- Epilogo
- Isabella
prese la sua borsa beige, le chiavi della
macchina e l’ombrello che era nell’ingresso notando
una valigetta nera posta su
una sedia, accanto alla porta d’entrata.
- Ottimo, suo
marito
si era dimenticato la ventiquattrore. E per
l’ennesima volta nell’arco di quella settimana.
- Con
un sorriso la prese, uscendo dalla villetta bianca e
salendo sulla sua Mercedes.
- Le
strade erano bagnate dalla pioggia, come
sempre. Tirò fuori dalla borsa il
suo cellulare, scrivendo un messaggio alla sua collega, informandola
che
avrebbe tardato di qualche minuto.
- Parcheggiò
nei sotterranei dell’edificio bianco, scendendo
dalla macchina e chiamando l’ascensore. Dopo cinque minuti
buoni, era nel
reparto di Pediatria.
- Sorrise,
quando vide Elizabeth seduta su una sedia di
plastica, mentre compilava qualche modulo.
- “Isabella!”
La salutò, appena la scorse.
- “Elizabeth!
E’ un piacere rivederla!” Quante volte le
aveva detto di darle del tu? Forse
troppe, ma Isabella non ci riusciva.
- “Oh,
tesoro anche per me! La piccola dov’è?”
- “Dai
nonni.” Spiegò, avvicinandosi.
- “Dovreste
venire a trovarmi un giorno di questi. Lo dico
sempre a tuo marito.”
- “Con
il lavoro e tutto il resto, siamo fortunati ad avere
i genitori che ci tengono la bambina.”
- “Ti
capisco benissimo, tesoro. Comunque, lui è nel suo
studio.” E le indicò una porta infondo al
corridoio, che Isabella conosceva fin
troppo bene.
- “La
ringrazio!” E così si diresse a passo spedito
verso lo
Studio, mentre la sua mente tornava a un anno prima, quando aveva
saputo
dell’esistenza di Elizabeth.
- “Bella,
è
impossibile. Non se ne è andato! Ne sono pienamente
convinta!” Alice cercava di
convincere la sua migliore amica, quando iniziava a sospettare anche
lei di una
fuga da parte di Edward.
- “N-no.”
Singhiozzò
al telefono, tappandosi la bocca con una mano. Sembrava un adolescente
alla sua
prima cotta. Quando il fidanzato ti lascia senza una spiegazione.
Peccato che Edward l’aveva già fatto con lei, ma non aveva versato una lacrima nove anni prima. Ora, stava rimediando per tutti gli anni passati. - “Shh.
Tesoro, ora
prendo la macchina e vengo da te.” E si sentì
terribilmente in colpa in quel
momento.
- La luna di
miele di
Alice era stata rovinata in partenza, con la prima chiamata di Bella.
Poi,
c’era stato il parto di Leah, che per quanto felice aveva
lasciato tutti un po’
spossati. E poi, di nuovo un’altra chiamata da parte della
sua migliore amica.
- “No.
No, scusami.
Non venire qui. Stai con Jazz. Ora chiamo Edward, promesso.”
E questa volta non
mentiva. Perché voleva chiamarlo. Sapere dov’era,
farsi spiegare perché se ne
era andato, di nuovo.
- “Okay.
Fammi sapere,
qualunque cosa accada.”
- “Certo.
Ti chiamo
dopo.”
- “Ciao,
tesoro.”
- “Ciao
Alice.”
Riattaccò, asciugandosi le ultime lacrime che sgorgavano dai
suoi occhi e
prendendo un bel respiro.
- Impiegò
meno di due
minuti a comporre il numero di Edward, per far partire la chiamata.
- Peccato che
il suono
provenne da casa sua. Precisamente dalla porta d’ingresso,
che si stava
aprendo.
- Con il fiato
sospeso
Isabella non attaccò, pensando che fosse tutto frutto della
sua immaginazione.
Fin quando Edward con due una bustina di carta in mano entrò
nel salone,
fissandola sbalordito.
- Aveva le
guance
infiammate e gli occhi gonfi. E lui, se ne era reso conto
immediatamente.
- “Cos’è
successo?” Domandò
in un sussurro, ricevendo una cuscinata in pieno viso.
- “COS’E’
SUCCESSO? Te
ne sei andato già una volta! Vuoi avvertirmi quando esci?
Svegliami!” Gli inveì
praticamente contro, alzandosi dal divano.
- “Hey,
dovevo fare
una telefonata urgente.”
- “I
tuoi?”
- “No,
Elizabeth.”
Spiegò semplicemente, riponendo il cuscino al suo posto.
- “S-stai
con
un’altra?” Ovvio, non c’era spiegazione
più logica.
- Per nove anni
non si
erano visti, ed ora lui era fidanzato. Forse anche sposato. Ed era
andato a
letto con Bella.
- “Cosa?
No, no. Certo
che no. Elizabeth lavora con me, ed ha più di cinquanta
anni. Sai, è sposata
con un marito e una famiglia. Comunque, le ho chiesto altri due giorni
di
ferie.”
- “Perché?”
Gli
domandò subito, avvicinandosi lentamente a lui.
- “Perché,
eh?”
Sussurrò Edward, prendendole le mani fra le sue.
“Perché non voglio andarmene.
Perché voglio passare il resto della vita con te, Isabella
Swan. E perché ora
possiamo farlo, siamo persone adulte, maggiorenni e vaccinate. E Dio
solo sa
perché non sono corso da te, nove anni fa!”
Alzò le mani al cielo, pentendosi
di quello che aveva fatto negli anni passati.
- “Cosa
hai detto?”
- “Che
forse, dovevo
parlare con te, nove anni fa. Spiegarti, non mandarti via.”
- “No,
no.” Isabella
scosse energicamente la testa. “Intendevo, prima.”
E allora Edward capì.
- “Ho
detto che non
voglio più lasciarti.” Confessò,
nuovamente. “Che ti voglio tutta per me.”
- “Come…
come faremo?”
- “Beh,
tu sei un
avvocato. E a Londra, potrai benissimo trovare lavoro. Ed io sono un
medico. E
se qui c’è un Ospedale a stento, anche se sono
specializzato in Pediatria potrò
tornare a fare l’infermiere, se questo è
necessario.”
- “Scombussolare
tutta
la tua vita per… me?”
- “Sì.”
Dritto e
secco. Bella si grattò la testa, per poi abbassarla.
- “Aspetta…
tu non
vuoi? Non vuoi stare con me?” Domandò infine
Edward, spiegandosi in quel
momento quello strano comportamento.
- “Certo
che voglio!
Voglio stare con te, Edward. Ora, e per sempre.” Sorrise,
ancorandole con una
mano la vita, per farla combaciare con il suo bacino.
- “Ti
amo, Isabella
Cullen.” Le sussurrò sulle labbra, prima di
baciarle.
- “Cosa?”
- “Certo,
perché tu
diventerai anche mia moglie se non l’hai ancora
capito.”
- Isabella
scosse la testa, sorridendo nel ricordare quei
vecchi ricordi.
- Era
stata la proposta di matrimonio più strana che avesse
mai visto in vita sua, ma appunto,
quello era Edward.
- Bussò
una volta alla porta, e senza aspettare una risposta
entrò.
- Suo
marito era seduto sulla sedia di pelle, con una
montatura nera posata sul naso e una penna in mano.
- “Elizabeth
mi ha porta-”
- “Sì,
la tua ventiquattrore.” Continuò Isabella, mentre
con
un sorriso lui alzava lo sguardo da quelle scartoffie.
- “Hey.”
Si alzò, per stamparle un bacio sulle labbra.
- “Buongiorno.”
Si erano visti a malapena nel corso della
mattinata, anche perché Renesmee aveva dormito dalla nonna.
- “La
piccola?”
- “Con
Esme e Renée.” Spiegò lei,
approfondendo quel bacio.
- Un
anno prima avevano deciso infine che sarebbe stata
Isabella a lasciare Forks, e il suo Studio nelle mani di Angela. Si
fidava di
lei, ed era la persona più idonea a prendersi cura dei suoi
clienti nel modo
migliore. E come aveva detto Edward, non fu affatto difficile trovare
un lavoro
a Londra.
- Aveva
aperto nel corso di sei mesi uno Studio tutto suo,
stupendosi nel sapere che il suo nome era affermato anche fuori dalla
sua
piccola cittadina.
Ma ovviamente, non poteva lasciare sua madre da sola. Dopo vari tentennamenti Renée aveva deciso di seguirli, e aveva preso una piccola casa accanto alla villa dei Cullen. Qualche isolato più avanti, abitavano Isabella e Edward. - “Non
la vizieranno un po’ troppo?”
- “Ti
dico solo che la prima parola che ha detto tua figlia
è stata ‘Nonna’.”
Specificò lei, staccandosi di qualche centimetro da
quell’abbraccio.
- “Sì,
ricordo perfettamente.” Nessuno poteva dimenticare
quel momento esilarante della loro vita famigliare.
- Erano
a cena, e Edward stava dando il vasino di carne a
sua figlia, mentre con il labiale le faceva vedere a rilento come si
pronunciava ‘Papà’. Era convinto al
cento per cento che fosse stata la prima
parola che avrebbe detto, e invece quella stessa sera Renesmee se ne
era uscita
fuori con ‘Nonna.’ Edward aveva di colpo smesso di
darle da mangiare, alzandosi
e uscendo dalla cucina.
- Lasciando
sia lei che sua figlia sbigottite da quel
comportamento.
- “Okay
amore, ora devo andare. Mi aspettano.” Isabella gli
lasciò l’ennesimo bacio, afferrando la sua borsa.
- “Devi
proprio?”
- “Sì.
E anche tu. Quindi, ci vediamo stasera.”
- “Non
dimenticarti la cena!” L’ammonì Edward,
mentre lei
usciva dal suo Studio.
- “E
tu non dimenticarti tua figlia!”
L’ammonì Isabella,
ricordando che una volta Edward si era dimenticato di andare a prendere
Renesmee dalla nonna.
- *
- Isabella
si strofinò le mani sullo strofinaccio che aveva
legato in vita, poi passò ai fornelli.
- Era
tornata a casa da una mezz’oretta, e si era subito
dedicata alla cena. Erano sei mesi che lei e Edward erano sposati, e
ovviamente
suo marito voleva festeggiare ogni singolo anniversario.
- Per
quello, avevano deciso di stare a casa, insieme a loro
figlia.
- Una
normale cena di famiglia, insomma.
- Quando
sentì la serratura scattare, si diresse verso
l’entrata. Scorse subito una chioma rossa e ricciuta fare
capolino dalle
braccia di Edward.
- “Amore!”
- “Mama!” Per sua
figlia, le lettere doppie erano un optional per le poche parole che
aveva
imparato. Si sporse dalla braccia del padre, mentre Isabella la
prendeva per
issarla sul suo braccio.
- “Allora,
ti sei divertita dalle nonne?”
- Annuì
con il capo, facendo muovere i suoi ricci in alto e
in basso. “Amele.”
- “Ti
hanno dato le caramelle, eh?” Le grattò il
pancino,
facendola ridere.
- “Io
te l’ho detto che ce la viziano.” Esordì
Edward,
stampando un bacio sulle labbra di sua moglie.
“Com’è andata la tua giornata?”
- “Tutto
bene. Solite scartoffie, incontrerò domani i
Miller.” Spiegò, togliendo il cappottino rosso a
sua figlia. “La tua?”
- “Al
solito.” Rispose Edward dalla cucina, sgranocchiando
un Crackers che era posto sulla tavola apparecchiata.
- “Hey!
Quante volte ti ho detto che non si mangia prima
della cena?” Lo ammonì, dandogli uno schiaffetto
sulla mano.
- Edward
alzò gli occhi al cielo, sorridendo.
- “Renesmee,
difendimi tu.” Supplicò suo padre,
avvicinandosi a le con il capo.
- “Mama ha ‘gione.”
Isabella sentì un moto d’orgoglio che la invadeva.
- “Hai
visto, sì? Io ho sempre
ragione, Cullen.”
- “Non
ti atteggiare troppo. E guarda l’arrosto.” Edward
le
pizzicò un fianco, facendole una linguaccia.
- Mentre
si avvicinava al forno con un panno in mano,
Isabella sorrise.
- “Ammetti
che ti manca la bella vita,
eh?”
- “No,
direi di no. Le belle donne le vedo tutti i giorni in
Ospedale, la bella vita la faccio a tua insaputa e ho anche un amante
fissa.”
La beffeggiò, richiudendo il forno.
Isabella posò la piccola dentro il box, voltandosi verso suo marito. - “Non
scherzare troppo, eh!” Edward le andò incontro,
prendendola per i fianchi.
- “Ah,
non ho specificato che le belle donne che vedo in
Ospedale hanno un età media tra un mese e dieci anni. Che la
bella vita la
faccio con mia moglie e
che… la mia
amante ha appena un anno, ed ora sta giocando con una
macchinina.”
- “Beh,
non credo che lei possa lamentarsi, signor Cullen.”
- “No,
sono finalmente
felice così, signora Cullen.” Edward
avvicinò il viso a quello di Isabella,
lambendole le labbra con la lingua.
- “Ti
amo, Bella.” Sussurrò, lasciandole un bacio casto.
- “Ti
amo anche io, Edward.” Rispose infine lei, ricambiando
quel bacio.
- E
lì, in quella cucina e con la loro famiglia continuarono
ad occuparsi beati di quella parte piccola, ma perfetta, della loro
vita.
- **
- NOTE:
- Vorrei
tanto dire che l’ultima frase è
frutto della mia mente maligna, ma non è così.
Come ben saprete, l’ultima frase
è frutto di quel capolavoro di Breaking Dawn, anche se ho
cambiato qualcosa. Ed
eccoci qua, all’ultimo capitolo. Sì è
davvero l’ultimissimo di questa FF. Niente
extra, nessun continuo.
- Edward
e Bella ne hanno passate davvero
tante qui (e ritorniamo alla mia mente maligna!) però ce
l’hanno fatta. Ora
sono insieme, ed hanno una splendida figlia.
- Davvero
pensavate che Edward fosse partito? Non
lo farei mai, almeno non all’ultimo capitolo!
- Ringrazio
davvero tutti, dal primo dall’ultimo.
Da chi ha recensito dal primo capitolo, da chi ha scoperto la storia
proprio
dall’ultimo capitolo e a chi ancora dovrà
leggerla. Alle anime che mi
sopportano su Facebook, a quelle su Twitter. Trovate tutti i miei
contatti
nella pagina autrice. Grazie, grazie e grazie. Spero che mi seguirete
anche
nelle mie altre storie. Bon, non so proprio cosa aggiungere, se non un
immenso
GRAZIE. A tutti.
- Alla
prossima.
- Tatiana.