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Autore: hotaru    29/08/2011    3 recensioni
Seguito di "Geschichte einer Spieldose- Storia di un carillon"
Dal primo capitolo:
- Zio Ed, te la ricordi la storia di Raperonzolo? - chiese.
Ed fece del suo meglio per non sbuffare: se c'era una cosa con cui Alba era fissata, erano certe favole di un grosso librone scritto da due fratelli tedeschi... i Grimm, o qualcosa del genere. Alba aveva una spiccata passione soprattutto per le più macabre e cruente, e la fiaba della fanciulla dai lunghissimi capelli era una di queste.
- Certo che me la ricordo. Vuoi che te la legga? -.
Con sua somma sorpresa, Alba scosse la testa.
- Sai, zio Ed – disse, sorridendo di un sorriso triste ma leggermente ironico – Adesso sono quasi come il principe che compare nella fiaba. Te lo ricordi? La strega lo fa cadere tra i rovi e lui diventa cieco -.
E poi vagava per anni per il mondo, finché non ritrovava la sua Raperonzolo e costei gli rendeva la vista facendo cadere le proprie lacrime sui suoi occhi... certo che se lo ricordava. Anche se non riusciva a capire perché mai raccontare a dei bambini storie simili.
Genere: Drammatico, Malinconico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Edward Elric
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Al di là del Portale'
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3- Nèi sotto gli occhi
Nèi sotto gli occhi


"Non abbiamo ricevuto niente in cambio. Tutto ci è stato strappato via!"

(Edward Elric, episodio 16)


Un paio di volte avevano rischiato grosso, ma erano finalmente riusciti ad arrivare al confine. Febbraio era ancora feroce, ululante di venti che ruggivano nelle pianure, affilati come lame che non avevano bisogno di alcun arrotino.
Quando erano ormai in prossimità della prima cittadina olandese, Ed pensò che era ora di mettere in pratica una cosa su cui rimuginava ormai da un po' di tempo. Non erano più in territorio tedesco, quindi nel proseguire verso le città portuali sulla costa potevano anche prendersi un po' più di tempo. Ma non troppo, perché viste le mire espansionistiche della Germania non ci voleva un genio a capire che avrebbero presto cercato di attaccare anche quel piccolo, piatto stato pieno di dighe e tulipani ancora addormentati nella terra gelata. (¹)
- Al, senti – cominciò Ed – Visto che siamo abbastanza al sicuro, pensavo di andare con più calma adesso. E nel frattempo insegnarti qualcosa -.
- Vuoi dire studiare? - Alba voltò la testa da una parte e dall'altra, ma al paese più vicino mancavano ancora un paio di chilometri – Non dovremmo prendere una stanza, prima? -.
- No, non intendevo questo – specificò Ed, guardandola serio – Non sarebbe una cattiva idea che imparassi un po' a difenderti -.
Le sopracciglia aggrottate di Alba gli chiesero subito di spiegarsi meglio.
- Abbiamo lasciato la Germania e presto ci imbarcheremo per l'Inghilterra, questo è sicuro. Ma siamo solo tu e io, e potrebbe succedere qualsiasi cosa, pericoli ce ne sono ovunque. Non si può mai sapere -.
- Io non voglio fare del male a nessuno – borbottò Alba.
- Non si tratta di fare del male, ma di evitare che ne facciano a te. Ne hai tutto il diritto – replicò Ed.
La ragazza sembrava ancora poco convinta, così Ed continuò:
- Sai Al, mio fratello è una delle persone più miti che conosco, eppure ti assicuro che in un corpo a corpo è imbattibile. O meglio, era – si corresse poi.
- Quando il suo corpo era costituito da un'armatura? - chiese Alba.
- Già, ma è ancora piuttosto forte. Non c'è niente di male a imparare a difendersi, sai? - Ed la studiò un attimo da capo a piedi, valutando su quanta forza potesse contare quel corpicino esile ma resistente – Però a mani nude non è il caso, ti servirebbe qualcosa da usare -.
- Ce l'ho, qualcosa da usare – lo stupì lei, estraendo dalla tasca interna del cappotto il fodero con il coltello che le aveva regalato Win. Che aveva sempre portato con sé, come sua cugina le aveva detto di fare, anche se non l'aveva mai usato. Neanche per tagliare una mela – Credi che possa andare bene? -.
Ed fece tanto d'occhi.
- E questo... da dove salta fuori? - domandò, incredulo – Da quando giri con questa roba in tasca? -.
- Me l'aveva regalato Win. Dopo... - Alba indicò la benda che le copriva parte del viso - … dopo la faccenda dell'occhio. Mi aveva detto di portarlo sempre con me, nel caso fosse successa di nuovo una cosa simile. Però ovviamente non l'ho mai usato -.
Ed prese in mano il coltello, studiandone la lama corta e sottile, perfettamente affilata. Era piccolo e leggero, ma se utilizzato nel modo giusto poteva risultare più letale di una pistola; più silenzioso e preciso. Praticamente perfetto.
- Bene, questo va oltre tutto quel che speravo. Possiamo cominciare anche subito -.
Restituì il coltello ad Alba, che non rispose e non tolse l'arma dal fodero. E nemmeno si mosse, osservando Ed che si toglieva il cappotto e la giacca, iniziando poi ad arrotolarsi le maniche della camicia.
- Non rischi di prenderti una polmonite? - chiese Alba.
- Sciocchezze, malgrado le apparenze io sono fatto tutto d'acciaio – ribatté lui, per poi mettersi in posizione – Prova ad attaccarmi. Se hai paura di farmi male, mira all'automail: non lo scalfirai nemmeno, sta' tranquilla -.
L'occhio di Alba si soffermò sul braccio d'acciaio, andando ad osservare le diverse componenti unite tra loro da giunture metalliche costituite da innumerevoli viti e bulloni. Win diceva sempre che ogni meccanismo, in fondo, era uguale a un altro.
Poteva provare.
- D'accordo – si arrese. Era vero, comunque: senza Ed non sarebbe stata in grado di fare niente, di andare da nessuna parte, di difendersi dal minimo sopruso. Che mondo disgustoso, ne era sempre più convinta.
- Bene – Ed le fece un cenno con la mano d'acciaio – Sono qui che ti aspetto -.
 

Malgrado la situazione, Ed stava seriamente rischiando di commuoversi: gli mancava solo un libro di cucina tra le mani, mentre Alba lo attaccava da ogni angolazione possibile, e la storia si sarebbe ripetuta come tanti anni prima, dall'altra parte con la maestra Izumi. Più invecchiava e più diventava sentimentale, accidenti!
Nonostante fosse cresciuta in città, Alba era piuttosto agile. Un po' goffa nell'attacco, ovviamente, e di certo sarebbe stato ancora peggio se si fosse trattato di parare i colpi, ma era un inizio. Un allenamento come quello ci voleva proprio, ormai ne era certo.
Come le aveva detto, stava cercando di colpire soltanto l'automail, la manica della camicia in salvo arrotolata sopra il gomito. Malgrado l'inesperienza, non stava colpendo alla cieca: sembrava che ad ogni affondo mirasse perlomeno ad un punto ben preciso, il che era un'ottima cosa.
Gli unici suoni udibili erano il sottile stridio metallico, negli istanti in cui il coltello colpiva l'automail, e il respiro dei due, che rilasciava nuvole di vapore denso. Tutto quel tempo in cammino aveva temprato parecchio il fisico di Alba, che dopo una decina di minuti di attacchi senza sosta si ritrovò tuttavia ad ansimare. Si fermò un attimo, raddrizzò le spalle e poi ricominciò, sorprendendo parecchio Ed: dov'era tutta la riluttanza dell'inizio? Sembrava quasi che si fosse prefissa uno scopo e ci dovesse arrivare a tutti i costi.
Ed parava i suoi affondi senza alcun problema, lasciando tuttavia che lo colpisse perché si abituasse un po' alla sensazione di quando un'arma raggiunge il proprio obiettivo, anche se in quel caso non affondava nella carne. Ma aveva l'impressione che Alba si stesse stancando troppo, perciò per il momento era meglio concludere. Fece per allungare il braccio d'acciaio, con l'intenzione di bloccarle il polso che teneva il coltello, quando all'improvviso l'automail non obbedì. Ci fu come un leggero schiocco, e da un momento all'altro Ed si ritrovò con l'avambraccio penzolante, completamente inerte dal gomito alle dita.
Non riusciva più a muoverlo.
- C-come... - Ed si bloccò, credendo a stento ai propri occhi – Come...? -.
- Togliendo un bullone e allentando qualche altra vite – lo informò tranquillamente Alba, mostrandogli in effetti il bullone che teneva in mano – È un modo per indebolire l'avversario, no? -.
Ed guardò sbigottito il suo braccio d'acciaio con la parte inferiore che penzolava, al momento del tutto inutile. Aveva appena creato un mostro?
Tuttavia, osservando l'automail con occhi ancora sgranati, si ritrovò a sorridere: oh, era stato suo l'errore. Aveva forse dimenticato che in fondo quella ragazzina era figlia delle controparti di Mustang e del tenente Hawkeye? Freddezza e intuito in battaglia; mira perfetta.
Aveva trovato pane per i suoi denti. Avrebbe potuto tirare su un nuovo Hughes.
- Come facevi a sapere che quel bullone era un punto fondamentale del braccio? - le chiese, voltandosi verso di lei – E le altre viti? -.
Alba stava lanciando in aria il bullone, lei stessa incredula per ciò che era riuscita a fare.
- Beh, sapevo che a forza di allentarle sarebbe successo qualcosa: viti, molle e bulloni sono i punti fondamentali di qualunque meccanismo. Sono la cugina del miglior orologiaio di Berlino, ricordi? - non terminò di dirlo, che il sorriso le morì sulle labbra. Dov'era il miglior orologiaio di Berlino, adesso?
Ed doveva averle letto nel pensiero, perché le si avvicinò e le mise una mano sulla spalla.
- Su, aiutami a risistemare il braccio. Poi sarà meglio arrivare in paese prima che faccia buio, magari riprendiamo domani. Ma la prossima volta segui un'altra tattica, d'accordo? Lo sai che non ne ho di ricambio -.
Alba annuì, riscuotendosi, e rimise il bullone al suo posto. Strinse più che poté, aiutandosi col coltello.
Qualche minuto più tardi, quando avevano ormai ripreso il loro cammino nella neve, Ed si ricordò d'un tratto dell'altra volta in cui gli era successa una cosa simile: la prima volta che aveva combattuto contro Envy, il braccio gli si era bloccato nello stesso modo, anche se fin dall'articolazione della spalla. Corrugò la fronte, osservando l'arto malgrado fosse ormai coperto da strati di vestiti.
- Vuoi vedere che...? -.
Alba si chiese perché mai lo zio Ed avesse emesso d'un tratto un grugnito strozzato, seguito da una serie di imprecazioni ringhiate fra i denti.
- Ma tu guarda quella... quella... il miglior meccanico di Amestris, eh? Te lo do io, il miglior meccanico di Amestris! Ci stavo rimettendo la pelle, e poi ha anche fatto finta di niente! Ma dico, io! Ero in ospedale, conciato per le feste, e lei: “Ah, Edward, smettila di trattare così i miei automail”! E con che coraggio poi mi ha anche ordinato di bere quella schifezza biancastra! -.
- Che hai da borbottare? - chiese Alba, che di quel monologo grugnito non stava capendo nulla. Aveva come l'impressione che lo zio Ed se la stesse prendendo con qualcuno; chi, poi, non era dato saperlo.
- Ah, niente – fece lui – Continua a camminare -.


La fortuna fu dalla loro, in Olanda: non erano più clandestini- soprattutto Alba- e poterono quindi viaggiare in tutta comodità in treno, fino a raggiungere la costa. Alba trovò molto interessante mettersi a leggere tutti i cartelli, avvisi e annunci che trovavano, stupendosi di riuscire a capire praticamente tutto, vista la somiglianza dell'olandese col tedesco. Non era mai stata fuori dalla Germania- anzi, a dire il vero aveva visto ben poco anche fuori Berlino- e malgrado tutto trovarsi all'estero la affascinava.
Cercava di non pensare ai suoi genitori e a sua cugina, perché sapeva che non sarebbe comunque servito a niente, ma ad ogni stazione in cui si fermavano sobbalzava alla vista di ogni bell'uomo coi capelli neri, o di ogni donna bionda dai capelli raccolti e la schiena dritta. Non le era mai capitato di vedere una ragazza con i capelli corti come quelli di Win, ma era certa che, se fosse successo, non sarebbe riuscita a sopprimere l'impulso di correrle dietro.
Non ne aveva mai parlato con Ed, ma sperava davvero che stessero bene. Che li avessero magari messi in qualche prigione perché la razza ebrea non interferisse con la purezza degli ariani, e anche se trattati in qualche modo che fossero vivi. No, non osava nemmeno pensare a una qualunque altra ipotesi.
- Come sei messa con l'inglese? - Ed, che si era attardato un momento a fare chissà cosa, si sedette di nuovo di fronte a lei, in sottofondo il brusio dei passeggeri che prendevano posto.
- Mah, più o meno. A scuola me la cavavo -.
- Sarebbe il caso che cominciassi a rispolverarlo. Lo sai dove stiamo andando, no? - proseguì Ed, che aveva già spiegato ad Alba la sua idea di raggiungere Al passando per l'Inghilterra. In ogni caso, in entrambi i Paesi si parlava inglese.
- E come? Ti ricordo che i miei libri non li ho mica qui -.
- Ho appena trovato questa da un venditore ambulante qui fuori – Ed le porse una grammatica un po' spiegazzata, piena di orecchie che dovevano essere state fatte da uno scolaro non proprio diligente – Non è un granché, ma è meglio di niente -.
Alba sfogliò qualche pagina, trovando alcuni esercizi già fatti, ma a suo parere non molto corretti.
- Devo studiare? - chiese, alzando lo sguardo su Ed.
- Beh, il viaggio verso la costa è ancora lungo, e qui dentro non ci si può certo allenare nel corpo a corpo – fece Ed, scacciando il ricordo di quando lui e Al avevano dovuto affrontare dei guerriglieri su un treno: quella volta i vagoni erano stati un egregio campo di battaglia.
Alba diede un'occhiata alle tavole stampate sul libro che spiegavano le regole grammaticali inglesi. “Se non sai cosa fare, fai qualcosa di utile” le diceva ogni tanto sua madre; consiglio che lei seguiva di quando in quando, perché come suo padre trovava davvero gradevole starsene in orizzontale da qualche parte ad osservare il soffitto o il paesaggio fuori dalla finestra.
Ma adesso sua madre non c'era, e neanche suo padre. Era il caso che la pigrizia venisse rimandata; almeno se fosse stata impegnata in qualcosa non avrebbe avuto il tempo di pensare troppo.
- Va bene – disse infine – Hai una matita? -.


Non era mai stata su una nave prima d'ora. Nemmeno su un battello o una semplice barca: ed era impressionante quanto il mare fosse vasto e senza confini, quanto il cielo vi si specchiasse in quella giornata nuvolosa in cui il sole faceva ogni tanto capolino dalle nuvole, illuminando le onde di abbaglianti gocce di luce.
Ma come faceva il capitano a sapere dove andare? La terra era ormai scomparsa, lasciata indietro più di un'ora prima: sapeva solo che si stavano dirigendo verso nord-ovest, verso l'Inghilterra, ma in tutta onestà non avrebbe saputo dire in che direzione fosse.
Aveva salutato anche lei quando erano partiti, malgrado in effetti non avesse nessuno da salutare. Aveva salutato la gente sulla banchina, chi rimaneva e chi forse sarebbe partito in seguito; lei e Ed non erano gli unici che stavano espatriando per sfuggire a quella che si stava rivelando una vera e propria guerra europea. Perché diavolo a suo padre non era venuto in mente prima di andarsene, ancora quando le era successo “l'incidente”? Lo zio Ed aveva avuto ragione anche allora, a dire che quello non era ancora niente.
“Basta, basta.” Alba chiuse gli occhi e inspirò a fondo quell'aria fredda che sapeva di sale, sperando che oltre ai suoi polmoni raggiungesse anche la sua anima. Quella rabbia inutile si stava mescolando alla torbida preoccupazione in cui non doveva cadere, perché ogni volta non sapeva se sarebbe riuscita a risalirne. “Basta.”
- Tutto bene? Hai un po' di nausea? - Ed le si avvicinò, appoggiandosi a sua volta al parapetto del ponte.
- No, sto bene. Stavo solo guardando il mare – rispose lei, per poi tacere. Entrambi sapevano che il mal di mare non c'entrava nulla, e Ed si voltò, poggiando i gomiti sul parapetto e lasciando vagare lo sguardo fra i passeggeri. Il mare non faceva mai bene a chi aveva troppi pensieri, ma quel viaggio per nave era inevitabile.
Solo dopo un po' che osservava la variegata umanità presente sul ponte, si rese conto di star fissando un viso piuttosto familiare. Un altro.
Una giovane donna, probabilmente di famiglia ricca, forse addirittura con qualche traccia di nobiltà; piuttosto diversa dal giovane soldato in divisa e coi capelli cortissimi che ricordava, sempre sull'attenti e pronta a svolgere il proprio dovere. Ma nonostante l'abito raffinato e il cappello che nascondeva certamente un'acconciatura elegante, quel neo sotto la guancia sinistra era inconfondibile.
- Chi è? - domandò Alba, allungando il collo, accorgendosi di come lo zio Ed stesse osservando un'apparente sconosciuta con quello sguardo.
- Un certo sottotenente... vediamo se ti ricordi – la sfidò Ed con un sorriso sornione.
- Sottotenente? Maria Ross, allora – rispose pronta lei, che le sue avventure nell'altro mondo le conosceva ormai a memoria.
- Proprio così -.
- Non ha l'aria del sottotenente, comunque – commentò Alba, squadrando da capo a piedi la giovane sconosciuta.
- Non fissarla così, finirà per accorgersene – la ammonì Ed.
- Oh, ma io sono la povera ragazzina con un occhio solo. Qualche comportamento strano mi è permesso – ribattè tranquillamente Alba, abbarbicandosi sul parapetto e sporgendosi fuori per metà. Non fosse stata lei, Ed le avrebbe detto di scendere perché era pericoloso.
Non stavano più guardando l'elegante controparte del tenente Maria Ross, perciò quando Ed si sentì rivolgere la parola quasi sobbalzarono tutti e due.
- È una bella giornata, non trovate? -.
In effetti si trattava proprio della donna che stavano guardando poco prima, la quale li aveva raggiunti senza che se ne accorgessero, accompagnata da un uomo che doveva essere il suo maggiordomo. Parlava un tedesco impeccabile, quasi meglio del loro.
Dopo un istante di sorpresa, Ed rispose:
- Già, è una fortuna essere partiti con un tempo così -.
La donna annuì, con un cenno elegante del capo, per poi chiedere:
- Scusate la curiosità, ma non mi sembrate olandesi. Sbaglio, forse? -.
- No, non si sbaglia affatto – rispose Ed – Veniamo dalla Germania. Da Berlino, per la precisione -.
Altro cenno.
- Capisco. Vi auguro di fare buon viaggio: il capitano di questa nave è un amico di famiglia, e vi assicuro che è uno dei migliori -.
- Sono felice di saperlo. Allora sarà un ottimo viaggio, grazie -.
Dopo questo breve scambio di battute la donna proseguì, seguita dal suo accompagnatore, a cui poco più avanti mormorò qualcosa.
Alba, che non aveva aperto bocca durante quella conversazione, continuò ad osservarla per qualche istante.
- Uh...   le piaci, zio Ed – constatò maliziosa, e per quel commento si beccò una pacca su una spalla, neanche fosse stata Al per davvero.
- Oh, sta' zitta – ribatté lui.
- Adesso ti invita a cena. O forse per il tè -.
Come se tutta quella scena fosse stata scritta su un copione inventato da Alba, il domestico personale di quella donna tornò indietro, avvicinandosi a loro.
- La signorina sarebbe lieta se poteste unirvi a lei più tardi, per un piccolo rinfresco all'ora del tè -.
Anche se non la stava guardando, Ed sapeva perfettamente che faccia stava facendo Alba. Suo fratello non si era mai permesso di prenderlo in giro in quel modo.
- Ci... ci farebbe molto piacere, grazie – rispose, preso leggermente alla sprovvista.
L'uomo fece un piccolo inchino, comunicando loro il numero della cabina e l'ora, per poi andare a raggiungere la giovane donna che lo stava aspettando più avanti.
- È strano, sai? - Alba, accanto a lui, sembrava avere abbandonato la modalità “presa in giro”, improvvisamente seria – Con tutta la gente che c'è su questa nave, è venuta proprio da te. Hai mai pensato che forse, a livello inconscio, la gente di questo mondo sa di avere avuto un legame con te, chissà quando e da qualche altra parte? Che le controparti di qua e di là siano in qualche modo legate? -.
Eccome, se l'aveva pensato. Da quando aveva incontrato Alfons. Da quando aveva conosciuto Win, Roderich e Eliza. Qualcosa c'era, ma sinceramente la sua curiosità di scienziato era emotivamente troppo stanca per mettersi a indagare anche su questo.
- Senti Al, limitiamoci ad andare a questo tè – disse Ed, mentre la brezza marina si alzava e il cielo si rannuvolava sempre più – Ci sarà di sicuro qualcosa di buono -.  


Quella ragazza faceva decisamente parte della nobiltà olandese, visto il lusso della cabina e l'abbondanza del tavolino imbandito per il tè. La signorina Marije, come la chiamava il maggiordomo, si era cambiata d'abito, indossandone uno da pomeriggio, e stava ora sorseggiando delicatamente il suo tè da una tazzina decorata.
- Prendete uno di questi pasticcini al pistacchio – stava dicendo ai suoi ospiti – Sono davvero squisiti -.
Ed, che era ormai abituato ad ogni genere di essere umano, non faceva molto caso alla formalità di Marije, mentre Alba sembrava un po' incerta: sapeva perfettamente di essere cresciuta in una famiglia semplice, né ricca né nobile, ma non credeva ci fosse gente che si comportava davvero come i nobili dei libri.
Però prese un pasticcino al pistacchio, e lo trovò davvero buono. Dopo aver versato un goccio di latte nel tè rimise subito il bricco sul tavolo, senza passarlo a Ed. Era tanto abituata ad evitargli ogni liquido di origine vaccina che ormai lo faceva senza nemmeno pensarci, ma questo la loro ospite non poteva saperlo.
- Gradisce un po' di latte nel tè? - gli chiese infatti.
- No, grazie. Lo prendo senza – rispose Ed, chiedendosi che diavolo ci facessero lì. Era un modo come un altro per evitare a Alba di rimuginare troppo, dato che non era il caso che la facesse allenare nei corridoi, e non poteva certo passare tutta la giornata a leggere o dormire. Oltretutto il tempo sereno di quella mattina si era già guastato, e la grigia pioggia del Mare del Nord si stava riversando silenziosa sul ponte della nave.
Ma non capiva che cosa quella donna potesse volere da un uomo e una semplice ragazzina: un po' di compagnia, nella noia del viaggio? E perché proprio loro?
- Quanti anni hai? - Marije si rivolse a Alba, sorridendole cortesemente.
- Quindici – rispose lei, che per fortuna aveva appena inghiottito l'ultimo boccone.
- E dimmi, cosa fai per passare il tempo durante il viaggio? Leggi? -.
Alba avrebbe voluto farle notare che erano partiti appena quella mattina, per cui il problema della noia non si era ancora posto. Comunque rispose:
- Sì, mi piace leggere -.
- E che genere di libri preferisci? - continuò Marije.
Alba lanciò una fugace occhiata a Ed, come a giustificarsi: “Me l'ha chiesto lei!”. Quindi disse tranquillamente:
- Di solito un libro in particolare, anche se non l'ho qui con me: le fiabe dei fratelli Grimm -.
- Oh – la giovane donna appoggiò la tazza sul piattino con un movimento delicato – L'ho letto anch'io anni fa, come esercizio di tedesco voluto dal mio insegnante. Mi ha causato qualche incubo -.
Alba assunse un'espressione leggermente perplessa, anche se ad accorgersene fu solo Ed.
- In particolare quella storia... quella della fanciulla senza mani a cui ne vengono fatte due d'argento... era davvero aberrante -.
Alba lanciò a Ed un'occhiata eloquente: già parecchi anni prima aveva insistito che quella fiaba fosse in realtà la “sua” storia. “Non è che qualcuno aveva attraversato il Portale anche allora?” era stata una delle sue ultime ipotesi al riguardo.
- E quando la fanciulla traccia col gesso un cerchio attorno a sé per tener lontano il diavolo... - stava dicendo Marije - ...un cerchio col gesso? È davvero assurdo -.
Alba, intenta a tracciare cerchi di gesso liquido nel suo tè, commentò:
- Magari può essere la trasposizione in fiaba di un qualche evento accaduto davvero, in un posto molto lontano. Come quando alla fanciulla vengono donate due mani d'argento al posto di quelle tagliate -.
D'argento, e non d'acciaio.
- Anche questo è davvero inquietante: so che esistono delle protesi per chi avuto la sfortuna di una mutilazione, ma non diventano certo come un arto vero e proprio. Come avranno potuto immaginare una cosa simile? - continuò a chiedersi Marije, sorseggiando il suo tè.
- Già, chissà come sarà stato possibile – concordò Alba, anche se Ed fu certo che in quelle parole ci fosse un'allusione rivolta a lui.
“E poi” avrebbe detto Alba, se avesse potuto continuare quella conversazione “quando il re va a cercare moglie e figlio, non mangia e non beve nulla per sette anni, ma Dio lo mantiene in vita. È come lo zio Al! Non ha mangiato né bevuto nulla per quattro anni, ma è rimasto comunque in vita! Vedi, zio Ed, quella che ha cercato moglie e figlio è stata in realtà l'anima del re, non il suo corpo.”
Ma Ed intervenne:
- Forse un giorno la scienza avanzerà tanto da rendere possibile una cosa del genere. Ho saputo che dovrebbero iniziare ad usare un nuovo antibiotico su cui si è fatta ricerca fino ad ora: penicillina, la chiamano. Se funzionasse davvero contro le infezioni batteriche, già quest'anno la medicina farebbe passi da gigante -.
Il sorriso educato di Marije fece capire a Ed che non doveva aver mai sentito parlare di quel nuovo antibiotico.
- Lei è un medico? - chiese la donna, per mantenere viva la conversazione.
- No, mi occupo di chimica -.
- Capisco -.
A Ed sembrava che quell'inusuale tè, voluto forse dalla noia di una ricca ragazza un po' viziata, stesse volgendo al termine. Lei non aveva detto praticamente niente di sé, e loro stessi avevano a malapena rivelato i propri nomi. Gli sembrava una donna un po' sfuggente, o magari semplicemente non dotata di una brillante personalità; comunque fosse, non riusciva a pensar male di lei. Forse perché la sua controparte di Amestris era stata una delle poche donne che l'avevano abbracciato nella sua vita, in un momento cruciale come poteva esserlo una reazione alchemica infinita, aprendo una breccia e salvandolo.
- Noi stiamo andando in Inghilterra perché io sono ebrea – disse d'un tratto Alba, che aveva finito la sua tazza di tè – In Germania hanno arrestato la mia famiglia, ma viaggiando da clandestini siamo riusciti ad attraversare il confine e ad arrivare fin qui -.
Ed corrugò la fronte, chiedendosi perché Alba avesse sciorinato d'un fiato tutta la loro storia ad una perfetta estranea.
- Lei perché sta scappando? -.
La domanda a bruciapelo di Alba sorprese Ed e turbò Marije, che si affrettò a rispondere:
- Oh, non... non sto affatto scappando. Mi sto trasferendo in Inghilterra perché probabilmente mi sposerò con un giovane inglese, il figlio di un ottimo amico di mio padre. Non ritiene prudente che io rimanga in Olanda, con quel che sta accadendo -.
- Deve sposare un nobile? -.
- Sì, ma non crediate che entrerò a far parte della famiglia reale – sembrò scherzare lei, eppure a Ed sembrò che la maschera indossata fino a quel momento si fosse irrimediabilmente incrinata – Si tratta di piccola nobiltà di campagna, sarò fortunata se vedrò Londra un paio di volte all'anno -.
- Congratulazioni, allora – disse Ed, che aveva ormai capito la situazione – Credo sarà meglio che ora togliamo il disturbo -.
Si alzò, imitato da Alba, e Marije fece altrettanto.
- Spero avremo modo di vederci ancora, prima di arrivare in Inghilterra – disse gentilmente la ragazza – Mi ha fatto molto piacere conoscervi -.
- Ha fatto piacere anche a noi. E credo che su una nave come questa le occasioni di incrociarci ancora non mancheranno -.
Alba salutò con un cenno del capo e un lieve sorriso, ma non disse più nulla.


- Lo vedi? Lo vedi? - Alba, rimasta silenziosa e impassibile fino al rientro nella loro cabina, sembrava quasi fuori di sé – Lo vedi come dicono la verità, quelle fiabe? -.
- Vuoi andare a cena o sei a posto? - chiese Ed, buttandosi sul letto senza nemmeno togliersi le scarpe.
- Te ne sei accorto, vero? L'amore trionfa sempre, i re ritrovano le loro regine anche dopo aver vagato sette anni, tra foreste di rovi e boschi pieni di giganti – Alba continuò a parlare sommessamente, appoggiando la testa alla porta appena chiusa – Lo sapeva troppo bene. Perché deve sposare un re, lei che non vuole? -.
- Non deve sposare un re, ma un esponente della piccola nobiltà. L'hai sentita, no? -.
- E le principesse innamorate dei contadini non sono destinate a una vita felice, vero? -.
- Suppongo di no. Anche se in questo caso forse è uno studente, o un figlio di commercianti -.
- E quanto scommetti che tu gli somigli? -.
- A chi? - Ed aprì gli occhi, capendo finalmente quanto quella ragazza fosse in realtà dolce e spontanea come la sua controparte di Amestris. Una dolcezza destinata a frantumarsi presto, a nascondersi dietro a una maschera necessaria per sopravvivere – Al re o al contadino? -.
- Zio Ed, credo che salterò la cena. Ho un po' di mal di stomaco – fece Alba, togliendosi le scarpe e arrampicandosi sul suo letto, quello di sopra nella struttura a castello.
- Sarà stato il latte -.
- Dicono che chi nasce con un neo sotto l'occhio è destinato alle lacrime, lo sapevi? - mormorò Alba contro il cuscino, ma Ed la udì perfettamente – Non è giusto. Non è giusto neanche questo -.


Ma dov'era? Non era Berlino, non sembrava una città tedesca e nemmeno olandese, a lei che aveva visto solo quelle. E cos'erano quelle bandiere e quegli stendardi, quello strano simbolo su sfondo verde mai visto prima d'ora? Un mostro, un drago con un corno sulla fronte e denti acuminati? Una... una chimera?
La gente era gente, le case case, per le vie c'erano alcune bancarelle che vendevano frutta e verdura, pesce e tessuti, strane pietre e articoli di ogni genere. Più avanti c'era anche un ambulante con parecchi libri usati; decise di darci un'occhiata.
Dopo una veloce scorsa ai diversi titoli, Alba si accorse di non conoscerne nemmeno uno. Possibile? Romanzi mai letti, fiabe mai sentite, autori sconosciuti ed eventi storici mai studiati. Ne prese in mano uno a caso e, letto il titolo, fece tanto d'occhi: lo aprì di scatto, scorrendo le pagine, incredula e sbigottita. Disegni di cerchi, nozioni su argomenti mai sentiti, disquisizioni sull'energia e su come incanalarla, facendole assumere la forma desiderata. Continui riferimenti al concetto di “scambio equivalente”. Era... era... alchimia?
Alba ansimò, posando il libro come se scottasse. Camminò tanto in fretta da non vedere dove stava andando- ma tanto non poteva saperlo, perché non sapeva dov'era. O forse lo sapeva, ma non riusciva a crederci. Come aveva fatto? Dov'era il Portale? Perché si attraversava un Portale, no? No? Quand'era successo? E dov'era lo zio Ed?
- D'accordo, calmati – Alba si bloccò, quasi inciampando nei propri passi, e respirò a fondo – Sei in una città, c'è un sacco di gente. Chiedi a qualcuno -.
Postasi un primo, minimo obiettivo, si sentì più calma e determinata a capire che stava accadendo. Ma non fece in tempo a muovere un passo che il suo cuore fece un altro tuffo. Più profondo e sconvolgente, come se nel suo petto ci fossero stati gli abissi marini invece che carne e sangue.
Un metro più avanti, un uomo era fermo sul marciapiede, messo di profilo e intento ad osservare l'edificio di fronte a sé. Un uomo con una zazzera nera che iniziava ormai a brizzolarsi, ma la mascella sempre ben disegnata e ben rasata.
- Papà... - non finì di sussurrarlo, incredula, che l'uomo si voltò e Alba poté vedere una benda identica alla sua che gli copriva parte del viso.
O anche suo padre aveva perso un occhio, o quell'uomo non era lui.
E doveva averla vista, perché quell'occhio incontrò il suo e sembrò all'improvviso sorpreso e turbato. Ma forse era solo lei a sentirsi così, e i suoi sentimenti si stavano semplicemente riflettendo sul suo viso, perché quell'uomo non poteva sapere chi era lei.
E infatti adesso non stava guardando lei, ma qualcuno accanto a lei.
- Acciaio. Di nuovo qui? -.
Alba voltò la testa, e vide al suo fianco lo zio Ed. Non fece in tempo ad aprire bocca per chiedergli tutto quello che le stava passando per la testa, che lui si chinò e la scrollò, prima leggermente e poi sempre più forte.
- Al? Ehi, Al! -.
- Tuo fratello adesso è una ragazzina, Acciaio? Ne avete combinata un'altra delle vostre? -.


Alba si drizzò a sedere di scatto, facendo sussultare Ed che quasi cadde dalla scaletta del letto a castello.
- Ehi, ma... che ti prende? - esclamò Ed – Mi hai fatto venire un colpo! -.
- Ah... scusa – Alba si guardò intorno, disorientata – Ma... dove siamo? -.
- Dove siamo? Sulla nave, siamo. Quella per l'Inghilterra – Ed la scrutò attentamente – Hai fatto un brutto sogno? -.
- Io... n-no. Credo di no. Non era brutto – quel risveglio così brusco gliel'aveva fatto dimenticare, eppure se chiudeva gli occhi vedeva galleggiare sulla retina il viso di suo padre. Un viso con una benda, che le fece venire la pelle d'oca.
- Sono stato dal medico di bordo, ti ho portato qualcosa per il mal di stomaco – disse Ed, porgendole una pastiglia e un bicchiere d'acqua.
Quando Alba li ebbe mandati giù, Ed continuò:
- Una boccata d'aria ti farebbe bene. Ha smesso di piovere, che ne dici di una passeggiata sul ponte? -.
Alba annuì piano, ancora confusa. Perché le sembrava di aver appena letto un libro di alchimia, che lo zio Ed le aveva descritto tante volte? Era stata tutta suggestione?
- Allora preparati, forza. Lavati la faccia -.
Quando fece per scendere dal letto, Alba ricordò d'un tratto tutto il sogno, un fulmine a ciel sereno che la fece barcollare assieme al rollìo della nave.
- Zio Ed... -.
- Sì? - rispose lui, sicuro che il discorso sarebbe tornato su quella Marije che avevano appena conosciuto e il suo amore infelice.
- Ma che diavolo c'era in quei pasticcini? -.





(¹) In effetti l'Olanda venne invasa nel maggio 1940



Non so da dove è uscita questa roba, ma mi piace. Chissà se si può dire lo stesso di voi.
Il riferimento nella prima parte, quando a Ed si blocca un braccio perché manca un bullone, è all'episodio 22 della prima serie. Poi ci sono altri riferimenti nel corso del capitolo, e compare un'altra nostra conoscenza, che nella prima serie è apparsa poco ma che sinceramente mi ha molto colpito. Ho sempre visto dei veri e propri slanci materni in Maria Ross: è l'unica a ritenere che Ed sia ancora più un bambino che un adulto, e che abbia bisogno di quell'affetto che continua a rifiutare da tutti. Meravigliosa la scena dell'abbraccio, mi ha quasi commosso.
La fiaba dei fratelli Grimm, incredibile ma vero, esiste sul serio: ci sono le mani d'argento attaccate a dei moncherini e un cerchio di gesso tracciato per tenere lontano il diavolo (leggere per credere). E il re che non mangia e beve per sette anni, ma nonostante tutto rimane in vita. Impressionante quanto somigli a una certa storia, no?
Spero che questo capitolo non vi risulti troppo angst, anche se vista la Storia- con la S maiuscola- non c'è troppo da rallegrarsi. Comunque i prossimi capitoli si alzeranno di tono, non preoccupatevi.

D'ora in avanti questa storia continuerà su binari paralleli a “Roots- Radici”- si intersecheranno di tanto in tanto, non so ancora come.
In ogni caso, la prossima volta Ed e Alba li ritroverete nel nuovo capitolo di quella storia.

Mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate, come sempre! ^^


Rispondendo alle recensioni:
Hanako_Hanako: in effetti ho cercato di caratterizzare Alba nel modo più “umano” possibile, pur tenendo presente i caratteri dei suoi genitori. In realtà questa storia è un sequel di altre, per cui le risposte a tutte le tue domande le puoi trovare in “Die Uhr- L'orologio”. ^^
MusaTalia: è bello sapere che c'è gente che sa che il termine “fiaba” non si riferisce per forza ad un mondo perfetto fatto di melassa- anzi, spesso e volentieri è tutto il contrario! In questo capitolo credo di toccare il picco dell'angst, più o meno, ma vedrai che nei prossimi ci risolleveremo.
Sono contenta che Alba ti piaccia, sto cercando di caratterizzarla il più possibile come un personaggio originale, pur tenendo presente che siamo in Fma e ricordandomi di chi sono i suoi genitori. ^^
CioccoMenta: in realtà era la prima volta che scrivevo qualcosa un minimo splatter, perché di solito non lo leggo e non lo guardo- e per fortuna non mi è mai capitato di assistere a qualcosa del genere nella realtà. Però ci tenevo a fare una descrizione un minimo realistica di ciò che accade ad Alba, visto che l'idea mi è comunque venuta da quel che succede a Mustang nella serie.
Felice che tu abbia apprezzato anche la parte delle mestruazioni! ^^ Ci stava troppo bene, secondo me, con la comparsa di Izumi, la sua storia, la perdita dei suoi organi e tutto il tema della maternità. E poi sì, volevo mettere Ed in difficoltà.
Nello scorso capitolo è scritto anche che Win viene arrestata assieme ai suoi zii, comunque è un particolare che può sfuggire.
Spero possa piacerti anche questo aggiornamento!
Tomoyo_Daidoji: il rapporto di Ed con i “doppi” è ciò che mi ha intrigato fin da quando è arrivato nel nostro mondo, per questo ho deciso di approfondire la questione. Sono contenta che Alba ti piaccia: è sempre una bella prova, riuscire ad inventare un personaggio originale che sia in qualche modo convincente. ^^

   
 
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