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Autore: Snafu    10/09/2011    1 recensioni
Autori: la Cath feat. B.
Desclaimers: I Guns 'n Roses ed i Mötley Crüe non ci appartengono. Eventuali canzoni citate non ci appartengono (il titolo è dei Nirvana, si sa del non proprio roseo rapporto tra Axl e Kurt). Roxy e Grace sono personaggi nostri, quindi vantiamo su essi tutti i copyright. No infringement of copyright intended.
Note: Eventuali sbalzi temporali. Uso della tecnica del flashback. What if? Crossover.
Ai lettori: Non abbiamo avuto occasione di visitare le sezioni dei Guns 'n Roses o dei Mötley Crüe prima. Speriamo di riuscire a farlo presto e soprattutto che il prodotto della nostra collaborazione rientri nei generi di vostro gradimento.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Axl Rose, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Spaghetti Incident'
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23 dicembre 1987



Bip. Bip. Bip.
Biiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii.
«Il paziente è clinicamente morto».

8 gennaio 1992



Nikki forzò la sicurezza senza crearsi troppi problemi.
Axl, pareva non avere intenzione di parlare con lui, si limitava a tremare, scuotendosi avanti e indietro con una cadenza inquietante.
Il bassista entrò nella stanza e, per l'ennesima volta in tutta la vita, il suo cuore tremò. Di dispiacere. Credeva che con tutto quello che gli era successo, prima o poi si sarebbe abituato. Alle delusioni. Alle sofferenze. Eppure... ogni volta sembrava andare peggio.
La figura di donna era abbandonata sulle lenzuola bianche, increspate dalla notte appena trascorsa. Era compostamente avvolta dal sonno, con i capelli riversati sul viso incredibilmente più pallido del solito. Il dottore si chinò su di lei e premette le dita contro la sua giugulare. Aspettò, forse anche più tempo del dovuto.
«È morta» la guardò nel suo stato di gioventù bruciata. Si rivolse all'assistente. «Segna: ora del decesso... direi approssimativamente le 4 del mattino. Causa: ...» il medico afferrò la confezione appoggiata sul comodino e la guardò «overdose, probabilmente di antidepressivi» concluse.

14 febbraio 1986



Nikki aprì gli occhi.
Si sentiva tanto, veramente tanto, peggio del solito. Non era la solita sensazione di tutte le volte che si riprendeva da una botta colossale, epica, straordinaria. Intorpidito, stanco, stranamente felice e allo stesso tempo frustrato. Stavolta si sentiva distrutto, letteralmente.
Meccanicamente, facendo leva sugli addominali scolpiti, si sollevò, sentendo, ancora una volta, un gran dolore.
Una mano piccola, che riusciva a fatica a coprire l'interezza della sua fronte, lo spinse di nuovo nella posizione di prima.
«Dobbiamo portarlo all'ospedale» la ragazzina dai capelli corvini e gli occhi grandi tagliò corto
«No!» imprecò il moro, collassato sul letto
«Sta' zitto, tu. Verrai all'ospedale con me senza battere ciglio»
«Domani abbiamo un altro concerto...» sussurrò Tommy, sperando nella clemenza della donna
«Non mi importa!» la morettina batté nervosamente i piedi per terra, con forte rabbia «Sono stanca di ricevere telefonate notturne e ascoltare in diretta i suoi deliri da allucinazioni...»
«Andiamo, ti ho anche trovato una scusa da raccontare alle tue amiche per non dover dare spiegazioni sul perché tu fossi sola anche questo San Valentino» la schernì il fratello
«Per poi essere richiamata da Tommy e sentirmi dire che sei morto e poi che sei di nuovo vivo e dover correre fin qui per vedere se è il caso di seppellirti in una cassa di mogano o acero o se devo infilarti in qualche casa di riabilitazione e...»
«Non mi infilerai in una casa di riabilitazione» la guardò severo il bassista
«Non ho finito: stavo per morirci io, hai capito? Non pensi mai, per una volta, alle ripercussioni che le cose che fai hanno su chi ti sta intorno? E se proprio non vuoi pensarci, pensa almeno a quelle che hanno su di te!»
«Vuoi spiegarmi perché l'hai chiamata?» Nikki si rivolse a Tommy, piuttosto seccato
«Perché eri morto, e non sapevo cosa fare... e lei è una dottoressa...» si giustificò il batterista
«Andiamo...» Grace si mosse con decisione
«No!» si oppose di nuovo il bassista. Improvvisando una specie di bizza, batté i pugni sul materasso.
«Nikki, hai un odore terribile» constatò lei. Dopo essersi avvicinata, di nuovo si allontanò. Un conato di vomito la scosse, fino a che non riprese a respirare.
«Quello stronzo lo ha tirato in un cassonetto, dopo averlo massacrato di botte, ma dicono che abbia cercato di rianimarlo prima... io sono arrivato quando era già moribondo e l'ho portato qui» raccontò Tommy
«Ecco... se non sentissi tutto questo dolore, sarebbe anche divertente» replicò Nikki
«Tommy? Non pretenderai che lo alzi da sola.» l'uomo si scusò con l'amico con un semplice sguardo e fece per alzarsi dal divano, pronto a pugnalarlo alle spalle
«Chiudi la tua fottuta bocca da oca, io non verrò proprio da nessuna parte con te!» trovò la forza di gridare. La sorella accusò il colpo, quindi lo ignorò, accomodandosi stancamente accanto al batterista.
«Se non verrai, chiamerò l'ambulanza, verranno loro a prenderti...» si guardò le unghie corte con aria da smorfiosa, consapevole comunque del fatto che il fratello, una volta internato, si sarebbe rimesso in piedi da solo e sarebbe uscito con quel camice ridicolo fino al primo taxi.
«Grace!» strillò lui, sollevandosi di nuovo a sedere e guardandola con pura rabbia negli occhi da demonio
«Voglio delle garanzie» trattò la donna
«Del tipo?» Nikki finse di ascoltare, ma la sua mente già vagava verso le dosi che lo aspettavano in futuro. Si sentiva così invincibile.
«Tipo che ti segnerai in una casa di riabilitazione»
«Mai.»
Fondamentalmente, si rifiutava di sedersi in cerchio con altri dieci o dodici disperati che dicevano -io oggi ho fatto un progresso. Ho smesso di guardare sull'enciclopedia quali altre vene posso bucarmi- e questo Grace lo sapeva.
«Fine delle trattative. Forse verrò a trovarti al manicomio, per Natale, chi lo sa, dipende dove ti rinchiudono» la donna si avviò verso il telefono
«Tu non mi farai rinchiudere in un manicomio!»
«Dubiti della mia perizia medica?» già, perché sua sorella era un maledetto uomo col camice bianco, anche se per la verità era una donna. Aveva lavorato sodo per diventare uno strizzacervelli e visto che in casa non c'erano soldi, si era sempre arrabattata come poteva, con le borse di studio, con i lavori peggiori. Del resto non era capace di sconfiggere la sua innata voglia di riportare sulla retta via i casi disperati come suo fratello.
«Se scoprono che non è vero, ti radieranno dall'ordine» suonava come una minaccia
«Non ci vuole molto a dimostrare che sei pazzo» le sopracciglia della mora si sollevarono all'unisono. Teneva saldamente il coltello dalla parte del manico e per quanto Nikki fosse piuttosto bravo a giocare anche nelle situazioni più pericolose, quella volta Grace l'aveva in pugno.

24 febbraio 1986



Non sapeva neanche con quale forza fosse riuscito a trascinarsi fino a quel fottuto studio nel centro affollato e appiccicoso di Los Angeles. Non era il coraggio che gli mancava, piuttosto la voglia.
Si sentiva fortemente a disagio, nella sala d'attesa, seduto come una stramaledetta persona normale ad aspettare, in fila. Per tre volte fu tentato di andarsene, poi ripensò alle minacce della sorella e si rimise al suo posto.
Era ormai l'ora di cena e ancora non era arrivato il suo turno.
Gli altri pazienti, arrivati tutti dopo di lui, lo guardavano straniti, probabilmente anche per il suo aspetto prorompente.
Quando l'ultimo cliente lasciò lo studio, l'uomo iniziò a sentirsi ancora più in ansia.
«Scusi, ma lei... aveva un appuntamento?» domandò la segretaria un po' titubante, sporgendosi dalla sua postazione per guardare in direzione dell'imponente e particolare figura di Nikki
«Certo, che ce l'avevo» l'uomo si mosse scompostamente e con aria provocante fino al bancone
«Quale è il suo nome, Signore?»
Il bassista si appoggiò come il peggio della feccia di Las Vegas, dunque inspirò rumorosamente e ringhiò la risposta in viso alla povera donna.
«Chi sono io? Cazzo sono Nikki Sixx, ti pare? Sixx, con due ics, controlla bene» l'assistente tuffò gli occhi nel foglio degli appuntamenti per non dover guardare i suoi. Sapeva perfettamente il suo nome, era l'appuntamento delle 10, ma non aveva il coraggio di dirglielo, un po' perché aveva aspettato lì tutto il pomeriggio, un po' perché le metteva una certa paura.
«Un'altra giornata pesante, eh, Leah?» La porta dell'ufficio si aprì e ne uscì una ragazza mora con in una mano una cartella di pelle e nell'altra un paio di fascicoli. Era alta e slanciata, giovane, piuttosto bella. Niente di tutto quello che Nikki si aspettasse da una strizzacervelli. Beh, certo, non che sua sorella fosse un cesso, però... era pur sempre sua sorella.
La dottoressa guardò contraddetta l'uomo appoggiato al bancone, che non si peritò a fargli capire che la stava spogliando con gli occhi, semplicemente con una rotazione del collo.
«Quando ho sentito Grace, all'ora di pranzo, sembrava piuttosto arrabbiata. Io non forzerei la sua pazienza oltre il limite. È stata carina con te: ti ha risparmiato la terapia di gruppo» asserì la donna
«Dolcezza, guarda che ho passato tutto il pomeriggio qui in attesa del mio turno solo per fare contenta quella strizzacervelli da strapazzo» replicò seccato Nikki
«Peccato che il tuo appuntamento fosse la mattina»
«Quell'idiota mi ha preso un appuntamento per la mattina? Lo sa che dormo fino a mezzogiorno»
«Non sarebbe l'ora di cambiare le tue abitudini?» suggerì il medico
«Non sarebbe l'ora del mio maledetto appuntamento così mi tolgo il peso e me ne vado a casa?»
«Torna domani alla tua ora»
«Oppure, anche meglio, possiamo parlarne a cena!» esclamò il bassista con un sorriso, sicurissimo che la ragazza, come tutte quelle che l’avevano preceduta, avrebbe accettato la proposta, invece...
«Non frequento i miei clienti fuori dal mio studio.»

6 marzo 1969



Si ripromise che gliel'avrebbero pagata, tutti quanti. Da quel momento in avanti, chiunque avesse anche solo proferito di amarlo senza poi difenderlo, sarebbe caduto sotto i suoi colpi.
Non era l'imbarazzo in sé, il dolore, la violazione di quella parte di sé che voleva riservare ad una persona speciale, che sarebbe stata riservata un giorno, a quella persona speciale.
Era per il fatto che sua madre non avesse mosso un dito per salvarlo e lo avesse lasciato fare.
E lui non avrebbe regalato salvezza a nessuno.*


* ndAut: Le fonti riportano che Axl fosse veramente piccolo quando subì le violenze (2 anni), e che lo scoprì soltanto nel 1992. Abbiamo deciso di modificare questo particolare perché ci servirà per spiegare alcuni particolari che verranno fuori più avanti.
   
 
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