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Autore: Elpis Aldebaran    12/09/2011    4 recensioni
CHAPTER SIXTEEN
«Non è Jiraya» sussurrò appena Gaara, attirando l’attenzione di Naruto.
«Ho tenuto sotto controllo l’entrata dell’edificio per due ore e non l’ho visto, deve essere qualcun altro».
E con quel qualcun altro intendeva il Suono. Nessuno sapeva che erano lì, quindi la lista dei loro possibili visitatori si accorciava di molto.
Dopo alcuni minuti, qualcuno fece saltare la porta del piccolo appartamento.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ino Yamanaka, Naruto Uzumaki, Neji Hyuuga, Shikamaru Nara, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden, Dopo la serie
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“The Kunai of Death”

 

-LastBattle: Uzumaki’s Orange Fox VS Uchiha’s Red Sharingan-

 

 

 

 

 

 

Chapter Sixteen

"Sakura"

 

 

 

 

 

L’aria fredda delle cinque del mattino le entrava dentro le ossa, facendola rabbrividire ed arrabbiare ad ogni passo. Con la fretta di partire e di preparare lo zaino, aveva scordato di prendere anche la mantella, che sicuramente l’avrebbe protetta da quel freddo pungente. Ma non c’era tempo per tornare indietro.

Svoltò un paio di angoli, trovandosi davanti alle porte di Konoha, dove Tsunade e Shizune erano immerse nella lettura di alcuni documenti, nell’attesa che la squadra di recupero fosse tutta riunita.

Sakura vide il team 8 che confabulava tra loro; a quanto ricordava, Kiba era stato separato dai suoi compagni di sempre, e probabilmente stavano mettendosi d’accordo su qualcosa in particolare. Lo stesso valeva per il team di Neji che, visibilmente seccato, stava facendo delle raccomandazioni infinite a Tenten e a Rock Lee.

«Buongiorno Sakura.»

La ragazza si voltò, trovandosi di fronte Choji e Shikamaru, vestiti di tutto punto e pronti per andare a fare un po’ a botte. Mentre le passavano accanto, la ragazza non poté fare a meno di scoccare una lunga occhiata a Nara, sperando di leggere nel suo volto un indizio sulla nottata appena passata, ma niente tradiva la compostezza del giovane.

«Fronte Spaziosa, che stai facendo?»

«Ino, che ci fai qui?» le chiese sorpresa e un po’ rasserenata nel vederla: solo poche ore fa l’aveva lasciata in una situazione difficile, con le lacrime e Shikamaru. Poteva essere successo di tutto.

«Sono solo in veste di supporto. Stamattina sono stata da Choji a chiedergli scusa e…» fece una pausa, nella quale distolse gli occhi da Sakura e arrossì lievemente, «… e per dirgli che non sarei andata alla visita.»

Sul volto di Sakura si dipinse uno splendido sorriso, sinceramente felice per quello che Ino aveva lasciato intendere con quella frase. Istintivamente tornò a voltarsi in direzione di Shikamaru, trovandolo sempre con le solite occhiaie, ma questa volta nei suoi occhi c’era una luce diversa. Si muoveva in un modo diverso, parlava con un tono più vivo, spontaneo.

«Ino, sono davvero felice per te.»

«Dove sei corsa con la mente, Fronte Spaziosa?»

Sakura non capì, mentre alle sue spalle gli ultimi membri della squadra di recupero raggiungevano la Godaime.

«Non stiamo insieme. Non ancora, diciamo. E’ complicato, ci sono ancora delle cose da sistemare e da chiarire… non parlarne troppo in giro, ecco.»

«Temari?» chiese Haruno, abbassando il tono della voce.

«Lei… non sa niente, ovviamente. Shikamaru le parlerà dopo la missione…»

«E dopo sarà tutto a posto, no?»

Ino fece un mezzo sorriso, senza annuire né negare. Sakura decise di non fare più domande, sapendo in cuor suo però che il peggio per l’amica era passato.

Insieme si avviarono verso il gruppo, che aveva già cominciato a parlottare tra loro per decidere gli ultimi dettagli della missione.

Dei mormorii di saluto si levarono da tutti, e fu solo in quel momento che Tsunade si voltò a guardarle, fermando i suoi occhi sulla figura di Sakura.

«Cosa credi di fare, scusa?» le chiese accigliata, lasciando stare i documenti che stava consultando.

Prima che potesse rispondere, un urlo si levò dal fondo del gruppo, facendo girare tutti.

«Ehi, Ino-chan! Abbiamo messo su qualche chilo, eh?»

Kiba scoppiò in una grossa risata, indelicato come solo lui poteva essere, ricevendo una sonora gomitata da Tenten, proprio accanto a lui.

Ino si irrigidì, serrando le labbra, incapace di difendersi. Non poteva certo spiattellare a tutti che le sue nuove rotondità erano dovute non al cibo, ma a un bambino; le avrebbero fatto troppe domande e Shikamaru si sarebbe sentito in dovere di dire qualcosa, insinuando precocemente il dubbio nella mente di Temari. No, doveva stare zitta e incassare il colpo, mostrando un sorriso falso e quanto mai tirato.

Sakura notò lo sguardo perso dell’amica e decise di ignorare Kiba rivolgendosi alla sua maestra.

«Perché non dovrei essere qui?»

«Perché sei incinta, forse? Credi che ti mandi in missione in queste condizioni? Scordatelo!»

«Non può chiedermi una cosa del genere! Io devo andare da Naruto!»

Intorno a lei calò il silenzio assoluto, chi sconvolto, che sorpreso, chi semplicemente curioso di sapere cose che finora erano state nascoste al dominio pubblico.

«Sakura, vedi di non farmi perdere la pazienza! Ho una guerra da mandare avanti, non posso stare dietro ai tuoi capricci!»

La voce di Tsunade si era alzata di qualche ottava e i suoi occhi guardavano fiammeggianti la sua allieva, invitandola a provare a mettersi contro di lei.

«Conosci la legge e non riceverai un trattamento di favore. Potrebbe succederti di tutto, metteresti a rischio il bambino e lo so che non vuoi questo.»

Sakura  aprì la bocca per ribattere, ma le parole le morirono sulle labbra, facendola alterare ancora di più. Dentro di sé infuriava una lotta fra la se stessa matura e cosciente, che mai sarebbe andata in missione col rischio di un aborto, e la se stessa innamorata e irragionevole, che avrebbe ucciso pur di andare a recuperare Naruto di persona.

Ino le mise una mano su un braccio, e fu quello il segnale che le suggerì che in quel momento non avrebbe trovato nessun alleato, nemmeno nella sua migliore amica.

Prese un profondo respiro e si rivolse a Neji e a Kakashi, le persone del gruppo più vicine a lei.

«Riportatemelo indietro tutto intero. Vi prego.» supplicò con un filo di voce, delusa e arrabbiata.

Neji si limitò ad annuire.

Kakashi le sorrise da sotto la maschera, affettuoso come un padre che sta per andare a riprendere il proprio figlio, dopo che è scappato da casa per andare al parco a giocare con gli amichetti.

Haruno se ne andò correndo, seguita con lo sguardo da tutti i presenti.

«Ino, stalle dietro. Non voglio che faccia qualche sciocchezza delle sue.» soffiò Tsunade.

La bionda annuì e dopo aver sussurrato un “in bocca al lupo” generale, si avviò per la stessa strada che aveva imboccato l’amica.

Dopo dieci minuti, tutto il gruppo aveva inforcato i propri zaini e si stava avviando fuori Konoha.

«Kakashi, viaggerete senza ninja medico, dato che manca Sakura. Tenten e Hinata un po’ ne sanno qualcosa di medic-jutsu, ma vedete di non farvi troppo male o sarebbe realmente un problema.»

«Potevate mandare Ino. Mi sembra che si sia abbastanza ripresa…»

Tsunade fece una strana smorfia con le labbra, come a voler scacciare un pensiero fastidioso dalla sua mente.

«Mettiamola in questo modo, anche lei per un anno non avrà missioni da svolgere. Quelle due sono talmente amiche che decidono di farsi mettere incinta nello stesso periodo!»

Anche se il tono di Tsunade era basso, parecchie orecchie captarono le sue parole, tra cui quelle di Temari.

Mentre vicino a lei Kiba borbottava qualcosa del tipo “Naruto, vecchio marpione” e “Quando torniamo ci sarà da ridere!”, i suoi occhi acquamarina si posarono inavvertitamente su Shikamaru, che la ricambiava.

Fu solo un attimo, un momento di consapevolezza che attraversò il cuore della kunoichi come uno spillo infuocato, facendole perdere il respiro. Capiva un sacco di cose, molti comportamenti strani di Shikamaru adesso avevano un significato, trovavano una sua logica, una logica che faceva male e aveva il sapore del tradimento, dell’umiliazione, del dolore.

Temari vide negli occhi scuri del ragazzo il rammarico, le scuse che avrebbe voluto farle, ma che sarebbero servite a poco. Leggeva l’imbarazzo e la scelta che aveva fatto, una scelta che non la comprendeva.

Ci sarebbe stato tempo per discuterne, ma intanto la consapevolezza che non ci sarebbe stato un domani nel loro rapporto, aveva scavato radici troppo profonde per essere dimenticata.

 

 

Naruto guardava annoiato il soffitto della stanza dove alloggiava.

Gaara era seduto poco distante su una sedia vecchia e logora, e osservava circospetto fuori dalla finestra la gente che faceva avanti e indietro per la strada. Da quando avevano visto quei due ninja del Suono, gli era stato proibito da Jiraya persino di uscire ad allenarsi, così che le loro giornate erano diventate estremamente monotone e controproducenti. Per uno come Naruto, abituato a fare mille cose e a passare l’intera giornata fuori casa, stare rinchiuso in quelle quattro mura lo faceva uscire fuori di testa; in più Gaara non era famoso per essere una persona logorroica e socievole, per cui ogni tentativo di conversazione falliva dopo nemmeno cinque minuti.

«Prenderò la muffa, prima o poi.» sussurrò a malincuore, nascondendosi la testa sotto il cuscino.

Il Kazekage non si diede nemmeno pena di rivolgergli uno sguardo, preso com’era dal setacciare l’ambiente esterno al loro nascondiglio.

«Mi chiedo perché non attacchino il villaggio», fece Naruto dopo un po’, rivolgendosi a Gaara, «sono quelli del Suono, non credo che si facciano tanti problemi a uccidere delle persone in più».

«Non è prudente. Ingaggiare una guerra non necessaria contro Iwa sarebbe inutile, ci perderebbero soltanto uomini» chiuso il discorso il Kazekage con sufficienza.

All’improvviso sentirono bussare alla porta ed entrambi si alzarono di scatto in piedi, nel più totale silenzio. Naruto si accostò alla porta, poggiando un orecchio contro la superficie ruvida del legno. Un altro colpo.

«Non è Jiraya» sussurrò appena Gaara, attirando l’attenzione di Naruto.

«Ho tenuto sotto controllo l’entrata dell’edificio per due ore e non l’ho visto, deve essere qualcun altro».

E con quel qualcun altro intendeva il Suono. Nessuno sapeva che erano lì, quindi la lista dei loro possibili visitatori si accorciava di molto.

Dopo alcuni minuti, qualcuno fece saltare la porta del piccolo appartamento.

La porta schizzò via, andando a frantumarsi contro la parete opposta; i cardini portarono con sé pezzi di muro, un polverone grigiastro si alzò all’interno della stanza, rendendola visuale pressoché nulla.

Tre uomini avanzarono lentamente all’interno di quel monolocale, mentre i loro passi risuonavano indistinti dopo il boato dell’esplosione. Quello che sembrava il più giovane dei tre, controllò sotto il letto, dentro all’armadio e in bagno.

Non c’era nessuno.

«Uchiha-sama non ne sarà contento» fece uno degli uomini, affacciandosi fuori dalla finestra. Perlustrò la strada, poi alzò gli occhi in alto, controllando che nessuno fosse scappato dal tetto.

«Non ci sono».

«Forse le informazioni erano sbagliate».

«O forse qualcuno li ha avvertiti del nostro arrivo».

Quello che sembrava il capo dei tre fece un ultimo giro per la stanza, per poi tornare in corridoio e scendere le scale, mentre una donna anziana che passava di lì lo guardava terrorizzata. Gli altri due lo seguirono in silenzio.

Quando la stanza tornò al suo silenzio e la polvere ormai si era completamente adagiata al suolo, un’asse del soffitto si mosse, rivelando un buso abbastanza grande da far passare una persona.

Naruto si affacciò a testa in giù, notando con disappunto il macello che quei tre avevano provocato.

«Decisamente, il mio appartamento a Konoha è più ordinato».

Con un balzò atterrò sul pavimento, mentre Gaara lo seguiva a ruota.

«Dobbiamo metterci in contatto con Jiraya-sama e trovare un altro posto dove nasconderci. Non siamo più al sicuro» fece il Kazekage, calciando un blocco di muro che era caduto nell’esplosione.

Naruto si sedette sul letto, respirando forte, come a volersi dare una calmata.

Mai come in quel momento avrebbe voluto i suoi amici accanto; non per farsi difendere, ma giusto per tirarlo su di morale. Aveva bisogno che qualcuno gli battesse una gran pacca sulla spalla e gli dicesse “Ehi testa quadra, fatti valere! E cerca di non fare troppo danno!”.

Mai come in quel momento, sentiva la mancanza di Sakura.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

Un capitolo ogni anno è certamente una buona media. Il giorno della mia laurea, probabilmente sarò ancora a scrivere KoD, come mi ha fatto giustamente notare la Mimi. Ma pazienza. Il giorno in cui la finirò, è sicuro che mi metto a piangere.

Al prossimo capitolo (chissà quando ci sarà...)!

 

 

   
 
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