● Moment number two – Hate
Capitava anche che Francesca avesse qualche trovata geniale da proporre ai suoi ragazzi e, anzi, quando gli chiedeva il permesso già aveva architettato tutto quanto – e con quale coraggio avrebbe potuto smorzare l'entusiasmo dei suoi figli?
Ora che ci pensava, li vedeva così raggianti solo quando Francesca era con loro: qualunque cosa la tata dicesse loro sapeva che sui loro volti, a fine giornata, poteva splendere ancora il sole.
Parimenti, però, capitava che accadesse qualcosa sulla quale non fossero troppo d'accordo – e, diciamolo, le volte in cui questa ipotesi si verificava non erano poi così rare –, come il fatto che Brighton accusasse improvvisamente un terribile mal di pancia, per l'appunto.
«Saranno stati i dolcetti di zia Assunta? Eppure c'erano pochi ingredienti: uova, farina, cioccolata, nocciola, cannella, cocco, fragole e... ho l'impressione di averne dimenticato qualcuno».
Il volto di Maxwell assunse varie colorazioni, sino ad arrivare ad un acceso porpora: «Perché avevo l'impressione che sua zia ne fosse la causa?!», le sbraitò letteralmente contro.
«Beh, è una delle sue specialità più caloriche!».
Fu la blanda scusante con la quale la tata si giustificò.
Francesca iniziò a correre a destra e a manca, pensando di sfuggirgli per sempre – quel teatrino si ripeteva quasi ordinariamente, ormai era normale amministrazione.
E mentre Maxwell la rincorreva senza tregua alcuna, Francesca sospirò di stanchezza e pensò che tanto accanimento contro di lei era solo un modo come un altro di farle capire quanta importanza avesse – e, beninteso, non voleva illudersi come una ragazzina ingenua e sperduta.
Che, poi, dovesse essere soprattutto lei a rincorrerlo era tutt'altro paio di maniche.