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Autore: Lauretta Koizumi Reid    11/09/2011    10 recensioni
Mi giro e rigiro tra le coperte, ma non ci riesco: non riesco a dormire.
La penombra nella stanza disegna un luogo dal quale mancavo da anni, da quando mi vantavo di saper contare fino a cento o forse, più ottimisticamente e più in generale, da quando ancora ero inconsapevole. Inconsapevole di tutto.
E tuttavia questa stanza anche adesso mi ispira un senso di pace e familiarità, dovuta sicuramente al fatto che alla sola distanza di un palmo di mano, dormi tu, Taiga.
La notte in cui Taiga e Ryuji dormirono insieme e i pensieri dolci e tormentati di Ryuji. IL titolo si ispira alla omonima canzone dei Cure.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ryuji Takasu, Taiga Aisaka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi giro e rigiro tra le coperte, ma non ci riesco: non riesco a dormire.
La penombra nella stanza disegna un luogo dal quale mancavo da anni, da quando mi vantavo di saper contare fino a cento o forse, più ottimisticamente e più in generale, da quando ancora ero inconsapevole. Inconsapevole di tutto.
E tuttavia questa stanza anche adesso mi ispira un senso di pace e familiarità, dovuta sicuramente al fatto che alla sola distanza di un palmo di mano, dormi tu, Taiga.

“Mi fa male la pancia, Ryuji.... non riesco a dormire...”
“Cerca di addormentarti, se dormi il male non lo senti più...”
“Mi fa male proprio qui, vedi?” E le mie orecchie avevano preso allegramente fuoco quando avevi poggiato la mia mano sull’ addome.
“Dai che ti passa, ti passa...”

E infatti ti è passato, e ti sei addormentata. Il tuo male si è addormentato con te.

Mentre io sono ancora sveglio, salvo poche volte in cui l’inconscio mi ha portato in luoghi confusi della mia mente dai quali sono uscito col respiro affannoso.
Nella penombra riesco ancora a vedere la tua bocca arrossata, e se tocco la mia è ancora secca e calda come un deserto, proprio come avevi detto tu; perché ad un certo punto ho perso il conto dei tuoi “ancora uno”, anzi, ho come la sensazione di essere stato io, ad un certo punto, a chiedere i tuoi baci senza sosta, perché sapevo che nel momento in cui mi sarei staccato sarebbe stato l’inferno.
E più andavamo avanti, più la situazione peggiorava, per così dire, fino a che non siamo cascati nel sonno tutti e due, senza aver compiuto nulla di “pericoloso”, ma con la sensazione di essere stati strappati a forza da un assaggio di paradiso terreno.

Tu dormi, Taiga, ma io no: perché mi risuonano ancora nelle orecchie le nostre parole:
“Se dobbiamo sposarci, facciamolo con l’approvazione di tutti, no? Dei nonni, di mia madre e dei tuoi genitori.”
“Si, ma ci vorrà un sacco di tempo per questo.”
“Ma saremo felici comunque dopo, no?”
So che ci vorrà del tempo... so anche che quando domani mattina ci sveglieremo, le cose non saranno più le stesse; tu andrai via dai tuoi genitori, e chissà quanto tempo ci vorrà prima che tu riesca a convincerli a tornare qui.

Eppure spero che non sia così, lo spero disperatamente: come potrei stare dei giorni, delle settimane, dei mesi, forse un anno senza di te? Senza la tua presenza costante accanto alla gabbia di Inko-chan, senza le tue strilla per la casa, senza la luce della finestra dirimpetto al balcone che mi ricorda che, nonostante tutto, tu sei ancora li?

Cavolo, penso, nemmeno ti avessi già sposato.
A nessuno di noi due, lo so, interessa il matrimonio in sé e per sé: la nostra quotidianità è già sufficiente, non abbiamo bisogno di nessun patto che ce lo ricordi.
Sembra che sia però l’unica maniera per far capire al mondo quanto forte sia il nostro legame, perché nessuno prenderebbe mai sul serio una leggenda di una tigre e di un dragone destinati comunque a stare insieme.... tranne forse mamma, che ha vissuto la quotidianità dei nostri giorni.

Chissà se però aveva intuito ciò che stava accadendo tra me e Taiga o è stata, come noi, una spettatrice inconsapevole fino agli ultimi concitati giorni, in cui la verità, meravigliosa ma ritardataria, ci ha concesso queste poche ore da vivere senza bugie: ho amato Taiga da sempre, eppure l’energia e il fascino di Minori me l’ha nascosto.
Solo adesso comprendo quindi cosa voleva dire Ami quando affermava che io ero la luna e lei il sole.
Non la biasimo... non biasimo nessuno, poiché tutti l’avevano capito: da Minori, che ha nascosto la sua verità per rendere evidente la nostra, ad Ami, che potrebbe rivelare vita, morte e miracoli di ognuno di noi, a Kitamura, che è stato di aiuto a Taiga quando ancora io ero accecato dalla luce di Minori.

Tu dormi, Taiga, ma io no, perché mai come ora ogni secondo del tempo mi è sembrato tanto ingrato e tanto piacevole: più il tempo passa, più la situazione precipita in un abisso di incertezza, ma la verità è che non voglio addormentarmi: voglio godere di ogni momento di questa notte, anche il più semplice.  

Solo poche ore fa.
“- Ryuji...
“-  Che c’è?
“- Ho...ho...scordato il pigiama...
“- Che?
“- Il pigiama...la camicia da notte...insomma, l’ho scordata!
“ - ...
“- ...
“- Be’ arrangiati. Dormi vestita.
“- Non ci penso nemmeno! Con i vestiti con cui sono stata in treno? Sei matto?
“- Matta sarai tu! Scordarsi il pigiama!
Qualcuno aveva poi bussato alla porta.
“- Yasuko?
“- Ryuji, ma perché strillateee...?
Avevo aperto la porta.
“- Taiga ha dimenticato il pigiama. - le avevo detto mentre Yasuko entrava perplessa e mezza assonnata.
“- Mi dispiace, non l’ho fatto apposta! - aveva ribattuto Taiga con gli occhi infuocati, o dalla vergogna, o dalla paura che Yasuko se ne uscisse con qualcosa del tipo: "be’, dormi senza!"
Invece era uscita e trenta secondi dopo si era palesata alla porta con il pigiama di quando avevo undici anni.
“- E quello... che roba sarebbe?
“- Ma come, Ryuji! Il tuo vecchio pigiamino!
Ero arrossito fino alla punta dei capelli, mentre Taiga faceva di tutto per non scoppiare a ridere.
“- Va bene per lei, no? E’ piccolo, caldo... direi che è perfetto!
 
Ridacchio ancora tra me e me.
Taiga in effetti sta davvero bene con quel pigiama azzurro.

D’improvviso si muove: con un respiro rumoroso, si gira, stringe il pugno, e apre gli occhi. Le sorrido come un idiota e le faccio “Ciao Ciao” con la mano.
“Ryuji?”
“Perché ti sei svegliata? Ti fa ancora male?”
“ Cosa?”
“La pancia, no?”
“....
“....
“Ryuji, che ore sono?” E nei suoi movimenti leggo l’aspettativa delle grandi risposte.

Mi giro allora dall’altra parte, e allungo il braccio verso il cellulare sul pavimento: lo schermo si illumina, mostrando l’orario a caratteri cubitali: le cinque.
“Sono... sono le due e mezza, Taiga.”
Sento un sospiro sulla schiena, mi rigiro e nella luce del display del telefono che ancora non si è spenta, colgo il suo sorriso soddisfatto.

Ti ho detto una bugia, Taiga, non è vero che è così presto. Tra meno di quattro ore dovremo alzarci, abbandonare questo letto e con esso tutte le sicurezze: non so che intenzioni hai, ho paura a chiedertele. Ho paura del giorno di domani, del mio futuro, del rapporto con gli altri, del rapporto con Yasuko. Tutto è cambiato, oppure sarà destinato a cambiare.

“- Ryuji, ma che hai?
Accendo di nuovo il cellulare e la stanza si illumina di una luce bluastra.
I tuoi occhi spaventati mi guardano.
“- Respiravi con l’affanno....
“- Niente...non ho niente...
“- Dimmi la verità.
“...
Ti metti a pancia in giù e ti punti sui gomiti. Ci guardiamo per un tempo infinito.
“-Ti devo ricordare ancora quello che ci siamo detti prima?
“- No...
“- Tu forse non hai capito. Tu senza di me ci puoi anche stare, ma io no. Se tornerò da loro, sarà perché ogni giorno che trascorrerò con quelli mi sembrerà un giorno in più per poter poi ritornare qua. - riprendi fiato per un minuto e poi continui.
“- Sarò “l’angelo Taiga” con i miei per tutto il tempo che sarà necessario... ma io tornerò qua! Capito? Anzi, non qui. Non me ne importa che sia qui. Basta che sia dove ci sei anche tu.
 
E’ vero, penso. Dovunque noi siamo, riusciamo sempre a creare quell’atmosfera familiare che io adoro così tanto. Come quella volta alla casa al mare di Ami. La casa grande, ricca, lussuosa dove potevamo, per così dire, spaparanzarci dove diavolo ci pareva.
E tu eri seduta sul divano e io... io addirittura per terra con i tuoi piedi sulle spalle... tanto eravamo abituati a stare vicini in un ambiente modesto.
“- Sono un cretino, Taiga. Scusa.
“- Non sei un cretino. Sei solo un bastardino iperansioso.
Rido.
“- Si, si, va bene!
Sorridi anche tu e in un attimo tutti i miei dubbi spariscono. Non dovevo tormentarmi così tanto, perché la realtà dei fatti è così semplice che non esige alcun pensiero: Taiga, dovunque sarai tu ci sarò anche io. Dici che non puoi immaginare la vita senza me? Be’, sei in ottima compagnia.
Non te l’ho ancora detto. Abbiamo perso tempo sotto il ponte mentre Kitamura chiamava. Forse te lo dirò ora. Sì, credo proprio che te lo dirò.
“- Ryuji!
Le parole mi muoiono in gola e tossisco mezzo divertito e mezzo disperato. E adesso dove lo ritrovo il coraggio?
“- Dimmi.
Ti avvicini e mi punti quegli occhi da tigre addosso.

“- Abbracciami.

Almeno non mi ha interrotto per un futile motivo. Apro le braccia.
  
 
Non dimenticherò mai questa notte, qualunque cosa accadrà domani e in futuro. Le luci di una prima alba primaverile schiariscono la stanza e spero con tutto me stesso che Taiga si sia addormentata di nuovo, stretta stretta e acciambellata com’è attorno alle mia spalle. Il mio corpo è traditore, vuole dormire, vuole arrendersi. Tempo, tu non essere crudele, ti chiedo solo cinque minuti.
Cinque minuti i cui i secondi durano 61...o meglio 62... secondi più lenti... lenti... lenti...
 
  
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