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Autore: Mattie Leland    01/09/2011    4 recensioni
[Looney Tunes] [Seguito di "Put the fucking R in place of the fucking L"]
«Andiamo! Spegniti!» Si morse il labbro inferiore, ferendosi leggermente con uno dei canini pronunciati.
Sentì un mano posarsi sull’incavo del gomito. Smise di torturare la sveglia e fissò la piccola mano affusolata.
Tweety si sporse verso di lui. Gli occhi azzurri erano circondati da un alone viola e i capelli biondi ricadevano pesanti sulla fronte. Con un gesto della mano gli intimò di passargli la sveglia (che ancora suonava) e Silvestro ubbidì.
Il biondo girò l’oggetto sottosopra e tolse un piccolo pannello, dalla quale estrasse le batterie. La sveglia si ammutolì all’istante.
La ripassò all’altro con un gesto annoiato.
«Idiota.» Gli disse con voce atona prima di ripiombare con le testa sul cuscino, lasciando Silvestro a fissarlo con la bocca spalancata.

FF prima classificata al I'ts a Looney Looney Looney contest, indetto da Setsuka
Gijinka, no Furry!
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Silve

Pacchetto datomi:

 

- Coppia:  Silvestro & Silvestrino ( Junior )

- Genere: Fluff

- Kinky Warning: gay-parent

- Pillola d'ispirazione: Father & Son, Cat Stevens

 

 

My oasis in the desert

 

La sveglia suonò. Era una radio-sveglia, per tanto, all’ora designata, non scattava un fastidioso rumore acuto e ripetitivo, ma una canzone. Normalmente lui usava qualcosa di tranquillo e non troppo traumatico. Ieri si era svegliato con Beautiful World dei Coldplay, il giorno prima ancora con Last Crhistmas degli Wham (più movimentata, ma comunque dolce). Quindi… se i suoi canoni erano quelli… perché ora c’era qualcosa che somigliava parecchio al metal che gli rimbombava nelle orecchie?

«Ma che diavolo…?» Cercò a tentoni la sveglia, senza tuttavia trovarne il pulsante di spegnimento.

Alzò la testa dal cuscino. I capelli semi-brizzolati erano spettinati all’inverosimile, come se qualcuno vi avesse strofinato sopra un palloncino carico di elettricità statica.

 
Terracotta pie! Hey!

Terracotta pie! Hey!

Terracotta pie! Hey!

Terracotta pie!

Banana, banana, banana, banana, terracotta, banana, terracotta, terracotta pie!

Banana, banana, banana, banana, terracotta, banana, terracotta, terracotta pie!

 
Afferrò la sveglia con entrambe le mani, alla ricerca del modo per fermare tutto quel casino. Premette il pulsante di spegnimento, ma non accadde nulla. Cominciò a scuotere l’oggetto con violenza e a sbatterlo sulla testata del letto. La musica non si fermò.

«Andiamo! Spegniti!» Si morse il labbro inferiore, ferendosi leggermente con uno dei canini pronunciati.

Sentì un mano posarsi sull’incavo del gomito. Smise di torturare la sveglia e fissò la piccola mano affusolata.

Tweety si sporse verso di lui. Gli occhi azzurri erano circondati da un alone viola e i capelli biondi ricadevano pesanti sulla fronte. Con un gesto della mano gli intimò di passargli la sveglia (che ancora suonava) e Silvestro ubbidì.

Il biondo girò l’oggetto sottosopra e tolse un piccolo pannello, dalla quale estrasse le batterie. La sveglia si ammutolì all’istante.

La ripassò all’altro con un gesto annoiato.

«Idiota.» Gli disse con voce atona prima di ripiombare con le testa sul cuscino, lasciando Silvestro a fissarlo con  la bocca spalancata.

 *

Da quando avevano entrambi iniziato a lavorare alla sit-com, gli orari erano scanditi in modo abbastanza irregolare.

Se al produttore o al regista veniva in mente qualcosa di “geniale” o da “provare assolutamente”, sia Silvestro che Tweety dovevano recarsi negli studi, che avessero da fare o meno, che stessero dormendo o fossero svegli. Silvestro prendeva queste chiamate improvvise con non poca agitazione e irritazione. Era pigro, lui, si sapeva, e doversi recare negli studi ogni qual volta al regista veniva una crisi mestruale (sì, Silvestro definiva così i “lampi di genio” di quel tipo, e per un motivo ben preciso) non giovava certo alla sua cera, già di per sé abbastanza pessima.

Tweety non faceva storie. Rispondeva educatamente al telefono, garantiva la sua presenza da lì a pochi minuti, e poi chiudeva la conversazione. Silvestro, però, aveva modo di vederlo quando rispondeva. Benché la sua voce (che  non accennava a divenire anche solo leggermente più mascolina) e il suo tono fossero gioviali, benché gli acuti fossero emessi al momento giusto, come pure eventuali colpi di tosse, il viso del biondo non aveva la minima espressione. Era come vedere un pupazzo muovere la bocca, senza alcuna emozione sul volto.

Tweety rimaneva in piedi, dritto, con gli occhi cerchiati di viola e lo sguardo fisso. Inutile dire che bastava una seduta in bagno di due minuti perché egli uscisse radioso e sull’orlo della perfezione. Si era ridotto ad usare un correggi-occhiaie, ma per il resto gli ci voleva davvero poco per sembrare un ragazzino dal viso d’angelo.

Silvestro non capiva come il biondo accumulasse tanto stress da deturpare la propria bellezza ( aveva riconosciuto, in fine, che Tweety era effettivamente bello… anche se in maniera irritante). Sul set lavorava normalmente, o almeno così sembrava. Non facevano turni diversi, poiché i loro personaggi erano quasi sempre a contatto, e il ruolo di Tweety non era nulla di particolarmente impegnativo ( era pur sempre il personaggio di una semplice sit –com ) quindi… Silvestro poteva solo ipotizzare che il demone narcisista che viveva nel ragazzo, stesse consumando lo stesso dall’interno.

«Cos’era quella roba che è uscita dalla sveglia, prima?» Chiese mentre si versava il caffè. Tweety sbadigliò e si sedette al tavolo, accavallando le gambe.

«Vicinity of obscenity. E’ dei System of a down.» Disse semplicemente.

«Mi prendi in giro?»

«Solo un po’.»

«Intendevo dire: Come ci è finita lì?» Tweety bevve un sorso di caffè. Che strano… ogni volta che lo prendeva a casa di Silvestro, era molto amaro.

«Volevo qualcosa di un po’ più energico per iniziare la giornata. I Coldplay mi conciliano il sonno.» Silvestro lo fissò con un sopracciglio alzato. Stava parlando come se si trovasse a casa sua. Okay, era vero che nell’ultimo periodo dormivano insieme sempre più spesso (per via degli orari assurdi del lavoro) ma questo non lo autorizzava certo a mettere radici simboliche.

«Sei fortunato che io sia qui, micione. Altrimenti saresti bloccato a letto con canzoni soporifere e una sveglia impossibile da spegnere.» Fece un piccolo sorrisetto. Silvestro strinse convulsamente la propria tazza. Per poco non la spaccò quando Tweety, sottovoce, pronunciò la parola imbecille.

«Perché non vai a dondolarti sul tuo trespolo, pennuto?» Disse digrignando i denti.

«Comincio a pensare che tu abbia montato quell’altalena più per te stesso che per me.» Sorrise falsamente ( la parola trespolo lo aveva irritato non poco ) e si diresse verso il balcone, dove stava un’altalena molto rudimentale.

Silvestro ne sentì il lieve cigolio dal salotto.

In verità, non aveva montato quell’altalena ne per se stesso ne per Tweety (il biondo se ne era appropriato… come qualunque altra cosa presente in quella casa, anche se lui continuava a dire che gli faceva tutto schifo) ma per Silvestrino. Dio solo sapeva quanti tentativi faceva per far sì che suo figlio passasse anche solo un minuto in più in quella casa.

Ogni volta che lo vedeva, quel bambino si faceva più grande, più intelligente, più maturo… e lui aveva realizzato il perché. Forse la madre nemmeno se ne accorgeva, perché poteva vederlo ogni giorno, ma lui riusciva a vederlo al massimo una volta al mese e si rendeva conto di quanto della vita di suo figlio si perdesse.

E poi, a dirla tutta, avrebbe anche voluto riscattarsi ai suoi occhi. Silvestrino lo aveva (con tutta probabilità) inquadrato come un genitore mediocre, dalla quale non si riesce a farsi insegnare nulla ma per la quale, anzi, si diventa a propria volta maestri di vita. Silvestro nutriva il grande desiderio di divenire una figura importante per il proprio figlio, un punto di riferimento… magari anche un modello di comportamento (quando aveva, per sbaglio, riferito questo  pensiero a Tweety, il ragazzo si era quasi strozzato con un boccone di carne, prima di mettersi a ridere come un matto).

Il piccolo avrebbe compiuto otto anni, di lì a poco. Di quegli otto anni, Silvestro si era goduto più o meno 96 giorni.

Udì un piccolo tonfo e poi un gemito. Si recò verso il punto da dove era provenuto il rumore, ovvero il balcone. Lì trovò Tweety col sedere per terra (e sotto di esso il sellino dell’altalena) e l’aria scioccata ed imbarazzata. Silvestro si trattenne dallo scoppiare a ridere.

«Tu… imbecille. Non sai nemmeno montare un’altalena come si deve.» Disse con un sibilo, voltandosi lentamente verso il moro.

«E’ pensata per un bambino di otto anni dal peso di 27 chili. Non per un ventitreenne di 60 chili.» Disse Silvestro incrociando le braccia. Tweety scosse la testa, tra un misto di rabbia e imbarazzo. Si alzò in piedi, massaggiandosi il didietro e gettando sguardi minacciosi a Silvestro.

Quando gli passò vicino, per rientrare in casa, gli diede un violento spintone. Non che Tweety fosse particolarmente forte fisicamente, ma la cosa colse Silvestro un po’ di sorpresa, facendolo barcollare.

Il biondo non solo era furioso per aver fatto una pessima figura di fronte al Re degli idioti (ovvero Silvestro), ma anche perché era stata toccata una corda un po’ sensibile ultimamente. Quella del suo fisico.

«Io non peso 60 chili, gatto col cervello di fava!»

 *

Stare sul set non era faticoso di per sé. Oh, meglio, non più.

I primi tempi era come essere sotto terrorismo psicologico. Ovviamente, la causa principale del disagio era stato Tweety. Aveva aspettato, paziente, che arrivasse il giorno prima delle riprese iniziali, per terrorizzare Silvestro con interi monologhi sulle difficoltà del mondo dello spettacolo (per chi non è bello), dello stress che avrebbe accumulato (chi è pigro) e delle innumerevoli trappole in cui sarebbe incappato ( chi è idiota). Silvestro non ricordava di aver mai passato tanto tempo davanti allo specchio come la sera prima delle riprese. Aveva cercato di migliorarsi in ogni modo, di far sparire le palpebre pesanti (che gli conferivano un’aria perennemente assonnata) di aggiustarsi più che poteva i capelli, di mascherare i canini animaleschi e, addirittura, di correggere la propria postura (aveva realmente bisogno di correzione? Tweety sosteneva di sì, ma Tweety era come il Diavolo che pianta il seme del dubbio infondato).

Durante la notte era stato corroso da mille pensieri, tanto da non chiudere occhio fino all’una. E quando, finalmente, era riuscito a scivolare in un sonno leggero, Tweety lo aveva svegliato con un pretesto piuttosto banale, ma alla quale Silvestro non avrebbe mai potuto dire di no. Sesso.

Solo il giorno dopo avrebbe capito che si trattava di uno stratagemma ideato dal biondo per sfinirlo. Tweety era come un uccellino. Qualunque fosse l’ora in cui si recava a letto, al sorgere del sole sarebbe stato sveglio, intento a infastidire il suo vicino col suo irritabile cinguettio.

Il biondo reggeva bene le notti insonni, Silvestro no. Silvestro era anche in grado di addormentarsi, circa cinque volte per dieci minuti, durante l’arco della giornata.

Non erano state rare le volte in cui, dopo una ripresa o un turno di doppiaggio, si era ritrovato appisolato su di una sedia girevole.

Non era in grado di resistere molto senza dormire. La mattina delle riprese, infatti, aveva una faccia da far spavento. Occhiaie viola, aria tesa e capelli improponibili. Tweety era più luminoso di un mucchio di strass.

«Mi hai volutamente sabotato.» Gli aveva detto Silvestro.

«Conosci la parola “volutamente”?» Aveva ribattuto con aria falsamente stupita l’altro. Per poco Silvestro non gli aveva messo le mani al collo.

Poco dopo questo scambio di battute, era entrato il regista. Bè, il resto era andato com’era andato. Silvestro non amava troppo tornaci sopra, e nemmeno Tweety. Entrambi serbavano un ricordo inquietante di quel primo incontro con l’uomo che avrebbe diretto il loro lavoro.

 *

Silvestro parcheggiò nel suo posto riservato (fico, un posto riservato!) ed intimò subito a Tweety di scendere, poiché gli stava sporcando il cruscotto con le scarpe.

«Come sei noioso.» Disse con la vocetta stridula il biondo, poco prima di scendere. Si allontanò senza aspettare il collega, che fu costretto (come d’istinto) a rincorrerlo dopo essere sceso anche lui. Tweety non era ancora riuscito a spiegarsi il perché del continua e quasi malata vicinanza di Silvestro. Nonostante lo sopportasse poco, non perdeva occasione di stargli appiccicato. Vero che anche lui gli stava continuamente addosso, ma Tweety aveva un buon motivo per farlo: Gli piaceva infastidirlo, fare il ruffiano per poi tirarsi indietro e giocare un po’ con lui (in modo abbastanza sadico, in realtà si trattava di terrorismo psicologico). Silvestro invece, quando lo cercava, sembrava più un drogato in astinenza.

«Questa mattina sei conciato peggio del solito, micione. CLedevo che peL te fosse impoLtante faLe… colpo.» Emise un risolino.

«No. Ricordi? Quello affamato di attenzioni sei tu, ragazzo col correggi-occhiaie.» Tweety ebbe un piccolo scatto. Forse non si aspettava tanta prontezza.

«Io, al contrario di te, ho una bellezza da preservare.» Okay, se per qualche secondo Silvestro si era detto vincitore, ora si sentiva solo stupido per averlo pensato. Si complimentò comunque con se stesso per la risposta di poco prima. Sentì Tweety afferrarlo per un braccio e trascinarlo verso la porta.

«Entra prima tu. Non voglio rischiare di venire travolto.» Silvestro divenne rosso di botto e si liberò dalla presa del biondo.

«I-io veramente pensavo di entrare dal retro!» Fece per andarsene, ma Tweety gli fece lo sgambetto. Silvestro barcollò per qualche secondo, per poi andare a sbattere contro alla porta principale, che si aprì leggermente.

«So che è una richiesta impossibile, Silvestro, ma… non fare l’idiota.» Disse Tweety con un sorriso e lo sguardo truce, prima di spingere il moro all’interno dello studio.

 *

Col naso dolorante e gli occhi lucidi, Silvestro entrò. Nella sua mente, si mise automaticamente a fare un conto alla rovescia, partendo da cinque.

Cinque

Anche Tweety entrava, stando ben attento a rimanere dietro di lui.

Quattro

Qualche membro della troupe lo salutava senza molto entusiasmo.

Tre

L’aria iniziava a farsi pesante.

Due

Tweety aveva il buon senso di allontanarsi da lui.

Uno.

«Silvestro, mon cher!» Pepé gli era attaccato addosso come una cozza. Le sue braccia circondavano il collo di Silvestro, l’odore della sua colonia impregnava le narici del moro, che tentava, senza alcun risultato, di staccarsi da lui nel modo più educato possibile. Oh, i giorni che ti fanno rimpiangere di non essere un invertebrato!

«Leggermente in ritardo, oggi, trésor. Ma d’altro canto, l’amour non ha ne tempo ne orari.» Schioccò un bacio sulla guancia di Silvestro, che fu percosso da un brivido lungo la schiena.

Udirono un lieve colpo di tosse, seguito velocemente da un altro. Tweety guardava i due, con la mano chiusa a pugno davanti alla bocca. Pepè si staccò lentamente da Silvestro, ricomponendosi in maniera teatrale e passandosi una mano fra i capelli bi-colore (un cosa alla Crudelia De Mon, capelli neri con la striscia bianca in mezzo).

«Oh, bonjour, Tweety. » In realtà, la pronuncia del nome del biondo da parte di Pepé, era orripilante. Somigliava più ad una sorta di Titì, detto come se avesse poca importanza. Pepé Le Pew, era nientemeno che il regista della sit-com che vedeva protagonisti Silvestro e Tweety.

Un francese un po’ strambo, leggermente effeminato e (secondo Tweety) dai gusti discutibili. Lui era la ragione per la quale nessuno dei due voleva mai ricordare il primo giorno di riprese.

Appena aveva visto Silvestro, aveva sorriso come un ebete, e gli era corso in contro con entusiasmo. Le mani congiunte, le gote rosse e gli occhi spalancati e adoranti.

«Vous êtes parfait! Magnifique, belle fleur de mon coeur et mon esprit!» Aveva detto, fissando Silvestro. Quest’ultimo non aveva capito una sola parola di ciò che gli era stato detto con tanta enfasi, ma gli era stato chiaro il succo della cosa quando si era ritrovato le labbra di Pepé attaccate alle proprie.

Silvestro aveva sbarrato gli occhi, Tweety aveva sbarrato gli occhi… l’intera troupe aveva sbarrato gli occhi!

Il “bacio” (Silvestro ci teneva a metterlo fra virgolette, dal momento che non aveva ricambiato) era durato quasi un minuto, e quando Pepé si era staccato, aveva contemplato il viso shockato di Silvestro con sguardo sognante. Ripresosi dal momento, Silvestro era letteralmente sgusciato via da davanti Pepé (che ancora gli teneva il viso fra le mani), per andare a nascondersi dietro le esili spalle di Tweety, che emanava un’aura non proprio felice. In realtà stava fissando il regista come se volesse ucciderlo, e, per un istante, Silvestro si era chiesto se il biondo non fosse geloso.

Il suo cervello aveva rigettato quel pensiero, quando Tweety aveva mormorato a bassa voce (giusto perché potesse udirlo unicamente Silvestro) un cosa:

Perché tu? Perché quel maniaco omosessuale è venuto da te e non da me?

Chiunque avrebbe preso quelle parole dal verso sbagliato, ma Silvestro conosceva troppo bene Tweety per non capire che il biondo non era geloso, ma furioso per essere stato ignorato.

Inutile dire che ostentò comunque un’aria molto dolce e serena, tanto da divenire amico di tutta la troupe in meno di cinque minuti, con ogni componente di essa che lo osservava con sguardo intenerito o adorante (oh, tu, fedifrago adescatore!).

Pepé si era preso molte libertà quel giorno. Silvestro non sapeva se il francese fosse consapevole del proprio potere ( una cosa alla “se vuoi lavorare qui devi lasciarti molestare”) o se fosse semplicemente senza controllo.

I giorni trascorsi sul set, avevano dato maggiore spazio alla seconda ipotesi.

Togliendo questa sua predisposizione al contatto fisico non richiesto, Pepé era una bravo regista. Lui e il produttore avevano ideato la sit-com da soli, e il risultato era piuttosto buono.

Onestamente parlando, da un tipo come Pepè, Silvestro si sarebbe aspettato qualcosa alla Will & Grace, invece verteva su argomenti più seri, seppur trattati in maniera comica.

Il personaggio di Silvestro (il cui nome era Friz Freleng ) era un uomo logorato dalla famiglia insopportabile, che cercava rifugio nel proprio ufficio e nei colleghi. Uno di questi era il personaggio di Tweety ( Bob Clambpett ), un giovane impiegato senza una famiglia e con molto sale in zucca.

Silvestro si era calato un po’ a fatica nel ruolo di Friz, poiché egli allontanava ciò che Silvestro, invece, avrebbe voluto vicino. Tweety non aveva avuto difficoltà alcuna. Anzi, anche in questo caso era riuscito a dare un tocco personale al proprio personaggio, conferendo a Bob un’aria vagamente femminea e smorfiosa (insomma, rendendolo un po’ più simile a se stesso).

Silvestro era grato di una cosa a Pepé. Quando Tweety aveva cercato di modificare la propria voce, il regista glielo aveva categoricamente impedito. Sublime era stata l’immagine di Tweety seduto su una scrivania con aria contrariata e allibita, con le mani chiuse a pugno e le gambe accavallate che andavano serrandosi. Era in momenti come quelli che Silvestro stentava a controllarsi, desiderando ardentemente di andargli vicino per degradarlo a semplice pennuto con la voce da donna, e poi morderlo sul collo, o sulla spalla o in un qualunque altro punto dove il biondo temeva di essere sfiorato dai canini pronunciati dell’altro.

Okay, doveva ammettere che questi spezzoni da maniaco gli portavano via un bel po’ di tempo ogni giorno, ma che ci poteva fare?

Se Tweety provava piacere a provocarlo in modo dispettoso ed infantile, Silvestro provava piacere nel cedere a quelle provocazioni e, di tanto in tanto, intimorire un po’ il più giovane. Chiunque avrebbe capito che il loro era un rapporto mirato a farsi del male reciprocamente. Nulla di perverso! Assolutamente no. Se avessero tentato qualcosa del genere, Tweety si sarebbe infuriato, prendendo il tutto come un attentato alla propria immagine (bellezza). Il loro era semplicemente un riprendere di continuo quello che erano sempre stati. Nemici. Uno costantemente calpestato dall’altro. Quello calpestato che covava cieca vendetta per un viso d’angelo al quale, in realtà, non avrebbe potuto arrecare alcun danno.

Certo, una soddisfazione, da quando lavoravano alla sit-com, l’aveva avuta. Grazie alle attenzione (non gradite!) di Pepé, Silvestro era riuscito a poggiare una mano sul piedistallo d’oro di Tweety.

Per lui questo significava molto. Non solo era un passo in più verso la potenziale diminuzione di potere di Tweety, ma anche verso il rispetto del proprio figlio.

Era anche per lui che Silvestro sopportava le avance di Pepé senza discutere. A dire il vero non credeva che quel francese fosse un tipo tanto subdolo da licenziarlo se lo avesse rifiutato, ma Silvestro preferiva non rischiare. Avrebbe comunque potuto iniziare a trattarlo male, e lui ne aveva fin sopra i capelli di essere considerato una pezza da piedi. Forse, in fondo, preferiva che Pepé lo considerasse così importante, anche se in maniera troppo esplicita ed invadente.

«Molto bene, cher! Puoi andare a preparati nel tuo camerino, ti aspetterò qui anche per delle ore!» Pepé si avvicinò un poco a Silvestro (che rabbrividì di nuovo) e gli sussurrò qualcosa all’orecchio.

«Ma non metterci davvero delle ore, mon amour. Stiamo pur sempre lavorando, n'est-ce- pas?» Silvestro annuì a si allontanò il più velocemente possibile.

Pepé sorrise ed incrociò le braccia. Gettò una veloce occhiata a Tweety, che non si era mosso.

«Vai anche tu, Tweety. Ti voglio qui fra dieci minuti.»

Il biondo ebbe uno scatto. Cercò di sorridere, ma gli riuscì piuttosto difficile. Iniziò a dirigersi con passo pesante verso il proprio camerino. Durante il tragitto, un addetto alle luci lo fermò, dandogli un disegno fatto da suo figlio (grande fan del canarino animato che Tweety doppiava) e il biondo lo ringraziò con un sorriso solare. Piegò in quattro il disegno e se lo infilò in tasca.

Passò davanti al camerino di Silvestro, e ne udì la voce.

 
Oh, sì, tutto bene.

Grazie, piccolo.

Come va la scuola?

Ah, già, le vacanze.

 
Non gli ci volle molto per capire che stava parlando con Silvestrino. Non tanto dalle parole, ma dal tono gioviale con cui le pronunciava. Quel tono lo usava soltanto con lui.

Per un attimo pensò di allontanarsi, senza impicciarsi troppo. Ma quel pensiero durò giusto due secondi.

Poggiò l’orecchio contro la porta.

 
Sì, sono al lavoro adesso.

No, non a doppiare, sono nel mio camerino, tra poco dobbiamo girare.

… cosa?

 Avvertì dello stupore nella sua voce. Ascoltò attentamente.

 
C-certo. Certo che puoi!

Sei in vacanza, hai detto, no?

Quando vuoi tu!

Se dici alla mamma che verrai qui e che vuoi, sono sicuro che non farà storie!

 
Tweety ebbe qualche dubbio.

 
Allora va benissimo!

Cosa?

No, figliolo, non sto piangendo.

Sì, davvero.

Sono solo molto felice.

Okay, a presto.

Ciao.

 
Tweety avvertì il grido euforico si Silvestro, e decise che era meglio lasciarlo da solo e andare a preparasi.

Da quando aveva potuto capire, Silvestrino avrebbe fatto una piccola visita agli studi uno di questi giorni. Ed era stata una sua iniziativa, non del padre.

Tweety sorrise. Non avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura, nemmeno minacciato di morte, che in quel momento si sentiva tremendamente felice per Silvestro.

 *

Doveva dirlo, quel lavoro gli piaceva da morire. Prima di tutto, era libero di mettersi in mostra (cosa che il suo animo narcisistico gli chiedeva di fare di continuo), inoltre poteva far sì che più persone ammirassero il suo bel viso. Il suo era palese esibizionismo, ma insieme ad esso c’era anche la passione per ciò che faceva. Calarsi nei panni di Bob era piacevole, si sentiva molto libero.

Okay, non poteva usare il timbro di voce che avrebbe voluto (e sulle prime ci era rimasto piuttosto male) ma a questo punto non gli importava. Era riuscito a fare suo quel personaggio, ed aveva ricevuto molti elogi per quello. Inutile dire che il completo da ufficio scuro, inoltre, gli stava d’incanto.

Era riuscito (oltre che ad abbellire il personaggio di Bob) ad avere anche un’entrata d’effetto.

La prima volta che aveva vestito i panni di Bob, sarebbe dovuto entrare nell’ufficio di Friz (Silvestro) e, semplicemente, invitarlo a venire a mensa.

Invece lui aveva (senza troppe cerimonie) sfondato la porta con un calcio, tenendo le mani in tasca con noncuranza. Sotto lo sguardo allibito di Silvestro, aveva sorriso dicendo a voce molto alta:

Friz, oggi polpettone! Se non vuoi che ti cavino un occhio nel tentativo di afferrare l’ultima fetta, ti conviene scendere subito.

A Pepé la scena era piaciuta. Non si era scomposto più di tanto (e Tweety aveva rosicato parecchio per questo) ma gli aveva fatto un piccolo complimento, per poi dire a Silvestro che la sua espressione attonita era sublime.

Il resto della troupe lo aveva guardato come fosse una sorta di divinità. Il sue ego si era, quindi, dovuto accontentare di attenzioni di poca importanza.

Mancava ancora un minuto prima che iniziassero. Finì di bere il caffè.

Improvvisamente gli squillò il cellulare.

 
But we got rock and roll
Rock and roll
Take me anywhere
Rock and roll
Rock and roll
Is there someone there
Rock and roll

 
«Accidenti!» Schiacciò il pulsante sulla testa del cellulare, spegnendolo. Se avesse suonato mentre giravano, sarebbe stato un bel problema.

«Ma cos’era quella roba?»

Silvestro lo stava guardando con un sopracciglio alzato. Tweety sospirò profondamente.

«Roba? Silvestro, tu ha seriamente definito così questa canzone? » Disse mettendogli il cellulare davanti alla faccia, come per enfatizzare la cosa.

«Oltre che idiota sei anche ignorante! L’avevo già capito quando hai parlato della suoneria della sveglia.»

«Ehi, calmati! Secondo me non è granché.» Per poco Tweety non gli mise le mani alla gola.

«Tu hai definito roba la musica di Ronnie James Dio!» Silvestro lo guardò confuso.

«… chi?» Tweety non rispose. Si infilò il cellulare in tasca e passò accanto a Silvestro senza degnarlo di uno sguardo. Ignorante, ignorante, gattaccio ignorante!

 *

Nonostante all’inizio titubasse un po’, ora Silvestro era entrato a dovere nel personaggio di Friz. Solo lui e Tweety capivano quanto fosse difficile una cosa del genere. Se Tweety non avesse saputo che era stato Speedy Gonzales a cercare quel lavoro a lui e a Silvestro, avrebbe pensato alla madre di Silvestrino.

 
«Non intendevo questo, Bob.» Friz incrocia le braccia e si appoggia alla sedia.

«E cose intendevi, allora? Mi hai appena detto che tua moglie non ti attrae più» Bob accavalla le gambe.

«Ma intendevo, semplicemente, non ci prova nemmeno più!» Distoglie lo sguardo, imbarazzato.

«Se avessi sposato me e non lei, non avresti questo problema.»

 
«Cosa?» Silvestro lo guardò stranito. Tweety si soffiò via un ciuffo di capelli dal viso. Oh, come amava improvvisare. Lasciava sempre tutti stupiti. Anche Pepé lo guardava con curiosità.

Congiunse le mani e parlò ancora.

 
«Oh, lascia stare! Non sai quanto mi piaccia immaginarmi al posto di tante donne!» Friz sbatte le palpebre confuso e abbassa lo sguardo.

«Forse avrei preferito non saperlo.» Dice Friz con imbarazzo.

«E’ a titolo informativo, Friz. Non si sa mai nella vita.»

 
Continuarono su questa linea, senza impappinarsi più. Alla fine della scena, Pepé scese lentamente dalla sedia dietro la telecamera, per poi camminare (sempre lentamente) verso Silvestro.

Quando gli arrivò davanti lo abbracciò in maniera fulminea, facendolo quasi gridare.

«Ti ho mai detto che ti adoro? » Gli chiese col suo solito accento.

«Sì. Ogni giorno da quando mi conosci.» Rispose Silvestro con voce atona (perché terrificato).

Tweety li guardava con la bocca spalancata. Strinse i pugni convulsamente, trattenendosi dall’urlare insulti a destra e a manca.

Pepé diede un piccolo bacio sulla guancia a Silvestro (che si limitò a rimanere pietrificato) e poi si diresse verso il biondo. Si passò una mano nei capelli e gli poggiò una mano sulla spalla.

«Ottimo lavoro, Tweety.» Il nome pronunciato oscenamente. Tweety sorrise radioso. Una reazione esagerata rispetto al suo reale stato d’animo.

«Grazie, Pepé.» Disse semplicemente. Le sue mani tornarono a rilassarsi, e il sangue nella testa smise di pulsare. Aveva ottenuto un elogio sincero da Pepé. Gran cosa.

 *

«Come ti è venuta fuori quella battuta?» Chiese Silvestro. Avevano girato altre due scene, dopo quella nell’ufficio. Ora erano in pausa. Una meritata pausa. Soprattutto per Silvestro, che aveva le braccia doloranti a causa dei continui stritolamenti (abbracci) di Pepé.

«Onestamente mi è un po’ difficile non tirare fuori l’argomento.» Disse Tweety.

«Che argomento?»

«L’argomento “Gay”.» Per poco Silvestro non sputò il caffè. Tweety rimase tranquillo. Il moro evitò il suo sguardo. Non avevano mai parlato apertamente della cosa. Era sottointesa, ma Silvestro stesso non si era mai definito nella sua mente con la parola… gay.

«Non mi dire. T’imbarazza?» Disse Tweety sorridendo.

«No! Solo che non credo sia il caso di parlarne in questo modo.» Tweety sbuffò.

«Oh, andiamo! Non diventarmi puritano, micione. Non credo che sia possibile per te non riflettere sulla cosa. Voglio dire, oltre a me e te, adesso c’è anche Pepé che ti fa le avance. Nel mondo dello spettacolo queste cose non rimangono in ombra molto a lungo, sai? Anche quando cerchi di non darlo a vedere. Come fa Duffy Duck.»

«Duffy Duck? Quel famoso attore del cinema?» Chiese Silvestro incredulo.

«Sì, esatto. Sia lui che il suo ragazzo sono molto famosi, quindi è impossibile non sapere.» Finì di bere il tè (era stufo di bere caffè amaro, oramai era sicuro che qualcuno glielo manomettesse) e si rilassò sulla sedia.

«E chi è il suo… ragazzo?» Allora davvero Silvestro non sapeva. Eppure non era così difficile da capire.

«Bugs Bunny.» Affermò Tweety con un sorriso. Silvestro rimase a bocca aperta. Non si intendeva di gossip, evidentemente. Per quanto Duck avesse cercato di non far trapelare nulla, Bunny era, invece, piuttosto propenso a fare affermazioni equivoche (e con divertimento). Chi lavorava nel mondo dello spettacolo conosceva la situazione, o almeno sospettava qualcosa. Bè, a parte Silvestro.

«Silvestro… non ho tirato fuori l’argomento a caso.» L’altro lo guardò.

«Vedi… inavvertitamente ti ho sentito parlare al telefono con tuo figlio» vide Silvestro irrigidirsi, ma continuò «quel piccoletto mi sta simpatico, molto. Ma vedi, mi sono chiesto come avrai intenzione di affrontare quest’argomento con lui quando…»

«Credi che non ci abbia pensato?» Tweety si irritò per essere stato interrotto, ma non rispose.

«Tu, caro pennuto, non credi che rendere partecipe mio figlio di otto anni di una cosa del genere, potrebbe essere rischioso? Hai idea della reazione che avrebbe sua madre? Potrei vederlo solo in foto.» Abbassò lo sguardo tristemente. Eccola lì pensò Tweety alla fine la colpa è sempre di quella… stronza.

«Io… capisco, Silvestro. Ma so che tu vuoi avere un rapporto più saldo con lui, e non ci riuscirai se non inizierai almeno ad introdurlo alla cosa.»

«Ma… lei…»

«Oh, Dio! Lascia perdere lei. Credi davvero che un qualunque giudice sarebbe d’accordo con lei nel negarti la compagnia di tuo figlio solo perché sei gay? Bello, siamo a Hollywood! Neil Patrick Harris e David Burtka sono padri di due gemelli, Jim Parsons e Todd Spiewak progettano di sposarsi, e vogliamo parlare di elementi storici come Jodie Foster!?  Credi che qualcuno abbia impedito loro di vivere normalmente, o che abbia minacciato di togliere loro i figli usando le loro relazioni personali come scusa? No, non che io sappia. Ma sai cosa succederebbe se a qualcuno venisse in mente di togliere i gemellini a Neil e David, usando come motivazione l’omosessualità?»

«Cosa succederebbe?»

«Verrebbe linciato dai fan! Ecco cosa succederebbe! Sai quanto si attacca la gente a questo tipo di cose? Proteste su proteste, manifestazioni, ecco quello che verrebbe fuori.» Silvestro lo guardava allibito. Tweety incrociò le braccia.

«Vedi, ti sto dicendo che, in parole povere… hai il culo copeLto, micione.»

 *

Non avrebbe mai detto a Tweety che quel suo discorso lo aveva rinvigorito non poco.

Quando (due giorni dopo) Silvestrino suonò alla sua porta, il cuore gli arrivò in gola. Tanto per la felicità di vederlo, quanto per l’ansia di affrontare con lui un argomento tanto delicato.

Quando aprì la porta e si ritrovò davanti il proprio figlio, si stupì di come esso fosse cresciuto in un mese.

Si era alzato di un paio di centimetri e i capelli corvini erano sempre più arruffati. Era magro (ma non per questo rachitico) e si dondolava sulle punte dei piedi.

Silvestro si stupiva sempre di come gli somigliasse (almeno fisicamente). Gli occhi erano molto grandi e scuri… e a Silvestro parve anche di notare un canino particolarmente pronunciato.

«Ciao, papino.» Disse con quella voce infantile ma molto pacata che lo contraddistingueva.

«Ciao, cucciolo!»

 *

«Mi sarebbe piaciuto andare sull’altalena che avevi fatto per me, papà.» Disse il piccolo. Silvestro sorrise.

«Lo so, cucciolo. Mi dispiace, ma Tweety l’ha sfondata col suo peso da ventitreenne.» Silvestrino lo guardò.

«Tweety sta spesso a casa tua, vero papà?» Silvestro si passò una mano nei capelli.

«Bè… sì, in effetti passiamo un bel po’ di tempo insieme.» Disse con una risata nervosa. Silvestrino lo guardò e sorrise pacato.

«Capito.» Disse per poi guardare fuori dal finestrino. Silvestro ringraziò mentalmente Tweety di essere rimasto a casa propria, la sera prima. A volte anche lui sapeva essere educato e discreto.

Quando arrivarono di fronte all’ingresso degli studi, Silvestro dovette fare un bel respiro profondo prima di avere il coraggio di aprire la porta.

Silvestrino gli stava a fianco, tenendogli la mano.

Quando entrarono, Silvestro vide subito Pepé dirigersi verso di lui. Dapprima con passo veloce (come al solito) ma rallentando man mano che gli si avvicinava.

Evidentemente capiva che fare delle avance ad un uomo di fronte ad un bambino, non era appropriato.

«Bonjour, Silvestro» disse comunque in tono mellifluo per poi guardare Silvestrino «e questo petit chi è?»

Chiese sorridendo intenerito.

«Io sono Silvestrino.» Rispose educatamente il piccolo tendendo la mano. Pepé gliela strinse cortesemente.

«E’ mio figlio.» Disse Silvestro con una nota d’orgoglio. Pepé sbarrò gli occhi e congiunse le mani al petto.

«Votre fils!? Non sapevo fossi sposato, Silvestro… così mi spezzi il cuore.» Silvestro alzò un sopracciglio. Pepé stava forse facendo una sceneggiata?

«Io non sono sposato, Pepé. Non ho nemmeno una compagna, okay?» Lo disse con un tono che stava a significare “ per favore, non parliamone adesso, davanti a lui”.

«Oh… capisco, non ti preoccupare, cher.» Disse sorridendo. Si chinò verso Silvestrino.

«Il tuo papà è davvero bravo a recitare, sai?»

«Sul serio?» Perché quel tono incredulo, Silvestrino?

«Sì, sul serio! La sua espressività è meravigliosa, le sue movenze, il suo sguardo…»

«Okay, Pepè! Credo che abbia capito!» Lo interruppe prima che, inavvertitamente, iniziasse a dire qualcosa di sconveniente. Temeva che avrebbe presto formulato un complimento un po’ troppo eloquente.

Ringraziò il cielo quando vide Tweety avvicinarsi. Non era abituato a stare vicino a Pepé senza il suo occasionale scudo di protezione.

Fu anche contento quando un membro della troupe chiamo Pepé per dei consulti sulle inquadrature, costringendo il francese ad allontanarsi.

«Ecco Tweety.» Disse Silvestrino, trascinando il genitore verso il biondo.

«Ciao, piccolo.» Lo salutò sorridente, Tweety. Anche lui lo trovava cresciuto dall’ultima volta che l’aveva visto.

«Allora, sei contento di essere sul set? Come ti sembra?»

«Fico.» Per poco Silvestro non si mise a ridere. Silvestrino diceva quella parola in modo così atono… la faceva sembrare divertente. Anche Tweety sorrise.

«Chi era quel francese un po’ strano?» Tweety trattenne una risata, soffocandola mettendosi una mano sulla bocca.

Silvestro non rise. Pepé non era affatto un argomento divertente, secondo lui.

«E’ il regista. » Disse semplicemente.

Silvestrino annuì e non disse altro.

 *

Quando Silvestro e Tweety furono pronti per le riprese, Silvestrino si sedette su una sedia accanto a Pepé. Era incredibile vedere come quell’uomo, tanto frivolo per la maggior parte del tempo, diventasse serio e posato quando si trattava di registrare una scena.

Il piccolo si mise ad osservare suo padre, seduto dietro una scrivania a recitare.

Notava, comunque, un certo atteggiamento che non aveva mai visto. Qualcosa di simili alla superiorità. Gli faceva piacere che suo padre si sentisse appagato e orgoglioso di quel lavoro. In effetti era proprio bravo.

Anche come doppiatore lo era, ma erano due cose ben diverse.

Non pensava che suo padre potesse essere tanto espressivo. A dire il vero, non sapeva nemmeno che esistessero tante espressioni facciali.

Anche Tweety era bravo. Silvestrino pensò, però, che il biondo somigliasse tremendamente ad una femmina, quando doppiava o recitava.

Aveva visto altre persone con un atteggiamento simile al suo. Alla TV, per lo più. Gli era sembrata una cosa singolare (non strana, solo singolare) e aveva chiesto spiegazioni alla mamma. Lei gli aveva semplicemente detto che esistevano uomini a cui piacevano altri uomini  e che si chiamavano “gay”.

Lui aveva annuito e non aveva fatto altre domande. Forse Tweety era gay? Forse lo era anche Pepé, perché, effettivamente, anche lui si comportava un po’ come una donna, e poi faceva tanti complimenti al suo papà.

A Silvestrino non importava più di tanto, a dire il vero. Per lui era un discorso pari a “mi piace il cioccolato bianco invece del cioccolato fondente”. Gusti, tutto qui.

Era sufficientemente intelligente da capire che prendersela come faceva la mamma (perché quando gli aveva spiegato dei gay, non era sembrata molto contenta) sarebbe stato come arrabbiarsi con un bambino perché preferiva il colore rosso al blu, o giocare a nascondino piuttosto che a basket. Stupido. Sarebbe stato stupido.

Un po’ era curioso, però. Avrebbe dovuto chiedere direttamente a Tweety? In fondo non era un argomento proibito, no? Si ripropose di fargli qualche domanda, appena ne avrebbe avuto la possibilità.

Nel caso, avrebbe trovato le risposte guardando Will & Grace.

 *

Finito di riprendere, sia Silvestro che Tweety si diressero nel camerino. Silvestrino disse di voler rimanere sul set per dare un’occhiata in giro. Voleva vedere le scenografie da vicino.

Il padre gli raccomandò di stare attento e, poco dopo, si chiuse nel proprio camerino. Era contento di aver lavorato tanto bene. Si era impegnato più del solito, ovviamente. Anche Tweety aveva fatto un ottimo lavoro, ma Silvestro non credeva che lo avesse fatto per lo stesso motivo per cui lo aveva fatto lui.

Si tolse la giacca e la poggiò sulla sedia. In quel momento, senza bussare, entrò Tweety, anche lui senza giacca.

« Detesto dirlo ma… hai fatto bella figura, Silvestro.» Richiuse la porta, avvicinandosi a lui.

«Com’è che sei uscito dalla tua gabbia? » Chiese scherzosamente. Tweety gli sorrise e, sorprendentemente, gli diede un bacio a stampo sulle labbra.

Silvestro rimase basito per qualche secondo.

«E… questo per che cos’era?» Chiese con un sorriso nervoso.

«Per aver avuto il coraggio di interpretare un personaggio gay di fronte a tuo figlio.»

«Il mio personaggio non è gay.»

«Non ancora, Silvestro. Non ancora.»  Fece per andarsene ma Silvestro gli afferrò la mano e lo fece voltare verso di sé.

«Ho un déjà vu.» Disse il biondo sorridendo.

«Io ho solo fame.» Detto questo, avvicinò il viso a quello di Tweety e lo baciò. Il biondo, anche in quella situazione, capì che Silvestro non aveva idea di che cosa fosse un déjà vu.

Era sempre così. Lui gli dava un minima dimostrazione di… affetto, e Silvestro non riusciva a resistere dal mettergli le mani addosso. Oh, sì. Era proprio una sorta di dipendenza, la sua.

Accadde una cosa strana però. Improvvisamente Silvestro si staccò da lui. Tweety ne capì il motivo quando, guardando la porta del camerino, notò che era semi aperta.

La testa corvina di Silvestrino spuntava da essa. La sua espressione era del tutto calma e rilassata, mentre quella di Silvestro era molto preoccupata.

«Ehm…» Il moro provò a dire qualcosa, ma non gli riuscì.

«Volevo chiedere una cosa a Tweety. Però ora non ce n’è più bisogno.» Disse il piccolo entrando nel camerino. Non sembrava a disagio. Pareva molto tranquillo.

«Ehm, Silvestrino, io volevo… sì, volevo dirtelo… però, però…» Silvestro ci provò davvero, a parlare normalmente, ma fu inutile. Tweety vedeva quando fosse ansioso. Provò una po’ di pena per lui.

«Sei gay, no?» Entrambi gli adulti presenti in quella stanza si impietrirono.

«Cosa?» Chiese Silvestro, incredulo.

«Ti piace Tweety, vero? Lo stavi baciando. Volevo chiedere a lui se lo era, però ora non serve più.»

Persino un bambino di otto anni è riuscito a capire che Tweety è paurosamente omosessuale.

«Silvestrino… tu cosa sai, esattamente, su… sui gay?»

«Che gli piacciono gli uomini invece delle donne. E che a volte si comportano da donna.» Quelle parole, pronunciate con tanta dolcezza, quasi divertirono Tweety. Adorava quel ragazzino, davvero.

«Le basi le ha.» Disse con un sorriso.

«Zitto, tu.» Ringhiò Silvestro. Andò verso suo figlio e gli prese la mano.

«Vieni con me. Parliamo per bene, okay, cucciolo?» Il piccolo annuì e seguì il genitore. Dal canto suo, Tweety sperava solo che la cosa non trapelasse con Pepé. Se avesse saputo che lui (Titì) se la faceva col suo prezioso Silvestro, lo avrebbe ghigliottinato.

 *

«Ti dispiace?» Chiese. Silvestro. Erano seduti sui gradini fuori dal set. Tirava un po’ di vento.

«Di che cosa?» Fece Silvestrino, mentre raccoglieva una margherita che spuntava dal cemento.

«Che io sia… gay. » Oddio, parlare in questo modo ad un bambino era tremendamente complicato. Silvestrino si rigirò il fiorellino tra le mani e poi lo buttò via.

Non capiva esattamente dove volesse arrivare suo padre.

«No. Perché dovrebbe?» Chiese.

«Bè, sai, magari la trovi una cosa… anormale.» Congiunse le mani nervosamente. Il piccolo tremò appena. Un soffio di vento particolarmente fresco lo aveva sorpreso.

«A me piace molto mangiare le ciambelline salate col burro d’arachidi» Silvestro si stupì di questa frase «me le porto anche come merenda, a scuola. Un bambino una volta mi ha detto che facevano schifo, e mi ha preso in giro dicendo che non ero normale a mangiare quella roba.» Silvestro rimase impietrito. Cosa voleva dirgli, il piccolo?

«Però a me piacciono. Io non prendo in giro lui perché non gli piacciono. Io non faccio niente di male a mangiarle, e lui non fa niente di male a non mangiarle. Capisci, papino?»

Silvestro si portò le mani allo stomaco. Per poco non gli venne da piangere. Non avrebbe mai pensato… ad una cosa del genere. Suo figlio gli stava facendo un discorso rincuorante; suo figlio di otto anni. Un discorso molto convincente, per di più.

«Vieni qui.» Gli disse con un cenno della mano. Silvestrino si alzò in piedi e gli andò vicino. Silvestro lo prese da sotto le ascelle e se lo mise in grembo, stringendolo.

Si sforzò moltissimo per non piangere. Gli diede un bacio sulla fronte.

«Ti voglio bene, cucciolo.» Disse affondando il viso nei suoi capelli. Forse, tra qualche anno, avrebbero dovuto affrontare nuovamente l’argomento. Ma per ora andava bene così. Era così felice da sentirsi scoppiare.

«Anch’io papà.» Disse il piccolo cingendogli il collo con le braccia.

«Posso dirti una cosa?» Chiese ad un certo punto.

«Certo, piccolo.» Rispose Silvestro, spostandolo un po’ in modo da guardarlo in faccia.

«Sono contento che ti piaccia Tweety e non Pepé. E’ troppo strano, mi ha detto che l’amore l’hanno inventato i francesi.» Silvestro rise.

«E poi a Tweety piace Ronnie James Dio. Mi ha mandato Rock’n Roll sul cellulare.» Silvestro non commentò. Gli ci volle qualche secondo per realizzare che suo figlio aveva qualcosa in comune con Tweety… e che si trattava di quella musica orribile.

 *

Quando venne il momento di tornare a casa (a Silvestro stava per spezzarsi il cuore) il piccolo aveva chiesto se dovesse dire alla mamma quello che aveva scoperto.

Silvestro, titubante, gli aveva risposto che doveva decidere lui. Silvestrino ci aveva pensato su un po’, poi aveva scosso la testa, dicendo che erano solo affari loro. Silvestro aveva provato molta gratitudine.

Il piccolo aveva salutato Tweety con un abbraccio (cosa che aveva colto il biondo un po’ di sorpresa). Dal momento che Silvestrino si era fermato da suo padre per due giorni, il piccolo e Tweety avevano avuto modo di conoscersi meglio. Oh, bè, in verità non avevano fatto altro che parlare di musica metal e scambiarsi canzoni, ma anche quello era un buon inizio. Dopo quei giorni passati insieme, Silvestro aveva faticato non poco a lasciare andare la manina del figlio sulla soglia di casa. Quel bambino era… non era la gioia del suo cuore, Silvestrino era il suo cuore. La luce in fondo al tunnel, la sua oasi nel deserto. Ogni qual volta si sentiva triste, gli bastava pensare a lui, per non lasciarsi andare a fondo.

Quel bambino avrebbe dovuto compiere scelte e percorsi, e lui voleva esserci. Voleva essere sempre felice per lui, voleva vederlo felice… e anche per questo gli lasciò la manina col sorriso sulle labbra.

 *

«Silvestrino mi ha mandato un messaggio.» Disse Tweety guardando il cellulare.

«Impara in fretta. Che dice?»

«Dice: Friz e Bob si innamoreranno come voi due?» Entrambi si zittirono. Silvestro era diventato rosso, Tweety invece pareva quasi esasperato. Si mise a scrivere.

«Cosa gli rispondi!?»

«Che deve aspettare i prossimi episodi per saperlo.»

 

 

FINE

 

 

Ci-sono-riuscita. Questa FF la dedico a Ronnie James Dio (R.I.P.) perché l’ispirazione massima mi è giunta ascoltando (oltre alla canzone del pacchetto) le sue canzoni.

My oasis in the desert, è una frase detta da Silvestro a Tweety (nel cartone originale). Molto romantica, senza dubbio, ma ho voluto utilizzarla per descrivere cos’è Silvestrino per suo padre. Avrei voluto fare la FF più lunga, ma è meglio così. Potrò fare anche un altro seguito, non c’è bisogno di strafare, no?

 

NOTE:

 

Vicinity of obscenity dei System of a down: Canzone alternative metal dai toni parecchio funk (il ritornello lo è, evidentemente).

Pepé Le Pew: E’ un personaggio dei Looney Tunes. Nella versione originale, è una moffetta (e non un puzzola, come tutti credono) dal forte accento francese e di indole molto romantica. Quasi sempre lo si vede rincorrere una gatta alla quale è stata involontariamente dipinta una striscia di bianco sulla schiena, facendola somigliare ad una moffetta. E’ capitato, ad ogni modo, che Pepé s’innamorasse anche di Silvestro, quando ciò accadeva a lui e non alla gatta.

Crudelia De Mon: Personaggio antagonista della Carica dei 101. Ha i capelli per metà bianchi e per metà neri.

Vous êtes parfait! Magnifique, belle fleur de mon coeur et mon esprit: Tu sei perfetto! Magnifico, bellissimo fiore del mio cuore e del mio spirito.

Will & Grace: Sit-com statunitense i cui protagonisti sono un uomo gay e la sua migliore amica. La Sit-com abbonda di personaggi omosessuali e di riferimenti sessuali (mai volgari o troppo espliciti).

Friz Freleng: E’ stato un regista e produttore cinematografico statunitense. Ha introdotto e/o sviluppato molti personaggi della Warner, tra i quali Gatto Silvestro

Bob Clambpett:  E’ stato un animatore, produttore e direttore della Warner. Secondo la Wikipedia italiana, egli è il creatore di Tweety, ma non è del tutto chiaro.

Rock’n Roll di Ronnie James Dio (DIO): Pezzo cantato da una delle migliori voci della storia dell’heavy metal.

Neil Patrick Harris: Noto per l’interpretazione di Barney nella sit-com How i met your mother. L’attore è omosessuale ed ha una relazione con l’attore David Burtka. I due sono padri di due gemelli nati da madre surrogata.

David Burtka: Attore e cuoco statunitense e fidanzato di Neil Patrick Harris.

Jim Parsons: Noto per il ruolo di Sheldon Cooper in Big Bang Theory. Dichiaratamente omosessuale.

Todd Spiewak: Fidanzato di Jim Parsons.

Jodie Foster: Famosissima attrice statunitense, famosa per film come Taxi Driver, Sotto accusa e Il silenzio degli innocenti. Dichiaratamente omosessuale e madre di due figli.

Nel caso, avrebbe trovato le risposte guardando Will & Grace: Non stupitevi di questa frase. Ho iniziato a vedere quel telefilm più o meno alla stessa età di Silvestrino, ed è anche così che sono cresciuta senza pregiudizi ne limiti mentali.

  
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