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Autore: DanP    09/09/2011    1 recensioni
Missing moment e AU che fanno parte della serie "Love.Be afraid."
1.La famiglia Stilinski. 2.Hale & Stilinski. 3.Hale e i piccoli 4.Stilinski padre e figlio (in corso...)
"Era Stiles, che comunque, odiava il suo vero nome esattamente come lui aveva previsto." (capitolo 1)
Genere: Commedia, Fluff, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Love. Be afraid.'
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Il grembiulino delle scandalo.

 

Dato che, non avere una mamma significava doversi prendere cura del suo papà, Stiles Stilinski prendeva molto seriamente quel compito.
Il suo papà -lo Sceriffo della contea- lavorava sempre fino a tardi e di rado trovava il tempo per giocare con lui, specie quando, rientrando a tarda ora a casa, incappava col piede in qualche pallina che trillava sotto di lui con un suono agonizzante e lui alzava la gamba rimanendo interdetto e mezzo frastornato a quel suono.
Quello era un metodo come un altro per sapere in anticipo del suo ritorno e passavano pochi secondi da quando lui posava il piede a terra a quando il bimbetto compariva come un ombra fugace dalla porta e si fiondava sulle sue gambe, facendogli perdere l'equilibrio ma sorridere nonostante la stanchezza e la fame. Da bravo ometto di casa poi lo invitava ad accomodarsi e tornava in cucina a spignattare e sbeccare qualche bicchiere. Stilinski senior si sedeva sulla tavola di noce, illuminata dalla luce accecante del lampadario che se ne penzolava pericolosamente sopra, minacciando di cadere da un momento all'altro, specie quando Stiles si metteva a fare il pesciolino sopra il legno scuro, muovendo braccia e gambe come se nuotasse e sbattendo provvidenzialmente la testa ogni qual volta si alzava con la sua solita carica energica e rimaneva in attesa, giocherellando con una forchetta lucida che strideva nettamente con il suo compagno coltello, dall'impugnatura coloratissima, stessa sorte veniva condivisa dal bicchiere di cristallo elaborato contro il piatto con le figure di qualche animale sorridente non chiaramente definito.
Poi Stiles entrava dalla porta con un gran frastuono di mestoli e pentole, alzandosi sulle punte per poggiarne una sulla tovaglia immacolata che veniva ricoperta da uno spandersi di gocce di sugo e unto. Col tempo aveva imparato che chiedergli di stare attento a certi dettagli non rientrava nelle cose da dirsi ad un bambino di sei -quasi sette!gli ricordava Stiles- anni che ti preparava la cena e aspettava pazientemente il tuo ritorno con devozione, rimanendo scompostamente seduto al tuo fianco, su una sedia sgangherata, e ti chiedeva di tutto, appoggiando il mento al tavolo o fissando ogni tuo più piccolo gesto.
Ma la loro convivenza aveva anche dei piccoli momenti in cui regnava incontrastato il caos.
Questo avveniva non solo quando Stiles si stringeva a lui, avvisandolo di un impellente nuovo attacco di panico, ma anche quando era lo stesso figlio a sgranare gli occhi sorpreso, mentre suo padre varcava la porta di casa febbricitante e malaticcio.
In quei casi, i doveri di Stiles si ampliavano e lui correva avanti e indietro da bravo infermierino pronto a rispondere a qualsiasi cenno di sofferenza o sbuffo di fastidio.
Assillandolo spesso e volentieri con domande del tipo: “Ti fa male il pancino?Vuoi la 'chipirina?Hai freddo?Accendo la stuffola!” anche quando all'esterno vigevano 30° e il clima non poteva che essere più afoso di così.

Quando lo sguardo del padre cadde torvo sul termometro, non poté esimersi dall'esprimere la sua frustrazione con un molto seccato: “E che caaahh...” che andò a cadere verso la fine della frase, mentre i suoi occhi si posavano sul faccino semi sconvolto di Stiles, mentre se ne stava lì come ad aspettare che concludesse la parola...quella parola che scatenava tutta la sua irriverente capacità di metterlo all'angolo e si portava le mani ai fianchi, come era solito fare lui durante gli interrogatori, anche se a differenza sua, non usava impostare quegli occhi da cucciolotto dal fare risaputo.
So che voi dire, è una brutta parola, tanto brutta!” commentò con quel tono indisponente e gli tendeva una manina bianca per farsi consegnare l'aggeggio e vedere la temperatura.
Sfortunatamente, a quell'età lui, che era solito divorare metà sillabe come una fetta di torta, non riusciva nemmeno a pronunciare la parola termometro, figurarsi leggerlo. Quindi rimaneva in silenzio, mentre Stilinski lo guardava attendendo il suo responso e lui rigirava nelle mani il bastoncino bianco e freddo con tutte quelle lineette e quella lunga barretta rossa, senza capirne alcunché.
Stiles poi alzava il capino, risolutamente deciso a fargli notare che sarebbero potuti rimanere lì per tutta la mattinata e il giorno seguente, fino a che suo papà non gli avesse rivelato quanto era gravosa la sua condizione. Lo Sceriffo alzò le spalle, sospirando un: “Oggi niente lavoro” posando di nuovo la giacca e riponendo la fondina in alto, lontano da manine curiose.
Stiles allora capiva che la situazione era critica e stringeva le manine sulle gambe del padre, fin dove arrivava, spingendolo verso le scale, diretto in camera.
A letto!A letto!” esclamava implacabile. Per suo papà, che non rimaneva a casa nemmeno con un brutto raffreddore, avere la febbre doveva essere orribile.
Una condizione impensabile, pregò con tutte le sue forze che quel brutto virus se ne stesse lontano, perché lui non avrebbe rinunciato a stare a letto per una giornata intera, senza poter armeggiare coi suoi giochi o all'affrontare nuove, mirabolanti, avventure con Scott, che pure era una mommoletta ma rimaneva il suo miglior amico.
“Stiles, andiamo non è così grave, basterà che prenda qualche pastiglia e...”
ma l'espressione corrucciata e per nulla gratificante che gli serbò il bimbetto lo distrasse da qualsiasi intento di proseguire.
Doveva andare a letto, e di corsa, prima che Sty iniziasse a piantargli le unghiette nelle gambe come un gatto e piagnucolare insistentemente che “il suo papà non 'li vuole bene pecchè non 'li ascolta.”
dannazione al suo lato tenero, fosse stato un padre dal polso fermo avrebbe gestito quella situazione in ben altra maniera, non rimanendosene a fissarlo disperatamente, come se afferrandolo per le spalle e scrollandolo un pochetto riuscisse ad arginare il fiume di lacrime in piena che minacciavano seriamente di straripare.
Fosse stato più rigido, alla fine si sarebbe puntato la pistola alla tempia decidendo che non era ammissibile che lui, un poliziotto perfettamente addestrato, deponesse le armi e l'orgoglio alla vista di...tutto quello.
Ma Stiles vinceva sempre, nel bene e nel male e così si risolveva a sdraiarsi a letto e rispondere con qualche monosillabo al torrente di domande che puntualmente arrivava.

Il Signor Stilinski, che pure era un uomo in tutto e per tutto, cominciava a dubitare delle sue capacità paterne, ma mai di quelle di Stiles.
Nonostante gli anni di differenza e la mancanza di una figura femminile che lo avesse cresciuto, quel piccino era una fonte di sorprese -e guai, spesso e volentieri- e c'erano delle volte in cui lui stesso gli dimostrava come comportarsi in situazioni di emergenza infantile come le prime volte che, rimanendo da soli, aveva dovuto occuparsi di lui e metterlo a dormire. Stilinski senior non sapeva nemmeno da che parte iniziare e lui gli aveva diligentemente illustrato che bastavano il pigiamino, una favola e la lucetta accesa, senza dimenticare che la porta della cameretta non poteva essere chiusa del tutto.
L' agente aveva annuito, pensando che forse sarebbe stato più opportuno appuntarsi da qualche parte quelle lezioni di vita, ma poi si era dato del cretino per aver avuto quella pensata.
Il menage familiare che si era creato aveva fatto il resto, se anche non era un padre perfetto nel senso più canonico del termine, lo era nel senso di Stiles.
“Sty, cucciolo, non serve che fai tutto questo.” lo riprese il padre, mentre lo guardava in cucina, spostarsi uno sgabello per raggiungere i ripiani più alti, pregando che non perdesse l'equilibrio e si sfracellasse contro il lavello.
“Ce la faccio da solo!” esclamò il piccolo restio a lasciare che il suo papà lo aiutasse quando quello era compito suo, poi lo guardava sconvolto e gli puntò un ditino contro:
“E tu vai a fare la nanna!”
Lo Sceriffo annuì, continuando però a rimanere appoggiato allo stipite della porta con le braccia conserte.
Vide Stiles fissare con disappunto un grembiule e poi tirarlo giù da una gruccia un po' più alta di lui per finire col ritrovarsi sommerso dal tessuto da capo a piedi, eccezionalmente più grande del suo corpicino. Lo guardò di nuovo torvo, tanto che si ritrovò a sorridere e coprirsi la bocca con una mano per evitare di farglielo notare.
Accadde poi che Stiles, presa coscienza di a che diavolo servisse quell'affare, se lo passò sopra la testa e si rimirò per bene, giudicando che ci fosse più stoffa di quanta ne servisse per riuscire a muoversi. Il grembiulino panna infatti gli arrivava fin sotto i piedi e lo facevano inciampare in continuazione e lui, perdendo la pazienza, sbuffò e tirò su con le mani quell'arnese come una principessa con suo lungo abito.
Metterselo era stata una pessima trovata ma infondo se lo metteva sempre anche papino quando cucinava qualcosa -le due volte a settimana che lo faceva- e lui non doveva essere da meno.
Il padre sgusciò poi in camera, fingendo di non aver assistito a quelle scenette comiche e lo osservava con preoccupazione mentre gli posava sulle gambe, sopra la coperta, un vassoio carico di generi alimentari poco adatti al suo stato di salute.
Prese con discrezione un pezzo di biscotto secco tra le dita e lo inzuppò in un caffè più nero della pece, versato in una tazza dalla forma grottesca accanto a un paio di muffin plastificati e sorrise sotto i baffi, osservandolo mentre teneva i pugni stretti ai fianchi, alzando il grembiule fin dove poteva e creando una miriade di spiegazzature che si perdevano sulle gambette coperte ancora dal pigiama. Avrebbe dovuto cambiarlo, no?Mah, facevano vacanza tutti e e due, quel giorno, decise senza obiezioni.
“Sei carino con quel grembiule, Sty.” decretò sogghignando.
Il bimbo non comprese il tono sarcastico e sorrise a sua volta, sedendosi al suo fianco e scartando un dolcino.
“Vero?” chiese, consapevolmente adorabile.
“Sono certo che da grande farai la felicità di un uomo fortunato!” continuò a scherzare col fuoco il più vecchio, considerando quell'uscita una vera a propria idiozia, adesso avrebbe messo in difficoltà sia lui che il piccoletto circa le “questioni amorose dei grandi”.
Ma Stiles, era sempre un tornado di sorprese:“E' quello che voglio fare da grande!” ribattè annuendo, felice di aver trovato l'approvazione del padre.
“Che cosa?” domandò curioso lui, del tutto ignaro di ciò che aveva scatenato.
“Divento una brava mogliettina!”
Quello fu più o meno un giorno che lo Sceriffo Stilinski avrebbe ricordato molto spesso negli anni a venire, considerandolo come una sorta di preavviso a ciò che sarebbe stato in futuro il suo adorato Stiles, o con CHI sarebbe stato, il suo adorato Stiles.
Ma a quel tempo la risposta che seppe dare fu l'unica possibile alla necessità del momento:

“Oh che caaaahhh...”

 

Fine.

 

NdA: Stilinski sa tutto -sia l'uno che l'altro- e ne prenderà maggior coscienza qui...(capitolo 7)
Commentate su!Non siate timidi!! Un bacio counque a chi leggerà e apprezzerà! Dan

   
 
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