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Autore: Molly182    07/09/2011    1 recensioni
Premessa: Questa storia l'avevo scritta prima che sapessi di Lachelle che fosse rimasta incinta. Non ho nulla contro di lei e sono felice della sua gravidanza :)
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Mi chinai per spostare una ciocca di capelli dai suoi occhi e lessi l’espressione sforzata sul suo viso. Non sono mai stata una ragazza che se la prendeva se il suo ragazzo non si ricordava quale fosse la loro canzone o quando si erano incontrati per la prima volta ma lo conoscevo abbastanza bene e sapevo che si ricordava come ci eravamo incontrati, era solo una buffa scena per farmi arrabbiare. Era stato in qualche bar di Los Angeles, dove io lavoravo. Probabilmente era ubriaco, cosa piuttosto insolita per lui. Era in compagnia di un membro della sua band, credo che fosse Chuck o Seb. No, era David! O forse no? Questo non ha importanza. Lui era crollato su uno sgabello del bancone del bar e aveva ordinato un altro Mojito.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Pierre Bouvier
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Loser Of The Years
“Ti ricordi come ci siamo incontrati?”
“Mh…”
Mi chinai per spostare una ciocca di capelli dai suoi occhi e lessi l’espressione sforzata sul suo viso. Non sono mai stata una ragazza che se la prendeva se il suo ragazzo non si ricordava quale fosse la loro canzone o quando si erano incontrati per la prima volta ma lo conoscevo abbastanza bene e sapevo che si ricordava come ci eravamo incontrati, era solo una buffa scena per farmi arrabbiare. Era stato in qualche bar di Los Angeles, dove io lavoravo. Probabilmente era ubriaco, cosa piuttosto insolita per lui. Era in compagnia di un membro della sua band, credo che fosse Chuck o Seb. No, era David! O forse no? Questo non ha importanza. Lui era crollato su uno sgabello del bancone del bar e aveva ordinato un altro Mojito. Quando gli servì il drink, lo iniziai a guardare con una certa prospettiva, aveva qualcosa di particolare. Lo avevo già visto da qualche parte, ma non mi ricordavo né dove né come. Poi un flash mi colpì.
‘Tu sei quello che ha suonato ieri sera!’, gli dissi. Lui annuì semplicemente buttando giù il liquido contenuto in quel bicchiere. ‘Siete stati bravi, sai, mi ero promessa di non fare la ragazzina urlante, ma è stato più forte di me’, lui rise e scrollò la testa. Uno strano brontolio aveva interrotto quell’atmosfera. ‘Hai bevuto senza mangiare? È da incoscienti’, tirai fuori un panino dal bancone. ‘Tieni, offre la casa’
‘Non c’è bisogno, grazie’
‘Insisto, non voglio averti sulla coscienza’.
‘Ah beh, allora accetto!’, lui mi sorrise prendendo quel panino ben farcito.
Mi morsi il labbro inferiore e iniziai a fissarlo di nuovo. Aveva piegato la testa di lato e una strana espressione era comparsa sul suo volto.
“Lo so che te lo ricordi, quel sorriso sul tuo viso me lo ha fatto capire”, gli dissi avvicinandomi a lui.
“Mi conosci troppo bene”, disse mettendo un braccio intorno alla vita e l’altro dietro alla sua nuca. “Tu sai che ti amo, vero?”
“Lo so, ma... ”
La sua mascella si contrasse. Quel ‘ma’ non prometteva niente di buono, lui lo sapeva benissimo.
“Ma?”, la sua voce era roca, tesa.
“Ma mi dispiace, Pierre. Davvero”, spontaneamente misi la mia mano sopra quella di lui cercando di placare ogni suo movimento, anche se sapevo che non si sarebbe mosso nemmeno di un millimetro eccetto per le smorfie che avrebbe fatto durante quello che gli stavo per dire. “È solo che ho bisogno di andare avanti con la mia vita. Mi sono resa conto che ho praticamente messo tutti i miei progetti in attesa, quando ti ho incontrato”, mi bloccai quando il suo volto si girò dalla mia parte così da costringermi a guardarlo negli occhi. Lui sembrava impassibile, non dava segno di risposta. Non riuscii a sorreggere il suo sguardo e mi alzai dal letto andando ad appoggiarmi su un mobile. “Voglio dire, certo, è sorprendente stare con te, è bellissimo, ma ho lasciato il mio lavoro, la mia famiglia e i miei amici e soprattutto la città dove sono cresciuta”, sapevo benissimo che lui non era felice di quello che gli stavo dicendo, ma speravo che non sarebbe stato così difficile. Lui non si mosse né disse qualcosa dandomi spazio per andare avanti. “Io, non posso ignorare quello che voglio fare nella mia vita, anche se…”, ora si era tirato su mettendosi seduto e appoggiando la sua schiena sulla testata del letto e abbassò il suo volto che si era oscurato considerevolmente. Lo guardai e attesi un battito del mio cuore prima di ricominciare. “Sette anni sono un tempo troppo lungo, almeno per me. Ho solo ventinove anni ma…”, mi bloccai, la mia voce tremò un po’ e chiusi gli occhi senza riuscire a finire la frase.
“Ma hai troppe speranze e sogni”, sospirò lui.
Mi faceva piacere che anche lui mi conoscesse così bene. Questa cosa, però, non mi facilitò. Sollevai la sua testa e li sorridi contorcendo le mie labbra. Mi sedetti, di nuovo, di fianco a lui.
“Esatto e li ho messi in attesa troppo a lungo!”
La fronte di Pierre si contrasse nel pensiero e le sue labbra crearono una linea dritta e dura. Mi prese la mano e la iniziò ad accarezzare disegnando piccoli cerchi salendo fino al braccio.
Mi guardai intorno, nella stanza, dove eravamo sdraiati sul letto. Era parecchio illuminata, un grande letto matrimoniale al centro della stanza era rivestito con un piumone bianco. Un grande lampadario scendeva dal soffitto e degli armadi color panna si abbinano ai comodini di fianco al letto. Un grande specchio sopra la cassettiera era appoggiato al muro davanti a noi.
Pierre si schiarì la gola facendomi distogliere l’attenzione dalla stanza e costringendomi a guardarlo.
“Quindi”, esitò. La sua voce era dura. “Siamo oltre. È questo quello che mi stai dicendo?”
“Lo fai sembrare una cosa brutta”
“Pensaci Lash, siamo stati insieme sette anni e non hai mai accennato al fatto che ti sentivi in questo modo”, disse Pierre sbuffando. Il suo tono di voce era confuso, come se non aveva ben capito il mio ragionamento. Scossi la testa.
Ero sicura che glielo avevo accennato, qualche volta, che sentivo la mancanza di L.A. e del sole che mi accarezzava la pelle, della mia famiglia e dei miei amici.
“Sono sicura di averlo detto ma credo di non essermi soffermata su questa cosa”
Pierre si accigliò trasformando i suoi occhi in due fessure. Non era soddisfatto della mia dichiarazione. “Sono un ragazzo, è necessario essere più espliciti”
Mi misi a ridere e roteai gli occhi. “Non offenderti da solo, tu sei intelligente, Pierre”
Lui prese possesso del mio mento costringendomi, così, a guardarlo negli occhi. “Questo è vero, però!”
“No, non lo è!”, dissi tirando indietro il mio volto. “Odio gli stereotipi, per davvero”, gli tirai uno schiaffo sul braccio e scossi la testa. Pierre rise e di risposta gli tirai una serie di pugni sul petto.
“Questo ha fatto male, piccola…”
“Non essere così smidollato”, mise il broncio tenendo il labbro inferiore sporgente.
“No”, dissi coprendomi gli occhi. “Per favore, non farlo. Non rendere la cosa più difficile”, sospirai profondamente sedendomi sul letto. Sapeva che non potevo ignorare il suo broncio.
“Cazzo Lash, tu mi stai lasciando! Ho pensato che avresti almeno cercato di ridurre il colpo”
Il tono della sua voce mi fece sentire la persona peggiore del mondo. Spostai lo sguardo sullo specchio davanti a noi, sentendo il peso del suo dolore, così come il mio, che piombava su di noi. Sapevo che questo non sarebbe stato facile ma, ovviamente, non avevo capito quanto facesse male.
“Non potrei mai dimenticarti ma ho bisogno di fare questa cosa”
“Che dire di me? Che cosa mi serve?”, mi chiese Pierre burbero. C’era frustrazione nella sua voce. “E se ho bisogni di te qui? Proprio come adesso”
Scossi la testa. Pierre non aveva mai avuto bisogno di me.
Non mi ero mai immaginata che potessi innamorarmi di qualcuno che rispondeva i miei stessi sentimenti.
“Hai i tuoi amici, la band, presto dovrai partire per il tour, Dio solo sa per quanto tempo…”
La band era in tour sì e no, il quinto album era stato rilasciato un paio di mesi fa. Tuttavia, i vari concerti erano già iniziati e fra poco sarebbe partito per l’Europa.
Era meglio che la nostra storia troncasse prima che loro si imbarcassero nel loro tour mondiale e quindi avrei passato gli ennesimi mesi da sola.
Pierre avvolse un braccio attorno alla mia vita. “Ciò non significa che dobbiamo lasciarci. Non è la prima volta che vieni in tour con noi, i ragazzi poi ti adorano e so che visitare nuovi posti ti piace”
Scossi la testa ancora una volta, mi sentii come se fosse l’unica cosa che avessi fatto per tutta l’ora passata.“Pierre, questa è la tua vita, non la mia! Sono stanca di sentirmi dalle ragazzine che devo morire o che sono una troia solo perché sto con te”
Chiuse gli occhi e potei immaginare il pizzicare della punta del suo naso. Il suo respiro era irregolare come era evidente che voleva chiudere al più presto questa discussione. Intanto io ero rimasta tranquilla a osservare le tante emozioni che apparivano sul suo volto. Dolore, confusione, tristezza, frustrazione, rabbia. Ogni stato d’animo influiva sul suo viso e sulle sue labbra.
Dopo quello che mi sembrava essere passata un’eternità, lui aprì gli occhi. Guardandomi torvo mi chiede: “Perché devi rendere la cosa più difficile del dovuto?”
Nonostante il suo tono lui sorrise ma non riusciva a raggiungere i miei occhi. Sospirai e poggiai la mia guancia sul suo petto così da riuscire a sentire il battito del suo cuore, volevo stargli il più vicino possibile.
Stavo cercando di essere forte e convincermi che troncare questa storia era la cosa migliore da fare. Cercai di non dare segno di cedimento, lui l’avrebbe usata come scusa per convincermi a rimanere. E sapeva benissimo che non sarei stata in gradi di resistergli.
Pierre mi accarezzò i capelli, giocando con le estremità, e poggiò il suo mento sulla mia testa, avvolgendomi in un abbraccio e tenendomi stretta. Rimanemmo così per un po’, fino a quando lui non ruppe il silenzio, di nuovo, mormorando una domanda esitante.
“Quando te ne vai?”
Deglutii difficilmente. Questo sarebbe stato difficile, stavo soffocando e sapevo di essere pericolosamente vicino alle lacrime. Ma non potevo non rispondergli. Mi strofinai gli occhi con il palmo della mano e mi presi qualche secondo per calmarmi. Pierre stava aspettando più pazientemente di quanto li avessi mai dato credito.
Infine, presi coraggio e gli risposi. “Io… Ho chiesto a Pat di venirmi a prendere fra un paio d’ore. Il mio volo è prenotato per stasera”
Scostai il mio viso così da riuscire a sbirciare il volto di Pierre, e il mio cuore si fermò all’improvviso. Il mio piccolo organo che mi manteneva in vita aveva letteralmente iniziato a sanguinare quando i miei occhi s’incontrarono con quelli di lui. Quei piccoli specchi castani in cui mi perdevo sempre erano diventati completamente neri. Sembravano un pozzo senza fondo. Girai il mio volto dall’altra parte incapace di sopportare tale dolore nei suoi occhi.
“Dannazione, due ore cazzo!”, sbottò buttandomi sul letto e iniziando a camminare davanti a me.
Sembrava impazzito. Continua a fissare il pavimento con la schiena rivolta verso di me. I muscoli delle sue spalle erano tesi. Normalmente, sarei andata lì e li avrei poggiato le mani sulle sue spalle e li avrei proposto un massaggio, ma in quel momento non sarebbe servito a nulla.
Quando era così, pensieroso, arrabbiato, mi spaventava un po’. Non che avesse mai fatto niente di cui vergognarsi, quando si arrabbiava, se non saltare alla conclusione sbagliata un paio di volte, ma si era risolto sempre tutto. Questa volta, però, era diverso. Io lo stavo mollando e lui sarebbe stato male. Avevo bisogno di trovare un modo per alleviare il suo dolore.
“Pierre…”
 “Si?”, la sua espressione era nascosta, non rivela nulla.
Mi strofinai nervosa le mani sui miei jeans prima di dire: “Mi dispiace. Ho dovuto prenotare il volo il più presto possibile perché ho avuto la sensazione che non l’avresti presa bene”
“Che vuoi dire?”, lui, quasi, ringhiò. “Come vuoi che la prenda?”
“Appunto!”
I suoi occhi assunsero una strana luce, raddrizzò le spalle e la mascella si contrasse. “Non ti preoccupare”, mi fissò, il suo sguardo vacillava ad un centimetro dal mio. Sapevo che stava mentendo e lo va uccidendo, lo potevo vedere nel profondo del suo sguardo.
Si schiarì la gola. “Immagino che la tua valigia sia già pronta”
“Sì, solo un paio di borse. Le cose più grandi le ho già spedite prima del tempo”, avevo già organizzato tutto qualche giorno prima ed era tutto pronto per Los Angeles eccetto per il fatto che non sono stata in grado di dirlo a Pierre, fino ad adesso.
Lui annuì distogliendo lo sguardo dal pavimento. Di sicuro, non aveva notato che mancavano degli oggetti o che nell’armadio erano diminuiti i vestiti.
Seduta sul letto, lo osservai con calma studiando per l’ultima volta la sua figura. Avevo paura che lo avrei dimenticato troppo velocemente. Sapevo per certo che quando sarei uscita da quella porta lo avrei rivisto soltanto sui giornali o sui cartelloni pubblicitari ma non sarebbe stato lo stesso. Averlo nella stessa stanza era qualcosa di più personale e ne valeva la pena ricordarlo così.
Nel corso degli anni, a Pierre era cresciuti i capelli, lo rendevano più maturo e serio anche se si comportava ancora come un ragazzino, ma questo era un lato di lui che adoravo. Indossava una maglietta bianca sotto a una camicia a quadri verde, ultimamente ave preso la fissazione. Teneva le maniche arrotolate fino ai gomiti così da lasciar vedere il tatuaggio sul suo braccio sinistro.
Mi trovai a fissarlo per un lungo istante. L’immagine che si rifletteva nei miei occhi stava diventando sempre più sfuocata, questo perché mi resi conto, solo dopo, del formicolio provocato dalle lacrime agli angoli dei miei occhi. Abbassai la testa sperando di cancellarle e spazzarle via.
All’improvviso sentii i suoi piedi trascinarsi sul pavimento e avvicinarsi a me, poi percepii le sue grandi mani calde che si appoggiavano sulle sue ginocchia.
“Lash?”
Alzai la testa e incontrai il suo sguardo. Tirai su col naso e sempre guardandolo, li gettai le braccia al collo nascondendo il viso nel suo petto. Le lacrime che avevo cercato di trattenere si stavano versando dai miei occhi lungo le mie guancie. Lui mi stringeva a se e mi accoccolai nel suo corpo, il più vicino che potevo. Pierre continuava a disegnarmi piccoli cerchi col palmo della mano sulla schiena mormorandomi parole dolci all’orecchio.
“Mi dispiace”, continuai a dire più e più volte. Avrei voluto essere più forte ma ancora lo amavo così tanto che quello che stavo facendo mi provocava un dolore così profondo che sentivo nel mio cuore. Ma avevo dovuto farlo…
Lui mi dondolò un po’ cercando di calmarmi e continuò a sussurrare, ma la sua voce era piena di dolore. Quando, finalmente, riuscii a far placare i miei singhiozzi lo guardai negli occhi sospirando leggermente.
“Così”
“Beh”, dicemmo nello stesso momento.
Pierre scoppiò in una risata acida. “Parla prima te”
Poggiai la mia mano destra sulla sua guancia dove si appoggiò sopra. “Sono io che perdo te…”
Lui sbatté le palpebre velocemente, incredulo di quello che aveva sentito. “Potresti chiamarmi qualche volta”
“No”, gli proibii. “Non credo che sia una buona idea… Ho bisogno di questo taglio netto”, questo poteva non aver senso. Dopo tutto, avrei potuto immaginare le obiezioni che avrebbe potuto fare, ma avevo bisogno di rompere con lui, giusto? Avremmo potuto continuare la nostra storia a distanza, ma mi sono convinta che sarebbe stato più facile fare in questo modo e io non riuscivo più a continuare.
La mascella di lui si era serrata. Annuì anche se si poteva vedere un bagliore di irritazione nei suoi occhi. “Bene”, si alzò in piedi. “Fra quanto arriva Pat?”
Gettai gli occhi sull’orologio sopra al letto. “Un’ora”
Lui si infilò le mani nelle tasche e trascinò avanti e indietro il piede, come se fosse imbarazzato. “Giusto”
Un silenzio imbarazzante aveva riempito la stanza. Non c’era più niente da dire, o non avevamo idea di cosa dire. Continuava a spostare gli occhi per tutta la stanza evitando, ovviamente, di farli incontrare con i miei. Chiusi gli occhi e lo sentì respirare a fatica.
“Beh, io vado, ho delle cose da fare”, disse sempre senza guardarmi ma con la coda nell’occhio riuscii a notare che aveva fatto una smorfia. “Non voglio essere di ritorno prima che tu non te ne sei andata quindi… fai un buon viaggio”, fece una pausa come se stesse cercando di pensare a delle parole da dire, ma poi si riprende ed uscì dalla stanza.
Mi risiedetti rimanendo congelata dalla sua reazione. Sentii i suoi passi dirigersi verso la porta d’ingresso. Istintivamente mi alzai in piedi e mi precipitai fuori dopo di lui.
“Pierre, aspetta!”
Lui si fermò prima di tirare fuori le chiavi nella macchina e si voltò a guardarmi.
“Si?”
Mi morsi il labbro inferiore e mi strofinai le braccia in un gesto nervoso. “Non vuoi rimanere e aspettare con me?”
“No, Lachelle”, Pierre emanò un sospiro aspro. “Vorrei, ma non posso farti vivere un’altra esperienza come questa, e succederà di nuovo, perché in questo momento potrei fare un milione di cose per farti restare e so che funzionerebbero ma non è quello che vuoi tu”
Mi rivolse un breve sguardo, poi, dopo aver tirato fuori le chiavi dalla tasca, uscì dalla porta. Fuori dalla mia vita. Per sempre.
“Addio Pierre”, sussurrai.
   
 
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