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Autore: ryuzaki eru    12/09/2011    17 recensioni
(Nel cap. 1 scheda in stile "Death Note 13 How to read")
Un lento crescere di strani ed apparentemente trascurabili eventi. Una ragazza comune, preda di una situazione incomprensibile. L’apparente iniziale assenza di tutto ciò che riguarda il mondo di Death Note, così come voi lo conoscete. Ma tutto quell’incredibile mondo c’è! Kira, Tokyo, il quaderno. Ed Elle arriverà… Perché volevo continuare a vederlo parlare, muoversi, ragionare.
Elle era in piedi sul marciapiede e con gli occhi spenti la osservava, mentre strusciava svogliatamente il dorso del piede su un polpaccio...
«Ciao, Ryuzaki…» tentennò Emma «Allora…sai dove vivo… Ed io non te l’ho mai detto! Quindi…»
«Quindi?» le chiese lui vagamente irriverente.
«Quindi immagino tu sappia altro... Il punto è da quanto tempo sai!»
Elle smise di grattarsi il polpaccio e portò il piede a terra «No. Il punto è che da ora la smetterai di giocare da sola a questa partita.» la gelò.
La voce le arrivò dritta alla testa, come una tagliola affilata.
Il suo sguardo impassibile e freddo la trapassò.
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Another world'
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L'immagine a figura intera a destra, il piccolo riquadro con L ed Emma in basso a destra e quello in alto a sinistra con Emma in primo piano sono opera di KiaraAma, che ringrazio infinitamente! Il resto è opera mia e dei miei "giochi" con photoshop ;) (La scheda è impostata da destra a sinistra, come il DN 13 originale, ma le vignette seguono il fumetto italiano, da sinistra a destra.... Perdonate la confusione! Per vedere l'immagine più grande basta cliccarci sopra ed accederete a DA da dove si può zoommare ^_^)



Questa storia non era nata per essere su EFP, non avevo minimamente calcolato di dover stimolare, fin dall’inizio, la curiosità di qualcuno sui suoi amati personaggi di Death Note e, anche quando sono approdata qui, non ho mai pensato di pubblicarla proprio per questo. Ringrazio quindi infinitamente chi mi ha spinto a condividerla!
Se vuoi cominciare a leggere, sgombera la mente, pensa di iniziare a spulciare una storia “originale sovrannaturale”… Spero ti possa incuriosire lo stesso e spero tu possa avere la pazienza di aspettare… Perchè la storia è il mio modestissimo omaggio a Elle.
Grazie comunque di essere qui!
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 

1. Apple

  A volte capita di ascoltare per caso le conversazioni che gli altri fanno accanto a voi. Magari momentaneamente vi divertite anche a carpire storie o intrighi di vite sconosciute. Se invece la conversazione verte su argomenti di attualità, può incuriosire l’idea di conoscere l’opinione della gente. Perché gli altri, quando se ne ignora l’identità, diventano automaticamente la "gente".
Alcuni cominciano anche ad immaginare la vita di quella gente, oltre le parole di quel momento.
Poi arriva l’autobus o si paga il conto o arriva il vostro turno della fila in banca e quei discorsi svaniscono nel nulla, come anche la vostra curiosità.
Se si potesse scegliere un discorso da ascoltare tra quelli di gente comune, non quelli a porte chiuse sui segreti di stato, quale sceglieremmo? Quale quello potenzialmente più invitante? Diciamo di non voler invadere eccessivamente la privacy, quindi non ci metteremo a tavola con nessuno. Anche perché sarebbe fin troppo facile. Diciamo che si debba scegliere tra le persone che camminano in strada.
Prima si dovrebbe scegliere un luogo, poi una zona specifica e quindi concentrarsi dove si vede più gente.
Roma. Magari il centro di Roma, in mezzo alla settimana, perché nel week-end ci sono tante persone che passeggiano in compagnia, ma spesso si fermano semplicemente a guardare le vetrine, poi entrano, fanno i loro acquisti… niente da sentire.
Quanti sono al telefono… Quello lì col giubbino grigio mantiene un tono di voce alto, urla senza essere arrabbiato. È di quelli che vogliono far sentire gli affari propri agli altri. Chissà cosa faranno mai poi… Non è interessante.
I due in giacca e cravatta davanti al bar? No, parleranno sicuramente di problemi al lavoro. Noiosissimo.
I due ragazzini in tuta… forse forse… no, sono ancora troppo piccoli, ci sono le mamme davanti.
Oh! Ecco... Trovato... Laggiù, dall'ingresso della biblioteca, stanno uscendo due ragazzi abbondantemente sopra i vent'anni.
Uhm… ridono… E dopo una giornata in biblioteca cosa si può fare se non ridere? Jeans, scarpe da ginnastica, zaino e borsa. Ci saranno i computer dentro. Un ragazzo e una ragazza. Non hanno l’aria della coppietta. Avranno una conversazione eterogenea, non prettamente femminile, né esclusivamente maschile… Bingo, ho trovato ciò che cercavo…

 
«… Il problema è che non ne posso più di questo pc. Alla fine bisogna formattarlo troppo spesso... Io non ho voglia di imparare a farlo e quindi ogni volta devo portarlo al centro di assistenza. Se non fosse che dovrei ricominciare da capo e dimenticare quelle quattro cose che so, comincerei a pensare che forse, in cambio di un rene, potrei comprarmi un portatile Apple.» dice la ragazza, sistemandosi meglio la lunga tracolla.
«Un che?!»
«Un Apple
«Cioè?» Chiede lui, per niente in imbarazzo.
Lei strabuzza gli occhi, con aria divertita «Pietro, come cioè! Un Mac! Hai presente? Bellissimi esteticamente, decisamente costosi, con la meletta mordicchiata sul davanti…Quelli che noi comuni mortali non possiamo ancora permetterci e che, con l’aria che tira, mi sa che non potremo permetterci mai… » conclude ridacchiando.
«C’è poco da ridacchiare... In effetti la mela stilizzata si impone più del morso stesso... Emma, ma quale Apple... I Bite, idiota!» dice Pietro, prendendola in giro.
Silenzio.
Emma guarda l’amico con occhi sgranati e inespressivi.
E poi…
 
Panico. Panico. Panico. Vedo il vuoto nella sua testa.
 
«Che ti prende? Ti sei sconvolta? » domanda Pietro alzando un sopracciglio.
«…No…no…certo che no… Ehm… perdonami, so che non è il massimo sentirselo dire, ma stavo pensando ad altro… Scusami... Sta arrivando l’autobus. Io scappo a casa, ho una fame da lupi e sono stanca. Dovrei anche telefonare a Viola. Ci vediamo domani. Tanto io non schioderò da quei documenti!» gli dice, avvicinandosi alla strada e, con lo sguardo rivolto verso l’autobus che si avvicina, solleva appena un braccio per chiamare la fermata.
«Sì, sì… Tranquilla. Non mi offendo. Ciao e a domani!» risponde Pietro, scuotendo il capo bonariamente.
 
Sì, interessante, decisamente... Emma… La guardo ancora un po’, la metabolizzo e vi racconto…
 
Per fortuna Emma si era ripresa all’ultimo e ci era riuscita perché in fondo aveva detto la verità.
Pietro non aveva dato più di tanto peso alla cosa e poi evidentemente lo sapeva che Emma diceva sempre senza remore quello che pensava. Altrimenti stava semplicemente zitta.
Salì sull’autobus che l’avrebbe riportata a casa. Tirò fuori dalla tasca il lettore mp3, srotolò le cuffiette, se le mise e lo accese. Generalmente a quel punto spegneva il cervello.
Negli ultimi giorni però faticava a farlo, perché c’era sempre un’ombra. E quel giorno era decisamente peggio degli altri…
Adesso basta, che diavolo significa! Sto impazzendo? Sono ammalata?
I Bite… ma chi l’ha mai sentito!!! I Mac si chiamano Apple, accidenti! Apple, Apple, Apple, Apple!
Questi non sono vuoti di memoria… Io non dimentico, semplicemente ricordo e conosco cose diverse, leggermente diverse. Cose decisamente marginali però! Almeno per il momento… Oddio… che devo fare? Forse dovrei parlarne con qualcuno…

Il cuore in gola.
Si sentiva un po’ soffocare dentro quell’autobus. Non le capitava neanche in estate quando era pieno zeppo… Si sentiva la fronte scottare…
Un attacco di panico? E se svengo? …Calmati… Respira lentamente… Leva le cuffie… Ascolta le gente sull’autobus… Non ti estraniare… Sono tutti tranquilli. Anche tu devi stare tranquilla…
La vista del Colosseo dal finestrino fu provvidenziale in quel momento.
Alcuni turisti seduti davanti spalancarono la bocca in grandi sorrisi, mentre esclamavano in modo concitato la loro meraviglia. L’autobus si fermò e loro scesero contenti con le macchinette fotografiche in mano.
Emma pensava sempre che l’emozione che si doveva provare nel vederlo per la prima volta, a lei era proibita per sempre.
Era nata a Roma e fin da piccola aveva corso sui sampietrini, intorno al primo anello dell’ellisse monumentale. Non c’era novità.
Si nutriva però dell’emozione degli altri ed a volte, se nella metro c’era qualche viaggiatore palesemente diretto lì, si sbrigava ad uscire prima di lui per guardarlo in faccia quando varcava i tornelli e si trovava i fornici maestosi a pochi metri di distanza. Si sentiva fiera.
I battiti erano rallentati.
In fondo sono sempre la stessa… Adesso torno a casa e cerco un po’ su internet…
Anzi prima faccio una lista delle stranezze che ho notato in questi giorni. Poi sul web dovrò accertarmi del fatto che siano strane solo per me.
Sì e poi, se sono strane anche per altri, entro a far parte di una qualche setta new age e mi convinco che tutto il mondo è sbagliato per piccoli dettagli insignificanti e che solo "noi illuminati" possiamo leggere il nuovo "verbo"…
Uhm… Perlomeno ho ancora un po’ di orrore di me se riesco a deridermi da sola…
Dopo aver appurato questo e se il numero me lo consente, posso anche cercare di capire se nelle divergenze c’è un comune denominatore.
Affrontare il problema e cercare di gestirlo con metodo scientifico! Laurearmi e portare avanti diversi progetti di ricerca senza futuro, oltre a farmi guadagnare due lire becere e incerte, senza soddisfazione ed alcuna aspettativa, perlomeno mi portano istintivamente a pianificare ed organizzare un insieme caotico di informazioni…
Come affrontare le turbe psichiche con metodo e professionalità… Fantastico, la John Nash dei poveri!
Ok… Per il momento devo partire dal presupposto che non sono schizofrenica! Se nel corso degli eventi la situazione dovesse peggiorare dovrò cominciare a pensarci…
Potrei essere malata sul serio però…
Stop! Altrimenti mi ritornano le palpitazioni, meglio concentrarsi sulla lista.

Così Emma iniziò nella sua mente a dare corpo e nome a quei piccoli dettagli che l’avevano turbata, ma ai quali aveva cercato di dare poca importanza, seppellendoli nella memoria con la speranza di non trovarsi nella necessità di affrontarli.
In fondo capita a tutti di agitarsi un po’ per qualcosa, di mollare l’osso, di aspettare che le cose si risolvano da sole. A volte questo succede, a volte no, e allora bisogna rimboccarsi le maniche.
Arrivata a casa si liberò la giornata di dosso, si mise in tuta, accese il pc e le casse, fece partire la corale di Beethoven in sottofondo, perché le desse carica e perché le tirava sempre su il morale.
Si accoccolò a gambe incrociate sull’ampia sedia girevole, davanti alla scrivania.
Temperò una matita nuova, prese la gomma da cancellare e scelse accuratamente un quaderno nuovo tra quelli che custodiva da secoli in attesa di un’occasione sufficientemente particolare.
Da quando era bambina adorava la cancelleria: penne, matite, gomme, fogli colorati e non, quaderni… I più belli li metteva nel cassetto e li tesaurizzava per usarli nelle occasioni “speciali”. Alcuni bambini per non consumare, sprecare o finire le cose che amano di più, alla fine non le usano mai e crescono.
Emma teneva ancora quelle cose, le aveva portate con sè anche quando era andata a vivere da sola.
Forse l’aveva fatto perché ci era affezionata o forse perché pensava che le occasioni “speciali” per usarle potevano sempre arrivare.
La differenza maggiore tra lei ed i suoi coetanei era questa: si dice che tutti a volte dovrebbero far uscire il bambino sopito dentro di loro, ma Emma alimentava nella parte più profonda ed intima di se stessa sogni infantili e non doveva risvegliare nessuno, perché quel qualcuno era desto e continuava a nutrirsi degli input che gli forniva la realtà.
Iniziò dalla data: "Roma, 12 ottobre 2006".
Cominciò quindi a scrivere la sua lista.
Poi cliccò sull’icona del browser e si aprì la home page di Google, che fortunatamente era ancora lui.
Accese una sigaretta ed iniziò ad inserire uno ad uno tutti gli elementi dell'elenco...
Radio Ga Ga. I Queen non l’avevano mai scritta, tutte le altre sì, ma quella no. Emma aveva tutti i CD, l’aveva sempre ascoltata, ma ora quella canzone semplicemente non esisteva più, cancellata dall’elenco di brani sul retro della custodia originale e dal mondo. 
L’ Atac non era mai esistita. Sembrava che il servizio dei mezzi pubblici di Roma avesse cambiato molti nomi nel tempo, ma che fin dal 1944 si chiamasse TPR, Trasporto Pubblico di Roma. Le linee erano le stesse, le metro erano due, anche i numeri degli autobus ed i loro percorsi rimanevano inalterati, ma sui biglietti e le tessere c’era il logo TPR, che Emma non aveva mai visto…
Psycho. Alfred Hitchcock per fortuna c’era, ma niente sul suo film più famoso… In casa Emma non riuscì a trovarne neanche la vecchia videocassetta che era sicura di possedere… 
Impiegò un po’ a verificare che tutti gli elementi del suo elenco non sembravano essere mai esistiti. Al loro posto in alcuni casi ne trovò di nuovi…
L’assurdo era che, cercando le notizie relative sul web, si leggeva ad esempio: “Il 9 agosto 1944, con la fine della dittatura fascista, l’azienda per il trasporto pubblico prese il nome di…ecc.”.
"Fascismo"... Perché i capisaldi della storia, gli eventi drammatici e non che avevano cambiato e plasmato il mondo attuale non sembravano essere diversi da quelli che Emma aveva sempre studiato o conosciuto?
Insomma, svegliarsi una mattina e scoprire che l’undici Settembre era una data che non diceva più niente a nessuno o che il tentativo di assassinare Hitler era andato in realtà a buon fine, in fondo non sarebbe stato poi così male…
Ma tutti quei dettagli poco rilevanti… Che cosa significavano?
Differenze trascurabili. Questo è l’elemento comune.
Nella mia vita non è cambiato nulla. Continuo a fare il lavoro che facevo fino a pochi giorni fa. La mia casa, i miei amici, i miei genitori, il loro carattere, la mia città, la mia quotidianità… tutto uguale. Io stessa ho impiegato tempo a notare e collezionare le stranezze che però per gli altri sono la normalità.
Il pesce fuor d’acqua sono io.
Tuttavia, se volessi ignorare queste differenze, la mia vita potrebbe procedere tutto sommato ugualmente: magari mi dispiacerà perché non potrò mai più rivedere la scena dell’accoltellamento nella doccia, ma in fondo non mi ammalerò per questo, né potrò morirne…

Squillò il telefono.
«Ehi, ciao! Scusami, ma ero a pezzi, calcola che devo ancora cenare, ti avrei chiamato tra poco, per fare due chiacchiere mentre mangiavo… ma che ore sono? … Cavolo! Mamma mia, non me ne ero proprio resa conto! Stavo controllando sul pc alcune cose che non mi tornavano…»
Ed ancora una volta Emma disse la verità, anche se Viola capì tutt’altra cosa.
Disincastrò le gambe incrociate e scese dalla sedia stiracchiandosi, poi si diresse verso il frigo, mentre continuava a chiacchierare. Si preparò due toast e si sedette sul tappeto davanti al basso tavolino del soggiorno, con la schiena appoggiata al divano.
«Ma dai?! Che tristezza, ma non è riuscito a tirare fuori niente di meglio?!»
Sghignazzavano.
«Senti, rimanendo in tema di domande idiote, ora te ne faccio una io. Mi sto lentamente bruciando il cervello quindi cerca di assecondarmi, ti prego. Ovviamente puoi ricoprirmi di nuovi e fantasiosi insulti dopo avermi risposto sinceramente! Allora. Quanto sarebbe diversa la tua attuale esistenza se i Queen non avessero scritto Rad… ehm… We are the champions, per esempio?» Viola non poteva conoscere Radio Ga Ga, come Pietro non conosceva laApple… Era proprio questo il punto… «Uhm. Quanto pensi che questa cosa potrebbe in generale influire sul mondo? … Uhm. È la stessa cosa che ho pensato io. Insomma, il numero di vite umane sarebbe lo stesso in fondo… A meno che, per esempio o per assurdo, qualcuno con l’intento di suicidarsi abbia poi deciso di non farlo solo ascoltandola… Sì, ok, sto delirando. È arrivato il tuo momento di farmi domande sulla mia sanità mentale.»
Emma rise alla risposta dell’amica e proseguì.
«Sì. Mi sa che hai ragione, è arrivato solo il momento di andarmene a nanna! Ci sentiamo domani... buona notte.»
Era distrutta, ma non aveva tanta voglia di andare a dormire.
Ultimamente il sonno sembrava stranamente non rilassarla, sebbene fosse molto profondo, forse troppo profondo.
La mattina con la sveglia aveva sempre una sensazione di novità, come se in realtà fosse un giorno particolare e non fosse necessario alzarsi presto… Poi apriva gli occhi e smarrita le sembrava di non riconoscere la sua casa. Durava tutto poche frazioni di secondo. Dopo però sgusciava lentamente dalle coperte e la giornata si avviava come sempre.
Anche queste fastidiose sensazioni erano iniziate più o meno insieme a tutte le altre stranezze.
Però doveva dormire… perché non riusciva più a ragionare tanto lucidamente e rischiava di aggrovigliarsi in ipotesi sconclusionate e poco utili.
Aveva bisogno di pensare ad altro e lesse, lesse tanto.
Nascose se stessa e dimenticò se stessa, immersa nelle parole di Dickens, in un mondo passato pieno di personaggi vivi e veri, ma incredibilmente mai esistiti in questa dimensione.
Non c’è altro modo di abbandonare questa realtà se non attraverso le pagine di un libro, che sono il rifugio protetto, la dimensione parallela priva di rischi, diversa e sconosciuta ogni volta che ci si accinge ad una nuova storia. Dimensione parallela…
Quando però Emma spense la luce, non riuscì ad evitare l’ansia che, in momenti difficili, attanaglia quando si chiudono gli occhi e di considerazioni da incubo ne fece fin troppe, finché quello strano sonno non la avvolse, schiacciandola sul fondo di un oceano senza luna, fermo, profondo, freddo, lontano e sconosciuto…

 
 
Ok… sei qui… Curiosità? Ma anche no! Ad ogni modo, perdonami se ti aspettavi di vedere uno spiraglio Ohba/Obata! Proprio per questo, se ti interessa ancora (ne dubito), posterò il prossimo capitolo oggi pomeriggio stesso e quello spiraglio ci sarà!
Adesso puoi anche insultarmi ;)
 
Aggiungo queste righe a distanza di tempo dalla pubblicazione di questo primo capitolo.
Questa storia è più o meno collegata alla one shot "Elle...E se tenesse sotto controllo te...", che fu la prima cosa che scrissi su questa vicenda, poi evolutasi in questa storia.
Ho notato che il racconto continua ad avere un sacco di visite, nonostante sia pubblicato da tempo e quindi devo correre ai ripari: quel racconto è solo un delirio sospeso, non necessariamente le cose che vi avvengono succederanno nella storia completa, anche se il racconto è effettivamente inserito nel bel mezzo della trama. Probabilmente ci saranno cose da eliminare, da aggiungere, dialoghi da riscrivere o forse addirittura tutto quello che succede non accadrà o accadrà in modo diverso o magari i personaggi non risulteranno simili...
Questo perchè quella fu la prima cosa che scrissi, senza avere un'idea chiara del personaggio di Emma, nè dell'evolversi preciso degli eventi o del rapporto intimo di L con lei...
Quindi, se lo vuoi leggere (ma anche no!), sappi che nelle linee generali contiene spoiler, ma che potrebbe contenere anche spoiler fasulli!
Detto questo, mi tolgo dai piedi, finalmente! ;)

Grazie comunque di aver letto!!
 

Eru

   
 
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