Anime & Manga > Death Note
Segui la storia  |       
Autore: Occhi Cielo    19/09/2011    3 recensioni
Era una giornata piovosa alla Wammy's. Non che la cosa fosse strana.
I ragazzi si annoiavano. Più di tutti un bambino biondo dagl'occhi come il ghiaccio. Mello osservava la pioggia assorto nei suoi pensieri, fino a quando qualcosa di colorato lo distrasse. Una macchia Rossa.
Questa è la storia di come Mello conobbe Matt, di come i due divennero amici, delle loro avventure e del loro amore che a poco a poco sbocciò, portando nella loro vita un tocco di colore. Come il rosso dell'amore e il rosso dei capelli di Matt che Mello tanto amava. "Pioveva.
Un po' come sempre d'altronde.
Le gocce violente si abbattevano sui vetri della mia finestra. Fuori era grigio. Tutto era avvolto da quest'alone di colore. Grigio.
Grigio come gli alberi, come l'asfalto, come l'erba, come i muri.
Grigio. [...]
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Near | Coppie: Matt/Mello
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Il capitolo è stato MODIFICATO! Il giorno 4 Novembre 2011.

Questa è la mia prima Fan Fiction fatta da più capitoli,  spero che vi piaccia.  Racconterò alcuni degli episodi all'interno della Wammy's House dal momento in cui Mello vide la prima volta Matt,  fino alla sua morte.  Questo è il primo capitolo.
 
 
1.Grigio
 

 
Pioveva.
Un po' come sempre d'altronde.
Le gocce violente si abbattevano sui vetri della mia finestra.  
Fuori era grigio.  Tutto era avvolto da quest'alone di colore.  
Grigio.
Grigio come gli alberi,  come l'asfalto,  come l'erba.
Come i muri alti e antichi che mi corcondavano, che raccontavano storie e risate lontane. Che parlavano di vite strappate e altre cresciute.
Grigio come la ghiaia scintillante, che appariva come milioni di gemme perdute, nel cortile deserto.
Brillavano tristi sotto la musica dell'acqua.
Grigio.
Sembrava di vivere in un vecchio film in bianco e nero,  come quelli che ogni tanto Roger ci obbligava a guardare nella sala comune, in una giornata come quella.
Ma  per l'ennesima volta, come già era capitato in passato, mi opposi.
Per me era quasi impossibile rimanere per ore lì, appollaiato su una sedia, a fissare quello schermo troppo piccolo e vuoto, incapace di catturare la mia attenzione.  
Un film che non mi trasmetteva niente, se non la straziante voglia di urlare, per poi correre via.
Un pazzo.
Ma per quanta voglia avessi di sembrare fuori di testa e sfogarmi, decisi di rintanarmi in camera.
Sarebbe stato molto meglio.
Almeno, non avrei dovuto rendere conto a nessuno del mio depresso sguardo grigio.

Vivevo solo nella mia stanza alla Wammy's.  
Veramente,  un po' tutti vivevamo soli.  
Condividevamo le stanze solo con le nostre incertezze e  i nostri fantasmi del passato.
Ogni tanto questi, circolavano qui e là tra i corridoi,  nella mensa, nelle notti tempestose.. quando molti di noi tremavano e avevano paura.
Ci venivano a bussare alle porte per la gioia di sentire la nostra angoscia aumentare, e godere degl'occhi tormentati.
Fantasmi che amavano il sapore delle lacrime versate su un cuscino, così  da spremere le nostre menti e i nostri cuori randagi.
Ormai, esuli, non appartenevano a nessuno.
Vivevamo con la coscienza di essere soli,  e che lo saremmo sempre stati.
Eppure era assurdo pensarlo.
In più, a torturare il nostri corpi oltre che al nostro spirito, venne il gelo.
Faceva freddo,  nonostante non fosse ancora inverno.
Il mio respiro leggero si condensava nell'aria, creando soffici nuvolette.. che in poco svanivano nella stanza. 
Poi c'era silenzio.  Un silenzio tale da potermi bucare i timpani.
Mi sentivo come fossi l'unico in tutto l'istituto.
Se non l'unico in tutto il mondo.

In fondo però, la cosa mi piaceva. 
Soffiando sul vetro creai uno strato opaco.  Lo feci più volte con il dito sospeso a mezz'aria. 
Lo rifeci.  Stavolta convinto di cosa avrei scritto.
"M...Me..ll...o" dissi seguendo la linea curva che univa una lettera all'altra.
Mello.
L'unica certezza che avevo.  Il mio nome.
Ma piano piano anche quello scomparve inghiottito dal freddo.
Sembrava che qualcuno lassù volesse prendersi gioco di me.  Come a dirmi che io non avevo certezze e non avrei mai potuto averle.
Sospirai rassegnato davanti a quel destino che sembrava non volermi dare pace.
Probabilmente era giusto così.  Sarebbe stato sciocco accanirsi contro qualcosa , che nonostante tutti gli sforzi, sarebbe stato impossibile da cambiare.
Così mi lasciai andare. La schiena appoggiata sul muro, e io lì sul davanzale, a ripassare quelle lettere storte.

Mentre il mio nome si dissolveva in una strana M mozzata..
in una O che si modellava in una C..io notai qualcosa.
Qualcosa che stonava con il resto.  Che stonava con la mia vita in bianco e nero.
Fuori, da qualche parte, in qualche punto..qualcosa si muoveva.
Una macchia di colore.
Un fuoco.
Spiccava così tanto, a confronto con il resto così monocromatico...che parve irreale.
Strizzai gli occhi più volte, pensando si trattasse di un'allucinazione, o chissà cos'altro.
Ma il fuoco era lì. E bruciava.
Vedevo le lingue sfocate danzare fuori dal vetro opaco.
Sentivo il calore che potevano emanare.
Sentivo che il mio sguardo, a contatto con quel rosso acceso, ardeva.
Come se si fosse infiammato.

 
Cercai di pulire più in fretta il vetro,  ma le gocce non mi permettevano di vedere niente.
Intanto il fuoco si muoveva,  si fermava,  si girava.  
Non si spegneva sotto quell'acquazzone?
Lo fissai ancora.  Poi scomparve sotto una macchia scura.  Nera.

"Si è spento davvero?" pensai angosciato.
Non volevo sul serio che sparisse.

Mi agitai cercando di ritrovare il contatto visivo, sperando di ritrovare quel colore in mezzo a tutto quel grigio.  Ma niente.  Non lo vedevo.
Così aprii la finestra.
La spalancai quel poco che bastava per poter infilare la testa fuori e scrutare in mezzo al temporale.
Le gocce violente si abbattevano sul mio viso asciutto.
Ogni lacrima gelata del cielo, era un ustione sulla pelle. Un solco profondo sulla mia guancia pallida.
Ma con forza, mi costrinzi a resistere.
Fu in quel momento che lo notai. Un uomo alto, nascosto in un impermeabile nero e lungo fino alle ginocchia.
Indossava un cappello stile anni 60, di quelli che si vedono nei film di spionaggio.  Tra le mani aveva un ombrello, ma non proteggeva lui.
Proteggeva qualcos'altro.  Qualcun'altro.
 Di fatti, proprio al suo fianco, una piccola macchia rossa apparve.
Era minuta.
Appariva come il manto soffice di una volpe...una piccola fiammella accesa in quell'oceano grigio.
Si passava una mano tra i capelli, come per asciugarsi dall'eccessiva acqua che poco prima l'aveva investito. 

 
La stessa acqua che ormai,  era come diventata parte di me.  Mi era penetrata fino al midollo,  se non anche nel cervello.  Ma non mi importava. 
I capelli zuppi pendevano fuori dalla finestra,  gocciolando come dei fili d'erba a prima mattina.
Rugiada fresca.
E li osservavo.
Loro al centro del cortile,  immobili.  Come statue di marmo.
Vedevo le labbra del vecchio muoversi,  ma non capivo cosa dicesse.  La pioggia inghiottiva ogni rumore.  Stavano lì, fermi e non so quanto tempo passò prima che si muovessero di nuovo.
Il ragazzino lo guardò più volte,  con aria malinconica.  Stava per entrare alla Wammy's,  chi sarebbe entrato con un sorriso sulle labbra?
Anche io, ricordando a malapena gli anni prima, avevo avuto quello sguardo.
Quando, affaccinadomi tra le sbarre di ferro del cancello, feci una smorfia all'uomo che mi era accanto.
Ma non c'era altro posto. Non c'era altro modo.
E col tempo, iniziai a considerare quella, come la mia unica e vera casa.
Avrebbe imparato anche lui. Prima o poi.

Accennarono qualche passo verso l'ingresso.
A quel punto fui quasi certo che il rosso guardò in direzione della mia finestra.
Gli occhi spenti, di un colore strano. Insolito.
Rientrai istantaneamente dentro, accucciandomi sotto di essa.  
Cavolo.  Uno nuovo.
Mi alzai in piedi di scatto dando una botta allo stipite della finestra.
Il respiro era accelerato.
Ricaddi a terra trascinandomi veloce verso la porta, ignorando il dolore, il bernoccolo, che da lì a poco sarebbe uscito. Ignorando il freddo che provavo essendo bagnato. Ignorai gli sguardi dei ragazzi nel corridoio.  
Mi catapultai  sulle scale, ignorando tutto ciò, scendendo i tre piani della Wammy's più velocemente possibile.
Non tenni conto del mio pigiama zuppo dell'acqua che inevitabilmente era entrata nella mia stanza.
Così finii le rampe di scale. Il fiatone mi gonfiava i polmoni con respiri irregolari.
Scivolai all'ultimo gradino ritrovandomi praticamente nel bel mezzo della Hall.
Il legno liscio del parquet riluceva al flebile bagliore che arrivava dalla porta spalancata.
Due ombre lentamente, si avvicinavano.. lunghe e deformi.
Mi portai una mano sulla testa ormai dolorante per le ripetute botte prese.
Mi sedetti incrociando le gambe.
Spostando lo sguardo in basso, la i miei piedi nudi e la mano.. notai un paio di piccoli anfibi sporchi di fango.
Alzai gli occhi, incrociandoli con un'altra macchia di colore.  Un verde intenso.
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Death Note / Vai alla pagina dell'autore: Occhi Cielo