Anime & Manga > Slam Dunk
Segui la storia  |       
Autore: Cassie chan    15/05/2006    24 recensioni
Una storia strana, una storia qualunque. Due persone diverse, ma complementari. Due sapori diversi, ma complementari. Un destino che li unisce. Due vite che li dividono… le loro… E la consapevolezza di quello che sarebbe stato e non fu più. Una storia d’amore sul senso dell’amore… esiste qualcosa di più importante? E se dalla risposta, poi, dipendesse anche tutto il resto?
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ayako, Hanamichi Sakuragi, Haruko Akagi, Kaede Rukawa, Ryota Miyagi
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciao a tutti

Ciao a tutti! Sono ancora io la vostra carissima e bellissima (SEEEEEEHHHHH!!!!!) Cassie chan! Ho scritto questa nuova fic, che per me rappresenta un esperimento! Per questo, ho deciso di pubblicare prima della storia vera e propria, questa piccola paginetta di avvertimenti, avvisi, e segnalazioni dell’autrice, che altrimenti non ci sarebbero andati nella presentazione.

1.     Se c’è qualcuno tra quei poveretti che si apprestano a leggere questa fic e che ha letto altre mie storie, rimarrà abbastanza sorpreso! Di solito scrivo cose molto dolci e romantiche… bè, sta fic è tutto il contrario… certo, ci sono anche delle parti romantiche, delle cose carine e gentili, dato che io non ne posso fare a meno. Ma non aspettatevi una storia, che inizia e finisce in un modo, non è così! Succedono parecchie cose strane, per questo ho deciso di alzare il rating a PG13, voglio essere sicura!

2.     Questa storia è ovviamente in capitoli, saranno più o meno otto o nove, e questi sono in prima persona con il punto di vista del personaggio che compare accanto al titolo!

3.     ll linguaggio, sebbene non sia proprio scioccante, è un po’ più simile al parlato, perciò c’è qualche parola un po’ più forte; non voglio chiamarle parolacce, credo che siano parte del modo di esprimersi. Questo, soprattutto quando parlano i ragazzi, le ragazze le ho fatte un po’ più delicate, anche se pure a loro sfugge qualcosa!

4.     Ho scelto dei pairing un po’ strani, che non mi sembra di aver mai trovato, ma ho notato leggendo qualche fic di Slam Dunk, che molte di esse sono yaoi oppure hanno personaggi femminili inventati! Senza nulla togliere a queste fic, ho deciso di “staccarmi”, e di scegliere Ayako, che tendenzialmente è un bel personaggio, molto di più di Haruko Akagi, non me ne voglia nessuno! Il cognome di Ayako l’ho anche dovuto inventare!

5.     Alla fine di ogni capitolo, ho inserito una canzone che fosse rappresentativa di quello che avevo scritto, e che rispecchiasse quello che non ero riuscita a fare esprimere al mio personaggio o che volutamente era rimasto in ombra. Non dico che vi dovete leggere tutte le canzoni dall’inizio alla fine, ma mi piacerebbe che ne leggeste almeno qualche verso!

6.     Nello scrivere la fic e nel nominare Akira Sendo, ho sempre scritto il suo cognome in questa maniera. Ho scoperto tardi, quando la fic era quasi finita che si scriveva SENDOH, ma sinceramente mi rompeva un po’ cambiare tutto! Quindi, chiedo scusa, prendetelo per buono!

Prima di concludere, voglio dedicare questa fic ad una persona, Alex. Nonostante quello che è successo tra me e te, ti voglio ringraziare per avermi reso la persona che sono oggi. E adesso basta con tutti questi avvisi, buona lettura, e mi raccomando: COMMENTI!!!! Altrimenti, mi demoralizzo e addio! non saprete mai come va a finire! Va bene tutto, anche- RITIRATI!-, basta che sia sufficientemente motivato!

 

 

Capitolo 1 ---  Something stupid  (Kaede Rukawa)

 

Ancora non riuscivo a crederci. Non che non ci credessi fino in fondo, ma avevamo passato tanto di quel tempo a ripetercelo che oramai sembravano solo parole. Destinate a non diventare mai fatti, eventi concreti, che si possono vedere, toccare, assaporare, ascoltare, percepire. Tremendamente vicine a menate di adolescenti frustrati. Quella parola… TORNEO NAZIONALE… era diventata piena di milioni di significati… ne avevo piene le scatole delle pieghe che ci potevo trovare. La prima occasione per me di farmi vedere fuori dalla mia scuola e dalla mia città, la prima occasione per trovarmi faccia a faccia con giocatori, i cui nomi erano solo scritte in grassetto su riviste patinate, la prima occasione per iniziare a diventare quello che volevo. E adesso era tutto reale… sentii i pugni stringersi forte, mentre l’adrenalina non abbandonava ancora il mio corpo, dopo quell’interminabile partita contro il Ryonan. Ero morto, non mi sentivo più le braccia e le gambe, ma avrei potuto pure ricominciare a giocare. E l’avrei anche fatto, se non avessi saputo che nessuno m’avrebbe seguito, la verità è che erano tutti soddisfatti dal primo all’ultimo dei miei compagni di squadra. Li guardai… Akagi, il gorilla stava persino piangendo, Mitsui pregava l’immagine del mister, Miyagi e quel ritardato di Sakuragi si prendevano a sberle ovviamente per scherzo, o almeno così sembrava. Tutti soddisfatti naturalmente. Che c’era di meglio in quel momento? Guardai il tabellone del punteggio, uno scarto non elevatissimo… 70 a 66… 4 miseri punti… certo nelle mie migliori fantasie questa dannata partita finiva almeno 150 a 30, ma non si può avere tutto, ormai l’ho imparato, anche se a me invece piace avere tutto, in ogni campo, in ogni senso, altrimenti che senso avrebbe provarci? Non so che farmene di mezze vittorie o di scheletriche soddisfazioni. Alla fine, se ci ripenso, per quello che me ne fregava, quella maledetta partita potevamo anche perderla, l’importante era che io battessi Sendo. Non ero poi tanto sicuro di avercela fatta, mi aveva fatto fesso un paio di volte o due, specie alla fine era davvero imprendibile… i benpensanti avrebbero detto che eravamo più o meno alla pari, lui avrebbe risposto che non c’era stata storia per me, e io non avrei risposto nulla, convinto e sicuro che il sapore della vittoria su di lui non lo provavo, a meno che questo non fosse spaventosamente simile a quello di un umiliante pareggio, quelli che ti lasciano la bocca amara e lo stomaco in fiamme dall’insoddisfazione. Non che avessi mai provato il gusto della vittoria, fino a quel momento. Semplicemente non ci arrivavo, ero già oltre, alla prossima partita e ai prossimi canestri da segnare. Guardai Sendo e lo vidi ancora immobile, e solo allora mi sfuggii un sorrisetto. Sarà per l’anno prossimo, bello…

Feci qualche passo, e mi fermai di botto.

“Ce l’avete fatta!”. Ayako mi tese la mano, sollevandosi in punta di piedi. Non mi ero mai accorto che era almeno quindici centimetri più bassa di me…

“Già…” risposi con la stessa espressione di poco prima, il ghigno soddisfatto che doveva averli fatti girare a Sendo. Portai la mia mano contro la sua, e lei mi sorrise: “Finalmente, siete una vera squadra! Le mie preghiere sono servite a qualcosa almeno!”

“Preghiere?” chiesi, senza capire. Che non ci credeva che avremmo vinto?

“Sì” disse lei sorridendo, poi assunse una voce implorante e disse: “Dio, fa che Sakuragi e Kaede non si ammazzino prima della fine del campionato, Dio fa che Mitsui non si rimetta in quella banda di teppisti di strada, Dio fa che non perda la mia salute mentale a stare dietro a loro…”. Mi fece venire da ridere la sua voce, ma mi trattenni. Mi sentivo cretino a ridere per una cosa del genere.

Mi sentii chiamare da Miyagi e mi affrettai a girarmi. Ci dovevamo cambiare per la premiazione. Un altro momento inutile, perchè dovevamo assistere all’ennesima parata di quei quattro coglioni del Kainan? I campioni… quella cosa mi bruciava ancora… avevano vinto per il diciottesimo anno di fila e non c’era stato niente da fare, ero persino crollato in quella stramaledetta partita. Gli altri se ne erano scordati scommetto, in fondo non c’avevano mai creduto nel battere il Kainan, era un sogno che amavamo fare, ma niente di più. Poi c’era andata bene. Io invece me lo sentivo ancora addosso quello stramaledetto peso, che mi irritava quella apparente giornata perfetta.

Tornammo nello spogliatoio e ci infilammo solo le maglie e i pantaloni, mentre ancora scoppiavano piccoli tumulti tra i miei compagni praticamente in visibilio.

“Stasera dovremmo festeggiare!” propose Miyagi, mentre infilava la testa di Sakuragi sotto la doccia bollente

“Festeggiare?” chiese Kogure, riaggiustandosi gli occhiali, storti dopo uno scambio affettuoso di sberle con Mitsui. Erano sempre gli stessi, non c’era niente da fare… vivevamo solo per mettere quella palla in quel canestro, per litigare e per fingere di picchiarci a sangue.

“F-E-S-T-E-G-G-I-A-R-E, quattrocchi!” scandì Sakuragi “Vabbè, che non sai nemmeno il significato della parola FESTA, vista la vita da talpa che fai, ma per una sera puoi anche uscire dal tuo squallido buco!”

Kogure arrossì a disagio, e chiese dove si poteva andare, mentre gli altri ridevano a crepapelle.

“Che ne dite di quel nuovo locale che hanno aperto in centro? Si chiama - Peppermint Milk -…” chiese Ayako. Non mi ero nemmeno accorto che era con noi nello spogliatoio, era talmente abituata a passare del tempo con noi che non si faceva il minimo scrupolo a rimanere anche in quei momenti unicamente maschili. A me non faceva effetto, credo che considerassi Ayako molto vicina ad un altro componente della squadra. Ci passavo davanti senza nemmeno accorgermene, se c’era o non c’era era la stessa identica cosa per me; facevo persino fatica a distinguerla dalla sorella del gorilla e ci riuscivo solo perchè Ayako era stata mia compagna di classe alle medie.

“Va bene AYAKUCCIA!” eruppe Miyagi, slanciandosi su di lei per abbracciarla, ma lei si spostò con un sorriso, e poi uscì, dicendo di sbrigarci con la sua solita voce raramente gentile.

Evidentemente non tutti la pensavano come me…

“Che aspetti a provarci, Miyagi?” chiese Mitsui, mentre si allacciava una scarpa

“Eh? Con chi, con Ayako?” domandò sorpreso Kogure, che come al solito non aveva capito un cavolo, l’avevo capito pure io, il che era tutto dire, considerato come ero attento in queste cose…

“E con chi sennò?! Con tua nonna?!” scoppiò a ridere Sakuragi, trascinando anche gli altri in una grassa e prolungata risata, non condivisa solo da me e dal gorilla, io che mi affaccendavo nel mio armadietto e lui che si controllava preoccupato la caviglia. Doveva fargli ancora male, che faceva il forte non cambiava tutto questo… e mi aveva anche detto di non giocare da solo, che c’erano anche loro. Miyagi con quasi quattro falli, Mitsui semicosciente, lui con quella caviglia, e Sakuragi il mentecatto che faceva divertire il pubblico con i suoi numeri. Meno male che alle volte mi veniva di giocare da solo…

Sakuragi aveva preso Miyagi per il collo e lo strattonava con forza, mentre diceva con la sua migliore intonazione di persona che sa tutto del mondo, quando invece non c’ha mai capito un cazzo pure lui: “Lo sai che oltre ad essere il genio del basket, sono anche il genio dell’amore? Se non ci provi, lo farà qualcun altro ed allora addio Ayakuccia!”

Mi era quasi venuta voglia di dire…  e chi, secondo lui, c’avrebbe provato con Ayako? Tanto per il gusto di contraddire quel celebroleso… poi mi trattenni, non me ne fregava niente di quel discorso…

Miyagi annuì seriamente, poi disse, guardandolo in tralice: “E tu? Che aspetti a provarci con Haruko?”

Inutile dire che cosa accadde. Akagi si dimenticò della caviglia e corse a picchiare sia Miyagi che Sakuragi, mentre Mitsui e Kogure facevano il tifo per il gorilla. Io mi defilai, prima che mettessero in mezzo pure me. Quando c’era di mezzo quella lì, alla fine rischiavo di prenderle pure io.

Uscii fuori dallo spogliatoio, proprio mentre Ayako arrivava, richiamata dalle varie urla di gatti sgozzati, che provenivano dallo spogliatoio: “Che diamine sta facendo quella massa di ritardati?! La premiazione sta per cominciare!” urlò, le mani appoggiate sui fianchi

La guardai, sollevando le spalle, mentre lei sospirava e mi disse, la voce adesso più calma: “Per piacere chiamali, prima che mi facciano definitivamente perdere la pazienza, e allora non ci sarà più una squadra per il torneo nazionale!”

“Non li puoi chiamare tu?” replicai infastidito. Adesso si faceva tanti problemi ad entrare nello spogliatoio?

“Va bene, Kaede… figuriamoci se puoi farmi un piacere” disse con un sospiro, poi mi fece l’occhiolino e disse: “Ringrazia solamente che sono contenta che abbiate vinto, e quindi oggi sono particolarmente generosa…”

Inarcai un sopracciglio, solo adesso mi ero reso conto che mi chiamava per nome… in effetti, adesso che ci ripensavo era da quando ero nello Shohoku che mi chiamava sempre Kaede, chissà perchè me ne ero accorto solo allora. Retaggio della vecchia conoscenza, forse…

Gli altri arrivarono di lì a poco in palestra, mentre io mi ero già posizionato in palestra, nel piccolo spazio dedicato alla nostra squadra. Sentivo addosso gli sguardi degli altri giocatori e del pubblico, quei coglioni non arrivavano ancora e stavo lì a fare lo stoccafisso, ma non ci pensavo molto. Stavo cercando di configurarmi nella mente il momento in cui avrebbero nominato i migliori giocatori delle varie squadre. Sicuramente ci sarebbero stati Maki del Kainan e Sendo, ed ero certo che ci sarei stato anch’io. Almeno una piccola soddisfazione in quella merda di giornata. Mi venne quasi da ridere, era diventata una merda di giornata, una in cui ero nella seconda squadra del campionato e stavo per andare ai campionati nazionali. Ma dove avevo perso lo stimolo di una sfida, finita in un risultato non schiacciante, e dove ormai non ne sentivo più altri. Non c’era più nessuno.

Come avevo previsto, i migliori giocatori furono Maki e Jiin del Kainan, Sendo, ed io e Akagi. Prevedibile… ritirai una specie di medaglia, mentre gli applausi del pubblico a malapena mi raggiungevano le orecchie.

Mentre la gente si dileguava, Mitsui venne a dirmi che avevano programmato di andare a trovare il mister, e poi di cambiarci e di andare a festeggiare. Non ero molto d’accordo, non tanto con l’idea di andare a trovare Anzai, anche perchè credo che Mitsui mi avrebbe menato come un salame, ma con questa fottuta idea della festa. Che c’era da festeggiare?, mi dicevo, ma alla fine accettai. Non avevo nemmeno voglia di stare a casa, e di allenarmi non se ne parlava. Non avevo più sangue nelle vene, ma solamente acido lattico. Strano, ero pure stanco di allenarmi.

Andai a prendere la bici, che avevo lasciato fuori dalla palestra, legata con una catena malconcia, e mi incamminai verso l’ospedale. Pedalavo sempre più veloce, cercando di non fermarmi troppo vicino a gruppi di persone, che potevano riconoscermi. Mi davano fastidio le loro facce beote e i loro sorrisi d’ammirazione da bar; arrivammo all’ospedale tutti assieme, anche se gli altri avevano preso la metro e io ero venuto in bicicletta.

Salimmo di sopra, tra le urla delle infermiere, e demmo il grande annuncio ad Anzai, che ovviamente rise come al solito, come quei Babbo Natale troppo grassi, seduti nei centri commerciali, che prendevano sulle ginocchia i mocciosi. Lo facemmo persino balzare in aria, l’aria dei festeggiamenti che per un attimo contagiò anche me, quel vecchio, anche se era malato e debole, era capace di darci forza e coraggio, come nessuno mai. Anche a me. Di solito non mi serviva niente per darmi forza, ma nei suoi occhi vedevo quante più partite avesse visto di me, quanti canestri più difficili dei miei, quanti rimbalzi più imprevedibili dei nostri, quanti giocatori più o meno bravi di me, che io invece non avrei visto mai. Per questo, alla fine lo rispettavo. 

Mi rattristai persino quando stavamo per lasciarlo, ma non è che potevo passare la serata lì, anche se forse alla fine dei conti era lui quello con cui avrei potuto capire che cavolo mi stava prendendo. Ma mi feci trascinare fuori, e annuii quando mi dissero che ci saremmo incontrati dopo un’ora a quel locale con il nome strano… sarebbero venuti anche gli amici di Sakuragi e quelli di Mitsui, perfetto… proprio quello che volevo, e certamente non sarebbe mancata nemmeno la sorella di Akagi e le sue amiche idiote.

Tornai a casa sempre con la bici, stavolta senza fretta, avevo voglia di restarmene da solo e in silenzio. Aprii la porta di scatto, e la mia casa era naturalmente spenta. Mia madre doveva essere fuori con quel riconglionito del suo nuovo fidanzato, e mio padre… Dio solo sa dov’è pure lui…

Gettai le mie cose su una sedia, e salii di sopra, mi feci una doccia e mi infilai un paio di pantaloni azzurri e una camicia bianca. In poco meno di mezz’ora, ero pronto… perfetto, ero stato anche veloce a vestirmi, il mio programmato ritardo di un’ora non era neanche fattibile. Poi quella casa mi stava troppo stretta, non la sopportavo, quindi mi affannai ad uscire, facendo un lunghissimo giro per arrivare in quel dannato posto. Alla fine, ero comunque in perfetto orario.

Miyagi era già arrivato pure lui, lo riconobbi dal brillare del suo orecchino nel vicolo buio, sotto l’insegna verde smeraldo del “Peppermint Milk”. Stava con le mani in tasca e andava avanti ed indietro nervosamente, come se gli avessero messo qualcosa nei pantaloni.

Quando mi vide, sollevò il capo e mi fece un cenno, era elegante anche lui, portava persino la cravatta. Io mi sentivo già in carcere così, figuriamoci lui…

“Ascolta Rukawa, voglio chiederti una cosa…” mi chiese dopo un po’, guardandomi dall’alto in basso, aveva ragione Sakuragi, quando lo chiamava pigmeo. Scossi leggermente il capo e annuii.

“Senti, insomma, so che non è una domanda molto normale… ma… insomma… che tipo era Ayako alle medie? Aveva un ragazzo?” eruppe alla fine, il viso rosso più del normale. Certo che le donne fanno proprio rimbecillire, uno dei più grandi playmaker della prefettura adesso era lì, davanti a me, a balbettare come un idiota. Le donne avevano proprio un potere assurdo, e in effetti era l’unico modo con cui potevano sopravvivere. Che altro sapevano fare?

Lasciai perdere quelle mie teorie pseudo evoluzionistiche e risposi, cercando di utilizzare un po’ di tatto, che sapevo perfettamente di non avere, ma in fondo Miyagi mi faceva pena.      

“Non la frequentavo… non lo so…” risposi inespressivo come sempre

Lui si grattò il capo e mormorò con un debole sorriso: “Stasera, ho intenzione di chiederle di uscire e quindi volevo sapere qualcosa di più su di lei… ma se non sai nulla, non fa niente…”

Lo guardai ancora, senza capire, poi ci sentimmo chiamare da qualcuno alle nostre spalle. Erano Akagi e la sorella con le sue amiche, il gorilla sembrava una di quelle buffe creature da circo, costrette ad indossare giacca e cravatta, forse eravamo così abituati a vederci solo con le uniformi e con pantaloncini e maglia da gioco che quei nuovi panni ci davano un’aria spaesata e confusa. Le amiche della sorella di Akagi cercarono di spingerla verso di me, mi voltai dall’altra parte, sentendo provenire delle urla dalla parte opposta del vicolo. Come era da aspettarselo, erano Mitsui e Sakuragi con quei loro amici da rissa. Erano anche loro relativamente eleganti ed erano gasatissimi, sembrava che non fossero mai andati ad una festa.

“Chissà se troveremo qualche bella gnoc…” stavano commentando tra loro, quando rimasero tutti immobili a fissare qualcosa alle mie spalle. Mi voltai senza pensarci due volte, rimanendo con le mani in tasca. Non mi aspettavo niente di grandioso, ma dovetti rimanere anch’io un po’ sbigottito.

C’era una ragazza dietro di noi, seminascosta dall’oscurità del vicolo, i capelli ondulati resi di un colore stranissimo dalle luci di quell’insegna fosforescente. Aveva un vestito nero con delle pailletes sparse un po’ ovunque e con lo scollo rotondo, perfettamente invisibile, dato il gran numero di collanine d’argento varie ed eventuali, che portava. Era davvero una bellissima ragazza, impossibile non notarla, ma aveva qualcosa di familiare. Per questo, continuavo a fissarla come un imbecille, convinto di non avere una faccia molto intelligente in quel momento. Era strano che una ragazza mi facesse un effetto simile, di solito le ignoravo a priori, non sopportavo le loro risatine vezzose. Nella maggior parte dei casi, sono sempre oche stupide che mi infastidiscono, e sta tipa non doveva fare eccezioni, mi convinsi mentalmente. Però… insomma… era proprio carina…

“Ayakuccia!!!” sentii Miyagi gridare, correndo verso di lei, mentre quasi cadevo a terra per la sorpresa. Ayako? La stessa Ayako che conosco io? Quella, tanto per intenderci, con la maglietta rosa, le scarpe da ginnastica, la coda di cavallo e i modi violenti? Quella era una che poteva andare in passerella a fare la modella, non la nostra manesca manager.

Lei sorrise a Miyagi e disse raramente gentile: “Non mi costringere ad uscire fuori il bastone dalla borsetta…”, fece la buffa imitazione di un sorriso forzato e si avvicinò a me e a Sakuragi. Sembrò non guardarmi neppure, e disse al mentecatto, accanto a me: “Allora non entriamo?”

Quello rise con aria saccente e mormorò: “Ayako, stasera sei proprio una bomba! Ti sei messa forse in gingheri per qualcuno?”

Lei aggrottò le sopracciglia e rispose: “E per chi, razza di imbecille? Per voi, forse? Non ci sperare troppo Hanamichi!”

“Veramente non ci spero io, ma Miyagi!” rise lui sguaitamente, mentre Ayako si voltava a guardare il nostro playmaker che arrossiva vistosamente e simulava un pugno nella direzione di Sakuragi. Lei rise a sua volta e poi entrò, seguita da tutti noi. Salutò qualcuno all’entrata e la vidi mettersi a parlare cordialmente con un cameriere, un tipo biondo con gli occhi azzurri che fece svenire le amiche idiote di Haruko Akagi.

“Chi è quello?” le chiesero dopo, mentre entravamo nel locale vero e proprio “E’ proprio un figo da paura!”

Lei ostentò indifferenza e rispose tranquilla: “Chi, quello? E’ Shinichi, un mio vecchio amico… lo conoscevo bene quando lavorava in quell’altro locale in centro, quello accanto alla stazione, che hanno chiuso un mese fa. Adesso lavora qui…”

“Lo conoscevi bene?” chiese una di loro con aria maliziosa “Ci uscivi insieme?”; lei sorrise e rispose: “Qualcosa del genere, frequentavo molto quel posto e quindi anche lui…”

Mi voltai con un mezzo sorrisino verso Miyagi, che sembrava un cane bastonato. La descrizione mentale che forse aveva della sua Ayako non corrispondeva a questa nuova versione festaiola e frequentatrice di locali notturni, e per di più mezza fidanzata con un ragazzo che era almeno venti centimetri più alto di lei. E di lui.

Ayako con aria sicura ci condusse per un corridoio, al termine del quale c’era una vera e propria sala da ballo, pienissima di gente, che si pigiava sempre di più, cercando di ballare una sorta di litania di musica house. Proprio quello che volevo, un luogo pieno di gente, magari anche strafatta, che ballava scompostamente. Sentivo ancora i suoni della partita della mattina dentro di me, e forse gli volevo tenere ancora per molto in me stesso; mi piaceva da morire quando sentivo per tutto il giorno la scarica elettrica che mi dava una partita, soprattutto se alla fine avevamo vinto. Non che, come avevo già notato, fosse stata questa grandissima soddisfazione per me, ma in fin dei conti avevamo vinto. Lo Shohoku aveva vinto, almeno la squadra aveva vinto.

Gettai un’occhiata ad Akagi e a Kogure, i più riluttanti a farsi trascinare in quel vortice di luci abbaglianti e suoni assordanti, e loro mi fecero segno di seguirli in un parte della pista che sembrava più appartata e meno rumorosa. Li seguii di buon grado, mentre Sakuragi, Miyagi e persino Mitsui si facevano trascinare da Ayako. Mi sedetti con loro, ed altrettanto ovviamente iniziarono a parlare di basket, delle squadre delle altre prefetture, della stella di Aichi e di altri quasi leggendari giocatori. Stranamente, quella sera, non riuscivo a seguirli benissimo, forse ero stanco, forse era quella stramaledetta musica, oppure non lo so. Alla fine, mentre loro due commentavano delle azioni di Sendo, cosa che, descritta nei loro criteri di perfezione assoluta, me li faceva girare, mi voltai verso la pista, appoggiando le braccia sullo schienale della sedia. Se ne stavano proprio andando di testa tutti quanti… ballavano come dei forsennati, alcuni in maniera ridicola come Mitsui e Miyagi, e poi... bè, c’era un’ evidente distanza rispetto al modo che aveva invece Ayako di ballare. Non potevi fare a meno di fissarla, e non a caso aveva attorno a sé una massa di imbecilli, che le sbavavano dietro. Lei sembrava non guardarli nemmeno, e continuava ad agitarsi, come se fosse sulla pista completamente da sola, i suoi capelli catturavano ogni raggio di quella luce artificiale e si espandevano nell’aria, quasi cercando di prendere quanto più spazio possibile. Sorpresi le mie mani a tremare leggermente, che cazzo mi prendeva? Mi incazzai con me stesso, e mi voltai bruscamente, smettendo di fissarla, anche se era come se avessi un dannato terzo occhio che continuava a farmela vedere davanti al naso.

Rimasi in quella posizione tutta quella dannata serata, cercando di concentrarmi su altro, sulla partita appena giocata, su quelle che avevo ancora da giocare, ma non era semplice, come al solito. Per la prima volta, non trovavo facile pensare al basket, per la prima volta collaudavo che cosa volesse dire avere desiderio di una donna, di una ragazza o di qualsiasi altra cosa simile. Non che fino a quel momento fossi stato un verginello timido ed indifeso, che non era mai stato toccato da alcun pensiero carnale, ma era stata una cosa, potrei dire, teorica. A parte le donne luccicanti della televisione o dei giornali, nessun’altra mi aveva dato niente, la benché minima emozione. Il basket mi eccitava a tal punto da non avere più bisogno di nient’altro. E invece adesso, sebbene per poco, avevo voluto una donna. Ayako, poi… se qualcuno lo avesse saputo, si sarebbe fatto una bella risata, bè, non proprio tutti, se lo avesse saputo Miyagi, m’avrebbe menato a sangue.

Erano le due, quando iniziai a vedere la gente andarsene, e infine fummo raggiunti dagli altri, che avevano passato tutta la sera sulla pista; quella maledetta musica finalmente si era abbassata e potei di nuovo sentire la voce di qualcuno che non era a dieci centimetri da me.

“Ehi voi, potevate anche venire a ballare un po’!”. Mi voltai e vidi che aveva parlato Ayako, ma era diversa dal solito. Per essere gentili, era diversa dal solito. In quel tempo, in cui mi ero imposto di non guardarla, doveva aver bevuto abbastanza, aveva i capelli spettinati, gli occhi lucidi e barcollava, per rimanere in piedi, doveva sorreggersi con il braccio al collo di Sakuragi. A parte lei, anche gli altri erano brilli, Miyagi prendeva a spallate Mitsui, Haruko si gettò ridendo tra le braccia di Kogure, che fu subito allontanato con uno spintone da Akagi, e gli amici di Sakuragi… meglio non parlarne proprio… quello che forse stava meglio era proprio l’idiota, che reggeva Ayako, che continuò a ridere scioccamente, fino a quando crollò di sonno, addormentandosi di botto.

“Gorilla, per Haruko ci pensi tu, ma per Ayako?!” chiese Sakuragi, in preda quasi al panico, cercando ancora di reggerla, mentre lei gli scivolava dall’altro lato

“L’accompagno io a casa!!!” urlò Miyagi, ridendo fragorosamente

“Come no, tappo…” disse lui “Io devo accompagnare questi quattro idioti a casa, altrimenti domani mattina li troviamo ancora per strada, Kogure tu pensa a questi altri due, e… per Ayako…”, lo vidi guardami con gli occhi ridotti a fessure… che cazzo vuole? Mi chiesi mentalmente, già con la testa proiettata nel mio letto. Quella fascia attorno ai capelli rossi lo faceva sembrare una specie di derelitto umano, ancora di più del solito.

Mi guardò con aria di profondo disgusto, alla quale io risposi nella stessa identica maniera, salvo poi afflosciarmi, quando mi disse: “Stronzetta, sai dove abita Ayako? Non abita vicino a casa tua…?”

“E con questo?” chiesi nella mia più convincente interpretazione di gnorri      

“Accompagnala, imbecille! Saprai fare almeno questo nella tua patetica vita?!”

“Non se ne parla proprio…” dissi con indifferenza, alzandomi

“CHE COSA?!!!”. La voce dell’idiota era già salita di tono, ma stavolta fu accompagnata dalle voci anche degli altri, di solito Akagi si limitava a menare cazzotti sulla testa di quel coglione, ma adesso erano tutti d’accordo con lui. Mi sentivo scoppiare la testa, quindi alla fine annuii e mi caricai sulle spalle Ayako, che dormiva profondamente, mentre Haruko urlava: “Voglio andare io con Rukawa!!”, salvo poi riaddormentarsi dopo quattro secondi netti.

Uscii dal bar, imprecando tra me e me, cosa che si incrementò notevolmente, quando mi ricordai della bici. La dovevo pure lasciare qua… e domani mattina mi dovevo alzare tre ore prima per andare a prenderla… ma chi cazzo me l’aveva fatta ad uscire quella stramaledetta sera???!!!

Faceva abbastanza freddo, e quindi cercai di affrettare quanto più possibile il passo, me ne volevo soltanto andare a casa a dormire e invece dovevo pure fare quell’altro giro per accompagnare Ayako. Continuavo ad imprecare tra me e me, mentre sentivo il respiro regolare di Ayako sulla nuca solleticarmi i capelli. Ad un tratto, mi fermai per riposarmi un po’, e lei si svegliò, ma la sua voce era ancora impastata di sonno e di irrazionalità alcolica.

“Dove sono?” chiese, stropicciandosi gli occhi

Non avevo voglia di risponderle, quindi mormorai solamente: “Stiamo andando a casa, Ayako…”

“Chi sei?” mi chiese ancora con voce confusa, appoggiandosi di nuovo a me. Che cavolo le dovevo dire? Decisi ancora di non rispondere, sperando che si assopisse e rimanesse addormentata fino a casa sua. Ma nella sua specie di delirio non capire chi fossi doveva essere agghiacciante per lei, e quindi continuò a ripetermi quella domanda, accentuando ogni mio ennesimo diniego di risponderle con un calcio violento negli stinchi.

Alla fine, stremato le risposi: “Sono Rukawa… andiamo insieme a scuola…”

Lei si calmò all’istante, e si riappoggiò di nuovo a me, poi ridendo disse: “Conoscevo un ragazzo che si chiamava così alle medie…”

“Davvero?” sussurrai sarcastico

“Sì” continuò lei con voce malferma “Era bravo a giocare a pallacanestro… ma era un asociale nato, se la credeva un bordello…”

“Davvero?” chiesi stavolta più interessato. Era tanto per fare conversazione, per quella che in quel momento si poteva fare con Ayako, questo mi dicevo. Ma anche io mi ero reso conto che ero stranamente interessato a quello che lei pensava di me. Mi resi conto con una punta di disapprovazione per me stesso che avevo sempre voluto sapere che cosa pensasse Ayako di ognuno di noi; era sempre così sarcastica ed aggressiva, ma c’era qualcosa sotto che non mi convinceva di lei. C’era qualcosa che non diceva. E adesso forse me l’avrebbe detto.

Lei continuò, intervallando le sue parole con espressioni sconnesse e con risatine senza motivo: “Non che non fosse un tipo che non avesse motivo di credersela… era un figo da paura, tutte le mie amiche erano cotte di lui…”

“E tu?” chiesi con un sorrisetto. Il colmo sarebbe stato pure scoprire che piacevo ad Ayako.

“In prima media…” la sentii dire. La sua voce era cambiata, era diventata più malinconica e la sentivo stringermi forte la camicia tra le dita.

“E poi?” chiesi velocemente, stupendomi ancora del mio interesse. Il mio desiderio di farmi due risate esulava di molto dalla mia sollecitudine a conoscere quelli che erano stati i sentimenti di Ayako.

“Niente” rise lei in maniera acuta e fastidiosa “Lui non se ne accorse nemmeno, era troppo preso dalla pallacanestro… era veramente bravo… te l’ho detto? Me la feci passare. Mi iniziò anche a stare antipatico, se proprio la devo dire. Era bravo, ma che cavolo! Poteva anche parlare con qualcuno qualche volta, perchè doveva fare sempre la parte dell’uomo solo con il suo destino?”

Non risposi alla sua domanda, e lei poco dopo si riaddormentò di nuovo sulle mie spalle, le sue braccia strette attorno al mio collo. Rimasi parecchio con le sue parole che mi ronzavano nel cervello, come un fastidioso brusio nelle orecchie, che non voleva saperne di andarsene. Cercai di ricordarmi come era Ayako alle medie, ma non c’era alcuna immagine troppo nitida di lei. A malapena, riuscivo a rivedere una ragazzina con le trecce e i nastri azzurri, che spesso mi seguiva quando mi allenavo e che incontravo quando tornavo a casa. Lei arrossiva e scappava via, ed io scrollavo le spalle, fregandomene altamente. Poi la ricordavo diversa, sempre avvolta nelle fitte nebbie della mia totale indifferenza per lei; si tagliò i capelli e, se non mi ricordo male, se li schiarì, diventando quasi bionda. Non ci guardavamo in faccia, e quando l’incontravo, fingeva abilmente di non avermi visto. Mi parlò solo una volta, quando con aria scocciata, schioccando la lingua con fastidio, mi consegnò una lettera di una sua amica, che strappai e gettai dieci secondi dopo. Di quel periodo, ricordo solo i miei infiniti allenamenti, di lei non ricordo più niente. O meglio non so proprio niente, semplicemente perchè era già molto che sapessi come si chiamava. Anzi adesso che ci ripenso seppi il suo nome, quando entrai nello Shohoku e lei ci fu presentata come nostra manager. L’avevo riconosciuta ovviamente, ma fu lei a dirmi che si chiamava Ayako Kuno, altrimenti addio… non avrei mai indovinato il suo nome…

Finalmente ero arrivato a casa sua. Mi chiesi se ci sarebbero stati genitori o fratelli, a cui spiegare il suo ritardo, e mi feci prendere dal panico, poi mi ricordai che Ayako viveva da sola in quella casa. Non aveva mai detto il perchè non vivesse con i suoi. Aprì il cancelletto, e feci il piccolo vialetto. L’appoggiai su una sedia a dondolo che c’era fuori e armeggiai con la sua borsetta per trovare le sue chiavi di casa; dopo averle trovate, cercai quella giusta e poi la ripresi in braccio, mentre spingevo la porta con un piede. Riuscii per miracolo ad accendere la luce e la distesi su un divano che era immediatamente lì. Lei si girò di fianco, e riprese a dormire come se niente fosse. In fondo, facevo meglio a lasciarla là, chi ci sarebbe riuscito a portarla in camera sua, ammesso e non concesso che capissi quale fosse. E poi diamine avevo già fatto tanto… l’unica cosa che mi azzardai a fare fu quella di prendere un plaid, che era appoggiato su una poltrona, di aprirlo e di metterglielo addosso. Quel movimento la svegliò e mi guardò con gli occhi annacquati per qualche secondo.

“Sei a casa” le dissi “Dormi”

Lei sorrise e mi mise una mano sul viso, accarezzandomi piano una guancia. La guardai senza capire e mi chinai su di lei, mentre continuava a passare le sue dita fredde sul mio volto.

“Sei diverso da quello che conoscevo io…” mi mormorò, poi sollevò leggermente il busto e con quello stesso sorriso mi baciò sulle labbra. Così senza motivo, senza preavviso. Serrai forte i pugni e sentii nella mia il sapore della sua bocca, un sapore di alcol, un sapore nonostante tutto buono… come di latte e menta, incredibilmente dolce ed anche  forte, straordinariamente provocante e pungente, che faceva quasi male. Continuò a stamparmi piccoli baci a fior di labbra sulle mie, mentre sentivo, come prima, i nervi incendiarsi ancora di desiderio di lei. La volevo, la volevo disperatamente, ancora peggio di quando entro in area a cinque minuti dalla fine di una partita ed un giocatore in difesa ti impedisce di fare la schiacciata, che già avevi visto nella tua testa. Ancora più di voler battere definitivamente Sendo, ancora più di voler vincere milioni di miliardi di partite. Mi sconcertava tutto questo, mi faceva quasi ribrezzo desiderare qualcosa fatto solo di carne, qualcosa che in fondo era solamente una ragazza ubriaca, niente più di questo. Punto. Non era niente per cui valesse la pena perdere tempo. Me ne accorsi con rabbia e, le labbra di Ayako ancora nelle mie, morsi con furia il fiore della sua bocca, mentre Ayako crollava di nuovo di sonno sul divano. Non me ne sarei mai andato. Mai, me ne sarei andato da quelle sue labbra che avevano accarezzato le mie, fino a fino a farmi spezzare qualcosa dentro. Sì. Strano a dirsi e a pensarsi. Lei mi aveva spezzato qualcosa dentro. Qualcosa, che andava oltre le ovvie reazioni fisiche che avevo avuto. Qualcosa di estremamente stupido, ma che non avrei trovato mai più, se non in lei. Qualcosa che d’ora in poi avrebbe cambiato la mia vita per sempre.   


I am the son and the heir
of a shyness that is criminally vulgar
I am the son and the heir
of nothing in particular.

You shut your mouth
how dare you say
I go about things the wrong way
I am human and I need to be loved
Just like everybody else
Does

When you say it's gonna happen now
When exactly do you mean?
See I've already waited too long
And all my hope is
Gone

There's a club if you like to go
You could meet someone
Who really loves you
So you go and you stand on your own
And you leave on your own
And you go home
And you cry and you want to
Die.

 

(How Soon Is Now (Theme Song of “Charmed”) (love Spit Love)

 

   
 
Leggi le 24 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Slam Dunk / Vai alla pagina dell'autore: Cassie chan