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Autore: StregaSenzaCuore    16/09/2011    1 recensioni
Il dolore di una perdita, la gioia di un'amica vicina, un nuovo amore, senso di colpa e tanto tanto romanticismo in quest'ultima mia FF. L'incapacità (o l'ottusità in questo caso) di andare avanti e l'intervento del destino. Una storia alla TxG e DxG, adatta ad entrambi i tipi di fan. Buona lettura ;)
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Urlavo.
Mentre la bara veniva lentamente coperta di terra, mi disperavo come non avevo mai fatto.
Nessuno osava dire nulla. Nessuno che mi mettesse una mano sulla spalla, che mi abbracciasse, o che semplicemente mi facesse le condoglianze.
Il silenzio, al cimitero, interrotto dalle mie urla e dal mio pianto incontrollabile.
Altre cento persone dietro di me, e solo due, di cui un morto, davanti. Il vivo lanciava acqua benedetta sopra la terra che a poco a poco copriva la bara del mio defunto marito.
L’uomo che ho amato con tutta me stessa per soli sette anni.
Con cui avrei voluto avere un figlio, una casa, un cane, e tanta felicità. Solo l’ultima di queste cose siamo riusciti ad avere.
Ma adesso che se n’è andata pure quella, cosa mi è rimasto con Duncan? Cosa mi è rimasto di tutto l’amore che ho sempre provato per lui e per lui solo? A cosa mi ha portato l’amore nei suoi confronti? Perché ho dovuto amarlo con tutta me stessa per poi vederlo sparire?
Chissà per quale ragione, sarà stata la disperazione, sarà stato il dolore che mi riempiva fino a farmi male cominciai a urlargli brutte parole.
-Bastardo! Come hai potuto lasciarmi così? Che n’è del nostro futuro? Come vivrò adesso? Bastardo egoista! Non hai pensato a me? Alla tua famiglia, ai tuoi amici? Perché Duncan? PERCHE’?- Caddi in ginocchio e ripresi a urlare, portando le mani sul volto, forse per coprire gli occhi e le orecchie e proteggermi da quello che mi stavano comunicando. Forse per fingere che fossero le sue mani, a rassicurarmi. Forse perché non trovavo nulla che potesse farmi sentire meglio.
Perché Duncan? Perché hai appeso quella corda? Perché hai fatto un cappio e gli hai infilato la testa? Perché hai mollato un calcio allo sgabello? Perché non ti ho trovato in tempo, abbastanza da fermarti?
Perché ho dovuto amarti tanto, quando di me non ti importava niente, almeno non abbastanza da voler vivere per me?
Queste domande mi rimbombavano nella testa, mentre il prete faceva l’ultimo saluto a mio marito, che se n’era andato, lasciandomi vedova.

 

                                                                                                        …
 

-Gwen, sono passati due mesi, non puoi restare chiusa in casa per sempre. Prima o poi il proprietario verrà e ti caccerà fuori se non trovi al più presto un lavoro.- Diceva Bridgette, al telefono. Ormai telefonava ogni giorno, tentando di convincermi a farmi uscire.
Una volta ci avevo provato. Ero arrivata in edicola per comprarmi il giornale, e la prima cosa che il venditore mi ha detto è stata “come sta, signora Nelson?”, con uno sguardo triste, pronto ad aiutarmi. Non potevo sopportare tutta quella tristezza nei confronti della povera e giovane vedova. Non ero pronta per quel tipo di sguardi. L’unico sguardo che avrei voluto incrociare era quello di un uomo che stava metri e metri sottoterra. Difficilmente l’avrei rivisto.
-Bridgette, non so cosa dirti. Non sono pronta, punto. Appena me la sentirò, cercherò lavoro.- Risposi arrabbiata. Perché non se ne andava dal suo fidanzato perfetto, quello che probabilmente non si sarebbe suicidato impiccandosi nella sua camera da letto?
-Precisamente Gwen, quando te la sentirai? Mi dici così da due mesi, e ancora niente, dì semplicemente che non vuoi sentirti pronta per una nuova vita. Sei rimasta bloccata a quel cavolo di giorno dove l’hai trovato mor…-
-Magari ti dico così da due mesi perché ancora non sono pronta! Bridgette, non puoi chiedermi di dimenticarlo dopo due mesi. Ho passato sette anni della mia vita con lui, non puoi chiedermi di scordarlo già da ora! Ci vorranno altri dieci mesi, come minimo, prima che cominci ad uscire di nuovo da casa. Smettila di dire stronzate, lo sai pure tu che non posso.- Dissi fra le lacrime.
-No Gwen, non è che non puoi. Tu non vuoi dimenticarlo. Ti stai impegnando fino all’inverosimile pur di tenerti aggrappata ai suoi ricordi. Devi impegnarti Gwen, non puoi ottenere risultati se nemmeno ci provi. Devi provare a vivere. Anzi no, devi provare a esistere. A vivere ci pensiamo dopo. Prometti che ti impegnerai.-
Unica cosa che odiavo, e amavo, di Bridgette era il suo fottuto sesto senso. Capiva tutto anche senza guardarti, capiva tutto di tutti in meno di niente. In quel momento il suo dono mi stava urtando i nervi terribilmente.
Ma sapevo che aveva ragione. Sospirai.
-Prometto. Anche se non so cosa intendi per esistere. Che differenza c’è fra vivere ed esistere?- Chiesi retoricamente.
-Allora, tu in questo momento sei un vegetale. Privo di mostrare emozioni, che non si muove dal suo posto e praticamente inutile…-
-Ma veramente i vegetali serv…-
-Zitta. Io, invece, sono una persona, capace di mostrare emozioni, che riesce a muoversi, eccetera eccetera. Il vegetale, in questo caso tu, c’è ma non esiste. Io, persona, anzitutto esisto perché faccio qualcosa. E poi vivo, perché riesco a godere della mia vita, e non la passo sdraiata su un divano a guardare il filmino di matrimonio del mio defunto marito.-
Rimasi scioccata dalle sue ultime parole.
Non doveva nemmeno rischiarsi ad accennarle.
-Forse, e sottolineo forse, perché tu non hai un defunto marito! Forse perché tu non sei mai stata sposata, o perché hai il tuo caro Geoff vicino e potete limonare quanto cazzo vi pare! IO ho perso mio marito, Bridgette. Si è suicidato nella stanza in cui dormo, merda. E forse guardo il filmino del matrimonio perché sono gli unici ricordi felici che mi legano ancora a lui. Ma tu che ne vuoi sapere? Tu non hai perso nessuno che amavi più della tua stessa vita!- Sbraitai in preda ad una crisi di pianto.
-Gwen, dopo che ti sono stata tanto vicina, come puoi dirmi…-
-Bridgette? Fanculo.- Chiusi la chiamata e buttai il cordless sopra qualche comodino.
Chi era lei, per farmi la ramanzina? Era forse una vedova, magari di un uomo che si è suicidato in casa sua? No di certo.
Era solo un’altra i quelle persone che viene a dirti come affrontare le varie situazione senza mettersi davvero nei tuoi panni.
Lo so, lo fa per il mio bene.
Ma fare il mio bene, specie ora, è starmi alla larga e farmi crogiolare nel mio dolore.
                                                              …
-Merda Gwen, sono passati quattro, fottutissimi, mesi. Quando ti deciderai a trovare lavoro? Sono ancora sconvolta dal fatto che il padrone non ti abbia cacciato di casa!- Urlava Bridgette, sempre più preoccupata.
Dopo quell’ultima litigata non ci siamo sentite per circa una settimana, Finchè non si è presentata a casa mia con un cestino pieno di muffin alla cannella.
I nostri muffin… quanti ricordi.

 
 
Nota:
prima di tirarmi una scarpa in testa, cari TxG, DxC e fan di Duncan, fatemi dire qualche parolina *mi metto in ginocchio pregandovi*
Allora, come vi ho già detto, ci sono sia DxG sia TxG in questa FF, quindi non disperate ^^ per quanto riguarda il vecchio Duncan, bhè… è morto e non ho voglia di cercare le sfere del drago per farlo resuscitare ù.ù
Che dire, ora potete lanciarmi tutte le scarpe che volete *mi copro gli occhi*
PS: se avete qualche cosa da dirmi, che sia quanto mi abbiate detestato per aver fatto Duncan morto, o magari dirmi che la storia vi è piaciuta *parte risata generale del pubblico* potete lasciare una recensione ^^ a presto per il prossimo capitolo (chi vuole leggerlo, chiaramente T.T)
Bacetti,
Gwen TD 

  
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