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Autore: Camelia Jay    16/09/2011    3 recensioni
Ho letto che le tigri quando attaccano una preda riescono nella cattura solamente il 5% delle volte. Quest’ultima spesso riesce a fuggire e a farla franca, e i felini sono costretti a lunghi periodi di digiuno finché non prendono qualcosa, nonostante loro attacchino di spalle. Ciò mi solleva, pensando che potrebbe valere anche qui, lungo questa strada, questo dato di fatto. Ma se io rientrassi in quel ristretto 5%?
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cammino su questa strada che conosco come le mie tasche, tranquilla ed un’unica certezza: non dovrei essere qui in questo momento. Già, perché è piuttosto pericoloso andarsene in giro di notte, da soli, e poi con i tempi che corrono. Io sinceramente ho sempre paura che qualcosa mi possa accadere, e i quotidiani che affollano le edicole ogni mattina non servono di certo a rassicurarmi: le continue aggressioni che stanno avvenendo di recente non possono portare che ad una sola conseguenza. Tuttavia, almeno per stasera cerco di non pensarci. Voglio dimostrare a mia cugina che riesco a raggiungere casa sua a piedi, di sera, senza farmela sotto. Non dovrebbe essere troppo difficile.

Tengo la mano sinistra chiusa a pugno dentro la tasca, e le unghie sono conficcate nel palmo. Credo che quando la ritirerò fuori vedrò tutti i segni viola a forma di semicerchio sulla mano.

Ha piovuto da poco; le mie gambe percorrono la strada asfaltata e ancora umida ritmicamente, gli stivali talvolta rilasciano zampilli di acqua piovana bruna e terrosa che si solleva dalle pozzanghere. Il cielo è come un’estesa coperta scura sopra la mia testa, senza luna, senza le punteggiature stellate.

La prospettiva di una serata con mia cugina, probabilmente a spettegolare o anche solo a vedere un film noleggiato, lo ammetto, riesce ad ottenebrarmi la mente quel tanto che basta per farmi dimenticare le mie preoccupazioni.

Dicono che quando si ha paura del buio un minimo rumore sospetto possa terrorizzarti. Io non ho mai avuto paura del buio, quindi non posso saperlo. Eppure sento, in questo momento… anzi, no, è più corretto dire che non sento proprio niente. Cammino per una strada semideserta, illuminata dai fievoli coni di luce proiettati dai lampioni a lato della strada, e uno su tre non funziona.

E non c’è alcun rumore.

Non un grillo che canta, o il motore di un’auto. Niente. Udire un rumore qualunque in questo momento potrebbe confortarmi, invece no.

Ho come la sensazione che ci sia un predatore, silenzioso come un gatto, feroce come un giaguaro, proprio dietro di me e che aspetta solo di essersi avvicinato abbastanza per poter compiere un balzo e saltarmi addosso, aggredendomi. E lui avrebbe la meglio, molto probabilmente.

Vampiri.

Ecco l’argomento preferito di tutti i notiziari, negli ultimi mesi. Attacchi, omicidi, aggressioni, e le ricollegano a loro soltanto adesso. Dopo migliaia di anni di vagabondaggio indisturbato e testimonianze medievali a ripetizione, soltanto adesso. Complimenti. Applaudirei sarcasticamente se le mie mani non fossero congelate dall’ansia.

Ho letto che le tigri quando attaccano una preda riescono nella cattura solamente il 5% delle volte. Quest’ultima spesso riesce a fuggire e a farla franca, e i felini sono costretti a lunghi periodi di digiuno finché non prendono qualcosa, nonostante loro attacchino di spalle.

Ciò mi solleva, pensando che potrebbe valere anche qui, lungo questa strada, questo dato di fatto.

Ma se io rientrassi in quel ristretto 5%?

Nella mia mente per un attimo penetra il silenzio che mi circonda.

Quasi non me ne accorgo, quando due mani dalla presa solida mi afferrano saldamente le spalle e mi spingono in avanti, facendomi cadere rovinosamente a terra, pancia all’ingiù.

La mia guancia sinistra sfrega per terra, premuta sull’asfalto, ma non la sento neanche. Sono più preoccupata della voce che mi è morta in gola, e ne consegue che non riesco a gridare con questo nodo invisibile che mi strangola al collo, e anche se ci riuscissi chi mi sentirebbe? Oppure, anche ammettendo che qualcuno mi sentisse, chi avrebbe il coraggio di uscire di casa, e affrontare quello che mi ha appena buttata a terra?

La paura ti investe repentinamente e violenta come un predatore.

Prima che io possa concepire qualsiasi altro pensiero, le stesse mani forti che mi hanno gettata a terra come un peso morto mi rigirano, e ora sono supina. Anche se volessi, non potrei opporre resistenza: io sono deboluccia e la sua mano sinistra basta da sola a mantenermi nella posizione che lui preferisce.

I miei occhi sono in ansiosa e agitata perlustrazione del volto del mio aggressore, e vedo un ragazzo, più grande e grosso di me – ma non ci vuole molto per quello –, dagli occhi infuocati di chissà quale impeto, il suo corpo che si china su di me, il corpo dell’assassino, per finirmi.

Io non oppongo resistenza, perché so che non potrei farci niente.

«Mi dispiace tanto, piccola» mi sussurra, a denti stretti, in un tono che in realtà non lasciava trapelare alcuna emozione, figuriamoci quella della pietà.

Un filo di fiato, forse il mio ultimo, riesce a farsi strada fuori dalla mia bocca, ed ecco che finalmente, dopo tanto tempo, riesco a dire la mia, per davvero: «Assassini. Siete degli assassini.» Lo guardo con gli occhi più freddi possibile. Non voglio, per nessuna ragione al mondo, che le ultime impressioni che qualcuno abbia di me siano quelle di una piagnucolosa ragazza che prega pietà fino all’ultimo istante di vita, smarrendo ogni segno di dignità.

Il ragazzo sopra di me ridacchia. La sua presa si fa più forte, più inesorabile. «Ma per favore… io sarei l’assassino? Cos’è, c’è stato un cambio di ruoli?» Il suo viso si fa più vicino al mio. Io arretrerei ancora, se solo non ci fosse il terreno cui sono appoggiata – meglio dire costretta – a impedirmelo. «In fondo, qui il vampiro sei tu

Naturale.

Logico.

Quasi comprensibile, direi, da un punto di vista meramente umano.

Gli esseri umani uccidono giornalmente animali, li allevano con il solo scopo di freddarli al momento giusto e mangiarseli, e non lo chiamano assassinio. Loro sono predatori, uccidono altri esseri viventi, per nutrirsi, esattamente come noi.

Mentre noi, solo perché non abbiamo altra scelta che nutrirci degli altri umani, allora sì, noi sì che siamo degli assassini. Spietati, insensibili, che uccidono. E dobbiamo essere giustiziati. Da loro.

«Credo che non lo sentirai neanche, bellezza. Sarà qualcosa di veloce» dice lui con semplicità, estraendo dalla tasca, con la mano libera, un paletto di legno. Con la punta ancora macchiata di sangue.

Non sono loro, i veri omicidi? I Cacciatori di Vampiri, intendo. E attenzione, perché loro vogliono le maiuscole nel loro nome. È una carica importante. Giustiziare i colpevoli. Quelli come me, che una volta a settimana vanno in giro in cerca di un po’ di sangue per nutrirsi. In fondo a me bastava solamente quello, una volta a settimana…

«Dimmi una cosa» fa poi lui, facendo finta di prendere la mira con quel paletto, sul mio petto. «Com’era? Saltare addosso a quegli innocenti, intendo. Voi siete esattamente come le tigri. Cacciate di notte, avvantaggiati dalla vostra vista che anche con l’oscurità non vi tradisce. Prendete di spalle, quando uno meno se l’aspetta e… finite le vittime con un morso letale alla gola.»

Una domanda solitamente esige una risposta. Io non gliela darei, ma comunque lui non me ne dà il tempo. Forse per smorzare subito quel po’ di tensione che ai cacciatori viene durante ogni attacco, indipendentemente dall’esperienza, o forse solo perché avrebbe fatto scena dire una cosa del genere, non attende che io dica nulla e il suo paletto si conficca con potenza dentro al mio corpo esile.

L’ultima cosa che percepisco è lo scrack inquietante delle mie costole, l’ultima cosa che vedo i suoi occhi illuminati di presunta onnipotenza. Occhi che vedranno le tracce del mio sangue di vampiro, sangue che non è mio, ma di cui mi sono nutrita, e forse tra qualche anno, una cattura dopo l’altra, le dimenticheranno, queste tracce, archiviandole come alcune delle tante in una lunga carriera.

E poi niente. Ma ero già preparata.

È esattamente come la prima volta che sono morta.

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Jade’s place:

Mi è venuta in mente questa one-shot guardando puntate di Bones a raffica… non so che cosa sia stata la scintilla che ha fatto scoccare in me quest’idea. Com’è il fattore a sorpresa? Accettabile, sorprendente o penoso? xD sinceramente spero vi sia piaciuto. Un parere, di ogni tipo, mi sarebbe gradito =) spero andiate a dare un’occhiata fugace anche alle altre mie storie, uscite sempre dalla mia mente così, all’improvviso.

Bye bye!

   
 
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