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Autore: St. Jimmy    13/09/2011    5 recensioni
"Non poteva continuare a lasciarsi trasportare nel mondo delle Farneticazioni Insensate in quel modo, lo sapeva, ma avrebbe fatto di tutto pur di evitare la verità in cui era malauguratamente incappato durante il suo viaggio mentale alla ricerca di una ragione plausibile alla sua nuova Scomoda Sensazione.
Perché Dave l'aveva trovata, la causa di quel malessere. [...]
La risposta era lì, ma lui non aveva intenzione di degnarla di un solo sguardo, e forse questo lo faceva stare anche
peggio della risposta stessa.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1



Dave tirò un lungo, sconsolato, sospiro di rassegnazione, sprofondando tra i soffici cuscini del divano del salotto.
Aveva cercato invano di dare una spiegazione a quella scomoda sensazione di malessere che l'aveva accompagnato per l'intera giornata, ma niente, assolutamente niente.
O meglio, niente che ritenesse sensato.
Era il suo compleanno, non aveva motivo di essere triste, giusto?
Giusto. Assolutamente esatto.
Ma allora perché continuava a sentirsi così?
Se lo avesse saputo probabilmente avrebbe smesso di soffrire, ma a quanto pareva quella strana, sconosciuta sensazione di abbandono era ancora lì, intenzionata a restare e motivata a farlo.
Motivata? Un momento, una sensazione non poteva essere motivata. Era una sensazione, una creatura inanimata partorita dalla sua stanca mente e dal suo affaticato corpo, non un essere dotato di vita propria. Era null'altro che una marionetta legata ai fili del suo inconscio, certo, tutto lì.
Allora il mio inconscio è davvero un formidabile burattinaio... pensò avvilito, scostandosi dagli occhi castani una ciocca ribelle di ricci capelli rossi.
Non poteva continuare a lasciarsi trasportare nel mondo delle Farneticazioni Insensate in quel modo, lo sapeva, ma avrebbe fatto di tutto pur di evitare la verità in cui era malauguratamente incappato durante il suo viaggio mentale alla ricerca di una ragione plausibile alla sua nuova Scomoda Sensazione.
Perché Dave l'aveva trovata, la causa di quel malessere.
D'altra parte, un'intera giornata passata a spremersi le meningi sulla stessa, martellante, domanda non poteva non aver dato i suoi frutti.
La risposta era lì, ma lui non aveva intenzione di degnarla di un solo sguardo, e forse questo lo faceva stare anche peggio della risposta stessa.
Il fatto era che non aveva semplicemente la forza di ammettere che stava male, che stava soffrendo, per una cosa del genere.
No, non per una cosa, per una persona del genere.
(Dai Dave, fallo! Dì perché stai così di merda!)
Non posso, ti prego, lo sai anche tu che non-
(Codardo! Sei sempre stato un codardo, perché dovresti cambiare proprio ora?)
Io non sono un codardo! È solo che-
(Solo che cosa? 'Io non posso questo, io non posso quello.' Come lo chiami uno così?)
Vaffanculo! Va bene, mi manca, e allora?! Adesso sarai felice spero!
(Come? Non ho sentito bene, qui il segnale è disturbato! Chi hai detto che ti manca?)
James...
(Scusa? Un po' più forte, non ti sento ancora!)
James Hetfield, dannazione! Mi manca James Hetfield! Ora ci senti, fottuta stronza?!
Silenzio. Nessuna risposta.
La sua coscienza sapeva come essere convincente, a volte. Insomma, non bastavano certo un paio di birre per convincerlo a fare qualcosa contro la sua volontà, serviva decisamente di più e farsi dare del codardo dalla sua stessa coscienza sembrava avere una sua utilità.
Anche se le birre...
(Le birre le lasci dove sono, caro il mio David Scott Mustaine. Fanno male alla salute!)
E va bene, niente birre.
In effetti non erano state loro a fargli confessare alla corte di sé stesso la terribile ragione del male che lo affliggeva.
Si chiamava 'Sindrome da abbandono', e ne era affetto fino al midollo, per quel che lo riguardava.
Era da James che si sentiva abbandonato.
Fuori dai Metallica e fine della storia, così era finita con lui.
All'inizio aveva finto totale disinteresse nei confronti di quella band, e soprattutto nei confronti di Hetfield, ma non aveva saputo reggere a lungo. Le giornate si erano fatte a mano a mano più pesanti, più incredibilmente soffocanti. Passavano in un susseguirsi lento e continuo, una spessa ed infinita catena dalle maglie identiche che gli scorreva cigolando sonnacchiosa davanti agli occhi.
Era inutile negarlo: James gli mancava.
Non erano mai stati grandi amici, ma gli mancava ugualmente.
Gli mancava il suo sorriso, il suo modo di suonare la chitarra, la sua voce, quei suoi improbabili "ah" a conclusione della maggior parte delle parole cantate, gli mancavano le cazzate che anche loro, pur non essendo in completa sintonia l'uno con l'altro, avevano fatto assieme, gli mancavano i pomeriggi passati nell'ozio più totale sbracati sul divano nel garage dove saltuariamente provavano... Gli mancava lui.
Non era mai davvero scorso buon sangue tra i due, ma le poche volte in cui avevano scherzato o avevano semplicemente fumato una sigaretta assieme erano state memorabili.
Almeno per lui. Quanto a James, Dave pensava che gli avesse detto definitivamente addio e che non avrebbe mai più nemmeno cercato di parlargli di nuovo.
Si sentiva a pezzi per questo.
Ed erano passati solo due anni. Due lunghi, solitari anni.
Aveva fondato i Megadeth, in quei due anni, suonava nei Megadeth, da quei due anni, si trovava bene con Chris, David e Gar, ma quel senso di abbandono non lo aveva mai lasciato, anzi, era andato intensificandosi nell'ultimo periodo, ed ora era al suo apice, nel giorno del suo ventiquattresimo compleanno.
E per il secondo anno, James non c'era.
Afflitto chiuse gli occhi e si lasciò cullare dalle braccia di Morfeo, senza opporre alcuna resistenza.
Chissà, magari una buona dormita avrebbe rinfrancato il suo spirito inquieto.



2



Riemerse dal sonno in cui era piombato quasi quattro ore prima leggermente stordito. Cercò di alzarsi dal divano, ma incespicò nei suoi stessi piedi e si ritrovò lungo disteso sul freddo pavimento di casa.
Temporeggiò per qualche istante, strizzando e riaprendo gli occhi, poi lentamente trovò la forza di rimettersi in piedi, anche se le gambe non sembravano voler reggere tutto il peso del suo corpo. Era letteralmente distrutto, fisicamente e psicologicamente.
Barcollò fino alla cucina e si dedicò allora alla caffettiera, con tutte le cure e le attenzioni di una madre affettuosa.
Senza un sano caffè non sarebbe sicuramente riuscito a tirare avanti fino alle...
Che ore erano?
Lanciò una veloce occhiata all'orologio da polso.
Mezzanotte. Be', magari non aveva davvero bisogno di tirare avanti così a lungo da dover ingurgitare tre intere tazze di caffè. Anzi, forse non avrebbe nemmeno dovuto prepararlo, il caffè.
Ma ormai l'acqua stava bollendo e l'amaro aroma tanto amato stava per sprigionarsi nell'aria circostante, lo sentiva, già pregustava il momento in cui il suo palato sarebbe entrato in contatto con...
Oh, al Diavolo! Due tazzine non avrebbero ucciso nessuno, no?
Attese paziente davanti ai fornelli che il caffè fosse pronto, dopodiché spense il fuoco sotto la caffettiera e ne colmò una tazza intera fino all'orlo.
Portò tazza e caffettiera al tavolo accanto al frigo, le appoggiò, e si sedette, in contemplazione del nulla.
Bevve appena un sorso della bevanda ancora bollente prima di ricordarsi di una cosa fondamentale, di una cosa di vitale importanza. Come aveva fatto a passargli di mente? Non era da lui! Non sarebbe stato lo stesso! Un buon caffè non andava mai, mai preso senza un piatto di...
Si alzò dalla sedia ed aprì la porta del frigo. Scrutò ogni millimetro di quel fottuto frigorifero, dietro la senape, dietro le bottiglie di birra, dietro persino all'ultima lattina di Coca-cola dimenticata chissà in quale epoca nell'angolo in fondo a destra, accanto alle carote, ma del suo tesoro neanche l'ombra.
Rimase immobile, la bocca aperta.
No! Come poteva essere? Elementare, semplicemente non poteva essere. Non poteva essere che l'unica cosa a cui ancora veramente teneva in quella casa fosse...
Il campanello suonò, interrompendo il flusso scomposto di pensieri che gli attraversavano la mente in quel momento.
Chi diavolo...
Sconvolto andò alla porta d'entrata, tenendo i pugni saldamente stretti incollati ai fianchi.
"Okay, ora, chiunque sia, sappia che è il fortunato vincitore di uno splendido pugno in piena..."
disse mentre apriva il solido portone, tirandolo verso di sé. Si dovette bloccare all'ultimo secondo, il pugno già sollevato all'altezza del viso di un teorico disturbatore notturno.
Non c'era nessuno, solo la buia notte circostante.
Fece per rientrare in casa, ma un'insolita forma bianca sullo zerbino lo trattenne. Tornò in dietro e vide di cosa si trattava. Era una scatola, una piccola scatola linda con un bigliettino attaccato ad un lato con dello scotch trasparente.
Si guardò intorno, si abbassò e la prese.
La rigirò tra le mani, cercando di capire se fosse uno scherzo o altro, se fidarsi o meno, poi buttò da parte qualsiasi pensiero negativo o convinzione e staccò il rettangolo di carta dallo scotch. Lo voltò e lo lesse.

Credo tu abbia dimenticato qualcosa qui, e purtroppo credo anche di averla accidentalmente mangiata... [diceva il biglietto] ho pensato che ti avrebbe fatto piacere averne altri, comunque...
Non è molto, ma ci ho provato. Sai che sono negato in queste cose...
Scusa il ritardo. So che due anni sono tanti, però...
Ecco, spero solo tu mi possa perdonare, un giorno.
Buon compleanno, Dave


Mustaine aprì allora la scatola.
Non poteva credere ai suoi occhi. Si sentì improvvisamente leggero, e stranamente vicino alle lacrime. Non piangeva da anni, ora che ci pensava, non di gioia almeno, ma la visione celestiale che gli si era spalancata davanti era troppo per poter resistere.
Pancakes, un'intera pila di almeno sei pancakes lo stava fissando da dentro quell'inaspettato pacchetto bianco.
Sorridente trotterellò in cucina, si sedette nuovamente al tavolo vicino al frigo, e stavolta finì il suo caffè. Con quell'ingrediente segreto che prima mancava.
Mangiò felice quel cibo degli dei con il volto ora illuminato dalla luce della serenità, pura e semplice serenità, come non l'aveva mai provata prima.
I migliori pancakes che avesse mai assaggiato in vita sua. Sapevano di ricordi felici. Nonostante tutti i regali ricevuti quel giorno, compresa una nuova chitarra elettrica da parte dei membri della band, quello era stato in assoluto il migliore. Il mittente del pacchetto era un totale impedito ai fornelli, ma si era messo alla prova comunque, cercando di fare del suo meglio. Solo per lui. Forse ci teneva ancora alla loro amicizia, in fondo.
Si pulì la bocca con il dorso della mano e appagato si appoggiò allo schienale della sedia.

Grazie James.
Ti voglio bene, fratello.




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A/N
Buon pomeriggio a tout le monde! Allora, che dire... Questa fic non credo abbia bisogno di tante spiegazioni. E' il compleanno di Dave (ho scelto di ambientarlo nel 1985 perché ora il conflitto tra Megadeth e Metallica si è placato) e qualcuno ha pensato di fargli un regalo particolare. Avrei dovuto mettere OOC? Boh. ditemi voi, che in caso lo aggiungo.
Ah già, questa storiella è nata per caso. Di notte. Due giorni fa. E' deprimente, lo so, ma ho giurato a me stesso che l'avrei postata. Ultimo, ma non per importanza... Sclero time! TANTI AUGURI A DAVE MUSTAINE! 50 STRAFOTTUTI ANNI DI PURO THRASH!
Okay, ho finito di stressare.
Spero vi sia piaciuta. Al massimo avrete sprecato cinque minuti.
   
 
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