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Autore: Oducchan    03/09/2011    2 recensioni
Rosso.
Si diede dell’idiota. Di che altro colore poteva essere, il sangue? Rosso, caldo, e se era abbastanza fresco anche appicicaticcio. Se era fresco, però, voleva dire che la ferita non era ancora completamente chiusa.
Però… era davvero così stupido, essersi aspettato, giusto per una frazione di secondo, un battito di ciglia, che il suo sangue fosse verde come i prati incolti delle sue pianure, o blu intenso come il mare che tanto amava e a cui tanto agognava? Avrebbe avuto più senso.
Avrebbe avuto più senso il fatto che Inghilterra sanguinasse, così.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Anglosaxon blood

Note:

a)     Francia/Inghilterra alquanto light, ambientazione di sfondo WWII –sono propensa a dire probabilmente dopo un bombardamento tedesco su suolo inglese

b)     B) piccolo presente per la danna. Perché di sì <3

c)     Vagamente senza senso. Ma spero possiate apprezzarla comunque <3

 

 

 

Anglosaxon blood

 

 

 

 

Rosso.

Si diede dell’idiota. Di che altro colore poteva essere, il sangue? Rosso, caldo, e se era abbastanza fresco anche appicicaticcio. Se era fresco, però, voleva dire che la ferita non era ancora completamente chiusa.

Però… era davvero così stupido, essersi aspettato, giusto per una frazione di secondo, un battito di ciglia, che il suo sangue fosse verde come i prati incolti delle sue pianure, o blu intenso come il mare che tanto amava e a cui tanto agognava? Avrebbe avuto più senso.

Avrebbe avuto più senso il fatto che Inghilterra sanguinasse, così. Mentre il rosso gli apparteneva così poco, non gli donava neppure, e le pezze che odoravano di ferro e sudore parevano così assurdamente irreali. Un controsenso.

Arthur ebbe un sobbalzo, mentre anche l’ultimo lembo di una benda ormai usurata scivolava lungo la pelle fino a terra, lasciando scoperto un taglio slabbrato che gli deturpava la spalla. Rabbrividì, gettandogli una breve, brevissima occhiata –ovviamente per constatare di persona le condizioni effettive in cui verteva- e poi puntò lo sguardo fisso a terra, le folte sopracciglia che assumevano una piega risoluta sopra gli occhi verdi.

Francis abbozzò un sorriso smorto. Conosceva quell’espressione. Era praticamente identica a quella che assumeva da bambino, quando a picchiarlo a sangue erano stati i fratelli che adesso gironzolavano solerti per casa. L’unica cosa che era cambiata stava nella smussatura della mascella, che aveva definitivamente perso la morbidezza dell’infanzia e adesso che stringeva i denti formava un angolo netto, secco.

Si riscosse, concentrandosi nuovamente sulla morbida pezzuola umida di acqua e disinfettante, e continuò a passarla con delicatezza infinita sulla ferita rossa e gonfia, cercando di pulirla meglio che poteva. Individuò dei minuscoli spasmi di sofferenza dalla contrazione irrequieta dei muscoli del braccio, ma ogni volta che provò ad alzare lo sguardo verso il volto dell’inglese non riuscì a leggervi il benché minimo segno di debolezza. Maledetto cretino. Impegnato anima e corpo a mostrarsi superiore.

Non trovò la forza effettiva di farglielo notare. Di stuzzicarlo, di esacerbare la sua pazienza fino a farlo sbottare risentito, di suscitare una qualsiasi reazione e poi gongolarsi nel pensiero di aver attirato, ancora, la sua attenzione. D’altro canto, andava bene anche così. Lasciò cadere la spugna, afferrando invece un rotolo di bendaggi puliti e accuratamente conservati. Si sporse appena in avanti, allungando un braccio oltre il petto nudo per afferrarne l’estremità e poter cominciare a svolgerlo, e Arthur ebbe un altro sussulto. Stavolta, il contatto, seppur minimo, del gomito con la spalla sana.

Scemo. Ma quanto era scemo. Senza accorgersene Francis trattenne il fiato per qualche istante, cercando di non far tremare le mani mano a mano che lavoravano, e si sforzò di concentrarsi sul far sparire sotto tutto quel cotone bianco ogni singola traccia del taglio e della carne lacerata, fino a ritrovarsi con un quadrato di stoffa che non sapeva bene dove fermare. Si lasciò scappare un singulto.

Che idiota.

La mano di Inghilterra si chiuse sopra la sua, sfilandogli il termine del bendaggio dalle dita, e si affrettò a farlo sparire tra le pieghe del resto della fasciatura, controllando che non si potesse spostare di un millimetro. Francia si morse un labbro nell’estremo tentativo di non parlare, e voltò di scatto il capo quando comprese che l’altro stava per cercare il suo, gli occhi verdi che guizzavano sotto le palpebre appesantite dal poco sonno e dagli incubi.

Inghilterra sospirò, probabilmente innervosito. Francis non fece una piega, fingendo di giocherellare con i rimasugli di cotone macchiati che aveva buttato per terra, ma alla fine fu lui, stavolta, che non riuscì a frenare un sobbalzo. Inghilterra si era mosso, di qualche centimetro, strisciando sul materasso, e con tutta la scarsa naturalezza e la goffaggine di cui era dotato, aveva posato il capo contro la sua, di spalla. Così, in silenzio, senza aggiungere altro.

Francis sentì le labbra aprirsi per protestare o quantomeno dire qualcosa, ma non ne ebbe il tempo.

-Non provarci- la voce di Inghilterra era talmente roca che aveva perso qualunque traccia di minacciosità, ma non per questo suonava meno decisa –Fallo e ti taglio la gola. Tieni chiusa quella maledetta bocca-

Indeciso sul da farsi, se rivendicare il proprio diritto all’uso della parola o se insultarlo pesantemente, lasciarlo andare di scatto e poi ritirarsi indignato in camera sua, Francia si concesse qualche secondo di silenzio per rimuginarci con calma; dopodiché si disse che le cose andavano prese come arrivavano senza far troppo gli schizzinosi, e che un altro momento così non sarebbe arrivato mai più. Così optò per tacere, sistemandosi un pochino meglio per stare più comodo, e annuì compunto senza aprir bocca.

Solo, si concesse che sulle labbra gli spuntasse un sorriso, mentre si chinava un poco a posare un bacio lieve su quella zazzera debosciata di capelli biondi.

 

 

   
 
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