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Autore: SimplyMe514    30/08/2011    25 recensioni
Sappiamo tutti quanto sia difficile ricordarsi di dare ai propri personaggi anche qualche difetto. E sappiamo tutti quant'è irritante leggere di personaggi che non ne hanno. E se le ragazze di Hogwarts si ribellassero all'arrivo a scuola dell'ennesima Mary Sue e complottassero tutte insieme, in barba alle Case, per riprendersi i loro ometti folgorati dall'angelica visione?
Genere: Comico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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- Questa storia fa parte della serie 'The Trilogy: perché scrivere fanfiction è bello, ma riderci sopra ancora di più.' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Hermione non era mai stata vanitosa, ma quella mattina, mentre l'alba si affacciava timida alla finestra del dormitorio femminile, era segretamente felice di sapere che la Pozione Polisucco avrebbe nascosto le occhiaie almeno per la prima parte dell'operazione. Aveva dormito a malapena: era troppo occupata a rivedere il piano una, due, tre, cento volte, e a ripassare febbrilmente gli incantesimi che le sarebbero serviti con la sola luce della punta della propria bacchetta, nascosta sotto le lenzuola come in una tenda da campeggio. Alle ragazze non aveva detto niente, ma era da un po' che studiava i dettagli, e nessuno di essi era semplice. Tanto per cominciare, avrebbe avuto bisogno che la Mary Sue non si svegliasse, o almeno non fino al momento giusto. Aveva meditato di rifilarle una comune pozione soporifera, ma Avalon, viste le amare esperienze, avrebbe sicuramente rifiutato qualunque cosa dall'aria anche solo vagamente potabile o commestibile le avesse offerto, e a ragione. Restava un solo modo (c'era sempre il caro vecchio Schiantesimo, ma era un tantino violento, e un ingiustificabile lampo di luce rossa diretto alla più detestata occupante di quella stanza non sarebbe stata una buona idea, dato che non aveva allertato Calì e Lavanda e non ci teneva affatto a svegliarle a quell'ora impossibile), e l'unico ricordo che ne aveva era piuttosto confuso. Sapeva soltanto che la sola persona che avesse mai visto eseguire con successo quell'incantesimo era nientemeno che il professor Silente, poco prima della seconda prova del Torneo Tremaghi, e questa da sola era la garanzia che non fosse affatto facile. Ma la biblioteca non la tradiva mai, ed era riuscita a farsi un'idea più che accettabile di come far scivolare Miss Perfezione in un sonno incantato che avrebbe semplicemente fatto credere alle altre che non si fosse alzata in tempo (e nessuna delle due, Lavanda in particolare, era mai stata abbastanza carina con Avalon da farle proprio ora il favore di tentare di svegliarla per non farla arrivare in ritardo). E poi aveva un altro paio di assi nella manica per dopo... ma era meglio rimandare quei pensieri di dolce vendetta a un momento più opportuno e concentrarsi completamente sulla parte più difficile: eseguire correttamente quella stramaledetta magia senza strappare nessuno alle braccia di Morfeo. Scivolò fuori dal letto con movenze feline di cui non si credeva capace, scostò i pesanti tendaggi che nascondevano la figura ancora placidamente addormentata di Avalon e, sentendosi tremendamente simile alla classica strega cattiva delle fiabe Babbane con cui era cresciuta – diffamazione, nient'altro che diffamazione! – le si accucciò accanto, osando a malapena appoggiarsi al bordo del letto per timore che il movimento la svegliasse.

Aveva avuto dannatamente ragione: non fu facile, neanche un po', e probabilmente il risultato finale non le avrebbe guadagnato un “Eccezionale” in classe, ma era ragionevolmente sicura che nemmeno una scarica di cannonate l'avrebbe svegliata.

S'infilò di nuovo nel letto e probabilmente si riaddormentò, perché quando riaprì gli occhi il sole era più alto di come lo ricordasse, come se il tempo fosse passato troppo in fretta. Era ora di andare in scena.

La testa di Lavanda sbucò da dietro i tendaggi del suo letto e si guardò intorno.

«Be'? La Signorina Perfettina non è ancora in piedi? Non è sempre la prima?»

«Non oggi» ghignò Hermione, divertendosi a usare un tono che sottintendeva: “Io so qualcosa che tu non sai”. «Ben svegliata, tra parentesi. Bellissima giornata, non trovi?»

«Ah, non sarò certo io a buttarla giù dalle brande. Se vuole arrivare in ritardo, che si arrangi». Precisamente l'atteggiamento in cui il Generale Granger sperava. Pregò mentalmente che Calì facesse lo stesso, saltò giù dal letto con un sorriso a trentadue denti (di cui due rimpiccioliti, un vile imbroglio per il quale i suoi l'avevano quasi uccisa) e si preparò a scendere per la colazione.

«Com'è che sei così felice tutto d'un tratto?»

«Aspetta e vedrai, Lavanda, aspetta e vedrai. Sappi solo questo: quando non mi vedrai in Sala Grande, non sarò sparita nel nulla, okay? Vi raggiungo dopo».

Attese che tutte (tranne qualcuno di sua conoscenza) fossero sveglie, vestite e scomparse giù per le scale e accarezzò l'ampolla con gli ultimi resti di Pozione con lo stesso affetto con cui coccolava Grattastinchi prima di svuotarla.

E con un urlo mentale di Per Merlino, che schifo, addio, Generale Granger, e benvenuta, Mary Sue. Su un pezzo di pergamena che aveva provvidenzialmente lasciato sul comodino la sera prima scribacchiò: “Il Generale è sotto copertura”. E scese in Sala Grande, incontro al suo destino.

Il modo in cui fu guardata quando fece il suo ingresso le ricordò da vicino il Ballo del Ceppo, quando ben pochi l'avevano riconosciuta solo perché aveva indossato una cosa comunemente detta “un bel vestito” invece della solita divisa e non aveva con sé neanche un libro. Prese posto, agitandosi a disagio sulla panca sotto le occhiate di fuoco di Ginny. Era davvero strano essere fissata con tanto odio da un'amica; per un minuscolo, irrazionale attimo temette di aver fatto qualcosa per offenderla, poi ricordò che al momento il Colonnello Weasley non vedeva lei, ma qualcun altro. Accartocciò il biglietto e glielo fece arrivare senza troppe cerimonie. Altro sguardo al veleno, poi Ginny capì finalmente che doveva essere importante e lesse il messaggio con tanto d'occhi. “Sei tu?” chiese, solo con il labiale. Hermione annuì impercettibilmente. Ora doveva solo attendere. La parte importante della farsa sarebbe durata ben meno di un'ora, e doveva cominciarla esattamente al momento giusto. Si schermì con la stessa modestia falsissima della Signorina Perfettina ogni volta che ricevette un complimento, sbocconcellò una minima frazione della sua sostanziosa colazione all'inglese facendo mostra di non apprezzarla molto, e poi finalmente – era la prima vera scena della sua simpatica recita – spinse via il piatto con aria moderatamente schifata.

«Non hai appetito?» La preoccupazione di Harry era davvero melodrammatica. Non era quella di un compagno di scuola un po' preoccupato: sembrava che avesse appena scoperto che la persona a cui teneva di più al mondo era in fin di vita. Per l'amor del cielo, diventavano tutti così idioti in presenza di Avalon?

«Non mi piace questa roba. Ma d'altronde la cucina non è l'unico aspetto di questa scuola che mi ha delusa... fosse per me, questo sarebbe il mio ultimo pasto qui».

«Che cos'è che non ti piace di Hogwarts?» domandò Ron, facendole ribollire il sangue. Quello che conosceva lei magari sarebbe stato distratto dalle enormi quantità di cibo che aveva davanti e l'avrebbe biascicato a bocca piena, ma avrebbe già fatto notare la sua assenza da un pezzo. Con la Mary Sue tra i piedi, invece, lei sarebbe anche potuta scomparire nel nulla e nessuno se ne sarebbe accorto per molto, molto tempo.

«Cosa non mi piace? Farei prima a elencare cosa mi piace. Avevo sentito dire che Hogwarts fosse assolutamente grandiosa, ma gli standard di questo posto non sono stati neanche lontanamente all'altezza delle mie aspettative». A questo punto parecchi Grifondoro stavano ascoltando, alcuni con un boccone sospeso a metà tra il piatto e la bocca, in attesa di scoprire esattamente cosa intendesse il loro idolo. «Anzi», e qui alzò la voce per farsi sentire al di sopra delle chiacchiere sonnolente del primo mattino, «se ricevere un'istruzione completa in una scuola di magia significa questo, mi piaceva molto di più studiare da privatista. I riconoscimenti ufficiali sono solo pezzi di pergamena, dopotutto. Me ne vado». Aveva attirato perfino l'attenzione del corpo insegnante al gran completo; parecchi maschi sembravano assolutamente disperati all'idea che lasciasse la scuola. Solo uno, Harry, più che sull'orlo delle lacrime sembrava tra lo scioccato e il rassegnato.

E in quel preciso momento, un animaletto nel petto di Ginny si svegliò, si stiracchiò e ruggì di gioia. Forse qualcosa del discorsetto del giorno prima gli era rimasto in quella testa vuota. Be', non era proprio vuota, ma offuscata dagli ormoni sicuramente sì.

Da più punti provennero cori di: «Sta scherzando

Hermione fece tintinnare la forchetta contro il proprio calice per assicurarsi che l'intera Sala pendesse dalle sue labbra, si alzò e, con un respiro profondo, si preparò all'ultimo atto. «Non sto affatto scherzando», dichiarò. Si issò sulla panca per guardarli tutti dall'alto. Ogni singolo paio d'occhi era fisso su di lei. «Me ne sto andando. Sul serio. Per sempre. Qui non ho imparato niente. Onestamente...», e si voltò verso il tavolo dei professori, fissandoli uno per uno con quella che sperava fosse un'aria di sfida, «... fate pena, tutti quanti». Il professor Silente si alzò da quella sua sedia che era più un trono ed Hermione si costrinse con ogni briciolo di forza di volontà che aveva a reprimere l'istinto di farsi piccola piccola, coprendosi le orecchie per prepararsi all'esplosione. Ma l'esplosione non venne, anche se forse sarebbe stato meglio se avesse urlato.

«Molto bene», disse con quel suo mezzo sorriso ironico che probabilmente nessuno in tutta la scuola aveva mai capito. Ma l'ilarità non gli raggiunse gli occhi, glaciali, immobili e terrificanti dietro gli occhialetti a mezzaluna che erano il suo marchio di fabbrica. «Se davvero desideri lasciarci, signorina La Croix, sappi che non sei più la benvenuta in questo istituto. Considerati espulsa. Scendi da lì e fa' i bagagli, se non ti dispiace».

«Non mi avreste più vista comunque. Non mi meritate». Saltò giù e si avviò, ancheggiando senza alcun ritegno come la Mary Sue originale aveva fatto il primo giorno, ma in direzione opposta. Per circa mezzo secondo meditò di coronare l'impresa con un gestaccio, ma non sarebbe stato abbastanza perfetto. E solo quando fu abbastanza lontana si concesse a mezza voce un: «Sì!» celebrativo.

Fece irruzione nel dormitorio femminile e, stentando a credere alla sua gentilezza, fece i bagagli al posto suo con qualche piccolo incantesimo domestico, poi si accovacciò di nuovo accanto al letto della Bella Addormentata (letteralmente... avrebbe decisamente dovuto fare qualche ricerca in proposito, magari Charles Perrault era o aveva conosciuto un mago e si era ispirato proprio a quello che aveva appena fatto. L'idea le diede uno strano brivido di soddisfazione) e la svegliò.

«Ehilà» la salutò con un ghigno di trionfo. «Sei in ritardo, carina». Quella si drizzò a sedere come se il letto le avesse appena dato la scossa.

«Oh, per Merlino! Tu... tu sei me? Ma che diamine... ?» Hermione era decisamente orgogliosa di se stessa: per lasciare una Mary Sue senza parole, e addirittura più di una volta, ci voleva talento.

«No, io non sono te» disse, proprio mentre sentiva arrivare i primi sintomi della fine dell'effetto della Pozione. «E ne sono dannatamente felice, grazie tante».

«Granger?» Oh, quanto adorava quell'espressione perplessa. Peccato solo che divenne subito un sorrisetto di superiorità. «Che c'è, sei così invidiosa che hai voluto trasformarti in me per un po'? Oh, sì, capisco la sensazione, brutta come sei... be', veramente no, non sono mai stata brutta. E poi io sono me, come farei ad essere invidiosa di me stessa?»

E anche se era perfetta, non fu perfetta abbastanza da schivare lo schiaffo.

«Se ti fossi data la pena di conoscere un po' le tue compagne di dormitorio, avresti già capito da un pezzo che primo, se l'ho fatto avevo un motivo più importante dell'estetica, e secondo, non ti devi permettere di parlarmi così. Ripeto, sei in ritardo, muoviti. Ah, PS: tu sei brutta dentro».

«Io non sono mai in ritardo!» squittì, ma non ne era poi tanto sicura. C'erano parecchie cose che non sapeva di Hermione, ma una l'aveva capita: quando era in circolazione, per lei si metteva male.

«Oggi invece sì. Noterai che ti ho fatto i bagagli. Ti consiglio di portare giù il baule e tutto il resto, perché te ne andrai da questo posto seduta stante».

«E chi è che dovrebbe cacciarmi? Tu?»

«Il professor Silente, in realtà».

La Mary Sue represse una risata. «Certo, come no... il professor Silente è quello che mi ha ammessa al sesto con i suoi più vivi complimenti, perché dovrebbe mandarmi via?»

«Oh, non so...» rispose il Generale Granger, fingendo di riflettere. «Forse perché ti ho appena fatta espellere?» Per un'infinitesimale, meravigliosa frazione di secondo, Hermione ebbe la soddisfazione di vedere quegli occhioni dalle ciglia troppo lunghe sgranati come quelli di un animale che si vedesse venire incontro i fari dell'auto che era sul punto di investirlo.

«Lo dici solo per spaventarmi. Facciamo così: io porto giù la mia roba, e se ho ragione – e tesoro, io ho sempre ragione – e tutti mi chiederanno perché l'ho fatto, dirò semplicemente che stavo facendo loro un simpatico scherzetto e dimenticheremo tutto... o forse no, perché da oggi renderò la tua vita un inferno».

«Troppo tardi, l'ho già fatto io con te». Attese che si preparasse; entrambe avevano stampato sul viso lo stesso sorrisetto che indicava che erano sicure di vincere.

«Allora, vieni giù o no?» sbottò Avalon, già sulla porta del dormitorio.

«Ti seguo, ma preferisco godermi la scena da una distanza di sicurezza». E le concesse qualche passo di vantaggio prima di cominciare la discesa verso la Sala Grande.

«Ah, signorina La Croix» l'accolse il Preside, come salutando una vecchia amica. «Mi hai preso alla lettera, vedo. Già pronta per il viaggio di ritorno?»

Dalla sua posizione – non era tornata al tavolo di Grifondoro, e solo le Amazzoni, allertate da Ginny, sembravano aver notato la sua presenza discreta, come se il semplice fatto di essere entrata dopo Miss Perfezione rendesse chiunque invisibile rispetto a lei – non vedeva bene l'espressione sul suo viso, ma stava sicuramente boccheggiando in cerca di una risposta che non sarebbe arrivata.

«Sorpresa, signorina?» risuonò la voce della McGranitt. «Tenti forse di negare che appena poco fa hai gravemente mancato di rispetto a questa scuola e all'intero corpo insegnante, affermando davanti a tutti che, e cito esattamente le tue parole, “qui non hai imparato niente”, e che “facciamo pena”?»

«Quando sei arrivata, e in circostanze piuttosto misteriose, devo aggiungere», proseguì Silente, «mi sono visto costretto, in via del tutto eccezionale, a sottoporti a una serie di prove per valutare a che punto fosse la tua istruzione magica, e ho infine preso la decisione di collocarti nell'anno corrispondente alla tua età, il sesto, anche se a giudicare dalle conoscenze che avevi appena dimostrato possedevi già qualificazioni da M.A.G.O. in tutte le materie, e in tutta franchezza non avevo idea di cosa ci facessi qui. Di rado ho visto qualcuno fare cose del genere con una bacchetta a sedici anni, e quando dico “di rado”, parlo di me stesso». Qui Avalon si voltò impercettibilmente verso il punto dove sapeva che Hermione stava osservando, trionfante.

«Ma», continuò imperterrito il Preside, e la forza di quell'unica sillaba, l'aura di autorità di cui vibrava, diffuse un brivido in tutta la Sala come i cerchi concentrici causati dal lancio di un sasso in uno stagno, «c'è un “ma”. Molte delle tue prestazioni sono state pari agli eccellenti risultati dei test, ma presto hai cominciato a commettere errori da dilettante», e qui a Hermione e alle altre Amazzoni ci volle non poca determinazione per non scoppiare a ridere, «che ti hanno resa indegna del mio giudizio iniziale e di certo non all'altezza delle arroganti affermazioni che hai fatto poco fa sugli “standard di questo posto”, sì, credo che la scelta di parole sia stata questa. Quando i miei colleghi, uno a uno, hanno cominciato a riferirmi del crollo del tuo rendimento, ho seriamente considerato l'idea di degradarti a un anno inferiore al sesto, ma alla fine ho deciso di darti la possibilità di tornare ad essere la strega di talento che avevo visto quel giorno nel mio ufficio con le tue forze. Evidentemente è stato un errore. Sono sinceramente rammaricato che tu ci stia lasciando, dato che, per quanto tu possa affermare di non aver appreso nulla, hai ancora molto da imparare sia per quanto riguarda la magia, sia una cosa che mi piace chiamare umiltà. Ora, se non ti dispiace», fece una pausa carica di significato e ad un suo ampio gesto la massiccia porta della Sala Grande si aprì, «ho approfittato della tua breve assenza per contattare il conducente. Il tuo treno di ritorno è pronto. Quella è l'uscita».

«Oh, al diavolo!» strillò la Mary Sue in tono molto poco perfetto. «Prima o poi me ne sarei andata comunque! Nessuno mi ha capita qui dentro! Sono stata presa di mira, calunniata e messa in ridicolo. Ci sono stati seri attentati alla mia incolumità. L'intera scuola ha complottato contro di me! Se questo è il trattamento che riservate ai nuovi arrivati, mi stupisco che in questo maledetto posto ci siano ancora degli studenti vivi! Addio!»

Si voltò e fece un'uscita che non era né sensuale né impeccabile, battendo i piedi a ogni passo come una bambina capricciosa. Quando la porta si richiuse magicamente alle sue spalle, fu come se un altro brivido collettivo avesse attraversato la Sala, ma Hermione sapeva esattamente cos'era appena successo: la strana magia che si era impossessata di tutti gli organi genitali maschili della scuola, rendendone i proprietari degli idioti servizievoli e sbavanti, si era spezzata. E come un'esplosione, da tutte le bocche femminili si levò un grido di gioia che minacciò di buttar giù il castello. Molti dei maschi si alzarono come un sol uomo e, in una mischia generale in cui qualcuno dei più piccoli quasi rischiò di rimanere schiacciato, corsero a chiedere scusa alle rispettive fidanzate.

Le parole più ricorrenti che riecheggiavano in una Sala Grande improvvisamente molto disordinata, in cui quasi nessuno sedeva più al tavolo giusto, erano:

«Mi dispiace tanto!»

«Potrai mai perdonarmi?»

«Per il più consunto paio di mutandoni di Merlino, chi accidenti era quella là?»

«Non riesco a credere di essermi comportato così!»

«Ma dico, ha fatto un incantesimo a tutta la scuola o cosa?»

Il Generale Granger puntò la bacchetta verso il soffitto e – diamine, un'altra parte molto complicata – inventò delle nuove decorazioni che non avevano niente a che vedere con gli stendardi della Casa vincitrice che di solito pendevano dall'alto a fine anno. Da un capo all'altro della Sala ora si estendeva la scritta:

A MAI PIÙ RIVEDERCI, MARY SUE!

E per coronare la vittoria fece qualcosa di cui non si sarebbe mai, mai ritenuta capace: infranse una regola. Non per il bene della scuola, ma semplicemente perché così sarebbe stato più divertente. Accese un paio di Fuochi Forsennati Weasley che aveva sempre avuto sotto la divisa, e perfino quelli, schizzando in giro come impazziti tra gran scintille e fischi, sembrarono felici che Colei-Che-Ha-Troppi-Nomi-Per-Essere-Nominata se ne fosse andata.

E finalmente la notarono. Hermione non fu più invisibile, e prima che potesse rendersi conto di cosa stesse succedendo si ritrovò travolta da un abbraccio di gruppo delle Amazzoni. C'erano proprio tutte, da Eloise, la cui camminata dopo quel giorno aveva assunto un che di più sicuro, a Pansy, che ora che era tutto finito aveva l'aria di non sapere cosa ci facesse lì, a festeggiare beatamente insieme a una persona che detestava con tutto il cuore. E tra il mare di ragazze che cercavano di raggiungerla, di toccarla, forse addirittura di sollevarla e portarla in trionfo, c'era un maschio infiltrato, Ron.

«Miseriaccia... dimmi che non sono stato così tanto idiota».

«Sai benissimo che dovrei mentirti, Ronald Bilius Weasley. Ma l'inferno è finito, no? Sono proprio contenta che tu sia di nuovo quello di sempre».

«E da che cosa l'hai capito?»

«Hai detto “miseriaccia”. Basta e avanza». Poi notò qualcosa di sbagliato nel quadretto. «Dove si è cacciata Ginny?»

«Lei, ehm... aveva da fare». Qualsiasi cosa fosse, se la tratteneva dall'unirsi alle celebrazioni generali doveva essere molto importante, e il tono non esattamente entusiasta del suo iperprotettivo fratello maggiore le dava una mezza idea di cosa fosse.

«Con Harry?»

«Così pare» rispose Ron, come rassegnato. «Meglio lui che il primo sconosciuto che passa. Almeno di Harry mi fido».

 

«Ehi, Ginny».

«C'è qualcosa che devi dirmi, vero?» sorrise lei, in attesa.

«Be'... sì. Devo farti una domanda». Ginny aggrottò la fronte. Non era esattamente quello che si era aspettata. «Come sapevi che se ne sarebbe andata? Cioè, che tramassi qualcosa l'avevo capito, ma...»

«È una storia troppo lunga, e prometto che te la racconterò con dovizia di particolari più tardi. Ma adesso speravo che ci fosse qualcos'altro che dovevi dirmi».

«Be'... sì» ripeté per la seconda volta in pochi istanti. E tra i rumorosi festeggiamenti dei Grifondoro intorno a loro, che avevano appena trovato una ragione in più per sgolarsi dalla gioia, la baciò. Così, semplicemente, senza recite né travestimenti. Solo due persone che si conoscevano da sempre, e adesso avrebbero dovuto imparare di nuovo a conoscersi daccapo, in una luce diversa.

«Il nostro secondo primo bacio» commentò. «Il che non ha molto senso, ma sarai d'accordo anche tu che l'altro non era valido».

«Questa è la prima cosa intelligente che ti sento dire da un po'» scherzò Ginny, trovando nel suo trionfo personale, ancora più grande di quello delle Amazzoni, la forza di fare la spiritosa.

«A proposito», continuò Harry, ricacciando indietro l'orgoglio e sforzandosi di farsi sentire sopra gli applausi per la nuova coppia felice, «avevi ragione. E... ti amo, Ginny».

«Ti amo anch'io, Harry». Stavolta l'“anch'io” nella frase aveva senso. E ora avrebbe anche potuto svenire in pace, se necessario. Tutto era esattamente come avrebbe dovuto essere.

 

«Quindi... hai avuto anche tu una parte in tutto questo».

«Già. Ho passato questi ultimi tempi a tramare alle spalle di tutti quanti per cacciare la Signorina Perfettina da Hogwarts. Mi chiamavano “Tenente Parkinson”».

«“Tenente”? Questa è buona. E adesso spiegami, se non ti dispiace».

«Cosa?» chiese Pansy, anche se la risposta le era venuta in mente nell'istante esatto in cui l'inutile domanda le era uscita di bocca: se qualcuno le avesse detto che avrebbe passato così tanto tempo con Hermione Granger per un motivo che non fosse strettamente scolastico, e che ci avrebbe addirittura collaborato senza insultarla, gli avrebbe riso in faccia, forte.

«Pansy... per i Fondatori, e intendo tutti e quattro, che ci facevi abbracciata alla Mezzosangue un attimo fa?»

«Perché mi aspettavo una risposta del genere?»

«Oh, non so, magari perché le grandi menti tendono a pensare in modo simile?»

«“Le grandi menti”? Hai un ego più grosso di tutta casa tua, Draco, e considerate le dimensioni di Villa Malfoy è proprio tutto dire. Ma mi piaci così».

 

Ci volle del bello e del buono per richiamare la Sala Grande all'ordine e ricordare a tutti che in fondo quello era solo un altro comunissimo giorno di scuola, ma nessuno dei professori parve particolarmente scandalizzato dalle reazioni degli studenti. Non ci furono punizioni, e gli insegnanti finirono per rassegnarsi al fatto che in tutto il castello non si parlasse d'altro che dell'incredibile cacciata del flagello Mary Sue.

Quella sera, per festeggiare, ci fu l'ultima riunione delle Amazzoni, e dato che la Stanza delle Necessità non poteva produrre cibo per la solita ragione che Hermione si affrettò a spiegare come se avesse ingoiato il libro di testo, le ragazze di Tassorosso, che erano le più vicine alle cucine, portarono i viveri per tutte dall'esterno, con il Generale Granger che borbottava qualcosa di estremamente simile a: «Lavoro da schiavi».

«Ehi, avete fatto caso a una cosa?» saltò su il Colonnello durante il terzo riassunto consecutivo di cosa fosse successo esattamente che una Hermione alquanto assetata a furia di parlare stava concedendo con gran gesti teatrali e inchini di ringraziamento.

Rispose un coro unanime di: «Cosa?»

«Silente è un maschio, ma l'ha inquadrata quasi subito».

«Ginny, il professor Silente sarà anche un maschio, ma ha circa centocinquant'anni, annetto più, annetto meno. Ti aspetti davvero che ragioni come uno di sedici?» rise il Generale Granger.

«Oppure...» cominciò Luna nel suo solito tono sognante.

«Oppure che?» la spronarono diverse voci.

«Oh, niente. Ci crederete il giorno in cui vi convincerete che esiste il Ricciocorno Schiattoso, ragazze, davvero».

«Luna, non ti capiremo mai. Lo sai, sì?» sospirò Hermione. Certe avventure creavano un legame indissolubile, ma a volte aveva ancora l'impressione che tra il mondo di Luna e quello di tutti gli altri ci fosse un abisso.

«E c'è un'altra cosa che non ho capito» disse Hannah. «La Pozione Polisucco ce l'avevi da un secolo. Perché non hai fatto tutto questo appena l'hai presa a Lumacorno? Ci saremmo sorbite la sua presenza per molto meno».

«Non è ovvio?» sbottò Pansy, alzando gli occhi al cielo. Poi le scrutò ad una ad una e vide sui loro volti che no, non per tutte era così scontato.

«Be'... sarebbe stato molto meno divertente, non trovate?» spiegò Hermione con una traccia della vecchia luce maliziosa negli occhi, trovandosi d'accordo con il Tenente Parkinson per quella che probabilmente sarebbe stata l'ultima volta in vita sua.

Scoppiarono tutte a ridere e al segnale esclamarono in coro: «Le Amazzoni hanno vinto! A mai più rivederci!»

E non vissero affatto felici e contenti, ma almeno la loro storia tornò ad essere il pasticcio d'amore, odio e incantesimi di sempre, senza personaggi troppo perfetti tra i piedi.

 

Note dell'Autrice: un ultimo, gigantesco ringraziamento a:

Alyssia98, che ha inserito questa storia tra le ricordate;

bambolinazzurra, BWeasley e Jack and Carly love, che la seguono;

Grace98, che già la seguiva e mi ha inserita tra i suoi autori preferiti.

Ho l'orribile sensazione di aver saltato qualcuno, e se è così chiedo venia in tutte le lingue del mondo. Se qualcuno avrà piacere di inserire questa storia in qualcuna delle sue liste anche dopo la parola “fine”, si consideri ringraziato/a di cuore con un bell'abbraccio virtuale anche se il suo nickname non comparirà nelle Note.

Ragazzi, è stata un'esperienza incredibile, meravigliosa, da batticuore. Vi adoro. Vi ringrazierei pure in Serpentese, Troll, Goblin e Maridese (o Marino che dir si voglia, dipende dalla traduzione), se ci riuscissi. Ho gli occhi lucidi.

BONUS: per chi non ci fosse arrivato, il video di Britney Spears di cui parlavo durante la mitica entrata in scena della Mary Sue è Hit Me Baby One More Time.

Per una vaga idea di come sia la versione gatta di Miss Perfezione, pensate a Yzma alla fine del film a cartoni animati Le follie dell'imperatore.

Fatto il misfatto. Nox. Fine.

  
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