelle non aveva segni d'imperfezione, gambe lunghe ed affusolate, cosce toniche e fianchi stretti.
I raggi del sole che filtravano tra le fronde, la illuminavano rendendola ancora più bella e facendole brillare gli occhi, come se fossero stelle nel Vespro.
Il Capitano in quegli occhi lesse desiderio, passione e eccitazione.

Si chinò su di lei, l'Anello le sfiorò la pelle facendola rabbrividire, ma ignorò quella sensazione di freddo pungente perché fu sostituita dal contatto delle labbra calde, che si posarono sul ventre, baciandola e assaggiandola, da quella lingua bagnata che disegnò scie dalle forme arabesche, e dai suoi lievi morsi, che la fecero vibrare di piacere e sospirare un gemito.
Sorrise il Signore di Angmar e risalì lento, nonostante il desiderio e l'eccitazione pulsassero, sempre più incessanti, sotto la pelle, dentro le sue carni e nello spirito.
Appoggiò il bacino a quello di lei e si strusciò con movimenti sensuali, risalì fino al seno e iniziò a baciarlo lentamente; reggendosi sull'avambraccio, con l'altra mano afferrò un seno e lo strinse. Gemette.


Infilò una mano tra i suoi capelli e serrò le dita, mentre con l'altra scese sul fianco e percorse il bordo dei pantaloni, fino ad arrivare a slacciare il bottone. Sentiva la sua eccitazione e il suo desiderio crescere nei gesti, nel corpo e nello spirito, e questo non faceva altro che aumentare le sensazioni di piacere.
Il Cavaliere sospirò grave, quando con la mano sfiorò il sesso rigido e lo accarezzò.

Lasciò i seni e riaffondò sulla sua bocca, con la mano seguì la linea del bacino, scese sulla coscia e si spostò, accarezzandola, fino al suo interno, risalì e le sue dita iniziarono a sfiorare l'ultima parte di tessuto che le era rimasto indosso. Sentì la sua eccitazione e il suo calore, il suo respiro si fece più veloce e quando iniziò a toccare con più avidità, spostando il tessuto, sospirò anche lui.
Le sfilò quell'ultimo indumento, poi si staccò appena per sfilarsi i pantaloni, e tornò su di lei, che aveva fissato ogni suo singolo movimento con occhi colmi di eccitazione.
Compiaciuto ed eccitato si appoggiò al suo corpo, sentendone chiaramente il calore e percependone la bramosia.

I loro sessi si sfiorarono, i loro battiti accelerarono, le mani toccarono e i respiri veloci si librarono in aria.

Si cercarono, si toccarono, si lambirono, si baciarono e si fecero trasportare dall'istinto dei loro corpi, come barche in balia di onde lussuriose che si facevano portare alla deriva nel mare del piacere più semplice.

Il Cavaliere entrò lentamente, gli occhi di Arwen si chiusero, affondò in lei con un'unica spinta, facendosi avvolgere dal soffocante calore e dalla carne pulsante; la Dama gemette e s'inarcò. Dentro e fuori, avanti e indietro, affondi netti e costanti, via via sempre più intensi e ravvicinati.
Ansimava e gemeva, sentiva il corpo vibrare sotto le sue spinte, lo circondò con le gambe, permettendogli di averla totalmente, fino in fondo, fino dentro l'essere.

La passione divenne il direttore d'orchestra, i gemiti e i sospiri gli strumenti musicali e suonarono insieme la più antica melodia del mondo.
Supernova e turbinii di sensazioni uniche ed impossibili da replicare.
Così diversi ma in quel momento così uniti, le loro essenze si abbracciarono e fusero, non erano più bianco e nero, luce e buio, Nord e Sud, erano un tutt'uno, un'unica essenza legata dal connubio della loro diversità, dove nessuna prevaleva sull'altra, creando un equilibrio.

Le spinte s'infittirono e le loro labbra si rincontrarono fameliche, soffocando gli ultimi gemiti, quelli più forti e pieni e più gravi, mugolati e sconquassati dall'ardore che entrambi provavano.
Orgasmo dei sensi.

Ansante, si distese sull'erba supino e lei si raggomitolò accanto al suo corpo, posando la testa sul suo petto.
Rimasero così, in silenzio, ad ascoltare i loro respiri tornare alla normalità.
Entrambi pensierosi.

Perché?” domandò Arwen.
Perché cosa?”
Perché non distruggi l'anello, c'è ancora qualcosa di buono dentro te...” disse tracciando linee con il polpastrello sul petto del Cavaliere, mentre lui le carezzava il fianco e la schiena.
Perché il mio destino è ormai segnato e non posso più tornare indietro” rispose con amarezza.

Per lui ormai era troppo tardi, la maledizione dell'anello e Sauron non l'avrebbero mai abbandonato.
Il suo spirito era marchiato dal male, avvolto nel buio e presto, appena avrebbe indossato l'anello, quei piccoli frammenti che la Dama aveva visto, si sarebbero dissolti. L'Anello logorava e cancellava ogni minima parte di luce e, ogni volta che lo indossava, veniva avvolto dal nero più profondo che inghiottiva ricordi e quella bellezza che riusciva ancora a percepire quando non lo portava al dito.
Questa era stata l'ultima volta, non l'avrebbe mai più tolto, avrebbe atteso la sua fine come aveva profetizzato Glorfindel, schiavo e soggiogato del potere che tanto aveva ricercato e che l'aveva schiavizzato.

Ognuno è fautore del proprio destino. Potresti cambiarlo”
Non posso” Fu tutto quello che disse, prima di scostarla da sé con delicatezza e attenzione, per poi alzarsi in piedi ed iniziare a rivestirsi.
Arwen si alzò e fece lo stesso.
Un fischio forte e possente, uno scalpitio di zoccoli e un bellissimo cavallo, dal nero manto, comparve al fianco del Cavaliere Nero, che afferrò le briglie e si girò a guardarla.

Nessuno dei due disse nulla, ma le speranze dell'una e la rassegnazione dell'altro furono percepite dalle loro essenze; non c'era bisogno di aggiungere altro.

Con un balzo il Re di Morgul salì sul cavallo,

Vattene da qui, prima che possa farti del male. Rifugiati dove l'oscurità non ti possa mai trovare. Grazie, non lo dimenticherò mai. Dan, ú-'eveditham. Namárie, (**) Arwen Undómiel, figlia di Elrond e Celebrian di Imladris” e così dicendo spronò l'animale con un colpo delle staffe, facendolo alzare su due zampe e nitrire, poi scomparve.

Arwen lo guardò scomparire nella boscaglia e fece un ultimo tentativo, richiamò a sé l'essenza della natura e con l'aura inviò un messaggio al Cavaliere, nella speranza che udisse le sue parole e le ascoltasse:
Im Arwen. Telin le thaed. Lasto beth nîn, tolo dan nan galad(***)
Non ricevette nessuna risposta. Attese finché non percepì più la presenza del Cavaliere.
Chiamò Asfaloth e decise di riprendere il cammino verso Gran Burrone.

La loro prima volta.
L'unica volta in cui i due corpi si unirono, gli spiriti si abbracciarono e le anime si sfiorarono.
La loro Supernova era nata, in un battito si era infiammata, in un soffio era esplosa e in un niente si era dissolta, cancellata, lasciando solo polvere.
Il fato per loro era già stato scritto.

- FINE -

(*) Spettro dell'Anello.
(**) Non ci incontreremo di nuovo. Addio.
(***) Sono Arwen - Sono venuta ad aiutarti. Odi la mia voce, torna alla luce.



Note:

Il Signore degli Anelli © J.R.R. Tolkien. All Rights Reserved.

Calcolo periodo di ambientazione della storia:
Per il calcolo del possibile anno del loro incontro, mi sono basata sugli accadimenti delle varie Ere, tramite i libri, ma soprattutto le appendici, scritti da Tolkien. C'è un arco temporale di Trent'anni circa dalla prima volta in cui Arwen vede Aragorn alla seconda. Tolkien in merito racconta solamente che Aragorn s'innamorò a prima vista, ma su Arwen non dice nulla se non che gli giurò eterno amore, appunto, trent'anni dopo. Quando s'incontrano per la prima volta Arwen aveva circa 2710 anni, il che colloca la sua nascita agli inizi della TE, nel 231 circa.
Sappiamo che il Signore dei Nazgûl muore nel 3019, stesso anno in cui vengono narrati e si concludono i fatti del Signore degli Anelli, relativi alla Compagnia dell'Anello (che comprende l'incontro in cui Arwen giura amore ad Aragorn)
Detraendo dall'ultima data utile, ai fini di questo racconto, il 3019, i 30 anni che dividono Aragorn da Arwen, otteniamo 2989 TE.
Prima di questa data si sa ben poco del personaggio e della vita di Arwen, perchè fa parte dei racconti incompiuti di Tolkien. E' certo che ha passato un lungo periodo dalla nonna a Lorien.
Sappiamo però che Sauron manda il Signore dei Nazgûl alla ricerca dell'anello (storia di Gollum, che aveva però perso l'anello, viene torturato e rivela il nome diBaggins). Nel 2941 TE Bilbo Baggins trova l'anello, Sauron inizia la ricostruzione della sua Torre Nera, annunciando il suo ritorno nel 2951 circa.
Potevo ambientare la storia in due periodi ben distinti, prima del ritorno di Sauron, mentre il Signore dei Nazgûl attendeva il ritorno del suo padrone, in silenzio e nell'ombra, a Minas Morgul oppure mentre Arwen rientrava a Gran Burrone, mentre il Re di Angmar iniziava a vagare per le terre alla ricerca dell'anello. Ho optato per la seconda ;)
Per quanto riguarda i luoghi e i nomi, ho usato una Mappa della TE e l'enciclopedia di Arda. Lo stesso vale per le frasi e i nomi in elfico.
Curiosità sul titolo:
Ho utilizzato il Silmaril come lingua, quella parlata da Arwen e dagli Elfi, tranne nel titolo dove ho voluto usare la contrapposizione del linguaggio.
La prima parte “galad” è in Silmaril, e richiama Arwen nell'essenza - significa “luce”, mentre “barzum” è in Lingua Nera, e richiama il Re dei Nazgûl nell'essenza - significa “tenebra”.
Ar
vuol dire “e” ed è in Lingua Quenya (lingua di Arda) ed unisce le due frasi, controbilanciando la stessa frase, una sorta di lingua neutra.
Quindi il titolo è:
Supernova: Luce ed Oscurità.

Varie:
Non ho fatto in tempo ad apportare le correzioni consigliatomi, lo farò appena rientrerò. Idem per l'immagine della storia. Ringrazio ancora le giudici che hanno indetto questo bellissimo contest e il loro giudizio, che posterò appena ritorno. E' stato interessante scrivere su un fandom, ma ciò nonostante, preferisco sempre le originali ^^. Un grazie a Liv e a momina ;)
22/09/2011: Ho apportato le correzioni suggerite.

Grazie a chi leggerà e vorrà esprimere il proprio parere. A presto

SJ


Punteggi Contest:

Totale: 55,75
Grammatica: 7
IC/Caratterizzazione: 8,75
Sfruttamento del tema proposto: 8,75
Originalità Stile e Trama: 9,25
Gradimento personale: 17
PUNTI BONUS: 5


GIUDIZI:

Jakefan:
Coppia predefinita/Coppia scelta
Avevi una bella gatta da pelare, cara Sammy. Ti è toccata in sorte una coppia predefinita forse tra le più difficili. C’erano due difficoltà da superare, a mio avviso. La prima è che, dovendo descrivere una scena rossa, si trattava prima di tutto di renderla possibile dando un corpo fisico al Signore dei Nazgul, che sappiamo essere il comandante degli Spettri al servizio di Sauron. La seconda, rendere plausibile l’unione tra una creatura di luce come la Mezz’Elfa Arwen e un’incarnazione del Male più oscuro. La seconda parte ti è riuscita alla perfezione: hai reso poetico e perfetto il loro incontro creando una cornice affascinante prima di tutto e poi giocando sull’archetipo dell’attrazione degli opposti. Sulla prima parte, invece, ci lasci con un dubbio sulla modalità dell’incarnazione di lui. Sarebbe bastato poco per rendere perfetto il passaggio logico; tu accenni in modo un po’ superficiale al fatto che il re di Angmar si è trasformato in un umano, ma una spiegazione -anche breve- in più avrebbe convinto maggiormente il lettore aumentandone il coinvolgimento. Che ne so, avrebbe potuto essere “Qualcosa nel corpo che aveva rubato alla sua ultima vittima, il cavaliere Pinco Pallino di Un Luogo Lontano, si risvegliò.”
A parte questo “buco”, il resto a mio parere funziona molto bene.
Grammatica
Ci sono alcuni errori da segnalare, purtroppo. Te li elenco con qualche esempio:
Concordanza dei tempi verbali:
Aveva sempre cercato potere e gloria, ma quando li aveva finalmente afferrati, comprese che erano solo un'effimera illusione, perché il potere l'aveva reso schiavo:
Invece che “comprese”, “aveva compreso”
Coerenza tra verbi che esprimono azioni continuative e quanto segue
Man mano che proseguì,
“Man mano” è una forma avverbiale che restituisce l’idea di una progressione, di un’azione continuativa, mentre “proseguì” è un’azione puntuale. Accostarli non è logico e in più “stride” all’orecchio. Avresti dovuto scrivere “Man mano che proseguiva”.
Indicativi al posto di congiuntivi: Sorrise il Signore di Angmar e risalì lento, nonostante il desiderio e l'eccitazione pulsavano. Doveva essere “pulsassero”.
Errori di punteggiatura, ad esempio separare il soggetto dal verbo con la virgola:
In quegli occhi, Arwen, vide profili taglienti e appuntiti,
Dovrebbe essere semplicemente “In quegli occhi, Arwen vide profili taglienti e appuntiti”. Io avrei tolto anche la virgola tra “occhi” e “Arwen”, ma quello non è un errore, è una questione di gusti.
IC e/o Caratterizzazione dei personaggi
Sei stata brava. La caratterizzazione in sé e per sé non era una grossa difficoltà, in quanto Tolkien non approfondisce caratteri e passioni di queste due figure (io mi riferisco sempre ai libri, non ai film dove Arwen spicca di più) lasciando quindi parecchio spazio alla fantasia di chi legge o scrive di loro. Tu però li hai connotati a sufficienza ai fini della storia, in modo da trasformare i due protagonisti della scena in simboli dei principi opposti; nel simbolo del Tao, Arwen è la parte bianca e il Signore dei Morgul la parte nera, e la loro attrazione nasce dal punto bianco nel nero e dal punto nero nel bianco. Questo è un aspetto della tua storia che mi è piaciuto molto. I gesti di entrambi rispecchiano perfettamente la loro essenza; ho amato molto l’enfasi che poni sul “Grazie” di Arwen quando lui le lascia la gola e il suo candore espresso dalla mancanza di paura. Si tratta di un perdono: un dono che eccede, letteralmente, perché normalmente uno che ti permette di respirare dopo che ti ha quasi strozzato dovrebbe scusarsi lui, non essere ringraziato. E’ un gesto che esprime accettazione per lui, molto tenero, e la compassione che è uno dei tratti che connotano il personaggio di Arwen, uno dei pochi che conosciamo. Caratterizzante di lei è anche l’ultimo appello che lancia prima che lui scompaia, ancora un eccesso di amore e di speranza nei confronti di una creatura ormai perduta.
Permettimi un commento più da lettrice bimbaminkiosa che da giudice: MA QUANTO L’HAI FATTO FIGO QUESTO CAPITANO DI SAURON? MAMMA MIA! Mi sono vista davanti agli occhi la foresta che si apriva sullo specchio d’acqua e sulla cascata, ho sentito il rombo dell’acqua e la sua forza elementale -anche quel passaggio mi è piaciuto molto- e ho cominciato a sbavare alla vista della schiena muscolosa e della pelle scura e dei lunghi capelli neri sulle spalle del guerriero. Disgraziata! Tutta la mia comprensione per la debolezza di Arwen…
Sfruttamento del tema proposto
Direi che ci siamo proprio; questa Prima Volta è resa ancora più struggente dal fatto che sarà anche l’unica.
Trama e Stile
Ho adorato innanzitutto le tue descrizioni; mi hai fatto rivivere qualcosa che conosco molto bene, la magia di un paesaggio verdeggiante e in particolare della luce verde di una foresta; in più mi è arrivata in pieno la magia della Terra di Mezzo:
Aveva attraversato pianure verdeggianti, boschi, foreste rigogliose e fertili colline; aveva incontrato uomini, Hobbit ed Elfi ed ognuno di loro l'aveva accompagnata per una parte del tragitto, garantendole protezione e compagnia.
…le piante parevano immense navate e la luce del sole filtrava tra le fronde degli alberi, come se fossero magiche vetrate, illuminando come spilli lucenti il sottobosco. Ogni erba poteva essere una medicina, ogni frutto un cibo, ogni anfratto di roccia, cavità di corteccia o gobba del terreno la tana di un animale e ogni radice una cura.

Ci sono vari passaggi in cui utilizzi le parole in modo musicale e poetico, adatto all’evocazione di un reame incantato e di due personaggi più che umani.
Distese di Vespro infinito e luminoso si scontrarono con montagne di roccia avvolte dall'oscura nebbia. In quegli occhi, Arwen vide profili taglienti e appuntiti, creste di odio e versanti scoscesi di malvagità, ma anche passi e valichi nascosti.
Uso “stilistico” della punteggiatura: qui invece potresti migliorare molto il tuo stile. La punteggiatura significa anche gestione della musica e delle pause, esattamente come se invece delle parole tu avessi davanti uno spartito. Una pausa in più o in meno può cambiare l’atmosfera e agire in modo radicalmente diverso su chi ti legge. Ti faccio un esempio pratico, credo che renda più di mille parole:
Versione originale:
Lo guardò scomparire nella boscaglia e fece un ultimo tentativo, richiamò a sé l'essenza della natura e con l'aura inviò un messaggio al Cavaliere, nella speranza che udisse le sue parole e le ascoltasse: “Im Arwen. Telin le thaed. Lasto beth nîn, tolo dan nan galad” (***)
Non ricevette nessuna risposta, attese finché non percepì più la sua presenza, chiamò Asfaloth e decise di riprendere il cammino verso Gran Burrone.

Versione con punteggiatura modificata:
Lo guardò scomparire nella boscaglia.
Fece un ultimo tentativo: richiamò a sé l'essenza della natura e con l'aura inviò un messaggio al Cavaliere, nella speranza che udisse le sue parole e le ascoltasse.
“Im Arwen. Telin le thaed. Lasto beth nîn, tolo dan nan galad…”
Non ricevette nessuna risposta.
Attese finché non percepì più la sua presenza; poi chiamò Asfaloth e decise di riprendere il cammino, verso Gran Burrone.
Gestione del punto di vista: a tratti confusa. Dovresti fare più attenzione a rendere chiaro a chi ti legge chi sta dicendo cosa, tenendo conto che il lettore tende ad attribuire l’azione all’ultimo soggetto che ha letto, che gli è stato suggerito. Questa può essere uno scoglio in una scena rossa, dove i protagonisti sono necessariamente due e chi scrive ha il desiderio di esprimere, come in questo caso, le sensazioni di entrambi. Gli errori nella gestione del punto di vista lasciano il lettore confuso e gli impediscono di essere pienamente coinvolto nel momento. Anche qui, ti lascio un esempio in cui ho evidenziato i salti da un soggetto all’altro:
Versione originale:
Il Cavaliere sospirò grave, quando con la mano sfiorò il sesso rigido e lo accarezzò.
Lasciò i seni e riaffondò sulla sua bocca, con la mano seguì la linea del bacino, scese sulla coscia e si spostò, accarezzandola, fino al suo interno, risalì e le sue dita iniziarono a sfiorare l'ultima parte di tessuto che le era rimasto indosso. Sentì la sua eccitazione e il suo calore, il suo respiro si fece più veloce e quando iniziò a toccare con più avidità, spostando il tessuto, sospirò anche lui
.
Il Cavaliere LUI sospirò grave, quando con la mano LEI sfiorò il sesso rigido e lo accarezzò.
LUI Lasciò i seni e riaffondò sulla sua bocca, con la mano seguì la linea del bacino, scese sulla coscia e si spostò, accarezzandola, fino al suo interno, risalì e le sue dita iniziarono a sfiorare l'ultima parte di tessuto che le era rimasto indosso. Sentì la sua eccitazione CHI? e il suo calore, il suo respiro DI CHI? si fece più veloce e quando iniziò a toccare con più avidità, spostando il tessuto, sospirò anche lui.
Infodump: tendenza allo spiegone. Non è grave ma c’è. Non avere fretta di spiegare tutto, la spiegazione annulla la magia. C’è un pezzo che io avrei almeno spostato in fondo se non addirittura eliminato:
La loro diversità era talmente forte che la loro attrazione non poteva essere inferiore.
Erano mondi diversi, poli opposti, buio e luce, bianco e nero, terra e cielo, oro e pece, ed era proprio il loro divario ad attrarli indissolubilmente. E E’ quando due mondi distanti, seppur vicini, che coesistono da sempre, si attraggono che accade l'inevitabile: Supernova.
Ci tengo a sottolineare che hai reso perfettamente la magia del Signore degli Anelli. Nonostante alcuni errori che mi hanno disturbata, la narrazione scorre, le immagini richiamano poesia e magia, elementi della natura, forze primordiali e sensualità. Sei riuscita a farmi “vedere” molto bene i due splendidi protagonisti.
Gradimento personale
Mi è piaciuta moltissimo. Quando un pezzo mi piace così tanto, mi viene il nervoso se ci trovi degli errori. Ti consiglio di studiare -come farò io, visto che mi scoccio a dover ripassare tutto ad ogni contest!- una volta per tutte l’uso della punteggiatura e di tenerti magari vicino un riassunto schematico delle regole principali quando scrivi.
Ho apprezzato in modo particolare il lavoro svolto per rendere coerente all’Universo di Tolkien l’incontro tra i due personaggi, con la corretta collocazione temporale dell’incontro di Arwen con il Signore dei Nazgul. Questo significa essere capaci di “stare al gioco”, una qualità indispensabile ad uno scrittore per essere convincente con chi lo legge. Crederci, e coinvolgere il lettore con la propria convinzione.
Lasciati dire un “Brava!” col cuore.

Arahan86:
Sei riuscita a ricreare molto bene l’ambiente in cui si muovono Arwen e il Signore dei Nagzul, e per questo devo farti i miei complimenti, che si estendono anche all’attenta ricerca che hai effettuato per rendere credibile l’incontro tra l’Elfa e il Negromante.
La coppia che ti avevamo assegnata era forse una delle più difficili del contest. Effettivamente, cosa hanno a che fare la figlia del Re degli Elfi e il Re Stregone di Angmar? Eppure sei riuscita a rendere l’incontro tra i due piacevole.
Ammetto di ricordare poco della caratterizzazione di Tolkien – Arwen e il Cavaliere sono rispettivamente la bella Elfa e il braccio destro del cattivo, e lo so che è riduttivo – ma li ho trovati dei buoni personaggi, in questa storia, valutandoli come degli originali.
Lui con i suoi rimpianti di cavaliere reso schiavo dalla sua brama di potere e lei con la sua grazia infinita e la sua bontà, mi sono sembrati davvero due personaggi con una buona caratterizzazione.
La storia è sostenuta da una buona grammatica, nonché da buoni sintassi e lessico, tuttavia la punteggiatura è sistemata spesso in maniera errata.
Inoltre ho notato che in più di un punto c’è un cambio di soggetto all’interno di un periodo che di fatto non viene “segnalato” come tale, pertanto le due coordinate hanno soggetti diversi, ma sembrano avere lo stesso. Un esempio:
“Pochi istanti dopo la curiosità, tipica femminile, prese il sopravvento e si sporse appena per guardare.”
In questo caso, il soggetto del “si sporse” è Arwen, eppure da come è scritto sembra essere “la curiosità”. Attenzione, perché oltre ad essere un errore piuttosto grave è di ostacolo alla fluidità della lettura.
Attenzione inoltre agli errori di battitura, che non sono pochi.
La scena di sesso di questa storia l’ho trovata delicata ed aggraziata, descritta quasi in punta di piedi. Garbata, oserei dire.
Un breve momento in cui il buio cede alla luce e viceversa, e che nell’universo creato da Tolkien si colloca benissimo.
Il tuo stile mi piace, anche se c’è un po’ da migliorare l’uso della punteggiatura e il modo di costruire i periodi più complessi. Trovo molto gradevole la delicatezza con cui ti proponi al lettore e con la quale racconti le tue storie.
Concludo perciò dicendoti che, nonostante gli errori seminati qua e là, la storia mi è piuttosto piaciuta.
Grazie per aver voluto assecondare la nostra pazzia che ti ha assegnato questa coppia assurda deliziandoci con una storia così carina

GRAZIE A VOI, Jakefan e Arahan86.

   
 
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