Fanfic su artisti musicali > Arashi
Segui la storia  |       
Autore: Hika86    02/09/2011    3 recensioni
Finalmente Satoshi si è deciso a prendere un appartamento per sè. L'idea è di andare finalmente a vivere da solo, ma durante la prima sera nel suo nuovo appartamento arriva una ospite inaspettata: adora il pesce, come lui, ed è di poche parole, come lui, ma ha quattro zampe, è pelosa e teneramente dispotica. [Main character: OHNO SATOSHI]
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Satoshi Ohno
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo'


Ohno Satoshi.
Giovane giapponese.
Trentenne.
Single.
E da quel giorno, indipendente.
Non gli piacevano il rumore e la confusione quindi aveva ben pensato di fissare una gita fuori porta esattamente nel giorno del suo trasloco. Tanto quelli della compagnia dei traslochi avevano la chiave ed erano loro a dover fare il grosso del lavoro, ma la sua fortuna era di avere una madre premurosa che aveva deciso di occuparsi della supervisione degli operai così lui era stato libero di scappare.
Tornò al tramonto con gli stivali per la pesca di fiume e gli attrezzi più piccoli chiusi nella solita borsa, il retino e la canna da pesca in una mano e un sacchetto di plastica ben chiuso nell'altra. Era il suo bottino di quel giorno: una trota (piccolina e aveva dovuto lottare parecchio con lei perchè aveva tentato di andarsene dal retino), due anguille e un paio di gamberetti d'acqua dolce, che aveva cominciato a pescare per caso dopo averne acchiappati un paio mentre faceva una pausa pranzo seduto sui sassi del fiume. Una volta presi quelli tanto valeva trovarne a sufficienza per cucinare almeno un piatto per sè.
Salì con cautela le scale dell'edificio, facendo attenzione che la lunga canna e il filo non si impigliassero da qualche parte, poi si fermò al secondo piano e si mise a cercare le chiavi. Non le trovava e si mise a cercare ovunque: nelle tante tasche dei pantaloni da pesca, dentro la borsa. Solitamente pescava per divertimento, non per portare qualcosa a casa, quindi non era abituato a tornare carico di cibo e faceva difficoltà a frugarsi addosso dovendo tenere in mano anche il sacchetto con i pesci. Dopo tre minuti di silenziosa ricerca trovò le chiavi, ancora senza portachiavi, e aprì la porta.
La giornata era stata sfiancante, così fu felice di vedere che l'appartamento era relativamente in ordine. Sarebbe stato impossibile il contrario dato che a parte i mobili le sue cose occupavano solo tre scatole di modeste dimensioni. A parte quelle, il grosso di ciò che era suo erano cavalletti, pennelli e tele, ma erano ancora a casa dei suoi: non le avrebbe mai lasciate in mano ad altri. E lo stesso valeva per l'attrezzatura da pesca, ed ecco perchè l'aveva usata per quel giorno, per averla lui e non doverla affidare ad altri.
Aprì la porta-finestra che dava sul balcone del salotto e lasciò fuori la borsa con l'attrezzatura e la canna con il filo ben arrotolato. Il sacchetto con i pesci venne lasciato sul bancone del piccolo angolo cucina e Satoshi recuperò il Post-IT lì vicino per leggerlo mentre si avviava verso il bagno. "Satoshi kun, il trasloco è andato bene. Ti aspettiamo la prossima settimana per recuperare le ultime cose. La compagnia dei telefoni ha allacciato la linea così i ragazzi ti hanno lasciato un messaggio in segreteria." comunicava sua madre con la sua scrittura semplice dai tratti dolci. Il ragazzo si tolse i vestiti e li gettò dentro la nuova lavatrice in bagno poi, rimasto in boxer, entrò per la prima volta nella sua nuova camera e, ad intuito, schiacciò un paio di pulsanti del telefono sul comodino, alla ricerca di un modo per accedere alla segreteria.
⎨RIIIIIDA!!!⎬sentì Matsujun cantilenare il suo soprannome⎨Oh-chan ti hanno attaccato il telefono! ... Certo che è attaccato, altrimenti con chi stiamo parlando? ... Guardate che i messaggi in segreteria hanno un limite di tempo: ci sbrighiamo? ... Riida, ancora non sei tornato vero? Ancora pesci ... Gli cresceranno le branchie ... O magari sbufferà come i delfini, rimanendo un mammifero ... Allora Ohno kun, vedi di procurarti cinque sedie e un tavolo abbastanza grande entro... entro un giorno, perchè verremo a trovarti per inaugurare la casa ... Dobbiamo battezzarla! ... Ho sent-⎬il messaggio terminò, ma la segreteria segnalava un secondo messaggio⎨Ecco, ha fatto *bip* ora sbrighiamoci ... Cosa dovevamo dire? ... Riida ci vediamo domani alle riprese, ma volevamo avvisarti ... Veramente volevamo divertirci, lasciamogli venti messaggi: ti immagini che palle sentirseli tutti quando torna? ... Idea bocciata Nino ... E' fuori questione ... Dai che poi finisce! Dite "a domani" ... A DOMANIIIIIII ... ciao Riida!!⎬e finì. «A domani» rispose ad alta voce Satoshi, ridendo divertito. Non cancellò nessuno dei due messaggi.
Stanco dopo quella dura giornata, tornò subito in bagno e, disfattosi della biancheria si chiuse nell'ofuro. Aprì l'acqua per riempire la vasca e si sedette sullo sgabello di plastica aprendo anche i rubinetti della doccia per lavarsi prima di rilassarsi nell'acqua calda dell'ofuro.
Sarebbe stata la sua prima notte nella sua nuova casa. Non ricordava più come, ma una sera a tavola aveva alzato lo sguardo dal piatto e aveva annunciato che gli era venuta voglia di andare a vivere da solo. Significava molto per uno come lui, sempre al lavoro, sempre in giro, tornare a casa e non trovare una cena pronta, un bagno caldo ad aspettarlo, un letto ordinato. Da quel giorno avrebbe dovuto fare tutto da solo. Non che non sapesse cucinare o pulire una stanza, ma fino a quel momento aveva fatto molto affidamento su sua madre e ora si sentiva come quando da bambino gli avevano tolto i braccioli dicendo "e adesso nuota". In quel caso era rimasto solitario contro una massa d'acqua, un mondo ignoto. Stavolta era lui davanti a tre stanze vuote.
Immerso nell'acqua calda dell'ofuro e nel silenzio però preferiva pensare, più che a tre stanze vuote, a tre stanze che si riempivano di lui. Non era più un bambino, aveva trent'anni, non aveva più paura. Timore forse, ma aveva deciso finalmente di fare quel grande passo perchè aveva sentito che era arrivato il momento: il momento di avere uno spazio tutto per sè. Avrebbe riempito la sala di tele, se lo sentiva. Il bancone della cucina sarebbe stato invaso presto dai pennelli e fai gessetti più che dalle bacchette e dai bicchieri. Se non si contano i bicchieri per l'acqua con cui pulire gli strumenti dalla tempera, chiaramente. O magari l'avrebbe tenuta molto più in ordine di quel che credeva: gli piacevano gli spazi vuoti, di ampio respiro, dove sgombrare la mente, tranquillizzare il proprio animo e riflettere in tutta calma. Comunque fosse andata, per lui pensare a quella nuova casa era come stare davanti una tela bianca: non era tanto il timore di sbavare un colore a impegnare i suoi pensieri, quando l'eccitazione e l'impazienza di cosa ne sarebbe venuto fuori.
Quando sentì che la testa cominciava a girargli uscì dall'acqua bollente e si mise addosso un asciugamano. Si guardò intorno accorgendosi di non aver preso il cambio, quindi avviò la ventola per l'umidità e uscì saltellando i punta di piedi lungo il corridoio per raggiungere la camera. Si mise a ridacchiare tra sè, come un bambino, divertito dal pensiero delle orme bagnate che stava probabilmente lasciando sul parquet. Si stava infilando un paio di pantaloni di una tuta quando sentì un rumore venire dal salotto. Strinse i lacci intorno alla vita facendo un nodo e si affacciò a controllare: non c'era nessuno e non tirava vento quindi aggrottò le sopracciglia credendo di essersi immaginato quel suono; ma quando fece per girarsi di nuovo verso la camera e prendere una maglietta udì chiaramente il rumore di un sacchetto di plastica che veniva mosso. Tornò a guardare in sala e guardò il sacchetto dei pesci, immobile. Il secondo dopo di mosse ancora e allora spuntò il muso di un gatto che stava dall'altra parte.
«E tu?» domandò ad alta voce, sgranando gli occhi quando mise a fuori l'ospite inaspettato. L'animale chiaramente lo ignorò e continuò ad armeggiare con la plastica dove non riusciva a trovare uno spiraglio per accedere al gustoso contenuto. «Da dove spunti? Ehi, quella è la mia cena» insistè avviandosi verso la cucina. Allora il gatto sconosciuto lo guardò e miagolò, come capendo di dover reclamare a lui le difficoltà che stava incontrando nel raggiungere il pesce. «"nyan" cosa, peloso ladruncolo di cibo a scaglie?» domandò arricciando il labbro e prendendo il sacchetto, ben chiuso da un nodo, sollevandolo dal bancone perchè non fosse più alla portata delle unghie dell'animale. Non era particolarmente piccolo, non era più un gattino cucciolo, ma non era nemmeno un adulto, si vedeva che non aveva ancora raggiunto il massimo delle sue dimensioni ed era ancora in crescita. «Lei chi è, Neko san? Anzi no... tu chi sei, Neko chan? E da dove arrivi?» chiese ancora. Come tutti, anche il silenzioso Ohno Satoshi parlava con gli animali. Tenendo il sacchetto sollevato guardò verso la porta-finestra del balcone: probabilmente era arrivato da lì e doveva essere di qualche sua anziana vicina amante degli animali. Non fece in tempo a riflettere su altro perchè venne colto alla sprovvista dal balzo dell'animale: si lanciò sul sacchetto e rimase artigliato ad esso con tutte e quattro le zampe, emettendo un secondo miagolio. Trionfo o protesta? Satoshi non era bravo a capire gli animali, ma si spaventò non poco. «Che colpo! Lo vuoi proprio eh? Questo pesce...» lo fissò facendo dondolare il sacchetto con il gatto appeso sotto. Non potè fare a meno di ridere di gusto: era la scena più buffa che avesse mai visto. «Se ti stacchi la trota è tua. Per me è piccola» spiegò prendendolo per la collottola e cercando di tirarlo via. Fece resistenza qualche secondo poi si rassegnò e lasciò che ci pensasse Satoshi a staccargli gli artigli dal sacchetto, senza aiutarlo in alcun modo. Lo rimise sul bancone e allontanò il pesce mettendolo sul ripieno id lavoro di fianco ai fornelli. «Potrai mangiarla la trota lessa?» si domandò dubbioso «Dovrò pulirla bene» ragionò fissandolo «Giù» concluse quindi, indicandogli il pavimento. Senza farselo ripetere il gatto fece un balzo elegante, nonostante l'altezza fosse notevole. Fece un giro su se stesso, posò il sedere a terra e alzò il muso a fissarlo. Miagolò. "Pesce". Era quasi sicuro di quella traduzione. Non c'era gentilezza in quella richiesta, ma nemmeno crudeltà, pareva solo una semplice constatazione: "pesce" era ciò che voleva, "pesce" era ciò che avrebbe ottenuto di conseguenza.
Con un sospiro il ragazzo aprì il sacchetto e si mise al lavoro, troppo preoccupato che il gatto potesse saltare anche sulla cucina per concedersi di tornare in camera a mettersi una maglietta. Pulì la piccola trota, preparò una padella e la scaldò per metterla a cuocere mentre si sarebbe dedicato alla sua anguilla che andava pulita e poi lasciata ad insaporirsi nel sakè per un po'. Per tutto il tempo il gatto rimase lì vicino. Gli si strusciò contro le gambe, miagolò un paio di volte, si sedette di nuovo a terra e si allungò verso la cucina (inutilmente dato che era più basso del ripiano). Quell'animale era divertente, ma c'era qualcosa nei suoi modi che lo rendevano elegante e dignitoso anche quando era buffo.
Quando la trota fu pronta pulì con più attenzione il pesce, spezzettò la polpa per controllare che non ci fossero altre spine e mise solo la prima metà in un piattino. «Ittadakimasu» disse appoggiando il cibo a terra. Senza troppe cerimonie il gatto ci si avventò. «L'altra metà dopo, altrimenti mi stresserai anche mente cucino la mia cena» lo ammonì, come se potesse capirlo. Gli avrebbe rotto le scatole in ogni caso.
Satoshi non era un gran cuoco, non aveva quasi mai tempo per cucinarsi niente, di conseguenza non aveva avuto l'occasione (nè particolare interesse) di imparare a destreggiarsi tra i fornelli. Se la cavava a sufficienza comunque per prepararsi una buona anguilla: se la pregustava da quando l'aveva pescata, voleva fare un primo pasto casalingo coi fiocchi. Lavò il riso e lo lasciò a cuocersi poi tolse l'anguilla dal sakè e la mise sulla griglia della cucina. Non canticchiava tra sè, faceva ogni cosa in perfetto silenzio. Gli unici rumori erano il leggero masticare del gatto e il traffico che arrivava dall'esterno o i rumori degli altri appartamenti con le finestre aperte. Il cielo si era oscurato e potevano già sentirsi le bacchette sbattere contro i piatti, le televisioni accese, i discorsi lontani delle famiglie. Satoshi invece era solo con il suo inaspettato ospite. Aveva acceso la lampadina della cucina, sopra i fornelli, e quell'alone chiaro creava una pozza di luce nel buio del resto della casa. La notte che aveva riempito il salotto era come la cornice un quadro in cui un tranquillo ragazzo e un gatto si godevano i piaceri di una serata tranquilla.
Sentendo che il gatto tornava a reclamare cibo gli riempì il piatto della seconda metà della trota poi tornò alla preparazione della salsa kabayaki*, assaggiandola intingendo la punta del mignolo nel pentolino. Quando la cuoci riso lo avvisò che era pronto lo distese su un piatto, controllò la cottura delle fette d'anguilla e intinse la prima nella salsa. La lasciò scolare un po' e poi l'adagiò sul riso. Si fermò ad osservare l'opera conclusa e in quel momento l'animale finì la sua parte di cena. Sembrava soddisfatto, infatti non chiese altro: annusò ancora un po' il piatto vuoto e gironzolò per la cucina fino a stendersi al centro del salotto, vicino agli scatoloni. Continuò a leccarsi i baffi per almeno dieci minuti mentre si dedicava alla pulizia del proprio pelo, girandosi e rigirandosi sul parquet. Satoshi si era messo su una delle sedie nuove (sufficientemente alte per far mangiare comodamente sul bancone) e, dopo aver spezzato le bacchette, si era messo a mangiare fissando alternativamente il gatto nel suo salotto e il paesaggio di luci colorate fuori dalla finestra.
L'anguilla era buona e il fatto di essersela procurata da solo la rendeva ancora più gustosa. Quando pensò questo si sentì proprio come un gatto randagio che era andato tutto il giorno a caccia ed era tornato la sera con la preda quotidiana. Prese dei chicchi di riso tra le bacchette e li osservò mentre nella sua testa cominciava a canticchiarsi "Silver Ring". Era appena a metà del piatto quando l'animale si bloccò e guardò verso la finestra. «Natsu!» si sentì dire dal balcone. Il gatto girò su se stesso e trottò via. «Natsu!» insistevano a chiamare. Satoshi lasciò la cucina, accese la luce e seguì l'ospite fuori dalla porta-finestra. Dal balcone di fianco una donna guardava in basso «Ma dov'è? Natsu!» fece ancora. Il gatto saltò sul parapetto del balcone e camminò piano, in bilico sul cornicione decorativo del palazzo. «Scusi, cerca quel gatto?» domandò il ragazzo. Quella si girò e notò l'animale venirle incontro sfoggiando tutte le sue doti d'equilibrio. «Natsu! Eccoti» sorrise riconoscendola «E' già ora di cena e ancora non tornavi, mi stavo preoccupando. Mi scusi moltissimo, non è la prima volta che gira nelle altre case del palazzo» disse poi passando dal parlare con il gatto al parlare con lui in secondo dopo l'altro. «Ma è piccolina è non riesco a tenerla sempre in casa. E' troppo vivace» continuava a spiegare
«Non importa. Non mangerei mai un anguilla e una trota la stessa sera» spiegò Satoshi muovendo la mano nell'aria davanti a sè
«Hai scroccato la cena? Piccola ruffiana!» esclamò la donna guardando il gatto che arrivava al suo balcone, le sfilava a fianco e rientrava in casa senza calcolarla «Mi dispiace moltissimo! Gli inquilini sanno che non devono darle da mangiare, così so che torna almeno la sera a cena. Lei è quello nuovo?»
«Unh» annuì semplicemente
«Mi scusi, davvero. Prometto che la ripagherò della trota sprecata» continuava a scusarsi quella. Per lui era tutto nuovo, avendo sempre vissuto nella stessa casa conosceva i suoi vicini da anni e non c'era più tutta quella formalità tra loro. Un nuovo appartamento però comportava anche nuovi vicini. L'edificio non era un condominio comune, per cercarlo lui e sua madre si erano fatti aiutare da Matsujun di modo da trovare un posto simile al suo, dove la privacy degli inquilini era rispettata da tutti perchè tutti la auspicavano. Casa di Jun era più lussuosa e i suoi vicini erano tutti attori, scrittori famosi o manager di cantanti, nel suo piccolo condominio invece sapeva che abitavano un professionista di go, qualche giornalista e un presentatore radiofonico. Insomma, il target era più modesto, ma l'idea era la stessa e anche lì la portineria era aperta e controllata ventiquattro ore su ventiquattro. «Non importa» ripetè alla donna mentre sentiva crescere lo sfrigolio della seconda metà d'anguilla «Le va dell'anguilla alla griglia?» domandò di getto. Aveva pescato anche un secondo esemplare che aveva messo in fresco nel freezer, ma anche se gli piaceva non poteva mangiare solo quello per giorni pur di finirlo! Se c'era modo di darne via un po' era bene sfruttare l'occasione, senza contare che era certo fosse meglio essere gentile con i propri vicini. Sarebbe stato poco presente e dato che era un tipo silenzioso e tranquillo presto nessuno avrebbe più fatto caso a lui nel condominio, ma gli piaceva l'idea di conoscere qualcuno (più vicino di sua madre) a cui poter chiedere in caso di bisogno. «Oh...le piace il pesce?» chiese quella
«Mi piace pescare» rispose stringendosi nelle spalle
«Posso, sul serio? Non vorrei sembrare una profittatrice degna del mio animale domestico». Satoshi annuì «Finisco di prepararle il piatto e glielo porto» disse per poi rientrare in casa
«Ma no! Si figuri, vengo a prenderlo io!» esclamò quella imbarazzata. Lui non disse altro, tornò in cucina, tolse l'anguilla dalla griglia e la pucciò nella salsa rimanente prima di adagiarla su un secondo piatto di riso. Lo coprì con della pellicola e si avviò alla porta. Il campanello suonò proprio mentre si stava mettendo le scarpe. Aprì la porta «Ecco» disse solo porgendole il piatto
«Io... grazie! Sono in debito. Le pulirò il piatto» rispose lei imbarazzata. Era una vicina giovane, l'aveva capito anche al balcone, ma se ne rendeva conto solo in quel momento alle luci del corridoio del condominio. Si stupì, si era autoconvinto che la padrona del gatto fosse una signora anziana. «Lei è Ohno san, vero?» domandò «I condomini vengono sempre avvisati quando arriva qualche nuovo inquilino»
«Sì, sono Ohno Satoshi. Molto piacere» rispose lui tranquillo
«Piacere mio, il mio nome è Nijihara Fuyuko» si presentò inchinandosi con eleganza
«Come si chiama lei?» domandò il ragazzo notando che il gatto era sgattaiolato fuori dalla porta e aveva seguito la padrona tentata dall'odorino dell'anguilla
«Ah, quest'impicciona è Natsuko. Cosa fai ancora qui? Torna di là che tra poco abbiamo ospiti» sgridò l'animale cercando di allontanarla con un piede
«Il nome è stato scelto apposta?» chiese Satoshi sorpreso**
«No, ma ho scelto apposta la gatta» spiegò quella controllando che il gatto rientrasse in casa «Quando sono andata a vedere la cucciolata e mi hanno detto i nomi ho scelto lei apposta, non ho chiesto che carattere avesse e così mi sono ritrovata una peste» concluse «Grazie ancora per l'anguilla»
«Faccia con calma. Dato che non so quando potremo incrociarci nuovamente può lasciare il piatto in portineria»la raccomandò prima di inchinarsi per salutarla
«Farò così allora. Buona serata» sorrise lei inchinandosi a sua volta prima di tornare verso la sua porta. Il ragazzo la osservò incuriosito, sembrava muoversi con la stessa eleganza della sua gatta. «Mi dispiace di non averla fatta entrare» disse prima che questa rientrasse nel suo appartamento. All'improvviso si era reso conto di essersi comportato un po' freddamente, come se avesse voluto tenerla fuori casa. Era vero che non c'era bisogno che entrasse, ma poteva averle dato un'idea strana: le offriva una cena, ma la teneva a distanza. «Si figuri, è stato gentile. Ha appena traslocato, non oso immaginare le scatole e io devo mangiare prima di dare lezione» spiegò con un sorriso tranquillo. Dovevano essere le otto di sera circa: chi era la sua vicina? «Vengono spesso persone a casa sua?» osò chiedere
«Non si preoccupi, non facciamo rumore. Sono solo alcuni insei che vengono da me una volta al mese per studiare insieme alcune partite di go***» rispose quella tranquillizzandolo «Siamo gente seria che sta tutta la sera seduta intorno ad una tavola da gioco»
«Oh, ora ho capito» annuì. Quindi la sua vicina era la professionista di go «Buon lavoro allora»
«Buona serata, grazie ancora» concluse e chiuse la porta.
La zona era buona, l'appartamento era tutto suo, la vicina era la professionista di un tranquillo gioco da tavolo e il massimo del disturbo che poteva avere era dato da una gattina dal nome curioso, appassionata di pesce quanto lui. E a proposito di pesce, c'era ancora la sua porzione di anguilla che lo aspettava in cucina.

*Satoshi sta preparando la tipica ricetta dell'anguilla alla griglia che solitamente si prepara d'estate che comporta semplicemente la preparazione del riso al vapore, la cottura dell'anguilla e la preparazione della salsa (ma vi giuro che è un orgasmo culinario: ammazzerei per mangiarla ancora). Vi lascio una foto per aver un'idea del piatto QUI
**Il nome della vicina è Fuyu (inverno) Ko (bambina/figlia), mentre quello della gatta è Natsu (estate) Ko (bambina/figlia)
***Il gioco del go (igo) è un antichissimo gioco da tavolo cinese (esteticamente simile all'Othello, ma più difficile degli scacchi) giocato ancora oggi in tutto il mondo. In asia, dove è chiaramente più diffuso, esistono svariati tornei e in Giappone essere giocatori professionisti di go equivale ad avere un lavoro. Gli insei sono ragazzi fino ai vent'anni, giocatori di go non professionisti che studiano per diventarlo.


Felinamente, dall'autrice
(chi legge le mie ff sa che amo commentare quel che faccio)
Messaggio per chi legge l'altra long fic che sto scrivendo: non uccidetemi per aver scritto questo invece di aver scritto Akai. (sì, lo so, c'è anche la oneshot per il compleanno di Jun... arriverà in straritardo... paf!) Per Akai ho bisogno di concentrazione maggiore, non ci riesco con un esame che mi fiata sul collo e poi, chi la legge lo sa, è un momento un po' teso in quella fic per alcuni personaggi e non ero in vena di scrivere una cosa simile.
Oggi sono più rilassata e così ho fatto il primo capitolo di questa.

Non è pensata per essere lunga, non ho ben pensato a tutto (come invece è mio solito), ma potrebbero essere 3 capitoli. Al massimo 5 e nessuno, credo, particolarmente lungo. E' una fluff, stesso genere di Ame, quindi se vi è piaciuta quella dovrebbe piacervi anche questa. Solo che invece di esserci Aiba c'è il Riida... è la prima volta che scrivo una fic con lui come protagonista e non ne ho letta nessuna a parte una, quindi per la "resa" di Satoshi non mi ispiro a nessuno. Mi appoggio alle mie sensazioni di lui, a ciò che ho già abbozzato nelle alte fic di carattere più generale dove parlavo di tutto il gruppo (5x100, Being... Arashi e gli ultimi due capitoli di Zakuro). Spero con tutto il cuore di non scrivere una boiata ._.
Passiamo al capitolo.... ahahah!!! Era dai tempi di Ame che non mettevo foto i cibi!! Che malinconia!! *-*
Dunque... a differenza del solito, ho cominciato a scrivere che avevo solo pensato fino alla scena del sacchetto (ieri notte prima di dormire). Il resto non lo sapevo (nomi, scene, dialoghi). Per chi segue quello che scrivo sembrerà strano così come lo sembra a me XD La vostra hika scrive alla cieca!
Ma io vedo bene anche al buio come Natsuko (per gli amici, Natsu. O NatsuNyan come ho preso a chiamarla io da 15 minuti XD) quindi spero di aver fatto qualcosa di decente. Altrimenti significa che sono andata a sbattere contro qualche mobile *dolor*
Continuavo a cambiare idea sulla professione della vicina. Alla fine poi, sapete che amo ficcare roba tipicamente giapponese nelle mie ff, quindi ho scelto di farla una professionista di go. Un po' sarà perchè ultimamente sto rileggendo (per la ventesima volta) il manga di Hikaru no Go, un po' perchè questa primavera mi sono esaltata giocando nuovamente una partita dopo cinque anni di inattività e l'ho vinta (ok, avevo un vantaggio di 3 pietre, lo ammetto!). Io difficilmente parlo di cose di cui non ho avuto esperienza diretta (o devo averne perlomeno una buona conoscenza), quindi ecco qui com'è nata l'idea della professione di Nijihara Fuyuko.
Ok la smetto.
Alla prossima!

Nyan!

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Arashi / Vai alla pagina dell'autore: Hika86