Libri > Orgoglio e Pregiudizio
Ricorda la storia  |      
Autore: _Cannella_    09/09/2011    5 recensioni
In questa breve FF, ho deciso di dare voce ad uno dei personaggi che tutti tendono a dimenticare: Anne de Bourh. Riprendendo alcuni momenti dal libro, ho voluto raccontare la vita nell'ombra di questa ragazza, facendola diventare, per una volta, la protagonista. Fatemi sapere se, secondo voi, sono riuscita nel mio intento! Grazie
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Tutti si erano sempre dimenticati di lei: una fragile ragazza costantemente lasciata da parte. Eppure anche Anne aveva un cuore e dei sentimenti, spesso feriti dalle osservazioni impertinenti della madre o dall’indifferenza che dimostravano tutti quelli che la conoscevano.
Non poteva dire di essere una bella donna: i suoi lineamenti erano insignificanti, mortificati anche dal perpetuo pallore sul suo viso e dall’ aria malaticcia che la caratterizzava. Ciononostante la sua anima era grande, desiderosa di scoprire il mondo, ma rinchiusa tra le mura di una suntusa residenza, diventata per lei un’elegante prigione.
E così, nascosta nell’ombra, Anne de Bourgh trascorreva le sue giornate: un lento susseguirsi di avvenimenti che le scivolavano addosso, senza che lei potesse afferrarli veramente.

 

Nell’ombra
 

 Un impetuoso sbuffo di vento scosse gli alberi nel parco di Rosings, attirando l’attenzione di una delicata ed esile creatura, che si alzò dal divanetto damascato, sul quale era seduta, per avvicinarsi alla maestosa vetrata e godersi lo spettacolo di quella danza di aria e foglie.
 

Le labbra sottili di Anne de Bourgh si curvarono appena in un tenero sorriso, mentre la sua mente passeggiava per gli splendidi giardini che circondavano la sua abitazione, portandola dove la sua fragile salute non le permetteva di andare.
« Miss. de Bourgh... », la voce di Mrs. Jenkinson irruppe nel silenzio della biblioteca, infrangendo l’effimera bolla di felicità nella quale la ragazza si era rinchiusa.
Anne si voltò verso la vecchia donna che, trafelata, si affrettava a raggiungerla davanti alla finestra.
« Mrs. Jenkinson... », sussurrò, chinandosi in una lieve riverenza in risposta di quella assai più profonda della sua istitutrice.
« Signorina, sono qui per informarvi che vostra madre, Sua Signoria, vi invita a recarvi fino ad Hunsford per accogliere i nuovi ospiti di Mr. Collins e Signora, con la speranza che questi vogliano accettare di prendere parte al pranzo di domani... », spiegò Mrs. Jenkinson, prima di indicare un punto lontano nel parco di Rosings. « La carrozza vi sta aspettando, Miss. Anne... », continuò poi, porgendo un mantello alla piccola ragazza, il cui volto non lasciava trapelare nessuna emozione.
Un grazioso phaëton accompagnò le due donne fino al cancello del giardino appartenente alla canonica, dove il reverendo e la moglie accolsero, con tutti gli onori del caso, la loro visita inaspettata.
Mrs. Collins provò ad invitare le due ospiti in casa, ma Anne si affrettò a declinare l’offerta, esponendo, nel modo più veloce possibile, il desiderio della madre di ricevere a Rosings gli abitanti di Hunsford e i nuovi arrivati.
Mentre Mr. Collins dava sfogo a tutta la sua gratitudine per quella cortesia, aggiungendo anche, di tanto in tanto, qualche falso e smodato complimento su Rosings e i suoi proprietari, lo sguardo di Anne si posò prima su un Signore in piedi davanti alla porta, poi su due ragazze, che stavano osservando la scena dalla finestra della canonica.
Gli ospiti! pensò, per poi riportare la sua attenzione sul discorso pomposo del parroco.
Non avendo ascoltato le parole di Mr. Collins. lasciò che fosse Mrs. Jenkinson a sbrigare gli ultimi convenevoli, limitandosi a sorridere gentilmente.
Dopo la riverenza di rito, le due signore fecero ritorno a Rosings, dove Lady Catherine stava attendendo la figlia, davanti ad una fumante tazza di tè verde.
Anne si inchinò alla madre, per poi accomodarsi e prendere a sua volta il tè, che una cameriera le stava offrendo. La ragazza assaporò la bevanda, godendosi la stupenda sensazione che il calore le lasciava in bocca.
« Anne, mi raccomando, ricordati che fra qualche settimana tuo cugino Darcy verrà per la consueta visita di Pasqua, voglio che sfoggi il tuo abito migliore per quell’occasione! », iniziò a dire Lady Catherine,  mentre sua figlia si limitava ad annuire, preferendo rimanere in silenzio.
Mrs. Jenkinson, intanto, si destreggiava al meglio con il paravento, cercando di coprire gli occhi della sua protetta dal riflesso del fuoco, che scoppiettava giocoso nel camino, dando una piccola parvenza di allegria a quella stanza elegante, ma troppo cupa.
Mentre la madre continuava a tessere le lodi di Mr. Darcy, parlando di lui come il futuro marito della sua unica figlia, quest’ultima si ritrovò a pensare alle ragazze che aveva scorto, quel pomeriggio, dietro il vetro della finestra della canonica. Una di loro, in particolare, aveva destato il suo interesse. I grandi occhi scuri di lei sembravano beffarsi di tutti coloro sui quali si posavano, mentre le sue labbra erano curvate in un sorriso irrisorio. Quell’espressione le era parsa così vivace e spensierata da suscitare in lei una piccola punta di invidia nei confronti della ragazza.
Quanto avrebbe voluto poter essere come tutte le altre sue coetanee; avrebbe barattato tutti i suoi possedimenti, in cambio di una vita più modesta, ma anche più godibile.  
Sebbene sua madre continuasse a ripetere che si stava ristabilendo e che la sua salute diventava sempre meno cagionevole, Anne sapeva benissimo che non era vero. Non stava meglio e probabilmente non sarebbe mai guarita completamente. Ormai si era arresa all’idea che non si sarebbe mai sposata, che nessuno mai l’avrebbe voluta e, nonostante i tentativi di Lady Catherine di persuadere  Darcy a prenderla in sposa, probabilmente suo cugino non avrebbe accettato. E la ragazza gli era grata per questo, poichè non voleva essere un peso per nessuno.
Da quando aveva compreso il suo triste destino, ovvero quello di rimanere sempre nell’ombra di un nome altisonante, senza mai avere la possibilità di avere una vita degna di essere vissuta, Anne aveva iniziato a scrivere.
Quell’arte così raffinata le aveva aperto nuovi orizzonti, dandole la possibilità di veder realizzati i suoi sogni. Tutti i personaggi delle sue storie, alla fine, ottenevano sempre ciò che più desideravano. Tutte le signorine in età da marito si sposavano, diventando mogli, madri, guardavano i loro figli crescere, cercando di tramandare  loro quello che avevano imparato durante le loro “avventure”.
Anne era costretta ad utilizzare l’immaginazione, ma, in fondo al suo cuore, sapeva che si stava avvicinando alla realtà più di quanto volesse ammettere anche a se stessa, come a volersi proteggere dal dolore che l’avrebbe colpita al pensiero di tutto quello che stava perdendo.
Con il tempo, il suo bisogno di scrivere crebbe, diventando una vera e propria necessità.
La scrittura, accompagnata dalla lettura, era  la sua finestra su quel mondo che non avrebbe mai avuto la possibilità di visitare.
La sua passione, però, doveva rimanere segreta. Anne sapeva benissimo che sua madre non avrebbe mai accettato di avere una figlia scrittrice; a quel tempo era indecoroso, avrebbe arrecato disonore alla famiglia de Bourgh.
E così iniziò a scrivere di nascosto, raccontando  struggenti storie d’amore, sempre descritte con uno linguaggio casto e contenuto,  privo di descrizioni troppo azzardate, ma che non rinunciava ad una punta di arguzia ed ironia. La ragazza era diventata una attenta osservatrice, fintamente distaccata e minuziosamente precisa. Ma c’era un punto su cui l’imparziale narratrice abbandonava il riserbo, per dimostrarsi sensibile a propensa ad uno stile più vivo e, forse, meno rigido: il ballo. Anne perdeva delle ore intere a descrivere le complicate, ma perfette, figure che la danzatrice disegnava al fianco del suo cavaliere; parlava del sentimento che entrambi provavano, quando le loro mani si potevano finalmente sfiorare, prima che tutto finisse in un cortese inchino di  cerimonia.
 
« La cena è servita! », la voce di un cameriere riportò Anne alla realtà, interrompendo anche il discorso di Lady Catherine.
Le due donne mangiarono in sielnzio; nella stanza solo il rumore delle posate che cozzavano, di tanto in tanto, contro i piatti.
Con la scusa di volersi riposare, la ragazza si sottrasse alle attenzioni della madre, andando a rifugiarsi nella sua stanza, seguita, naturalmente, da Mrs. Jenkinson.
Presto Anne si coricò, anche se il sonno tardava ad arrivare. Decisa ad approfittare di quelle brevi ore di tranquillità, riaccese la candela mezza consumata e, intinto il pennino nel calamaio, iniziò a raccontare una nuova storia, che vedeva come protagonista un’impertinente ragazza dagli occhi beffardi ed un sorriso enigmatico.
 
Il giorno dopo, gli ospiti fecero il loro ingresso a Rosings, e i nuovi arrivati vennero presentati ad Anne,  a Lady Catherine ed a Mrs. Jenkinson. La ragazza studiò, con discrezione, le sue nuove conoscenze: Sir William e sua figlia sembravano piuttosto agitati; lui, dopo essersi esibito in un goffo inchino, si era accomodato al suo posto, mentre lei, seduta sull’orlo della sua seggiola, continuava a spostare lo sguardo da una parte all’altra della stanza, non sapendo più dove posarlo. L’unica che sembrava perfettamente padrona della situazione era Miss. Elizabeth Bennet, la ragazza che, il giorno precedente, aveva catturato la sua attenzione.
Presto il pranzo fu sevito, interrompendo, fortunatamente, gli esagerati complimenti che Mr. Collins si sentiva sempre in obbligo di elargire; anche se la “tregua” ebbe breve durata, visto che il signore pensò di commentare ogni singola portata del pasto, incoraggiato da suo suocero.
Anne era seduta accanto a Miss. Bennet, ma non ebbe il coraggio di rivolgerle la parola, mentre, alla sua destra,  Mrs. Jenkinson continuava ad esortarla a mangiare, senza ottenere grandi risultati.
Dopo il pranzo, Sua Signoria, iniziò il suo classico “interrogatorio”, che questa volta aveva come “vittima” la povera Elizabeth, la quale, però non si lasciò scoraggiare dai commenti inappropriati di Lady Catherine, anzi,  fu proprio lei la prima ad aver osato sorridere dell’impertinenza piena di alterigia che la Patronessa dimostrava.
Quando i signori le raggiunsero, furono preparati i tavoli da gioco, ed Anne espresse il suo desiderio di fare una partita a cassino. Il suo gruppo era estremamente noioso, poichè non fu scambiata nessuna parola che non riguardasse strettamente il gioco, fatta esclusione per le infinite preoccupazioni di Mrs. Jenkinson, che si informava, costantemente, sulle condizioni della sua protetta.
Quando sia Lady Catherine che Miss. de Bourgh si furono stufate, venne offerta una carrozza agli ospiti, che Mrs. Collins accettò prontamente.
Anne rimase per qualche istante ad osservare, dalla grande vetrata della sala da tè, la vettura allontanarsi, prima di chiedere a sua madre il permesso di recarsi in bibblioteca. Sua Signoria le concesse una visita veloce, giusto il tempo di scegliere un libro, visto che, secondo Mrs. Jenkinson, la ragazza non era abbastanza in forze per permettersi di affaticarsi in quel modo.
 
I giorni passavano velocemente, ed Anne si divertiva ad uscire con il suo phaëton quasi quotidianamente. Di tanto in tanto si fermava a scambiare poche parole con Mrs. Collins, ma difficilmente si lasciava persuadere ad entrare in casa. Mentre, al contrario, le visite dei Collins a Rosings erano assai frequenti, soprattutto se sommate a quelle sotto gli inviti di Lady Catherine, che venivano prodigati  circa due volte a settimana.
Le prime settimane passarono tranquillamente, mentre la Pasqua, e quindi l’arrivo di Darcy, si avvicinava sempre di più.
Anne, doveva ammetterlo, aveva voglia di rivedere suo cugino, uno dei pochi membri della famiglia che stimava veramente.
La settimana precedente alla Santa Pasqua, la famiglia di Rosings si allargò, ricevendo, non solo Mr. Darcy, ma anche un suo cugino, il Colonnello Fitzwilliam.
Purtroppo Anne non potè trascorrere che pochi minuti con il suo presunto promesso sposo, visto che l’attenzione di lui venne subitamente attirata dagli ospiti della Parrocchia.
La ragazza, però, divenuta ormai una sagace osservatrice, notò subito l’interesse che Darcy nutriva nei confronti di Miss. Bennet. Non era da suo cugino mostrarsi così ben disposto alla compagnia di una giovane dama, anche se questa, stranamente, non sembrava ricambiare il piacere che lui ricavava dalle loro conversazioni. Darcy, dal canto suo, cercava di nasondere il suo turbamento, evitando di gironzolare, almeno per il primo periodo, dalle parti del Rettorato, ma Anne, ormai, aveva capito tutto.
La domenica tutta la famiglia andò in chiesa per la santa messa di Pasqua ed i due cugini, sulla strada del ritorno, si ritrovarono soli in carrozza, forse anche a causa di un ingegnoso stratagemma di Lady Catherine. In ogni modo, Anne sapeva che quella sarebbe stata una perfetta occasione per parlare sinceramente con suo cugino. Ma come? L’aspetto altero e severo di Darcy l’aveva sempre intimorita, tanto che in quel momento, come un piccolo pulcino smarrito, se ne stava seduta in un angolino, con lo sguardo perso nel paesaggio che vedeva correre veloce dal finestrino della vettura, e le piccole mani inguantate, appoggiate sulle sue ginocchia.
Man mano che i giorni passavano, Anne vedeva la sofferenza di Darcy aumentare, come se suo cugino fosse stato in preda a chissà quali lotte interiori. Dal canto suo, la ragazza voleva provare ad alleviare le preoccupazioni dell’uomo, così, un giorno, dopo averlo visto dirigersi verso la biblioteca, raccolse tutto il suo coraggio, e lo seguì. 
 
« Cugina Anne... », esclamò Darcy, vedendo entrare la pallida ed esile creatura nella stanza.
La ragazza gli rivolse una lieve riverenza di saluto, prima di iniziare a parlare: « Cugino.. vorrei, vorrei dirti una cosa... io, io so che non hai nessuna intenzione di sposarti con me, non devi temere di ferire i miei sentimenti, ammettendolo apertamente... e ti sono anche grata per esserti sempre opposto ai piani di mia Madre..io non ci sono mai riuscita, anche se avrei tanto desiderato farlo... »
L’uomo rimase qualche secondo a fissare la ragazza, ancora interdetto per il discorso che aveva appena udito. Intanto, piccole lacrime salate luccicavano agli angoli degli occhi di lei, anche se Anne non riusciva a spiegarsi il motivo di quel pianto inutile.
« Oh, cugina! », sussurrò Darcy, andando a stringere le piccole e fragili mani di lei nelle sue, per poi condurla a sedersi sul divanetto damascato. « Cugina, tu non devi ringraziarmi... anzi, io devo pregarti di accettare le mie scuse.. mi sono sempre comportato male nei tuoi confronti... tu proprio non te lo meritavi! », disse poi, guardando con tenerezza il viso scarno della ragazza che gli stava di fronte.
« Grazie Darcy.. », rispose Anne, con la voce soffocata dai singhiozzi.
E così, forse per la prima volta, quel pomeriggio i due cugini si parlarono sinceramente, diventando confidenti l’uno dell’altra.
Anne gli confessò la sua passione per la scrittura, mostrandogli, anche se un po’ restia, la breve storia che aveva composto in quei giorni, ispirata dalla presenza di Miss. Bennet, mentre lui, quasi costretto dalla sincerità dimostrata dalla ragazza, dovette arrendersi all’idea di parlare del suo amore per Elizabeth.
Quella conversazione fu un vero toccasana per Anne, che, incoraggiata dall’appoggio del cugino, si dedicò, sempre con più dedizia, ai nuovi racconti che aveva intenzione di scrivere, promettendo a Darcy di donargliene uno completo.
Purtroppo, però, suo cugino non aveva ancora trovato pace. Si vedeva chiaramente che qualcosa lo turbava, e lei sapeva anche cosa, ma non poteva fare nulla per aiutarlo.
Un giorno, in particolare, Darcy le parve più strano del solito, quasi fuori di sè, ma Anne non ebbe il tempo di approfondire la cosa, poichè i due ospiti di Rosings lasciarono la residenza poco dopo.
 
I mesi si susseguirono velocemente, quasi nulla era cambiato nella monotona vita di Anne, ma nella sua anima la ragazza aveva subito un profondo mutamento.
Aver finalmente paralto con qualcuno dei suoi sentimenti e aver riscontrato l’approvazione di una delle persone che lei stimava di più al mondo le diedero il coraggio necessario per continuare a sopravvivere, anche se sempre soggetta all’arroganza della madre.
Non era ancora riuscita ad evadere dall’ombra, ma nell’ombra aveva trovato la sua forza, aveva costruito il suo futuro, ora intriso del profumo della speranza.
La sua gioia, inoltre, aumentò notevolmente, quando venne a sapere del matrimonio di Darcy con Miss.Bennet: la felicità di Anne era grande quanto l’indignazione di Lady Catherine all’idea dell’immensa profanazione che Pemberley e il nome dei Darcy avrebbero subito.
Purtroppo, le sue condizioni di salute precarie e l’opposizione della madre ad una simile unione le impedirono di partecipare alla cerimonia, ma non per questo la ragazza si lasciò rattristare.
Come regalo di nozze, Anne inviò a suo cugino il racconto che gli aveva promesso, quello che parlava proprio della sua Elizabeth, ragazza fortunata che era riuscita a conquistare il cuore di un ricco, ma austero, uomo del Derbyshire.
Inutile dire che Darcy fu ben felice di ricevere il prezioso manoscritto, e la corrispondenza tra i due cugini continuò per molto tempo, anche se sempre all’oscuro di Sua Signoria. Questo aiutò Anne a sopportare la monotonia della sua vita agiata a Rosings. Rinchiusa tra le mura della sua elegante residenza, vagava con la mente, visitando posti lontani, diventando la protagonista di mille avventure, lasciando che le emozioni che provava esplodessero sulla carta, tessendo la trama di nuovi racconti. La ragazza aveva imparato a vivere della sua scrittura, riuscendo, anche se solo temporanemanete, ad estraniarsi dal suo Io, per abbracciare il mondo al di fuori dei cancelli di Rosings, al di fuori dell’ombra.    



Angolo dell'autrice

Salve, prima di tutto, vorrei ringraziarvi per aver letto questa mia storiella (magari anche per averla recensita XD), in secondo luogo, vorrei scusarmi per gli errori di battitura che sicuramente avrete trovato. Questa FF è stata scritta di getto, sfruttando un momento di fugace ispirazione, ancora qualche mese fa, con l'intenzione, poi, di rivederla e correggere quello che ci fosse stato da correggere. Purtroppo, devo ammettere che il mio buon proprisito, con il tempo, è stato dimenticato e così mi ritrovo, oggi, a pubblicare una storia non ancora completamente corretta (non riesco mai a trovare tutti gli errori in una volta, mannaggia!). Probabilmente vi state chiedendo il perchè io voglia assolutamente pubblicare qualcosa che so non essere non del tutto pronto; beh, non c'è un motivo vero e proprio. Una recensione che mi hanno lasciato per un'altra mia storia, mi ha spinto a pubblicare anche questa, semplicemente avevo voglia di ricevere commenti, critiche, consigli anche riguardo questa breve storiella.
Spero, quindi, che non vi siate offesi se, leggendo, avete trovato tantissimi errori di battitura! Prometto che, con calma, cercherò di correggerli (nel caso vogliate mettere in evidenza quelli che, eventualmente, avete trovato voi, non posso che dirvi grazie!)

Alla prossima

                            The Lady with the Dark Eyes


  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Orgoglio e Pregiudizio / Vai alla pagina dell'autore: _Cannella_