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Autore: YunSaeMi    18/09/2011    1 recensioni
E' una storia sul senso di colpa. Molto spesso lo sento addosso, come oggi, come ieri.
Ho scelto Reita perchè è il personaggio che ho sempre immaginato come fratello. Anche se non ha alcuna somiglianza con quello reale.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Reita
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"In dazzle i was ready to be destroyed
Under the power, was invisible
When I saw the truth, I heard my ghost cry"



Tutto era iniziato da una frase.

"Sai, a volte vorrei proprio aver conosciuto mio padre. Chissà come sarebbero andate le cose se quella volta fosse rimasto a casa" mi disse mentre tirava fuori i piatti dalla lavastoviglie. Quella sera io e Aki avevamo deciso di cenare assieme, da buoni fratelli.
"Ricordo quella volta", risposi io, ripensando a quella notte in cui persi mio padre. "Sì, me lo ricordo benissimo. Tu eri ancora piccolo, non parlavi nemmeno."
Lo guardai dal salotto con un sorriso un po' triste mentre rassettava la cucina.
"Già," disse "non l'ho mai visto, se non qualche volta in foto. Comunque" e si voltò, asciugandosi le mani "abbiamo passato una vita felice con papà. Sarà solo il marito di nostra madre, ma ci ha cresciuti."
"Sì, infatti, Hotei è papà. E di fatto tu lo hai sempre avuto al tuo fianco sin dall'infanzia. Cioè, " e mi schiarii la voce "hai avuto un padre, uno e uno solo, da quando eri piccolo. E' come se non ne avessi mai perso uno, non so se mi intendi."

Ci guardammo per un momento. Aki si fermò, appoggiò l'asciugamano sul tavolo e venne a sedersi in salotto.

"La pensì così?"
Era un po' stupito.

"Sai, io l'ho conosciuto. E di questo ne sono felice, non sto dicendo di no. Ma ecco.... nessuno ha mai pensato, ed è la pura verità, Aki, che forse tra i due fratelli non fossi tu quello ad aver sofferto di più in questa situazione."

"......In che senso?"

Uff, ma perchè abbiamo iniziato questa conversazione? ....

Era un argomento molto delicato, ne avevamo parlato pochissime volte. 
"Hime, io non so nemmeno com'era fatto il mio vero padre. Tu hai avuto l'opportunità di vederlo, di passare degli anni con lui, io no."
"Cambiamo discorso, ti prego..."
"No, Hime, continuiamolo. Non ne abbiamo mai parlato così apertamente. Raccontami di quella volta, raccontami com'era.. Non ho mai avuto il coraggio di chiedere nulla a nostra madre"


Tirai un profondo respiro e iniziai a parlare.


"Nostro padre era un uomo buono. Era meraviglioso, per quanto io possa sapere.
Una notte prese l'auto, mi raccontò mamma, perchè non riusciva a dormire. Andò a comprarmi dei giocattoli in un negozio sull'autostrada, a quell'ora era l'unico aperto."

Sospirai, sempre più angosciata da quel che stavo dicendo.

"Al ritorno però," continuai " riuscì a prendere il sonno che prima gli era mancato. Si addormentò al volante, schiantandosi contro il guard rail, e non si risvegliò più, morì sul colpo." Mi fermai un secondo per calmarmi un attimo ed evitare di piangere.

"La mattina dopo vidi mia madre parlare con delle persone, degli uomini che a me sembravano così grandi e seri... E la vidi accasciarsi a terra"

Quel giorno odiai quelle persone più di chiunque altro, perchè le stavano facendo del male.
Avevo quattro anni: i bambini piangono, quando sono piccoli. E infatti io piansi; non tanto per il fatto in sè, che un bambino può capire fino ad un certo punto, ma per come intorno a me sembrava si fosse formata una nuvola nera di sofferenza, che io sentivo.

"Arrivarono i parenti, e mia nonna mi porse un pupazzo a forma di elefante. Sai, quello che ho sul letto.. è stato l'ultimo acquisto di nostro padre."


Calò il silenzio.
Nessuno dei due sapeva più che dire, nonostante di cose da dire ce ne fossero, eccome se ce n'erano...

"Comunque, Aki, superammo il colpo. L'unica cosa importante è che nostra madre sia riuscita a ricominciare daccapo con un'altra persona, e che sia felice."


Akira mi stava guardando. "Era andato a comprarti i giocattoli" disse. "Ora capisco come mai sei legata così tanto a quell'elefante, pur avendo vent'anni"

Annuii.

Ci fu di nuovo il silenzio.
Sentivo però di dovergli dire ancora qualcosa.

"Forse mi odierai per questo... ma devo ammettere anche a volte vorrei tanto essere te, Aki. Ti sei risparmiato degli anni orrendi, fortunatamente, grazie alla tua piccola età."
"Non dirai sul serio, Hime......." 
"Non mi credi? Forse è perchè non sai cosa ho passato, Akira, non lo immagini nemmeno lontanamente."
"Ma tu hai goduto dell'amore del nostro vero padre! Hime, non posso sentire tutte queste stupidate"
"No, io ho dovuto vedere la quasi autodistruzione di mia madre! Ho dovuto vedere la sofferenza stampata sulle facce dei miei parenti! Ho vissuto la solitudine... e i sensi di colpa."
"I sensi di colpa? Ma cosa....?"
"Sì, i sensi di colpa, Aki. Orribili, devastanti, continui sensi di colpa."

Mi alzai davanti al suo sguardo stupito e andai in camera da letto a prendere quell'elefante giocattolo.
Era il mio peluche preferito, gli avevo dato anche un nome, Shinchishin; aveva un piccolo specchio rotondo alla zampa sinistra, le sue orecchie si accartocciavano con un dolce rumore, e alla probiscide aveva un sonaglio bianco. Lo portai con me sulla poltrona e mi risedetti.
"Sono cresciuta sempre con l'idea, probabilmente errata, di esser stata la causa della morte di mio padre. E questo peluche ne è l'emblema"  toccai il sonaglio. "Vedi, quando rivelai a nostra madre questo mio pensiero, lei mi rispose schiaffeggiandomi. Era furiosa, perchè si era appena resa conto di come avessi passato 15 anni della mia vita nel credere di aver ucciso colui che mi aveva dato la vita."

"Tu non hai ucciso proprio nessuno, Hime" mi disse Aki, fissandomi arrabbiato.
"In realtà, Akira, pensavo di essermente dimenticata, ad un certo punto."
Mio fratello alzò un sopracciglio in maniera sarcastica. "Veramente!" affermai "Ma poi mi resi conto che non era così, che ne ero ancora certa: sono stata io la causa della sua morte, Aki! Nessuno riuscirà a convincermi del contrario.. nemmeno tu.
Quando ti guardo, sento sempre di avere un grande debito con te.
Sento di averti privato di un padre, sì, sento di averlo fatto."

"Ora capisco cosa intendevi con il voler essere me. Aaaaah, Hime" disse, scuotendo il capo "ma che dici! Non hai fatto nulla, zero, niente. Avevi quattro anni.. ma come ti viene in mente una cosa del genere?"

Ma non poteva convincermi.

"L'unica cosa che posso dirti, Hime" e si alzò in piedi "è che mi dispiace che tu abbia sofferto così."

"Dispiace anche a me. Sai, Aki, se sono stata dura con te, era più per una sorta d'invidia" gli sorrisi "ma comunque, ti voglio bene, e sono nata per proteggerti. Lo faccio dal momento stesso in cui nostro padre ci ha lasciati, inconsciamente, a volte."

Mi alzai anche io dalla poltrona, Shinchishin ancora tra le mie braccia.

"Ma ora lasciamo perdere tutta questa faccenda."

............................................................




"Dov'è?"

Non trovavo Shinchishin.

"Papà, scusa, hai visto Shinchishin?"
"Ah, stavi parlando con me? Ah, sì" mi rispose Hotei "l'ho prestato alla bimba dei vicini. Le piace molto il tuo peluche e si rilassa accartocciandogli le orecchie; i suoi genitori avevano bisogno di calmarla un po'.
"Ma in questa casa chiedere le cose prima di prenderle è un optional?"

Ero un po' innervosita.

"E' un peluche, Hime" mi rispose papà un po' scocciato. "Cresci un po'!"

Entrò mia madre nella stanza. "Che succede?" chiese.
"L'elefante. L'ho prestato ai vicini, e tua figlia fa storie. " Sbuffai. "Hime, " e mi guardò di nuovo "non sbuffare, hai vent'anni."
"Cerca di comprenderla, tesoro, lei è molto gelosa delle sue cose" disse mia madre a papà, guardandomi in modo comprensivo. Sapeva bene come mai mi infastidiva che qualcun altro toccasse il mio Shinchishin.


Mi fermai a pensare.

"Sai cosa?"

Giunsi ad una conclusione.

"Non importa" e sorrisi a mia madre, che ora mi guardava un po' stupita. "Regalateglielo! Le piace!"
"Ma tesoro, non devi per for..."
"No, non importa mamma", la interruppi, sorridendo ancora.


"Credo che sia arrivata l'ora di crescere."

 

                                                                                                                                                                       

Alumina dixit:

Oggi ero un po' giù di tono. Avevo mille cose per la testa, un po' di giramento di balle.
Questa storia è molto personale, diciamolo. E' uno sfogo, una specie di liberazione.
Devo dire che non mi è mai capitato di mettere nero su bianco le mie esperienze personali (ho sempre rifiutato l'abitudine del "diario" che le mie amichette alle elementari avevano). Fuuuu!
Bene.
Vi saluto! Amatevi e amate chi vi sta attorno!!

Be One.

 





   
 
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