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Autore: LucyToo    05/09/2011    23 recensioni
Kurt aiuta Dave a trovare la via d'uscita dal suo nascondiglio. Quando le cose prendono una piega peggiore di quanto potesse aver mai immaginato, è compito di Kurt aiutare Dave a rimettere insieme i pezzi. Non-con, violenza, omofobia.
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"Allora pensa a questo: se lo fai, qual è la cosa peggiore che potrebbe succedere? Onestamente, non voglio essere impertinente, ma dovresti pensarci sul serio. Perché se immagini la cosa peggiore che potrebbe succederti e la confronti con l'inferno in cui stai vivendo adesso... vedrai qual è la scelta migliore e potrai prendere una decisione in modo più semplice.
E per quel che conta... anche se non sceglierai la strada che penso dovresti, sono comunque abbastanza fiero di te."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dave Karofsky, Kurt Hummel
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Premessa: La storia contiene tematiche forti, di stupro, violenza e omofobia, che non ricorrono in tutti i capitoli, ma che sono ugualmente presenti. Hurt/Comfort sarebbe la definizione migliore.
La fanfiction in inglese è stata scritta con i tempi al presente, ma per motivi pratici abbiamo deciso di renderla al passato per rendere la narrazione più scorrevole.
Beta reader: Kurtofsky.
Questa è la fanfiction che ogni Gleek dovrebbe leggere, non solo i fan della Kurtofsky, sperando che una volta arrivati in fondo la amerete come i 6 pazzi che la stanno traducendo :)


 

The Worst That Could Happen

-Capitolo 1-

http://www.fanfiction.net/s/7109340/1/The_Worst_That_Could_Happen



Cominciò tutto con un'email.
Kurt non riconobbe l'indirizzo del mittente. L'avrebbe voluta cancellare come faceva con le mail spam incredibilmente seccanti che il suo account di hotmail sembrava incapace di eliminare (malgrado le loro promesse e la cartella che gli avevano creato chiamata Junk con ben troppo ottimismo) se non fosse stato per l'oggetto:
 
Ascoltami fino in fondo e non ti darò più fastidio.
 
Aveva già visto messaggi così creativi per delle mail spam, ma quando indugiò con il puntatore del mouse sul pulsante per cancellarla, il suo istinto lo fermò. Aprì la mail, pronto a farla finire nella cartella degli scarti non appena avesse visto un link sospetto o un riferimento alla dimensioni del qualcosa di qualcuno.
 
Santana non vuole più fare la cosa dei Bullywhips visto che non è diventata reginetta del ballo (e se Kurt non fosse già stato abbastanza distratto dal mittente della email, avrebbe sussultato al ricordo di chi fu eletto reginetta del ballo) e senza di lei non ho la scusa per farlo. Comunque, mi sembra di non aver fatto ancora abbastanza, quindi se ogni tanto mi vedi in giro per i corridoi non spaventarti. Non si tratta di stalking o qualcosa del genere, e non ho intenzione di fare nulla. Penso solo che qualcuno dovrebbe tenerti d'occhio per un po'. E se qualcuno ti rompe le palle fammi sapere.
 
L'email era firmata solo con 'Karofsky', e Kurt non seppe se ridere ironico o scuotere la testa triste quando vide che l'indirizzo del mittente era 'thisiswhereyousendmeemails' (*) chiocciola gmail.
Era strana, e inaspettata, ma Kurt non la cancellò subito come forse avrebbe dovuto fare.
Karofsky si era già scusato una volta con lui, e Kurt non aveva visto neanche un accenno di disonestà in quelle scuse. Nonostante l'eccessiva compensazione, credeva davvero che quel “caso non dichiarato” fosse dispiaciuto, e anche se quella non era la soluzione a tutti i loro problemi, era abbastanza per Kurt da imparare a non essere più spaventato dal suo precedente tormentatore. Certo, non erano neanche lontanamente amici: era perfino tentato di chiedere a Karofsky dove avesse preso il suo indirizzo email.
Ma quando rispose, non lo fece. Non disse un sacco di cose che invece avrebbe voluto. Gli scrisse un messaggio - miracolo dei miracoli - semplice.
 
Pensi di non aver ancora fatto abbastanza? Se pensi di dovermi qualcosa, non ne hai motivo. Abbiamo fatto pace e a me va bene così.
-Kurt
 
La risposta arrivò prima di quanto si aspettasse, la notifica dell'email lampeggiò come se fosse appena entrato nel sito di Perez Hilton e questo gli fece tornare in mente che, a dispetto di quello che ogni tanto dicevano i suoi amici, al mondo esistevano persone più gay di Kurt Hummel. 
 
Beh, a me non va bene così. So che non è abbastanza. Se la cosa ti da fastidio dimmelo che la smetto. Ma io ti devo ancora qualcosa.
 
Kurt non era un santo. Anche se non credeva in Dio, sapeva che raramente le persone erano capaci di vite altruiste piene di perdono e il voltare l'altra guancia o tutte quelle virtù alla Madre Teresa. Ma Kurt non era una di quelle persone. A volte si arrabbiava ancora per colpa di Karofsky, per le sue continue persecuzioni e il modo in cui a nessuno era mai importato di fermarlo. Pensava ancora che il consiglio scolastico gli avesse tirato un forte schiaffo in faccia quando avevano revocato la sua espulsione.
Karofsky era davvero dispiaciuto, ma era facile essere dispiaciuto. Non c'erano sfide nel 'dispiacere', nessuno sforzo. Karofsky aveva ragione – indossare un ridicolo basco e pattugliare i corridoi come in una pubblicità per Santana la reginetta del ballo alla Law and Order, non era affatto abbastanza per rimediare a quello che aveva fatto.
Ma nonostante i brillantini e i sorrisi, Kurt non era completamente ingenuo. Infatti poteva essere davvero schietto e cinico riguardo alcune cose. Ricevere una scusa da un bullo non era abbastanza, ma era molto di più di quello che spesso ricevevano la maggior parte delle persone. Far fare coming out a una completa testa di rapa non dichiarata in un momento di rabbia non assolveva tutti gli idioti dai loro sporchi doveri, ma d'altra parte la maggior parte dei gay non dichiarati come Karofsky rimanevano nascosti per troppi decenni e vivevano in maniera miserabile. A volte non lasciavano neanche Narnia.
Kurt era un ragazzo del Glee con la mentalità aperta, ma sapeva come andavano le cose nel mondo. Sapeva che la giustizia spesso bisognava farsela da soli. Karofsky stava venendo alla luce con una scusa e un basco, ma era a miglia di distanza rispetto a dove era un paio di mesi fa, ed era già qualcosa.
Quindi era sincero quando scrisse una risposta curata per Karofsky
 
Se pensi davvero di dovermi qualcosa, sai già qual è l'unica cosa che voglio da te. Tutte le volte che ti dico di fare coming out ti rifiuti senza pensarci. È tutto ciò che voglio da te, okay? Non è nemmeno la cosa del coming out. Voglio solo che ci pensi sul serio. Ho conosciuto tuo padre. Sembra una persona comprensiva. Magari puoi cominciare con lui e vedere come va. A questo punto credo veramente che dovresti iniziare semplicemente dicendo ad alta voce le parole guardandoti allo specchio. So che pensi che mi comporti come un disco rotto su questo argomento. Ma ci sono passato anche io, e sono uscito dall'altro lato vivo e vegeto, giusto?
-Kurt
 
La risposta tardò ad arrivare. Kurt aprì la pagina di Perez in un'altra finestra e controllò i post assente mentre aspettava che l'indicatore facesse di nuovo beep. Ebbe un'improvvisa e probabilmente ingiusta immagine mentale di Karofsky seduto davanti al computer a scrivere lentamente una risposta con due grosse dita, facendo un immenso sforzo a scrivere le parole correttamente. Il che era, okay, un po' meschino, ma nessuno ha mai detto che Kurt Hummel non possa essere meschino. Era una delle caratteristiche che lo definivano.
Alla fine, arrivò.
 
Sai perchè prima ti odiavo? Perchè tu hai fatto quello che io ho troppa fifa di fare. Tu sei un promemoria vivente di quanto cazzo sia codardo. Alcune volte voglio farlo, sai? E penso diavolo, tu l'hai fatto, perchè non posso farlo anche io?
Ma è una stronzata. La mia vita non è per niente come la tua. I tuoi amici sono diversi, tuo padre è diverso, e solo perchè tu sei riuscito a fare coming out con loro ed è tutto fiori e unicorni o quella roba lì non vuol dire che sarà lo stesso per me.
Fa schifo, non voglio mentire. A volte odio la mia vita del cazzo così tanto che penso di fare cose stupide. Ma se dico alla gente la verità, potrebbe fare ancora più schifo. Ad ogni modo questa cosa non ha senso e non so come dirla in modo giusto, ma fa lo stesso. Solo non ti allarmare se mi vedi in giro per i corridoi, è tutto quello che ti sto dicendo.
 
Kurt parlava come un disco rotto ma perfino lui poteva stancarsi di ripetersi. Avrebbe voluto lasciar perdere, ma c'era un'ultima frase, più sotto, come se Karofsky avesse schiacciato il tasto Invio un po' di volte pensando a cosa scrivere.
 
Se tutto ciò che vuoi è che io ci pensi, credo che tu abbia già vinto. Perchè non riesco più a pensare a qualsiasi altra cosa.
 
Era una vittoria che non soddisfava, ma Kurt la accettò. Gli rispose molto brevemente:
 
Allora pensa a questo: se lo fai, qual è la cosa peggiore che potrebbe succedere? Onestamente, non voglio essere impertinente, ma dovresti pensarci sul serio. Perché se immagini la cosa peggiore che potrebbe succederti e la confronti con l'inferno in cui stai vivendo adesso... vedrai qual è la scelta migliore e potrai prendere una decisione in modo più semplice.
E per quel che conta... anche se non sceglierai la strada che penso dovresti, sono comunque abbastanza fiero di te.
 
Fu strano scrivere quelle cose, e fu ancor più strano inviarle. Ma forse la cosa più strana di tutte fu realizzare che le pensava davvero. Aveva avuto dei problemi con Karofsky, che basterebbero per secoli di terapia, ma sapeva anche com'era stare chiusi dentro l'armadio, e ossessionarsi se fare quel primo passo o no.
Aspettò la risposta per un po', facendo shopping online sul sito di Prada e sbavando sui nuovi modelli di Hugo Boss. Quando realizzò che stava aspettando un'email da David Karofsky, il surrealismo diventò impossibile da ignorare. Borbottò tra sè e sè e chiuse il computer per scendere al piano di sotto e vedere cosa stava preparando Carole per cena.
 
Il giorno dopo nei corridoi affollati notò una giacca letterman mentre andava dall'aula di letteratura inglese a quella di musica. Karofsky si appoggiò al muro con nonchalance, finchè Kurt e Finn non furono abbastanza lontani, e dopo essersi stiracchiato li seguì. A distanza – Finn non lo notò neanche – ma abbastanza vicino che Kurt dovette solo voltarsi un attimo per individuare il rosso della giacca.
 
Decise subito che non gli dava fastidio. Magari avrebbe dovuto fare l'orgoglioso e andare a dirgli che non gli serviva un baby-sitter, ma poi si ricordò che non era molto bravo a difendersi dai bulli.
 
Quando raggiunsero l'aula di musica, Kurt tenne la porta aperta a Finn e rimase indietro abbastanza da vedere Karofsky arrivare e ciondolare sul posto come se la sua destinazione fosse una delle aule lì vicino. Quando gli passò accanto, Kurt seppe che stava sorridendo. Era un sorriso debole, incerto, ma era tutto ciò che aveva da offrire.
 
"D'ora in poi ti chiamerò Dave", annunciò, annuendo a se stesso mentre pronunciava le parole, soddisfatto della decisione presa.
 
Con sua grande sorpresa Karofsky non si irrigidì – almeno non troppo. Incontrò gli occhi di Kurt per un istante fugace e gli sorrise di rimando. Piccolo, insicuro e... strano, quasi timido. Davvero un nuovo aspetto per lui, e realizzò che quello sguardo gli fece rilassare le spalle e crescere il suo stesso sorriso.
 
Karofsky-che-adesso-è-Dave non disse nulla. Continuò a camminare per il corridoio. Kurt lasciò che la porta dell'aula di musica si chiudesse dietro di lui, e si preparò per un'altra ora di Rachel che faceva sfoggio delle varie soap opera etero-tragiche che amavano svilupparsi in quell'aula.
 
Quindi fu così che iniziò. Con un'email, e un sorriso timido nei corridoi, e nessuna idea di dove le cose sarebbero potute andare da quel momento in avanti.
 
Dove finì, però... nel luogo in cui iniziò qualcosa di interamente nuovo e del tutto orribile... fu in un oscuro spogliatoio con voci in preda al panico e l'intera visione del mondo di Kurt che si sfasciava, diventando qualcosa che non riconosceva più. 
 


 
Era di nuovo nell'aula di musica. (Era passata una settimana dopo le email, quel piccolo sorriso nei corridoi e la decisione che la “nuova vita” di Karofsky si meritava un “Dave”, ma l'aula di musica rimaneva un'ambientazione comune nella vita drammatica di Kurt.)
 
"D'altronde, penso che dobbiamo ammettere che anche se ha un impeccabile senso per la moda e un'inclinazione per la teatralità, alcune persone potrebbero trovare la scelta delle sue canzoni un pochino... inaccessibile."
 
Kurt fece roteare gli occhi e allungò una mano per tenere a bada Mercedes proprio mentre stava trattenendo il fiato. Lanciò a Rachel uno dei suoi sorrisi più dolci. “E io penso” disse cordiale con le gambe accavallate e le braccia incrociate in una posa da diva sicura di sé (sapeva che appariva a quel modo visto che faceva pratica guardandosi allo specchio), “che guardare una teenager che piange mentre canta una canzone sui problemi di altre persone non sia il momento clou della serata di nessuno.”
 
Mercedes si rilassò, sospirando con aria soddisfatta.
 
Le guance di Rachel si colorarono di una delicata sfumatura rosa (probabilmente lei faceva pratica di quello davanti allo specchio) e si irrigidì. "Percepire l'emozione in una mia canzone è difficilmente qualcosa che considero un danno."
 
“È quello il punto, dolcezza," disse Kurt con un sorriso. "Se non per il fatto che tu provi tutte quelle emozioni, così che non ne lasci neanche un po' agli altri. Nessuno nel pubblico verserà una lacrima se sei una fontana già di tuo."
 
Rachel si voltò sulla sedia per guardarlo in faccia. "Spero che tu sappia che Uta Hagen stessa una volta ha detto che il compito di chi è sul palcoscenico è di-"
 
"Okay, sapete cosa vi dico." Mr. Schue, conciliante come sempre, andò nel centro della stanza.
 
Gettò un sorriso veloce a Kurt e uno più lungo a Rachel. "Kurt ha sollevato un argomento interessante. E sono contento che l'abbia fatto, perchè ad essere onesto non avevo idea di cosa farvi fare questa settimana."
 
Rachel si calmò, voltandosi di nuovo per dare attenzione al professore.
 
Mr. Schue guardò i suoi alunni, con lo sguardo da momento-della-lezione-di-vita. "La maggior parte delle volte vi chiedo di scegliere una canzone riguardo un tema specifico, riguardo a come vi sentite o come gli altri si sentono. Questa settimana, invece, voglio che troviate una canzone che sia in grado di far provare certe sensazioni al vostro pubblico. Felicità, tristezza, rabbia-"
 
"Eccitazione?" Puck lo interruppe, prendendosi una gomitata nel fianco da Lauren, ma ignorandola completamente.
Mr. Schue rise. "Anche, ma in modo innocente."
"Eccitazione innocente?" Puck lanciò un'occhiata alla sua fiera fidanzata. "Esiste?"
Lei alzò le spalle. "Preadolescenti intorno a Justin Beiber."
Ci pensò su.
 
Mr. Schue scosse la testa con un sorriso. "Seriamente, ragazzi. È facile piangere mentre si canta una canzone triste. Cantare una canzone che fa piangere il pubblico è un'altra cosa, per voi e per loro. E sapete qual è la cosa migliore? Dobbiamo anche indovinare qual è l'emozione che state cercando di farci provare. Ecco il compito della settimana."
 
Ci fu il solito miscuglio di sospiri e bisbigli eccitati e Kurt non ci mise troppo tempo per voltarsi verso Mercedes con gli occhi spalancati. "Non ho nessuna idea per questo compito."
 
Lei rise, colpendogli il braccio. "Per tua fortuna c'è tutta la settimana." Rilassò le spalle con un sorriso soddisfatto sul volto. "Io? Io so già cosa fare."
 
Lui fece roteare gli occhi. "Dimmi che non canterai qualche tipo di inno cercando di farci vedere Dio."
 
"Zitto, pagano. Non te lo dico, mi ruberai l'idea."
 
Mr. Schue si allontanò un attimo per scambiare due parole con Brad di fianco al piano, dando  un po' di tempo ai ragazzi per discutere delle loro idee, e Kurt si sporse in avanti per toccare il braccio di Finn.
 
"E tu? Su che emozione punti? Ti voglio bene e tutto, ma sappiamo entrambi che non sei una persona profonda."
 
Finn sogghignò, senza prenderla sul personale, come al solito. Alzò le spalle e cantò stonato, "Don't you know everyone wants to laugh?'"
 
Kurt sorrise subito radioso. "Hai appena cantato un pezzo di un musical! Io e il mio essere gay stiamo esultando!"
 
"Sta zitto. E comunque, tu ridi qualunque cosa io canti, quindi credo non sia troppo difficile."
 
"Non riderei mai del tuo modo di cantare," rispose Kurt, offeso. "Sarebbe irrispettoso, e francamente ho troppa classe per fare una cosa del genere. Potrei trovare un poco di umorismo nel tuo modo di ballare che sembra privo di equilibrio mentre stai cantando, ma il cantare stesso?"
 
Finn fece roteare gli occhi. "Non ti preoccupare, volevo aggiungerci anche la coreografia."
 
"Quello allora dovrebbe essere perfetto. O... no, sarebbe stato perfetto se tu non avessi appena detto a tutti che tipo di emozione canterai, e noi dobbiamo indovinare, ricordi? Adesso devi cercarti qualcos'altro."
 
Finn ci pensò un attimo e aggrottò le ciglia. "Dannazione."
 
Quinn si chinò per mormorargli qualcosa, ma il suono metallico della sua suoneria di Britney Spears la interruppe. Ignorò Finn istantaneamente per prendere il telefono.
 
Kurt non si ricordava se stessero insieme oppure no, o se ci fosse di mezzo Rachel stavolta. Due decenni fa sarebbe sicuramente stato uno di quei ragazzi gay amanti delle soap-opere che piangevano ogni volta che Susan Lucci non vinceva un Emmy. Ma pensando seriamente alla sua vita? Le soap sono passate di moda ed ha così tanto dramma intorno a lui che ne è quasi stanco.
 
Quinn fissò il display del suo cellulare e fece una smorfia prima di rimetterlo in borsa mentre ancora squillava. "Ugh, vorrei non aver mai dato il mio numero a quella donna psicopatica."
 
"Chi?" chiese Finn, risparmiando a Kurt lo sforzo di interessarsi della vita di Quinn.
 
"Coach Sylvester," disse Quinn con una risatina smorfiosa quando il suo cellulare tornò silenzioso. "Fa in modo che le Cheerios le diano ogni numero di telefono possibile per essere contattate. Seriamente, tutti i numeri di telefono possibili. Una volta ha chiamato per davvero a casa di mia nonna solo perché ero in ritardo per l'allenamento."
 
"E allora perché non cambi numero?" chiese Mercedes sopra la spalla di Kurt.
 
Quinn sorrise subito, e Kurt dovette ammettere che con tutto il dramma e l'angoscia che si trascinava dietro quella ragazza, era davvero graziosa. "Non posso! Le ultime quattro cifre del mio numero sono 2883, e ho realizzato il mese scorso che posso dire alla gente che il mio numero di telefono è 577-CUTE (**)."
 
"Oh mio Dio." Kurt rise e subito tirò fuori il suo cellulare per vedere che cosa ne usciva dal proprio numero di cellulare. Mercedes aveva già il telefono in mano e le si misero tutti intorno.
 
Dietro Quinn, il cellulare di Santana cominciò a squillare con un suono sinistro. "Merda, la Sylvester sta chiamando me ora."
 
Finn si voltò per guardarla. "Hai una suoneria apposta per la Coach Sylvester?"
 
"Ci sta. È la musica di 'Psycho'."
 
Il suo telefono smise di squillare a metà canzoncina. Quasi subito di fianco a lei ci fu lo scoppio di un tintinnio che si scoprì poi essere la canzone di My Little Pony. Brittany ovviamente prese il cellulare senza controllare chi fosse, anche se Santana la guardò con terrore per cercare di fermarla.
 
"Pronto? Oh, Coach Sylvester!" Brittany ascoltò per qualche minuto e il suo vago sorriso svanì. All'improvviso sporse il proprio cellulare in direzione del pianoforte. "Mr. Schue? È per lei."
 
Lui sbatté le palpebre, ma la raggiunse per prendere il telefono. Fece una smorfia in direzione di Kurt e Finn mentre guardava il cellulare, come se stesse dibattendo con se stesso se riagganciare o rispondere, ma con un sospiro se lo portò all'orecchio. "Sue? Stiamo provando in questo..."
 
Le parole gli morirono sulle labbra. Lo sguardo allegro che aveva in volto svanì, trasformandosi in qualcosa che Kurt non riuscì ad interpretare.
 
Diede le spalle ai suoi studenti e abbassò la testa. "Hey... Hey! Sue! Calmati, cosa stai-"
 
Tutti si zittirono, la loro curiosità morbosa su cosa stesse dicendo la Sylvester fu inevitabile, ma di solito quella si trasformarmava in genuino gossip. Kurt si rimise il cellulare in tasca, guardando accigliato le spalle tese del professore.
 
"Aspetta. Dove sono...chi ha bisogno..."
 
All'improvviso si voltò, e la sua faccia era completamente pallida. Guardò Kurt. "Cosa c'entra Kurt in tutta questa..."
 
Kurt si tirò su a sedere, e qualcosa nel suo istinto cominciò a fargli sentire il cuore in gola.
 
Mr. Schue chiuse la chiamata, con gli occhi spalancati e un'espressione strana. Trattenne un attimo il respiro e fece un gesto veloce a Kurt. "Vieni con me, Kurt. Mercedes," disse quando vide che lei aveva ancora il cellulare in mano. "Chiama la polizia."
 
L'aria nella stanza si assottigliò.
 
"La polizia?" Mercedes aprì il cellulare ma esitò. "Cosa devo dire?"
 
Lui scosse la testa, andando a prendere Kurt per un braccio visto che lui non si era ancora mosso. "Digli di andare in palestra. Dì che c'è qualcuno ferito." Non le lasciò il tempo di chiedergli qualcos'altro, si voltò e si trascinò dietro Kurt nei corridoi. Camminava veloce, la sua faccia era completamente pallida e la sua mascella era tesa.
 
Kurt vorrebbe ripetere la domanda che Mr. Schue aveva chiesto alla coach – Cosa c'entrava lui con qualunque cosa stesse succedendo? Ma rimase in silenzio e continuò a tenere il passo con l'andatura incalzante del professore.
 
Sentì del rumore dietro di lui e si voltò un attimo per vedere Finn, Puck e Santana. Mike e Sam li stavano seguendo. Avevano tutti un'espressione confusa, ma ovviamente non avevano intenzione di aspettare e sapere cosa fosse successo da qualcun altro. Finn annuì a Kurt, con lo sguardo teso e confuso, e Kurt di solito si sarebbe calmato nel vedere quel caldo segno di supporto, ma non aveva idea di che cosa stesse succedendo e non aveva mai visto Mr. Schue così cupo.
 
I corridoi erano silenziosi, c'erano solo un paio di ritardatari che si affrettavano ad andare in classe. Kurt ignorò loro e i loro sguardi nel vedere mezzo glee club che si affrettava lungo il corridoio. C'era troppo silenzio, ed il cuore di Kurt batteva veloce, e le mani gli sudavano. Tenne il passo con l'andatura di Mr. Schue mentre gli altri rimanevano dietro di loro cercando di non farsi notare nel caso il professore avesse voluto rimandarli in classe.
 
C'erano alcune persone fuori dalla palestra, e all'interno della palestra stessa c'erano un gruppo di ragazzi in tuta intorno ad una delle porte di servizio.
 
Mr. Schue si diresse in quella direzione senza esitare, e dal modo in cui si guardava intorno non sembrava a proprio agio.
 
Davanti alle porte che portano negli spogliatoi c'erano un paio di atleti grandi e grossi, sui loro volti uno sguardo pallido reduce da uno shock causato sicuramente dalla Sylvester.
 
"Hey," disse uno di loro, con la voce ancora tremante per qualunque cosa gli avesse detto la Sylvester per farsi ascoltare, "La Coach dice che non può passare-"
 
"Lasciaci passare," disse Mr. Schue con sguardo truce ai due ragazzi. La preoccupazione lo rese stranamente cupo e deciso; Will Schuester non era mai stata una persona intimidatoria, ma quei due ragazzi si mossero ai lati della porta dopo un solo attimo di pausa.
 
Mr. Schue entrò spingendo le porte, e Kurt rimase al suo fianco come un assistente nervoso.
 
C'erano dei suoni davanti a loro, una voce echeggiava per i corridoi. Da un lato c'era lo spogliatoio delle ragazze, dall'altro quello dei ragazzi. Il professore seguì il suono di quella voce attraverso le porte dello spogliatoio femminile.
 
La prima cosa che Kurt notò fu un'ammaccatura nel muro vicino agli specchi dentro la porta.
 
Stucco rovinato e un buco rotondo, e qualcosa di scuro e marrone che sporcava l'orribile pittura gialla. Guardò accigliato il muro rovinato, confuso, mentre continuava a seguire Mr. Schue.
La voce era quella della Coach Sylvester. Era molto più dolce di quella che era solito sentire, ma la riconobbe comunque.
 
"-solo, aspettali qui, okay?" Era forte e spavaldaSue Sylvester, ma in quel momento la sua voce tremava come se qualcuno l'avesse chiusa da qualche parte.
 
Mr. Schue girò l'angolo intorno una fila di armadietti e si fermò così all'improvviso da dover puntarsi con una mano contro l'armadietto per evitare di inciampare. Kurt quasi gli andò addosso, ma lo scansò agilmente grazie ad anni di danza e gli girò intorno.
 
Si fermò improvvisamente.
 
Guardò, e vide, ma non riuscì a capire che cosa avevano davanti.
 
Coach Sylvester era in ginocchio di fianco ad una delle lunghe panche tra le file degli armadietti. La panca stessa era spostata in un angolo e c'era dell'altro marrone scuro sopra di essa, come sull'ammaccatura nel muro. C'era dell'altro marrone attraverso la schiera di armadietti, in una linea di punti come se qualcuno ci avesse spruzzato della vernice.
 
Per terra vicino alla Sylvester c'era... qualcuno, un ragazzo, uno studente, ma Kurt non poté dire di più. Chiunque fosse era sdraiato sullo stomaco, con la faccia a terra. Capelli scuri bagnati e tre asciugamani da doccia gli coprivano quasi tutto il corpo. Gli asciugamani erano sporchi a chiazze di marrone – no, non marrone, rosso, rosso scuro e color ruggine. Era anche sul pavimento. Formava una piccola pozzanghera vicino alla testa del ragazzo.
 
All'inizio non riuscì a vedere molto all'infuori di quegli asciugamani bagnati, rossi e sporchi, ma poi gli occhi di Kurt finirono sul sottile cellulare nero che doveva appartenere alla coach, che giaceva dimenticato sul pavimento vicino ad un braccio pallido non coperto dagli asciugamani.
 
C'era odore di ferro. Quell'odore che aleggiava per l'intera stanza fece venire in mente a Kurt il sapore che si sentiva in bocca quando si mordeva per sbaglio il labbro mentre dormiva.
 
I suoi occhi tornarono su quell'avambraccio pallido, e non riuscì a prendere fiato. Tutto quello che riuscì a fare fu notare che le unghie delle mani erano smussate, corte e sanguinolente, e il pavimento sotto di loro era segnato da lunghe strisce rosse. Come se il possessore di quelle mani avesse cercato di strisciare via o qualcosa del genere.
 
Kurt prese fiato a fatica, piccoli respiri pungenti. Tornò a guardare Coach Sylvester, riuscì a vedere come il suo corpo rabbrividiva per accompagnare la sua voce tremante.
 
Alzò lo sguardo, evitando Kurt per guardare diretta Mr. Schue, i suoi occhi erano spalancati e stranamente allarmati.
 
"Cosa..?" Mr. Schue si mosse all'improvviso, e chissà come riuscì a trovare la forza per farlo, visto che Kurt in quel momento non era nemmeno in grado di capire come riuscisse ancora a respirare. "La polizia sta arrivando," disse mentre girò intorno alla panca e si accucciò dall'altro lato del corpo coperto dagli asciugamani. "Cosa è successo?"
 
Coach Sylvester scosse la testa, stava respirando quasi come Kurt, veloce e leggero. Lei era una roccia, quindi se lei riusciva ad esserci con la testa, allora Kurt poteva decisamente arrendersi a dare un senso a tutta questa roba.
 
All'improvviso ci fu un nuovo suono, un suono basso. Un mormorio, dal pavimento, da sotto quei capelli scuri bagnati di sangue.
 
Quel po' di debolezza presente nello sguardo della Sylvester svanì e lei si chinò, appoggiando una mano sul quel braccio flaccido. "Hey. Solo...sta zitto e aspetta l'ambulanza."
 
La voce mormorò di nuovo, e anche se Kurt non riuscì a trovare un senso a tutto ciò era sicuro che la coach doveva esserne in grado. Lei alzò lo sguardo e i suoi occhi finirono su Kurt, sempre spalancati e stranamente spaventati anche se la sua voce era forte e ferma come al solito, "Ti ho detto di tacere. Non ti preoccupare, lui è qui e nessuno gli farà niente."
 
Lui è qui. 'Lui' era Kurt? Non aveva senso. Non riusciva a capire cosa stava succedendo e non riusciva a respirare.
 
Il corpo sul pavimento si mosse. Gli occhi di Kurt si spostarono dal viso della coach al suolo, e vide gli asciugamani muoversi mentre la persona sotto di essi provava a girarsi. I capelli scuri si alzarono dal pavimento e Kurt riuscì subito a vedere la pelle pallida di una faccia piena di chiazze rosse e degli occhi verdi contornati da sfumature marroncine.
 
Kurt pensò tra sé e sé, in modo chiaro e assurdo, Non mi ero mai accorto che i suoi occhi fossero di quel colore. Fu solo dopo quel pensiero che realizzò di riconoscere la persona a terra.
 
Quella identificazione esplose nella sua mente come se gli avessero spruzzato addosso dell'acqua gelida. Nei momenti successivi realizzò altre cose: quel rosso-marroncino che era sparso dappertutto era sangue. C'era un'ammaccatura negli armadietti dietro la Sylvester, e la panca che era stata spostata di lato doveva essere stata abbandonata sul pavimento in un'altra posizione.
 
Quello era qualcosa di più di una rissa scolastica. Quella era una cosa seria; quella era una cosa folle. E la persona che due mesi prima sarebbe stata in cima alla lista dei sospettati era la stessa i cui occhi vitrei stavano cercando di mettere a fuoco la situazione. Per trovare Kurt.
 
Kurt fece un piccolo rumore spaventato, capendo sempre di più ma cercando di rifiutarlo.
 
Mr. Schue alzò subito lo sguardo a quel rumore. "Kurt. Mi dispiace, non dovresti essere qui. Vai là fuori con gli altri ragazzi, okay? Fai in modo che i paramedici sappiano dove andare quando-"
 
Kurt fece un passo più vicino, e poi un altro, sentendosi intorpidito e rimosso dal proprio corpo.
 
Avrebbe voluto essere seduto con Mercedes a lamentarsi di Rachel. Avrebbe voluto essere a cercare nel suo iPod la perfetta canzone per il compito della settimana. Avrebbe voluto essere a dieci minuti prima così da non doversi spiegare tutto ciò.
 
"Kurt!" La voce di Mr. Schue era tagliente.
 
Kurt saltò su.
 
Il braccio pallido sul pavimento si mosse bruscamente. Ci fu un movimento dal corpo sotto gli asciugamani sporchi, e i mormorii di quella voce rauca si fecero più forti.
 
Kurt fece un altro passo, incapace di focalizzarsi su cosa gli stesse chiedendo Mr. Schue. Non c'era neanche un punto in cui inginocchiarsi che non fosse sporco di macchie di sangue, quindi si accucciò instabile.
 
"Dave?" La sua voce era così raspa che quasi non la riconobbe, quasi come foglie secche che si accartocciano. Non riuscì ancora a fare un respiro pieno e si sentì i polmoni schiacciati.
 
All'improvviso ci fu confusione alle porte d'ingresso, e si sentì un bang come se due porte fossero state aperte in modo rude.
 
Mr. Schue e la Coach Sylvester furono in piedi in un lampo, andando a vedere dietro l'angolo nel caso la folla di studenti si fosse fatta impaziente e fosse entrata. Ma a quel punto il velcro in fondo alla tuta della coach si impigliò in uno degli asciugamani che coprivano il corpo, e prima che potesse toglierselo di dosso con un grugnito, l'intero asciugamano si era spostato, seguendola. Si era mosso.
 
Gli occhi di Kurt si spostarono da quel viso pallido e quegli occhi vitrei all'asciugamano.
Vide della pelle nuda sotto. Vide sangue e lividi che cominciavano a formarsi lungo la curva della coscia muscolosa. Vide una spessa striscia di sangue scuro lungo quella coscia, che macchiava il pavimento in mezzo alle gambe. Capì subito che Dave era completamente nudo sotto quegli asciugamani.
 
Il cervello di Kurt mise insieme tutti questi indizi e diede un nome a quello che era successo.
 
Ci furono dei passi pesanti dietro di lui e suppose fossero i paramedici perché la Sylvester non avrebbe lasciato passare nessun altro. Sentì delle voci che gli dicevano di spostarsi e vide immagini di uniformi bianche intorno a lui. Allungò la mano per far scorrere le dita tremanti sulla mano aperta di Dave, notando i graffi e la pelle rovinata sul retro delle dita.
 
Aveva reagito. Dio, doveva aver reagito così tanto.
 
Per un attimo quegli occhi vitrei guardarono in alto e incontrarono quelli di Kurt.
 
Poi una presa forte stava spingendo indietro Kurt, e prima che potesse protestare, Mr. Schue lo stava conducendo dietro l'angolo, lontano da qualunque cosa stesse succedendo dall'altro lato di quella fila di armadietti.
 
Fuori dall'aria rugginosa dello spogliatoio tutto era luminoso e rumoroso. Una folla di persone era radunata lì fuori, a chiacchierare, come se quel cambiamento nella loro giornata folle non fosse niente di più che un'occasione di socializzare.
 
Finn si avvicinò, praticamente trascinando via Kurt da Mr. Schue. "Gesù, Kurt! Cosa diavolo sta succedendo qui? Sembri.."
 
Non riuscì a rispondere. Non riuscì neanche a guardare in faccia il suo sciocco fratellastro.
 
L'interesse per l'innocenza di Finn era a miglia e miglia di distanza.
 
Kurt chiuse gli occhi e si sforzò di fare un bel respiro per la prima volta da quando Mr. Shue aveva spento la chiamata nella choir room. Quando espirò riuscì a sentire dei singhiozzi scavargli il petto. Visto che non aveva nessuna idea di cosa dire o fare, li lasciò uscire.



Note di Traduzione.
(*) "quièdovemandileemail"
(**) 577-CARINA

  
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