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Autore: Sh_NT    09/09/2011    10 recensioni
Il mio nome è Helen Chester e sono una giornalista. Ho dovuto scrivere un articolo su Johnny Depp, e sottolineo "dovuto". No, inizialmente non ero felice. Credevo davvero che sarebbero stati i 30 giorni più orribili della mia vita.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The beginning of a nightmare                                                                                   

The beginning of a nightmare.



Ero una normalissima giornalista di Rolling Stone, forse solo un po' più impegnata della norma ma credo che quello dipendesse dal fatto che non avevo una vita sociale come tutte le altre ragazze della mia età, e proprio per questo mi sono ritrovata a fare quel dannato articolo: perché pensavano che fossi "la più adatta" a quel tipo di lavoro. A saperlo non avrei mai lasciato quello sfigato del mio ex-ragazzo così presto, sarei rimasta con lui a festeggiare per sempre la mia giovinezza, tra sigarette e allegre bevute. Invece no, ho dovuto fare di testa mia, l'ho dovuto lasciare dopo l'ennesimo "Sposami, amore, così posso baciarti quando mi pare", frase che continuava a ripetermi da quando avevamo visto insieme "Tutta colpa dell'amore". Già, in quegli anni continuavo a fare errori del genere.

Il giorno in cui Tracey Jacobs entrò in redazione fu un fomento generale, tra persone che riflettevano su chi potesse essere interessato il caporedattore e a chi sarebbe toccato quella volta intervistare una nuova star di Hollywood. Già, perché ancora non riuscivamo ad abituarci alla vita che avevamo scelto; noi eravamo comuni esseri umani mentre loro erano sempre un gradino più in alto, o perlomeno questo era quello che si pensava. Tracey era l'impiegata e il massimo esponente della United Talent Agency, conosciuta in campo giornalistico – compresa me – per portare importanti contratti per interviste e grandi rivelazioni da parte degli attori hollywoodiani, per cui potete capire il perché di tanta eccitazione da parte nostra.
La donna indossava il solito tailleur grigio, tacco basso e un paio di occhiali dalla montatura leggera, e sono a conoscenza di questi dettagli solo perché sembrava che avesse solamente quel completo. Con una valigetta in mano e l'altra immobile lungo il fianco, sorpassò la folla sembrando la perfetta imitazione di Mosè, ed entrò nell'ufficio sotto lo sguardo entusiasta di Jack Mayer, caporedattore, che posò un secondo gli occhi su di me per poi voltarsi e seguire l'agente.
Già, avevo capito il mio destino e avrei preferito essere sepolta viva il quel momento. Da mesi mi assillava per un possibile articolo sulla vita di Johnny Depp, mi aveva avvertito, mi aveva detto di prepararmi... e io cos'avevo fatto? Avevo riso. Riso, sì, perché Johnny Depp, riservato e nemico delle macchine fotografiche non avrebbe mai accettato un articolo di QUEL genere. Un mese sotto i riflettori. Dio, nessun attore/cantante/regista/scrittore/personafamosaconuncervellofunzionante avrebbe accettato di sottoporsi a tale tortura. Eppure era successo. Jacobs uscì salutando con una stretta di mano il buon vecchio Jack, mi fissò con un sorrisetto malvagio dipinto in volto ed uscì apparentemente soddisfatta davanti gli occhi eccitati di decine di giornalisti. Ovviamente Ruth, la perfida Ruth Peterson, colei che si occupava dei più famosi, si diresse verso il capo, ma lui aveva occhi solo per me; m'indicò e mi fece segno di avvicinarsi.
Andavo dritta verso l'inferno.


«Sei a conoscenza di ciò che è successo a Johnny Depp, vero?» mi domandò appena entrai nel suo ufficio. Oddio, avrei dovuto? Non ero molto attenta ai giornali di gossip, ultimamente. Annuii deglutendo a vuoto.
«Beh, dopo la separazione da Vanessa Paradis si è lasciato un po' andare, ha distrutto un'altra suite e ora la sua agente vuole rinnovare la sua immagine.» Fece una breve pausa, creò la giusta suspanse e scoppiò a ridere. «HA ACCETTATO L'ARTICOLO!» urlò talmente forte che sentii qualche sedia cadere oltre la porta, o forse era la furia di Ruth che iniziava a divorarmi con il pensiero e mi rendeva quindi mentalmente instabile secondo dopo secondo.
Mimai la sua espressione per rendermi più credibile possibile «Ma è fantastico», quindi tornai all'espressione precedente, impassibile, sperando che in quel modo me la sarei cavata con poco. «Vado a chiamare Ruth».
Ma non feci in tempo a voltarmi che Jack mi dichiarò finalmente la sua
fantastica notizia. «L'articolo è tuo, Helen»

Un'ora dopo ero diretta verso il mio appartamento nella periferia di Los Angeles. Ebbene sì, Los Angeles. E so benissimo cosa state pensando:"Oh-mio-dio! Johnny Depp! Quant'è figo! Perché non era felice? E viveva anche a due passi da casa sua! Avrei potuto fare io cambio con lei!". Beh, sappiate che alla fine avevo accettato l'incarico, quindi potete anche smetterla di fare certi commenti poco consoni. Non fraintendetemi, anche allora pensavo che Johnny Depp fosse un bell'uomo, semplicemente non m'interessava. Tutta quell'aria di mistero, il mandare a quel paese le telecamere... io lo evitavo ogni volta che andavo al cinema e lui mi odiava. Odiava ciò che rappresentavo, ovvio. Proprio per questo sapevo che le prossime settimane sarebbero state un incubo. Nulla in confronto a quello che avrei passato quella sera, poco ma sicuro. Jack mi aveva lasciato uscire prima per prepararmi all'incontro che si sarebbe tenuto il giorno dopo, di conseguenza ebbi tempo di passare nel primo centro commerciale per comprare i film più conosciuti di Depp (a.k.a. Film di cui avevo sentito parlare da Claire): uscii con The Libertine, Pirati dei Caraibi, Sweeny Todd, Neverland e Secret Window e giuro – giuro – che riuscii a vederli tutti quella sera.

La mattina seguente non ero sveglissima. Forse andrei più vicina alla situazione dicendo che assomigliavo a uno zombie, ma ero pronta e preparata dopo aver letto su internet stralci di una biografia "dell'attore del secolo".
Negli ultimi giorni, avevo letto, dopo la rivelazione del tradimento di una notte di Vanessa Paradis con un cantante conosciuto anni prima, Johnny Depp l'aveva lasciata e aveva distrutto la suite in cui si trovava per la premiere di un nuovo film; si era chiuso a tutti, alcuni pensavano si fosse suicidato il che non credo potesse fare bene alla sua immagine, perciò l'adorabile Tracey Jacobs lo aveva costretto a firmare il contratto con... beh, me. Nessuna sorpresa quindi, che mi stesse squadrando da capo a piedi quando arrivai davanti a casa sua – chiamiamola casa – con un caffè in mano e la tracolla in spalla, cercando in tutti i modi di non farla scivolare e fare una figura di merda il primo giorno di,
gulp, lavoro.
Avevo detto di averlo evitato in tutti questi anni? Okay, mentivo. Claire mi aveva costretto a vedere La Fabbrica di Cioccolato. Ecco, l'ho ammesso. E in quel momento avevo solo paura che mi facesse affogare nella vasca di cioccolato che nascondeva nel seminterrato, insieme al forno gigante, e il suo parlare di continuo all'orecchio della tizia nel tailleur di sicuro non aiutava.
Presi un profondo respiro prima di imparare a parlare nuovamente inglese. Già da quella distanza riuscivo a distinguere ogni poro sulla sua pelle... senza parlare del naso che con il tempo avrei imparato a venerare.
«Buongiorno» mormorai con l'accento britannico rubato a mia madre accennando un sorriso, però non mi fecero terminare: subito la donna si voltò seguita dall'attore muto, per entrare a passetti veloci nella dimora. Rimasi immobile con la bocca aperta. Oh, avanti, mi avevano sbattuto una porta in faccia, voi cos'avreste fatto? Tornai in macchina dove abbandonai la tazza di caffé vuota, li raggiunsi in casa e li trovai chini su un pacco di fogli, seduti ad una grande tavolata. Il posto era immenso, roba che avrei potuto fare un pigiama party in cucina e avere anche lo spazio per il Twister, anche se non credo che Vanessa l'avesse usata poi così tanto.
«Mi hanno mandata qui dalla re-»
«Vieni qui, su, così firmiamo e puoi iniziare il tuo lavoro di ficcanaso.» Tra i premi che aveva vinto non credevo ce ne fosse uno per essere scorbutico.
«Non ho chiesto io questo lavoro, sai? Non mi piaci neanche.» Già, forse avrei dovuto rispondere in modo un po' diverso, visto che, giusto per farvelo entrare bene in mente, C'AVREI DOVUTO PASSARE 30 GIORNI INSIEME.
In tutta risposta si voltò verso di me con un sorriso finto stampato in faccia. «Qualcosa in comune, cara»
Non potevo fare altro che sedermi lì e firmare. Lui non mi piaceva, io non piacevo a lui, ma cosa me ne importava? Un articolo del genere scritto bene avrebbe significato un salto di carriera enorme.
Johnny Depp era lavoro. Solo lavoro.

   
 
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