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Autore: Stateira    04/05/2006    6 recensioni
In molti sanno come è morto il grande Alessandro. Ma nessuno sa il perché.
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sei a letto, grande re

Sei a letto, grande re. Sdraiato fra le tue coperte grottescamente ricche, perché non sei più in grado di muoverti, ormai. Sei debole, sudato, pallidissimo, scavato. Ti guardo, tu mi guardi, non dici nulla, nemmeno un gesto. So che tu avevi capito tutto fin dall’inizio, fin da quella sera, in cui personalmente ti porsi  il boccale che ti avrebbe condannato. Tu bevesti voracemente, poi sentisti il tuo stomaco urlare di dolore, e, come ora, mi guardasti. Mi guardasti, e fu come se tu mi avessi detto “so cos’hai fatto. E so anche perché.”

Odio quando fai così, odio sapere che non c’è modo di esserti superiore, ma soprattutto odio, odio con tutto me stesso te. Te come re, come stratega, e come uomo. Ti odio perché mentre ti accasciavi a terra mi sorridesti, ed io capii che stavi pensando a lui anche in quel momento. Tu pensi sempre a lui, sempre e solo a lui, tanto che il suo nome ormai ce lo hai riflesso negli occhi. Ma perché io devo sempre essere il numero due, eh? Perché c’era lui, nel tuo cuore, e non io?

Mi hai sempre trattato con disprezzo, mi hai sempre fatto pesare la tua naturale superiorità, mi hai sempre relegato in un angolo, e hai sempre fatto apparire penosi e sciocchi i miei sforzi per essere degno almeno della tua stima. Ti guardavo da lontano, perché tu non mi hai mai voluto vicino, e non hai mai voluto sapere quanto avrei potuto darti. Io… ti avrei dato tanto, se solo tu me lo avessi permesso. Avrei voluto darti il mio cuore, i miei sentimenti per te, avrei cercato di renderti felice, sarei stato sincero e leale, con te. Invece tu avevi lui, avevi lui e per te era come avere ogni tesoro del mondo, per questo non ti importava nulla di me, né di nessun altro. La vostra gioia, oh sì, la vostra inattaccabile felicità, era come una lama che strideva nella mia testa. Peccato che, come hai visto la vostra gioia non era poi tanto inattaccabile, in fondo. Lui è morto, e tu sei cambiato. Io ho sperato di poter finalmente avere la mia occasione per starti vicino, per farti dimenticare il dolore, per farti tornare a vivere, ma tu mi hai rifiutato di nuovo, mi hai ferito e mi hai umiliato, mi hai allontanato come se fossi stato un lebbroso.

Io volevo solo che tu mi considerassi, che almeno mi degnassi di uno sguardo, volevo sapere cosa sono le tue mani, cosa sei quando levi la corona e diventi uomo, ed invece… i tuoi uomini non sono mai riusciti a resistermi, mai, nessuno. Perché nessuno resiste a Cassandro, nessuno resiste alla mia volontà di sedurre.

Nessuno tranne te.

 Perché?

 Io ti provocavo sfacciatamente, tu facevi un mezzo sorriso e ti voltavi verso il tuo Efestione, che ti era sempre vicino, e ti dimenticavi persino della mia esistenza, mi dici se questo è giusto? Io ci ho provato, a non pensarci, e lo sai, ci ho provato e ci ero riuscito, finalmente, ad un certo punto, quando avevo scoperto un uomo che fosse come te, che fosse superbo e contraddittorio, che nascondesse in se i segreti di mille nature diverse, che mi amasse e mi maltrattasse. Credevo finalmente di aver trovato qualcosa per me, di essere riuscito a guadagnarmi un po’ di gioia, un po’ d’amore.

E tu… tu me lo hai levato. Me lo hai strappato e lo hai fatto uccidere, perché… perché non ti andava bene, perché in fondo a te piaceva sapere che io soffrivo, e per nessun motivo al mondo mi avresti concesso un po’ di felicità.

Abbiamo vissuto questi anni inseguendoci a distanza, controllandoci senza mai perderci d’occhio, giocando una partita alla pari che ti intrigava moltissimo. Ma io non sono un giocattolo, Alessandro, e non mi lascio usare come passatempo. Ricordo ancora il tuo viso ipocrita, quando venisti a dirmi che ti dispiaceva, per Filota, che era stato tuo dovere farlo.

Mentivi.

Mentivi perché i tuoi occhi bruciavano e ridevano, mi sfidavano e lanciavano i dadi per una nuova partita.

Tu non avevi il diritto di farmi tutto questo, Alessandro!

Hai giocato con me, ti sei preso gioco dei miei sentimenti, mi hai avvilito in ogni modo, mi hai deriso e mi hai messo in ginocchio, con la tua imbattibile superiorità, con il tuo crederti divino, con il tuo esserlo. Forse io non sarò degno di te, grande re, ma tu non dovevi farmi questo, non dovevi…

Ed è per questo che ora sei qui, sdraiato, debilitato, agonizzante. M hai sottovalutato, mi hai umiliato, mi hai spinto a farlo, è colpa tua! Tu l’hai voluto, tu l’hai cercato, mi hai esasperato, me lo hai chiesto! È troppo tardi, ormai, per parlare di qualsiasi cosa, ma tanto so che nemmeno ora mi degneresti si una tua parola. Io per te sono e sarò sempre inferiore di un gradino, mai degno della tua fiducia, e mai degno di te.

Ora non puoi impedirmi di toccarti, se non altro, ma tanto ormai servirebbe a ben poco, perciò sarò onesto, e mi accontenterò di sfiorarti il petto, di toccare quel cuore che non è mai stato mio, e che per questo non sarà mai più di nessuno; e il volto, le guance, solo per ricordare un’ultima volta ciò che non ho mai avuto, ciò che tu mi hai sempre negato. Vorrei tanto che tu toccassi me, ma so che non lo faresti mai, che non lo vuoi, perché di me non ti importa nulla. Spero almeno di essere riuscito a guadagnarmi il tuo odio, ora che ti sto uccidendo, ora che sto ponendo fine a tutti i tuoi sogni; perché la cosa che mi ha fatto più male, in tutto questo tempo, è stata la tua indifferenza.

È tempo di andare, adesso, è tempo di uscire da questa stanza e ricominciare a vivere, mentre tu muori. Un ultimo sguardo, mio re, un’ultima illusione, e l’amarezza di sapere che non ho vinto io nemmeno questa volta, che sei tu ad uscire vincitore sempre e comunque, ora che sono io stesso ad offrirti la possibilità di tornare ad abbracciare l’unica persona che hai sempre amato, l’unico che tu abbia mai ritenuto davvero degno di te, e questo nonostante tutti i miei sforzi per piacerti, per esserti gradito, per avere anche soltanto una maledetta goccia della tua considerazione.

Addio, re Alessandro, addio per sempre, forse. Anche se non ti potrò più vedere, in fondo non mi privo poi di molto, visto che vederti era l’unica cosa che mi era concesso di fare. Ed anche se non ti potrò più vedere, so bene, e lo sai anche tu, che ti porterò sempre nel mio cuore, come una condanna, e che ti peserò, ogni volta che incrocerò lo sguardo di un uomo qualunque, banale e normale come tu non lo sei mai stato.

Vorrei soltanto che tu sapessi che ti ho amato sinceramente, a mio modo.

Vorrei soltanto dirti che c’ero anche io…

Io volevo solo che tu guardassi me… che tu guardassi me…

 

***

Alessandro il Grande morì presumibilmente nel luglio del 323 a.C. a Babilonia, in circostanze ancora non molto chiare. Si parlò di una malattia, ma anche la strada del complotto è sempre stata accreditata come estremamente verosimile, e va segnalato che proprio Cassandro è da sempre additato come uno dei più probabili candidati ad essere l’assassino, l’avvelenatore, per la precisione, del re macedone, anche se le motivazioni sono presumibilmente da ricondurre a screzi di tipo politico e personale. In conclusione, la matrice storica su cui la fic è basata è solida e più che plausibile, ma la vicenda in sé è esclusivamente frutto della mia fantasia, e non si rifà ad alcuna teoria.

  
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