La stanza
di Ames è una camera dalla forma distorta in modo
tale da creare un'illusione
ottica di alterazione della prospettiva.
È stata
inventata dall'oftalmologo americano Adelbert Ames
nel 1946
su un'idea di Hermann
Helmholtz.
La
stanza è costruita in modo che vista frontalmente appaia
come una normale
stanza a forma di parallelepipedo,
con due pareti laterali verticali parallele, una parete di fondo, un
soffitto
ed un pavimento paralleli all'orizzonte.
In realtà
la pianta della stanza ha forma di trapezio,
le pareti sono divergenti ed il pavimento ed il soffitto sono inclinati.
Le
inclinazioni e le proporzioni nella dimensione degli elementi posti
alle
diverse profondità
sono calcolate tenendo conto delle regole della prospettiva.
Per
effetto dell'illusione una persona in piedi in un angolo della stanza
appare essere
un gigante,
mentre un'altra persona situata nell'angolo opposto sembra
minuscola.
L'effetto è così realistico che una persona che
cammini da un angolo
all'altro sembra ingrandirsi o rimpicciolirsi.
Alcuni
studi hanno dimostrato che l'illusione si può avere anche
senza l'utilizzo di
pareti e soffitto,
ma è sufficiente creare un orizzonte apparente (in
realtà
non orizzontale) su un appropriato sfondo.
L'occhio valuta la dimensione degli
oggetti in funzione del finto orizzonte.*
È
facile vedere qualcosa in modo distorto
Ed è altrettanto facile prendere un abbaglio, talvolta
è
capitato anche ai migliori e, certamente, non gliene si può
fare una colpa.
Agli occhi di qualcuno, un altro può sembrare
l’irraggiungibile, imponente figura di un dio sprezzante al
di sopra del mondo,
del paradiso e dell’inferno
Agli occhi di quell’altro, quel qualcuno può
sembrare
invece un essere insignificante, microscopico, quasi alla stregua di un
insetto
lurido ed assolutamente disgustoso.
Edward, molto spesso, si sentiva quel qualcuno.
Sebbene fosse
riuscito a diventare personaggio di rilievo
nell’esercito, c’era qualcosa, o meglio, qualcuno
a cui sapeva benissimo essere d’intralcio: l’unica
persona che segretamente
abbia mai amato, il Colonnello Roy Mustang, suo superiore diretto e
uomo
dannatamente affascinante.
Spendere due paroline sul diretto interessato sembrerebbe
d’obbligo: alto, fisico atletico e mozzafiato, capelli neri,
poco ma sicuro
setosi al tatto, occhi neri come il più profondo oblio, in
cui è sicuramente
anche fin troppo facile cadere.
Rispecchiava a dir poco perfettamente quell’altro, quella
figura divina.
Benché il biondo avesse sempre cercato di prendere le
distanze dal Colonnello, sfortunate circostanze lo costringevano al suo
fianco.
Giorno dopo giorno, il lavoro li portava a stretto
contatto e, per il biondo, era l’inferno più buio.
Si sentiva sempre più schiacciato e oppresso dalla figura
del suo superiore, dell’amato sarebbe meglio dire, sospeso
tra l’amore e
l’amara certezza che fosse per lui qualcuno di troppo elevato
e
irraggiungibile.
Del resto,
non poteva certo sapere che era solamente una
stupida e banale illusione ottica,
provocata dal troppo bagliore che creava attorno al suo amato.
Guardava con occhi troppo poco attenti e concentrati per
carpire la vera essenza di ciò che gli capitava attorno.
La luce creata attorno al suo dio,
gli dava quella visione distorta, gli donava quel senso di
grandezze del Colonnello e di minutezza insignificante della sua
piccola figura
bionda.
Ogni gesto, ogni parola, ogni essenza del superiore,
veniva portata all’esasperazione, veniva sublimata e
contornata di ogni
artificio.. un po’ come l’ineffabilità
dell’esperienza amorosa ancora così
bramata e ricercata da qualunque scrittore degno di rispetto
Perché era proprio questo ciò che Edward provava:
amore,
amore nel suo stato più puro, amore in tutte le sue
sfumature.
S.u.b.l.i.m.e
e s.e.m.p.l.i.c.e A.m.o.r.e.
Peccato che le distanze dovevano essere mantenute
Una costante doveva esistere tra di loro, altrimenti, le
differenze sarebbero scomparse… peccato che, di questo,
Edward, ne fosse
all’oscuro
Giorno dopo
giorno
L’uno sempre più immenso, l’altro sempre
più
insignificante
La prospettiva dei due angoli sembrava, da un momento
all’altro, ribaltarsi e far scivolare il biondo nel buio
eterno.
“Oggi il colonnello ha
sventato appena in tempo un attento
all’ambasciata, sai?”
“Wow! Giusto
ieri ha fatto arrestare quella banda di
teppisti che da giorni terrorizzava Central!”
“Ma dai! Gli
era appena stato affidato il caso e già lo ha
risolto? Brillante, come sempre!”
“Già!
Il nostro Roy Mustang è fenomenale, mi chiedo chi
potranno mai eleggere Furher dopo Bradley se non lui”
“Infatti penso
che nessuno possa proprio competere con
lui!”
“Non ci sono
dubbi, anche perché nessuno è migliore del
Flame Alchemist”
Bla Bla Bla.
Ogni giorno era, d’altronde, la stessa, medesima,identica,
sputata storia.
Non appena metteva piede in ufficio, Edward non poteva non
assistere, impotente, alla sequela di miracoli compiuti dal Dio del
Nuovo Mondo.
Per sfottere, avrebbe potuto chiedere se avesse persino
salvato un micetto da un albero… ma calcolando quante
probabilità c’erano (e
quanta sfortuna aveva) l’aveva fatto quella mattina stessa.
Dovresti essere orgoglioso.
Dovresti guardarlo con occhi pieni d’ammirazione.
….E invece perché ti senti così schifosamente un perdente, Edward?
Il biondo
conosceva perfettamente la risposta alla domanda
che si ripete, ormai, da un anno a questa parte.
…si
Ogni
qualvolta che ti avvicini a lui,
ogni
qualvolta che
lavorate a stretto contatto per una serie di sfortunati eventi,
ogni
qualvolta
che anche solo ti rivolge la parola,
ogni
qualvolta il suo sguardo ti sfiora,
ogni
qualvolta le vostre mani vengono a contatto per errore...
hai
paura che gli
altri possano scorgere quella dolce scintilla nei tuoi occhi e rompere
l’illusione della Stanza di Ames, vero?
Fottutamente, fottutamente si.
Stava
diventando ormai un’ossessione, come un veleno che
lento entra in circolo: inizialmente si cerca di combatterlo, di non
cadere
sotto il suo controllo… ma poi l’invitante oblio
sembra decisamente più
confortevole.
Per quanto il biondo alchimista avesse cercato di vincere
quasi fino allo stremo delle forze, si stava ormai arrendendo
all’evidente
inferiorità della propria forza di volontà.
Se prima trovava inaccettabile quell’apparente divario tra
loro, cercava quasi di preservarlo, arrivati a questo punto.
Follia?
No.
Amore, pazzo amore?
Si.
Per questo
quando, quella sera, dopo l’ennesima tirata
lavorativa fino a tardi con il colonnello, quest’ultimo gli
aveva chiesto di
concedergli l’onore di poterlo portare fuori a cena, Edward
si era ritrovato a
tremare, gli occhi dorati increduli, combattuto tra il desiderio di
acconsentire o mandarlo al diavolo come al solito, nella speranza che
l’altro
non si accorgesse dell’inflessione tremante della propria
voce.
“Mh? Ti ho
forse shockato, FullMetal?”
Il suo torno
canzonatorio era forse ciò che serviva al più
piccolo per risvegliarsi da quella specie di stato semicomatoso in cui
era
crollato.
“… a
dire la verità si. Cosa crede? Le pare?! Non è
certo
materia di tutti i giorni ricevere un invito a cena da uno come
lei”
“Illuminami:
devo prenderlo come un complimento o come un
insulto?”
“La prenda dal
verso che preferisce. Io me ne vado.”
Fuggire.
Quale migliore soluzione.
Oramai stava diventando maestro di tale arte.
Ma prima che il biondo potesse mollare la presa sugli
ultimi documenti ed alzare i tacchi, una mano grande e
calda… Dio,
terribilmente calda, dal tepore quasi intossicante, si strinse al suo
polso,
ponendo fine a quella che era una vera e propria ritirata strategica.
Maledizione.
“Perché
scappi? Guarda che non sono mica il lupo cattivo”
Sono io.
Sono io che rischio di rovinarti.
Sono io, sono io l’erba cattiva.
Sei tu quello immenso.
Non sono io.
L’evitare
i suoi occhi, l’evitare il suo contatto,
l’evitare la sua presenza…
Il tremare del suo corpo, il tremare della sua voce…
No, no, no!
Si stava mettendo a nudo, stava scoprendo quei sentimenti
che aveva soffocato per dodici interi mesi … e rischiava di
mandare tutto a
puttane per uno stupido invito che, forse, non voleva dire proprio
nulla, se
non un’uscita tra commilitoni.
“Non
piangere…”
….Da quando quelle lacrime avevano preso a bagnargli il
viso?
Mistero.
Fatto sta che se un secondo prima si trovava già sulla via
della porta, bloccato da Roy, adesso eccolo tra le sue braccia.
Maledetto, l’aveva distratto a dovere per poi farlo cadere
in trappola.
Ed ora cosa avrebbe fatto?
Lo avrebbe deriso?
Umiliato?
Denigrato?
“Smettila di
allontanarti da me, non lo sopporto… smettila
di tenermi distante, perché non c’è
posto dove io voglia stare che non sia al
tuo fianco”
…
Amato?
“M-ma che sta
dicendo?… mi lasci.. mi lasci!”
“Non
respingermi”
“Perché
proprio io?!”
Stava
urlando, l’alchimista d’acciaio.
Di disperazione, probabilmente.
“Perché
ha scelto me?! Si è insinuato nei miei pensieri
senza permesso, ha messo a soqquadro il mio mondo, l’ha
rigirato a suo piacere,
ne è diventato signore e padrone, mi ha fatto innamorare di
lei per cosa?!
Perché si diverte a torturarmi invitandomi a cena,
sussurrandomi parole così disgustosamente
smielate?! Lo sa meglio di me che non potrò mai far parte
del suo cuore, non
potrò mai averla! Perciò mi faccia la cortesia,
se non sa cosa cazzo provo,
allora eviti di illudermi perché sono stanco! Stanco!
Stanco! Lei è.. lei!! Ed
io sono solo un fottuto cane dell’esercito, quello che lei ha
sempre
disprezzato dall’alto della sua figura!! Ebbene si, io la
amo! LA AMO! E mi
dispiace di provare questi sentimenti che sicuramente la disgusteranno,
ma sono
un essere umano, un fottuto essere umano!! Potrò avere un
braccio ed una gamba
meccanici, ma ciò non toglie che il mio cuore sia fatto di
carne come il suo!!
Quindi, mi lasci immediatamente o-“
Perché non mi
hai messo a tacere prima?
Due labbra
morbide, leggere per essere un bacio dato con impeto
e con tutta intenzione di fermare uno sproloquio durato sin troppo.
“Conosci il
paradosso della Stanza di Ames?”
Il lieve
annuire della testolina bionda, diede il via
libera al moro di continuare.
“Sai dove sta
la chiave dell’illusione? Per quanto la
persona posta più in alto sembri immensa e quella posta
più in basso minuscola,
in realtà sono uguali. Uguali in tutto e per tutto.
… Anche se forse, nel
nostro caso, una piccola differenza c’è.”
“E
sarebbe..?”
“Che tu sei
veramente basso, fagiolino mio”
The End :3 * http://it.wikipedia.org/wiki/Stanza_di_Ames
Piccola
legenda per la lettura per chi non avesse
inteso:
-corsivo -> pensiero di Ed
-grassetto-> dialoghi
-corsivo
e grassetto->
una specie di “coscienza” del nostro fagiolino.
Ebbene si, sono
tornata sul fandom di FMa dopo tanto tempo.
Devo ciò ad un bel
messaggio che ho ritrovato nella casella di posta e che mi ha fatto
tornare la
voglia di darmi da fare :)
Spero solo di non
averci perso la mano.
Fatemi sapere cosa
ne pensate, mi farebbe davvero tanto piacere.
Intanto, mi impegno
solennemente a portare avanti le storie che ho lasciato incompiute,
come Math's Session -quando la
matematica non è più così
spiacevole- , Le leggi della Fisica
e
Scuola .....NOOOOO !!!
Per ora passo e chiudo.
Alla prossima
Un bacio
BG