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Autore: Oducchan    04/09/2011    4 recensioni
Inizia sempre con un errore di valutazione. Qualcosa che Norvegia non ha messo in conto, un
gesto, una parola, un movimento, qualcosa che lo coglie impreparato perché, semplicemente non l’aveva calcolato. Per quanto strano suoni, accade ogni volta, c’è sempre qualcosa che Danimarca riesce a fare senza che Norvegia riesca a prevederlo.
Così, cade il primo mattone.

[DanimarcaNorvegia, tendente al pwp] [to adrienne riordan]
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Danimarca, Norvegia
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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a)Danimarca/Norvegia quasi pwp, nata quasi per caso e che sinceramente m’inquieta un po’. Non sono per niente sicura di come si possa caratterizzare Norvegia in certi frangenti e spero sinceramente che possa risultarvi gradito… critiche e commenti sono graditi <3

b) Per adrienne riordan, visto che ho un certo problema con le ametiste e sono in attesa di aggiornarmi al prossimo tour per l’edicola XD Nell’attesa, spero che ti possa piacere <3

c) Il titolo viene da due strofe della canzone “For Altid” (“Per sempre”) di Medina. Letteralmente significa “Dentro di me nel profondo – Hai il mio cuore proprio qui”. All’incirca, insomma XD

d) Mathias è il nome umano attribuito a Danimarca nel fandom estero che ho deciso anch’io di mantenere. Jǿrgen invece è il nome che ho scelto io per Norvegia.

 

 

 

 

Dybt inde i mig - du har mit hjerte lige her

 

 

 

Inizia sempre con un errore di valutazione. Qualcosa che Norvegia non ha messo in conto, un

gesto, una parola, un movimento, qualcosa che lo coglie impreparato perché, semplicemente non l’aveva calcolato. Per quanto strano suoni, accade ogni volta, c’è sempre qualcosa che Danimarca riesce a fare senza che Norvegia riesca a prevederlo.

Così, cade il primo mattone.

Magari Mathias lì per lì non se ne accorge nemmeno. Le cose diventano più palesi dopo qualche minuto, quando al movimento successivo Norvegia reagisce in modo imperfetto. Si vede chiaramente che la sua parete di ghiaccio s’è incrinata per un decimo di millimetro e che attualmente si sta tormentando per non darlo a vedere. Danimarca se ne accorge, con quella faccia da tonno che gli spunta quando capisce che, accidenti! aveva la soluzione sotto il naso e non l’ha saputa cogliere al volo; e poi ride, cosa che se possibile innervosisce ancora di più Jǿrgen, che tenta di fare retromarcia e arroccarsi in territori più famigliari.

Stavolta, i mattoni sono tre, tutti assieme.

Solo che poi, appena Norvegia cerca di tornare a rintanarsi dietro le sue impenetrabili difese di indifferenza e silenzio, Danimarca decide che ha pazientato anche troppo e così, magari gli afferra un braccio, oppure la mano, oppure la spalla, o comunque una parte del corpo, quella che riesce a raggiungere appena prima che Norvegia abbandoni la stanza con una scusa qualsiasi. Lo trattiene con presa ferma e sicura, anche se Jǿrgen si oppone e si dibatte, e poi se lo tira contro il petto, irruente come sempre, avvolgendolo in un abbraccio goffo, ma passionale, mormorando una serie di frasi smozzicate che a volte hanno senso, a volte invece no.

Crollano una decina di mattoni, facendo un gran fracasso.

Norvegia cerca di protestare. Resta rigido, all’erta come un animale che sa di essersi spinto fin troppo vicino al predatore, pronto a reagire a qualunque altro movimento con stizza e nervosismo. La sua mente è un campo crivellato di dubbi e ansie.

Danimarca avverte i brividi quasi impercettibili che gli scuotono le membra, e allora fa la cosa più semplice di questo mondo, contro la quale per quanto lotti e tenti Jǿrgen difese non riesce ad erigerne: gli prende delicatamente il mento tra le mani, costringendolo a sollevare il viso per guardarlo. Dritto negli occhi, sì, dritto nelle sue iridi blu come il mare, e aspetta. Aspetta finché Norvegia non inizia ad affogare, in quella distesa d’acqua larga meno di in unghia, e la tensione del suo corpo si scioglie, aspetta finché non capisce che è pronto a fidarsi, e poi così, lentamente, socchiude le palpebre e posa le labbra sulle sue, con una lentezza che ha dell’esacerbante e, assurdamente, dell’inevitabile. Non che Norvegia voglia più scappare, ormai.

Un centinaio di mattoni precipitano al suolo, lasciando aperto un gran varco nel muro.

Prima che possa pensarci coerentemente, schiude appena le labbra, l’embrione di un gemito che si forma lentamente nel fondo della gola. Danimarca ne approfitta senza alcuna malizia, lasciando scivolare la lingua oltre i denti ad accarezzargli morbida il palato e poi l’intera bocca, e Jǿrgen smette definitivamente di respingerlo; le dita, prima distese a fare forza per allontanarlo, si arricciano sui vestiti, stringendo la stoffa in un turbine di pieghe, si avvolgono nel tessuto per trattenere contro di sé le membra calde che coprono e nascondono. L’intero corpo di Norvegia inizia a protendersi spontaneamente verso quello del compagno, un tremito di desiderio che lo scuote in ogni sua parte, e non c’è più ritrosia né rifiuto né supponenza, nel suo cuore. Solo quell’anelito inconfessabile, covato e nascosto, una spira torbida e soffocante che si ciba con lentezza della sua anima fino a farlo sprofondare in un letto di lascivia.

Altri mattoni, centinaia, milioni, s’incrinano, si scheggiano, finiscono in mille frammenti, e il muro crolla, inesorabile, spazzato via dal fiume di sensazioni e percezioni che dirompono oltre le trincee erette a contenerle.

Il bacio si fa intenso fino a diventare insostenibile, e quando Mathias allontana il viso, un filo di saliva che gli cola sul mento, Norvegia non riesce a trattenere ancora quell’ansito di piacere che gli sgorga spontaneo dalle labbra gonfie. Danimarca sbatte le palpebre sugli occhi non più così chiari, ammorbati dalla passione e scende a baciargli il collo, succhiando la pelle gelida che piano piano si scalda diventando rovente e arrossata sotto il suo tocco. Jǿrgen inarca la schiena, piccole schegge di luce che esplodono sotto gli occhi come piccole aurore boreali nel cielo oscuro della sua mente e i pensieri si fanno densi, pensanti, mentre una fiamma lentamente li divora, scendendo lungo la colonna vertebrale, fino al bacino, fino all’inguine, fino al membro teso.

Danimarca geme a sua volta, le dita che scivolano senza più pudore sotto i vestiti, e il cuore gli batte talmente forte che a Norvegia pare quasi di poterlo stringere tra le mani, e l’ultimo, distinto, pensiero, è impresso nel desiderio, quasi infantile, di poterlo davvero afferrare, quel maledetto battito, e poterlo possedere, che sia per un solo istante o per l’eternità intera, e riuscire a ricolmarlo completamente. Suo, nell’immensità di quel sentimento a cui non sa dare nome.

E del muro non resta nessuna traccia, se non un cumulo di polvere e detriti.

 

 

Quando poi tutto termina, il respiro spezzato di Mathias che gli artiglia l’udito mentre avverte ogni singola stilla dello sperma caldo che gli cola tra le cosce, mentre l’esplosione pura e assoluta che ha annebbiato la sua mente, trascinandola nel bianco accecante di un orgasmo così acuto da far male, inizia piano a dissiparsi, mentre un tremito di stanchezza s’impossessa delle membra esauste e affaticate dall’amplesso, mentre il corpo di Danimarca, ancora ansante, ancora accaldato, si stringe al suo cercando il tepore di un qualcosa che già ha smesso di esistere, allora Jǿrgen ritorna a immergere le mani in quelle macerie, in quelle briciole. Si concede solo qualche istante, l’ultimo brivido che muore nelle ultime carezze sonnacchiose che il danese gli concede prima di scivolare nel sonno, giusto qualche secondo per crogiolarsi in quello stato transitorio di debolezza che l’ha fatto precipitare di nuovo, e poi si alza, in silenzio, senza fare il minimo rumore, e si dirige verso il bagno.

Come la porta si chiude alle sue spalle, le fondamenta del nuovo muro sono già state stese. Prima che abbia terminato la doccia, avrà già innalzato un nuovo strato di difese e quando metterà piede fuori da quella stanza, lavato da ogni traccia che possa anche solo provare ad affermare che quella notte è accaduto qualcosa, quando Danimarca si sarà svegliato e l’avrà cercato confuso, atterrito, ma già consapevole, e quindi rassegnato, dalle macerie sarà sorto un nuovo scudo d’indifferenza e rifiuto.

Intatto, e impenetrabile. Tranne che per quell’errore di valutazione.

   
 
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