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Autore: rainandteardrops    30/08/2011    11 recensioni
Era a pochi centimetri da me. E non ero immobile perché ero troppo impegnata a contarli; ero immobile perché i suoi occhi mi avevano paralizzata.
Avevo i muscoli atrofizzati. L'unico ancora in vita era il mio cuore, ma se si fosse avvicinato ancora non avrei più sentito i suoi battiti.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era a pochi centimetri da me. E non ero immobile perché ero troppo impegnata a contarli; ero immobile perché i suoi occhi mi avevano paralizzata.
Avevo i muscoli atrofizzati. L'unico ancora in vita era il mio cuore, ma se si fosse avvicinato ancora non avrei più sentito i suoi battiti.



partenza.


Ero completamente immersa in uno dei più bei sogni della mia vita, ma lo sapevo, le cose belle non erano destinate a durare per sempre.
La sveglia, in quel caso, era pronta a trillare e a distruggermi i timpani con il suo odioso suono. Sobbalzai, e la spensi con un brusco movimento della mano. Erano le quattro del mattino: ecco il motivo di tutto quel malumore.
L'aereo non poteva aspettare, e la meta era in grado di ristamparmi in viso un sorriso da idiota in piena regola, ma una parte del mio cervello stava lottando con un'altra.
Stavo per andare a Londra, grazie ad un compromesso con la mia famiglia. Dovevo scegliere tra festa di compleanno per i miei diciott'anni e viaggio, e naturalmente avevo scelto la seconda opzione.
Solo pochi giorni prima della mia partenza, però, i lati negativi di quel viaggio si stavano facendo sentire. Inghilterra, patria della band che io amavo con tutta me stessa.
Ma, per quanto avessi voluto incontrare i cinque componenti dei One Direction, sapevo che non ci sarei mai riuscita.
Quello era un sogno, e confonderlo con la realtà sarebbe stato un errore madornale, eppure non riuscivo a non pensarci.
Ecco perché avevo scelto Londra come meta: dovevo provarci. Alle delusioni ero preparata.
Quindi, mente la mia testa decideva se illudersi o oppure no, il mio corpo si mosse per dirigersi in cucina. Non avevo voglia di fare una colazione completa, perciò aprii la credenza, presi una brioche e la addentai.
Ciabattando nel corridoio, mi lavai e mi vestii, poi mi assicurai di non aver dimenticato niente.
Arrivai nella camera dei miei genitori, ancora sepolta nel buio, e mi avvicinai a mia madre. Spostai un po' il lenzuolo per scoprirle la guancia, e decisi di svegliarla.
«Mà?», la chiamai. Temevo che si sarebbe svegliata e di conseguenza momentaneamente spaventata della mia assenza. Oppure se la sarebbe presa perché non l'avevo salutata.
Lei emise un monosillabo incomprensibile, poi si voltò e aprì a stento gli occhi. Riacquistò la lucidità in qualche secondo.
«Ehi. Vuoi che ti prepari la colazione?», chiese, ancora assonnata.
«No, ho già fatto, stai tranquilla. Volevo solo salutarti». La baciai sulla guancia. Due settimane sarebbero passate in fretta, e in un battito di ciglia mi sarei di nuovo ritrovata nella mia casa di Roma.
«Oh. Ciao tesoro, fa buon viaggio». Feci per allontanarmi. «E chiamami quando arrivi! Chiamami tutte le sere!»
«Sì, sì, certo. Salutami papà». L'istinto materno no, non sarei mai riuscita a soffocarlo, e di sicuro qualche chiamata non mi sarebbe costata la vita.
Feci un salto nella mia stanza per recuperare il trolley e, preso un taxi, raggiunsi l'aeroporto.

Il viaggio non era stato poi così lungo, ma alzarmi dal sedile dell'aereo fu comunque una tortura. Non sentivo quasi più le gambe.
Fortunatamente, l'albergo dove avrei alloggiato non era lontanissimo, e avrei potuto stendermi e rilassarmi dopo alcuni minuti di cammino.
Mi guardavo intorno e vedevo... un sogno. Ero appena atterrata a Londra e ancora non ci credevo.
Di solito i miei sogni non si realizzavano, e anche se uno di essi si era appena avverato, non riuscivo a farne di tutta l'erba un fascio. Era stata solo fortuna.
La donna alla reception fu molto gentile con me, e incaricò un signore alto e brizzolato di farmi strada verso la mia stanza.
L'albergo non era molto lussuoso, ma era sufficientemente attrezzato. Le pareti bianche e rosse gli conferivano molta luminosità, e le enormi vetrate creavano sul pavimento dei meravigliosi giochi di luce. La scala in marmo, arrivati al primo piano, si ramificava e incurvava per condurre al terzo piano.
La mia stanza si trovava in fondo al corridoio del secondo piano, ultima a sinistra.
Non ero molto fiduciosa, ma speravo ugualmente con tutta me stessa che quel soggiorno a Londra potesse rivelarsi meraviglioso.
  
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