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Autore: Martybet    06/09/2011    29 recensioni
L’unica libreria che vende il libro di Emma si trova nel centro di Londra. La Shipley possiede una ventina di copie e poche sono state vendute.
Nemmeno la sua famiglia e il suo ragazzo hanno sprecato tempo per leggerlo, e lei ogni giorno passa per Covent Garden fissando la vetrina con rammarico.
Ventotto anni, Micheal – il fidanzato di sempre-, e una vita fatta di libri, musica e infelicità.
Sfoga la rabbia repressa scrivendo, spingendo contro i tasti del suo Mac del 2007, e qualche volta riempendo di colore le tele che ha in garage.
Qualcosa però sta per cambiare, o meglio qualcuno sta per entrare nella sua vita.
E tutto questo, grazie alla ventina di copie riposta su uno scaffale nascosto della Shipley di Convent Garden.
Tutto questo,grazie all’unico che comprerà inconsapevolmente il suo libro.
Conosci un sacco di persone e nessuna di loro ti tocca realmente. Poi ne incontri una e la tua vita cambia per sempre.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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hic et nunc 1
Hic et nunc.







Reality is over-rated.

Sometimes, when it is going badly, 
she wonders if what she believes to be a love of 
the written word 
is really just a fetish for stationary.







Quando Emma aprì la porta della libreria quella mattina di fine gennaio, il signor Marshall come sempre scosse il capo facendole capire che dallo scorso venerdì nulla era cambiato.
Le copie del suo libro erano ancora lì, intatte, poste tra uno scaffale polveroso e soprattutto senza nessuno che le acquistasse.
Emma sospirò rassegnata all’idea di doversi mettere a cercare un lavoro serio, e non un passatempo come lo definiva spesso sua madre. Ovviamente nessuno della sua famiglia aveva letto il romanzo in questione, neppure Micheal, il suo fidanzato, e ciò anche se non voleva darlo a mostrare l’aveva ferita. Nessuno credeva in lei, nemmeno le persone che avrebbero dovuto: sostenerla, amarla, incoraggiarla.
«Mi dispiace Em», disse Tom, non appena vide i suoi occhi farsi man mano più lucidi e rispecchiare immediatamente la sua delusione. Sapeva che era da stupidi mettersi a piangere, ma il pensiero di avere fallito le squarciava il petto,  il pensiero di non aver fatto capire a tutti chi fosse realmente la distruggeva.
Tirò su con il naso fingendo un mezzo sorriso. «Non preoccuparti, faccio un giro. »
Detto ciò, sparì  tra i corridoi della Shipley, iniziando a rovistare tra gli scaffali alla ricerca di un libro che le facesse staccare la spina per un po’, alla ricerca di qualche racconto harmony che la facesse sognare. Man mano che camminava, ripensava alla sua vita, a quanto fosse patetica e vuota, a quante delusioni avesse riscontrato durante i suoi quasi ventotto anni.
Quasi perché mancavano quattro settimane al suo compleanno che avrebbe sicuramente trascorso a casa dei suoi genitori con Micheal, parlando di quanto la sua vita fosse uno sfacelo e una delusione per i suoi genitori.
Sia sua madre che suo padre pensavano che fosse davvero ignobile non seguire le orme della famiglia, ovvero frequentare medicina,  per mettersi a scrivere romanzetti da poche sterline. E sapere che avevano ragione le stava attanagliando l’anima.
Dopo aver letto un paio di trame decise di prendere “Un giorno” di David Nicholls, consigliatole da sua sorella maggiore Mallory qualche settimana prima.
Mallory….
La sorella perfetta.
Già sposata con un marito raccomandabile e ricco, una carriera brillante e la completa adorazione da parte dei loro genitori.
Quante volte si era sentita ripetere la frase: “Magari fossi un po’ di più come tua sorella e non con la testa sempre fra i libri.”
Perché nessuno voleva capirla? Perché?
Sconsolata si avvicinò verso lo scaffale dove era riposto il suo romanzo, fissandolo con un misto di odio e sofferenza.
Il retrogusto del cioccolato, di Emma Mills.
 Cosa c’era che non andava con quello scritto? Perchè la casa editrice lo aveva promosso con entusiasmoe invece nessuno lo voleva leggere?
Tirò su con il naso, quando sentì all’improvviso una presenza dietro di lei, qualcosa le aveva sfiorato il braccio.
« E’ davvero bello, l’ho letto in viaggio poco tempo fa...  dovrebbe comprarlo. »
Emma si voltò paralizzata, un po’ perché le pareva tanto assurdo che qualcuno stesse commentando il suo libro, e un po’ perché la voce di quell’uomo sembrava estremamente attraente. Si, attraente era la parola migliore per definirla.
Alzò gli occhi spaventata e anche leggermente perplessa incontrando due occhi profondi marroni osservarla con attenzione.
« Scusi? »
Il ragazzo, sicuramente su una ventina d’anni, sorrise mostrando la dentatura pressoché perfetta, ed Emma credette di essere in paradiso.  La pelle chiara, il viso marcato da degli zigomi pronunciati, le labbra carnose e le ciglia lunghissime. Non aveva mai visto un uomo più fascinoso.
«Mi è capitato di leggere questo libro qualche settimana fa... E’ davvero bello. »
 Bello? Qualcuno aveva definito il suo libro bello? La ragazza, nonché autrice del libro, dovette aggrapparsi allo scaffale per non ciondolare; sentiva le gambe molli, come se si fosse trovata improvvisamente in un sogno.
«Io.. » , non riusciva a trovare le parole giuste, come se tutti i pensieri coerenti che formulava poi perdessero improvvisamente senso.
« Sono Carter, molto piacere... »  Il ragazzo dalla pelle color nocciola, allungò una mano verso di lei, probabilmente aspettando una risposta. Emma rimase un secondo perplessa, non poteva certo presentarsi come Emma Mills; si sentiva in imbarazzo.
« Em. »  , disse poi semplicemente stringendo quella mano dalle dita lunghe e affusolate, grande, ma soprattutto calda a contatto con la sua. Una serie di brividi le percorsero la schiena, e non erano dovuto alla temperatura invernale di Londra.
L’unico ragazzo sulla terra che aveva definito il suo libro: bello.
Bello.
Quella parola continuava a riecheggiarle nelle orecchie,  come se fosse la più bella del mondo.
«Stavi cercando un libro in particolare? » , chiese lui continuandola ad osservare con attenzione, curiosità.
Come se lei, fosse il libro da leggere.
La verità era che Emma non era per niente interessante, almeno a detta sua. Ragazza anonima, era stato spesso il suo nickname su internet.
Capelli castani,  portati quasi sempre legati, due occhi color castano, ma che lei copriva con una montatura di occhiali. Un fisico asciutto, magro, ma l’assenza di curve era sempre stato il suo tallone di achille. Una misera seconda di reggiseno.
« In verità… no», rispose rendendosi conto di essersi persa a fissare il vuoto.
« Vieni qui spesso? »
« Si, adoro le librerie. Hanno un profumo che mi fa impazzire. »
Lui sembro concordare. « Già, anche se preferisco l’odore dei libri antichi. »
Senza rendersene conto Emma sorrise istintivamente, forse perché aveva trovato qualcuno con cui condividere una passione, senza che quest’ultimo la credesse una perfetta idiota.
Quando aveva confidato a Micheal quel particolare la sua risposta era stata una risata. « Come se i libri profumassero. » , aveva detto.
«Ti va di andare a prendere un caffè qui davanti? Sono ottimi e non ho fatto colazione. »
Era un invito?
Ovvio che lo era, ma perché stava invitando lei? Una ragazza sulla soglia dei trent’anni che non aveva nulla di interessante.
«Io dovrei tornare a casa. »
« Giuro che ti rubo solo dieci minuti. » 
Sorrisero insieme, e dopo di che Emma annuì. « D’accordo. »
Come poteva rifiutare? Probabilmente se ne sarebbe pentita per il resto della sua vita.
Quando passarono davanti al bancone, Tom salutò Emma con un sorriso a trentadue denti stampato sul volto. « A venerdì. »
« Ciao Tom. »
Le sopracciglia del ragazzo si aggrottarono.  « Sembra conoscerti molto bene. »
«Vengo qui una volta alla settimana, se non di più.»
Il ragazzo annuì, continuando a camminare verso Starbucks. Era così strana quella situazione. Emma aveva accettato di prendere un caffè con un perfetto sconosciuto, uno sconosciuto che chissà perché aveva letto il suo libro. Uno sconosciuto che lo aveva commentato utilizzando l’aggettivo bello. E lei non sembrava pentirsene affatto.
Soprattutto perché era il ragazzo più fascinoso che avesse mai visto.
Soprattutto perché adorava i libri.
Soprattutto perché la guardava con attenzione, non dandola per scontata. Aveva ascoltato con curiosità le poche parole che gli aveva rivolto.
« Ti piace il caffè? », chiese interrompendo i suoi pensieri confusi e contorti.
« Bevo un litro di caffè al giorno, certo che mi piace! ». Emma si pentì subito di aver risposto con tale entusiasmo.
« Ah beh, oltre a due amanti dei libri, siamo anche due caffeinomani a quanto pare. »
La ragazza rise piano, entrando nel bar seguita a ruota da Carter.
« Ehi Em, sei in compagnia oggi! »  Le disse Amanda non appena la vide comparire sulla soglia del locale.
Carter la fissò divertito. « Immagino che tu venga anche qui, molto spesso. »
« Immagini bene.» Arrossì  senza rendersene conto.
Lui annuì dirigendosi verso la cameriera per ordinare.
« Io prendo un caffè espresso  e per te? »
« Un muffin ai mirtilli e un cappuccino. »  Rispose lei sempre mantenendo un sorriso sul suo volto.
Carter da vero gentiluomo la fece accomodare al tavolo che dava di fronte alla vetrata imbiancata.
Londra era completamente ricoperta di un soffice strato di neve e anche se ad Em non piaceva molto il freddo, adorava quel periodo dell’anno.
Adorava la neve.
Forse perché tutte le cose più belle della sua vita erano capitate tra quei fiocchi di acqua ghiacciata.
E forse, anche quell’incontro era destinato ad essere custodito tra di essi.
Rimasero in silenzio ad aspettare che arrivasse Amanda con le loro ordinazioni, Em  guardava fuori dalla vetrata, e Carter guardava lei.
Sentiva il suo sguardo addosso e non poteva che esserne lusingata.
 « Abiti in zona? » ,le chiese poi all’improvviso lui.
« Dieci minuti di treno, e un quarto d’ora di metropolitana. » 
« Wow, deve starti proprio a cuore quella libreria.. »
Già, l’unica libreria che vendeva le copie del suo romanzo.
Vennero interrotti da Amanda che con un sorriso che la sapeva alla lunga diede i caffè e il muffin. Fece l’occhiolino ad Emma e poi se ne tornò dietro al bancone canticchiando.
Quella donna era davvero incredibile.
 « Posso farti una domanda che ti sembrerà al quanto stupida? » ,chiese poi d’un tratto Emma mentre iniziava a spezzettare come al suo solito il muffin.
«Certo, anche se dubito altamente che sia stupida. »   
« Mi racconti perché ti è piaciuto Il Retrogusto del Cioccolato? »
Carter sorseggiò il caffè, e Emma si incantò un secondo a fissare il suo collo, abbronzato ed estremamente sensuale.
E lei era fidanzata.
Scosse la testa cercando di abbassare lo sguardo e aspettando che Carter le rispondesse.
« Beh... solitamente non amo i romanzi d’amore. Forse perché tutte le storie che mi sono capitate di leggere erano banali, scritte da donne senza moralità. Te lo dice uno che ha dovuto leggersi Twilight perché la sorella minore lo ha costretto. »
Emma rise portandosi una mano alla bocca.
 « Comunque, questo libro non è per niente scontato. Finalmente è una storia vera, che parla di personaggi veri, con difetti e quant’altro. Quello secondo me è l’amore vero. L’amore tra un vampiro e un’umana per quanto sia attraente non mi interessa. L’amore deve avere il retrogusto amaro del cioccolato. »
Una soddisfazione notevole iniziò a crescere nel petto della ragazza, soprattutto quando lui le disse che davvero le consigliava di leggerlo.
Quanto era strana e assurda quella situazione da uno a dieci? 
Iniziò a bere il suo cappuccino e all’improvviso capì che c’era qualcosa che non andava visto che Carter aveva iniziato a ridere sguaiatamente.
« Che c’è? »
« Sei sporca di schiuma», disse lui. « Proprio qui. » 
E si avvicinò con un fazzoletto verso il viso di Em, proprio come nella pubblicità. La scena le sembrò che fosse rallentata, perché lei la stava come vivendo in slow motion.
Passò il fazzoletto di carta verso il labbro della ragazza con estrema lentezza e la guardò negli occhi con un mezzo sorriso stampato sulla bocca.
Sguardi, i loro sguardi erano incatenati e le guance di Emma erano sempre più tendenti al violaceo.
«Sei a posto.»
« G.. grazie. »
« Di nulla. »
E si sorrisero timidamente.
Continuarono a mangiare e bere, anche se qualche volta i loro sguardi si univano e Emma sentiva una morsa stringerle lo stomaco.
Cosa le stava succedendo? Perché continuava a guardare quel ragazzo, quando Micheal, il suo fidanzato la aspettava a casa?
«Vieni spesso alla Shipley, tu? » Ora era il suo turno di chiedere.
« Ci sono stato la settimana scorsa e mi è piaciuta... è piccola e accogliente e come avrai notato adoro i libri. »
«Già... ma quindi tu sei... cioè studi qui a Londra? »
Carter rise piano. « Studiare? Non sono uno studente Em... »
Emma sbiancò all’improvviso.
« Quanti anni mi dai? »  Le chiese lui dopo poco, con un tono di voce misto tra la curiosità e il divertimento.
« Ventidue? » 
« Aggiungicene dieci e ci sei quasi.» 
Okay, la stava prendendo in giro. Non era possibile che quel ragazzo fosse più vecchio di lei. Di quattro anni addirittura.
« Tu... tu hai trentadue anni? »
«Mm...mm. »
« Lo sai vero che sembri più giovane? »
Il ragazzo abbassò lo sguardo compiaciuto. « E tu quanti anni hai? »
« Ventotto tra quattro settimane. »
« Anche tu sembri più giovane, comunque. »  Le disse facendola rimanere a bocca aperta.
Spesso le dicevano che dava l’idea di una quarantenne indaffarata, e lui aveva detto che sembrava più giovane?
Doveva esserci per forza  una telecamera nascosta in quel bar, non c’era altra spiegazione logica a tutto ciò.
E si stava mettendo nei pasticci, non solo perché Micheal la stava aspettando a casa, ma perché a lei quel Carter stava iniziando a piacere.
« Io dovrei andare. »
Il ragazzo annuì sorridendo, e quando si alzarono per andare a pagare la superò e la costrinse a riporre il portafoglio nella borsa.
« Così sarai costretta a ricambiare. »  Le diede come spiegazione non abbandonando il sorriso.
Emma ricambiò anche se sapeva dentro di lei che quel ragazzo non l’avrebbe visto mai più.
Sarebbe scomparso in un secondo così come era entrato nella sua vita.
«Grazie mille per il cappuccino e il muffin. Sono stata bene. »
«Grazie a te, Em.»
 
Emma non fece altro che pensare a quell’incontro durante il viaggio di ritorno. Durante la metropolitana, durante i venti minuti di treno.
Mentre passeggiava per il viale che portava a casa sua.
Si sentiva inspiegabilmente inquieta, come se avesse paura a rientrare nel suo appartamento con Mike.
Quando fu davanti alla porta, aspettò qualche secondo prima di tirare fuori le chiavi. Cercò di calmare quella strana sensazione dentro di lei, e non prima di aver preso un lungo respiro, infilò la chiave nella toppa ed entrò.
La voce del suo fidanzato fu la prima cosa che sentì.
« Dove sei stata? »
Il suo tono inquisitorio la fece sbuffare.
« Alla libreria. »
« Ti ho chiamato», continuò lui.
«Ho lasciato il cellulare qui. Hai fame? »
«Si. »
Ovviamente era Emma che si doveva preoccupare del cibo, di ogni cosa a dire il vero. Abitavano insieme da anni ormai, ed erano anni che Micheal non alzava un dito.
La casa era piccola, ma il lavoro non mancava. Soprattutto se si trattava di lavare i suoi vestiti e preoccuparsi del pranzo e della cena.
Quanto avrebbe voluto Emma tornare a casa e trovare il bagno caldo, pronto per lei; la tavola apparecchiata e il letto fatto.
Ma Micheal aveva un lavoro vero. Non stava seduto sulla sua scrivania a scrivere romanzetti d’amore.
Micheal doveva fare i turni al ristorante.
Micheal non la capiva.
Nessuno la capiva a dire il vero, tranne il ragazzo appena conosciuto alla Shipley.
Emma sospirò lentamente appoggiandosi allo scaffale della cucina e passandosi una mano sulla fronte.
Avrebbe voluto scomparire, andarsene in qualche città della Francia o dell’Italia e non tornare mai più.
Abbandonare quella vita che non le apparteneva.
«Em, tua madre prima ha chiamato. Per quanto ancora hai intenzione di evitarla? » 
«Fino a quando imparerà che sono una donna, e che come tale ho bisogno di rispetto. »  Rispose acida, mettendo in forno l’avanzo di lasagne della sera prima.
«Non fare la scontrosa. Vieni qui sul divano.. »
Sciacquò le mani, e si sedette sulle gambe del suo fidanzato continuando a ripensare però, allo strano incontro che aveva fatto quella mattina.
A quel ragazzo dalle ciglia lunghissime, la pelle profumata e gli occhi color del cioccolato.
« Cosa fai oggi pomeriggio? », le chiese carezzandole la schiena e baciandole lentamente il collo.
«Devo andare a casa della signora Donovan. Ha bisogno che qualcuno la aiuti a sistemare la biblioteca del marito. » 
Posò un bacio sulla sua spalla facendola rabbrividire.
«Tu e i tuoi libri... »
« Io e i miei libri, cosa? » Perché continuava ad essere così scontrosa e acida?
«A volte ho paura che tu sia innamorata più di loro che di me. »
E quella frase la fece scattare. « Vado a controllare le lasagne. »
« Em, scherzavo non fare la... »
Ma lei si era già chiusa in cucina.
Una lacrima percorse il viso di Emma quando con rammarico scoprì che aveva bruciato le lasagne. Non riusciva a capire il perché della sua irrequietezza, sapeva solamente che l’incontro di quella mattina l’aveva resa vulnerabile e forse anche leggermente insofferente.
Bello. Così aveva definito il suo libro.
Carter.
Sospirò rassegnata e iniziando a scongelare il pollo, visto che ormai il piatto che aveva infornato era nero e fumante.
 
*** ***
 
Verso le tre del pomeriggio andò a casa della signora Donovan sperando di porre fine a quella lotta interiore che le attanagliava l’animo.
La vecchia dirimpettaia quando la vide sorrise, contenta che fosse andata lì per aiutarla.
Phillis adorava Emma.
Phillis aveva letto il suo libro.
Emma era semplice, sempre pronta ad aiutare chi fosse in difficoltà, e visto che il marito della signora Donovan era mancato quello stesso anno, spesso era andata a trovarla.
Parlavano di tutti, di libri, di uomini, persino di sesso.
Un pomeriggio mentre stavano prendendo il tè in veranda, quella pazza quanto simpatica donna le chiese come andassero le cose sotto le coperte tra lei e Micheal.
Ragazzo che non le piaceva per nulla per altro e spesso non si era fatta problemi a farglielo notare.
«Emma! » La salutò mentre le circondava le spalle con un braccio facendola entrare.
« Come stai tesoro? »
Em si sforzò di sorridere e apparire serena. «Tutto bene. »
«Mmm... quel faccino non le ma racconta giusta. Vieni, metto su del tè. »
Si spostarono in cucina sedute l’una accanto all’altra, mentre la signora Phillis faceva di tutto per farsi raccontare da Emma cosa non andasse.
Non potendone fare a meno Em, iniziò a raccontarle l’incontro di quel mattino, mentre Phillis la guardava con uno sguardo che la diceva alla lunga.
«Quindi.,. lo rivedrai? » , l e chiese quando finì di parlare.
« Non credo. »
«Perché no? »
«Beh...»
«Diamine hai detto che ha un  bel culo, no? »
« Phillis! Sono fidanzata e lei... »  Emma continuava a sorprendersi di quanto fosse sboccata e senza inibizione quella donna di ottanta e passa anni.
«Io sono vedova e tu dovresti mollare quel cascamorto che ti trovi come fidanzato. »
La ragazza rise forte, iniziando a scuotere la testa. « Allora, dovevamo mettere via dei libri o no? »
La signora Donovan sbuffò. «E io che volevo sapere i dettagli piccanti…. »
I dettagli piccanti però non c’erano. C’erano solo nella testa di Emma che continuava a flagellarsi dandosi un pizzicotto sul braccio ogni qual volta il suo pensiero andasse verso gli occhi e il viso di Carter.
Possibile che un semplice incontro con un ragazzo sconosciuto e che non avrebbe rivisto mai più l’avesse sconvolta così tanto?
«Mi dispiace deluderti Phillis, ma l’unica cosa di piccante che ho fatto oggi è stata il pollo alle erbe.. »
La vecchia le diede un buffetto sulla guancia, e la fece andare verso la biblioteca.
«La mia Emma... devi imparare a lasciarti andare e vivere, tesoro mio. »
«E vivere e lasciarmi andare… implicherebbe lasciare il mio fidanzato? »
Phillis alzò le spalle, facendole l’occhiolino. «Sono sicura che l’incontro di oggi non sia stato casuale... e sono sicura che presto inizierai a vivere la tua vita come si deve. »
Emma espirò dal naso, sedendosi per terra a gambe incrociate e iniziando ad esaminare le pile di libri riposte sul pavimento.
«Come devo dividerli? »
«Scegli tu, io sono stanca.. vado a vedere Friends, ci sono le repliche. » E detto questo se ne andò lasciandola lì, impreparata a dare ascolto ai suoi pensieri.
Per la prima volta dopo molto tempo, una parte piccola di lei ma fastidiosa capì che c’era qualcosa che mancava nella sua vita.
E non era il successo, una carriera, l’amore dei suoi genitori.
Quello che le mancava era un uomo, un uomo che capisse chi fosse per ciò che era. 
Ma la realtà era decisamente sopravvalutata.













Note:

Questa storia è nata  alla Feltrinelli  di via XX settembre. Girovagavo da sola fra gli scaffali alla ricerca di un libro e non so  come nè il perchè, ma ho iniziato ad immedesimarmi in Em.
La trama ha iniziato a formarsi nella mia testa, tanto da sapere già con esattezza il finale.
Mi sono innamorata di questi due personaggi e spero che qualcuno faccia altrettanto.
Ringrazio la mia grande e grossa nonna a cui ho fatto leggere questo primo capitolo. Phillis è ispirata a lei.
E' la mia  prima Long- Originale / Romantica che scrivo e mi piacerebbe davvero avere un vostro parere, bello o brutto che sia.
Gli aggiornamenti avverranno una volta ogni  una / due  settimane.
Bene, credo di aver detto tutto.
Grazie a chi leggerà, se ci sarà qualcuno ovviamente.
Un bacione,
Martina.
   
 
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