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Autore: margheritanikolaevna    22/09/2011    12 recensioni
In cielo, i personaggi morti nel corso delle tre serie di CSI (Las Vegas, Miami e New York) si annoiano e non sanno come ingannare l'eternità: per questo, decidono di fare un terribile scherzo a Mac Taylor ed a Stella Bonasera: quando, la mattina dopo, i due detective si risvegliano, si accorgono che la loro vita è cambiata in una maniera che non avrebbero mai potuto prevedere. Ma, si sa, non tutti i mali vengono per nuocere.
Genere: Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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  3 METRI SOPRA IL CIELO
 
 
PARTE PRIMA
 
Molto molto lontano dalla Terra - e molto più in alto - sopra un soffice tappeto di nuvolette candide, Marisol Delko Caine, Claire Conrad Taylor, Jessica Angell, Aiden Burn e Warrick Brown stavano giocando a carte, seduti intorno a un grande tavolo circolare; intanto, Tim Speedle era steso sul limitare della coltre di nuvole e guardava di sotto, verso la Terra.
I giocatori sembravano piuttosto annoiati, fatta eccezione per Warrick il quale, invece, aveva l’aria di divertirsi un mondo: a un tratto gettò sul tavolo una manciata di fiches colorate - unte e bisunte, e pure un po’ sporche di terriccio - e gridò: “Banco!” con voce eccitata.
Claire schizzò in piedi.
“Ma insomma, Warrick” strillò “quante volte te lo devo dire: stiamo giocando a burraco e non a Chemin de fer! E poi guarda che schifo, mi hai sporcato tutti i sottobicchieri!”
“Uffa” piagnucolò lui “ma perché dobbiamo fare sempre questi giochi da femmine? Io mi annoio… e poi lo sai che sono molto affezionato a queste fiches, non so se vi ho mai detto il perché…”
Così dicendo, le riprese e se le infilò nuovamente in tasca.
“Oh, sì” intervenne Aiden “solo 15.831 volte!”. Poi, imitando la voce dell’uomo e con tono cantilenante, continuò: “Te le ha infilate in tasca Nick al tuo funerale: ma che pensiero carino!”.
“Senti Warrick” disse a questo punto Jessica “perché non vai a giocare fuori con Tim?”.
Lui scosse la testa, imbronciato.
“Ma quello lì non ha tutte le rotelle a posto: passa ore a pulire la sua pistola e…” fece una pausa, abbassando la voce con fare ammiccante  “vi confido una cosa: lui NON HA PIU’ una pistola!”.
“Allora” aggiunse Claire “potresti provare con quello nuovo, quello carino, come si chiama?”.
“Ah, sì” rispose Marisol “Jesse Cardoza”.
“Già, meno male che ogni tanto qui arriva qualcuno che alza un po’ il livello della compagnia” concluse Aiden fissando prima Warrick e poi Tim.
 In quel momento Tim Speedle gridò: “Ehi ragazzi! Venite a vedere, presto!”.
Tutti si precipitarono vicino a lui e, accalcandosi, si sporsero per guardare al di sotto della coltre di nubi.
“Che succede?” chiese Jessica, che non riusciva a vedere bene.
“Pare che abbiano sparato a Horatio…” rispose Tim con voce tremante.
“OH MIO DIO!” gridò Marisol, portandosi le mani al viso in un gesto di disperazione.
Un brontolio come di tuono sopra la sua testa la riportò all’ordine.
“Ehm, scusa CAPO” disse, guardando in alto.
“Ed anche Natalia è in pericolo” aggiunse Tim “rischia di affogare!”.
“Natalia, Natalia” disse Aiden frugando nella sua memoria “non la conosco…”
Poi, scambiò un’occhiata con Claire.
“Chissà se le piace il burraco?” concluse.
 
Intanto Marisol, con voce rotta, proseguì: “Scommetto che sono stati ancora loro, quei maledetti Malanoche”.
“WOW, i “Ma la Noche No”!” intervenne Warrick con aria sognante “Quel gruppo rap latino con quei tatuaggi da sballo: erano fortissimi, avevo tutti i loro cd!”.
Marisol gli rivolse uno sguardo scoraggiato e sospirò: “No, Horatio non può morire, non lo sopporterei…”. 
“Oh, è meraviglioso" fece a quel punto Jessica “devi amarlo davvero moltissimo se, dopo tutto questo tempo, ti preoccupi ancora per lui”.
 “Ma stai scherzando?” rispose Marisol, assumendo un’espressione terrorizzata “Se quello schiatta me lo ritrovo qui per tutta l’eternità!”.
“Vedete ragazzi” continuò “la mia esistenza terrena è stata breve e costellata di esperienze una più dolorosa dell’altra: il cancro, il matrimonio con Horatio, due proiettili in corpo…”.
Poi, appena incassati gli sguardi di comprensione dei presenti, aggiunse con un sorrisetto: “NON in quest’ordine”.
“Ah beh” intervenne allora Claire “dillo a me! Quando l’anno scorso Mac si è spiaccicato al suolo ho temuto veramente di essere costretta a sorbirmelo fino alla fine dei secoli”.
“No, povero amore mio” aggiunse, con aria pensierosa “otto anni di matrimonio con te sono stati una punizione sufficiente per i miei innumerevoli peccati: ti auguro una vita terrena MOOOLTO lunga!”.
“Se è per questo, anche io avrei qualcosa da ridire su di lui” aggiunse Aiden “Non dimenticate che quello stronzo mi ha licenziata”.
“Vabbé” fece Jessica, acida “però un po’ te lo sei anche meritato…”.
“Senti senti la santarellina” replicò Aiden "che si portava a letto il più carino del Dipartimento”.
Jessica Burn sgranò gli occhioni, sorpresa.
“Cosa credi, tesoro?” disse Aiden “Noi da quassù vediamo tutto, ma proprio tutto!”.
“Ah si?” ribatté l’ex agente Burn “Non mi dire che tu con Danny non ci avevi fatto un pensierino...”.
“Basta ragazze!” disse Claire “non litigate, dobbiamo andare d’accordo tra noi”.
“Hai ragione” fece Jessica.
“Si, scusa…” rispose Aiden “Mi dispiace, tesoro”.
 Le due si abbracciarono.
“Amiche?” disse Aiden.
Jessica annuì.
“Il fatto è che qui ci annoiamo da morire” disse poi.
“MA GUARDA CHE NOI SIAMO GIA’ MORTI!” intervenne Warrick.
“E’ un modo di dire, genio” gli replicò Aiden.
“Aah, non l’avevo mica capito…” ribatté lui, con l’aria di chi abbia appena ricevuto una rivelazione.
Sbuffando, si sedettero tutti nuovamente intorno al tavolo.
Stavano per riprendere il gioco quando, all’improvviso, si sentì una vocina timida timida.
“Ciao” disse esitante una ragazza apparsa dal nulla: indossava una camicia da notte rosa ed era bionda, giovane e molto carina. Solo, terribilmente pallida.

“Oh ciao tesoro” disse Claire che, essendo la decana, faceva gli onori di casa.
La fece sedere e le chiese: “Sei nuova, vero?”.
“S-sì, sono appena arrivata, mi chiamo Ella, Ella McBride”.
“CIAAO, Ella McBride!” dissero tutti, in coro.
 “Sei così giovane, cosa fai già qui?” chiese Marisol “Una sparatoria? Una malattia?”.
“Veramente, è stato un incidente” rispose lei.
“Ti va di raccontarci?” chiese Warrick.
“Allora” cominciò Elle “C’era un uomo, io volevo fare colpo su di lui e ho inscenato un finto suicidio: mi sono tagliata i polsi, ma non ha funzionato”.
 “Così ci ho riprovato, gli ho mandato una lettera in cui lo invitavo a cena, però lui non è venuto e io ho esagerato con i sonniferi…”.
“Ah!” a quel punto Jessica schioccò le dita e disse “Ora mi ricordo di te! Sì, Ella McBride: ma tu ti eri invaghita di Mac, non è vero?”.
“Oh SANTO CIELO!” fece a quel punto Claire, iniziando a ridere così forte che non fece caso al brontolio di tuono sopra la sua testa.
Per poco non cadde dalla sedia.
Poi, asciugandosi gli occhi, disse: “Cara, hai tentato di suicidarti per lui? Per poco non sono morta dal ridere”.
“EHI, MA TU SEI GIA’MORTA!” ribadì Warrick.
“E’ SOLO UN MODO DI DIRE!” gli gridarono tutti in coro.
“Comunque” disse a quel punto Marisol "Forse ho trovato un modo per divertirci, e anche per vendicare quelle di noi che hanno qualche conto in sospeso con il detective Mac Taylor!”.
“Ok” disse Aiden “Siamo tutte orecchi”.
“Dunque, ascoltate: potremmo fargli uno scherzo…” concluse Marisol.
Confabularono per un po’ con aria da cospiratrici.
Nel frattempo, Warrick e Tim si guardarono negli occhi: “Certo che non vorrei essere nei panni di quel poveraccio” disse a un tratto l’ex agente Speedle “Meglio morto che tra le grinfie di quelle arpie!”.
“Ma, Tim, veramente tu sei già morto!” chiarì l’altro.
Tim scosse sconfortato il capo e, senza rispondere, riprese a osservare la Terra.
“Novità su Horatio?” gli chiese Warrick.
“Non si sa” ribatté Speed “è finita la puntata...”.
 
“Certo, certo, sarebbe divertente, ma da sole non possiamo farlo, ci vorrebbe un aiuto dai piani bassi” disse a quel punto Claire indicando in giù.
“Mmmm” fece Jessica, dopo una breve riflessione  “Forse so chi può fare al caso nostro”.
Lesta come un fulmine scomparve, risucchiata dalla coltre di nubi bianche.
Dopo qualche tempo (ma lassù il tempo non aveva grande significato…) Jessica riemerse seguita da una donna bionda sulla trentina, bellissima.
Era sudata e la circondava un terribile odore di zolfo.
“Scusate” disse, scuotendo i lunghi capelli “ma laggiù fa un caldo veramente insopportabile!”.
“Che odore tremendo…” commentò Claire “E, per favore, metti le pattine che ho appena pulito!”.
Lei le lanciò uno sguardo assassino.
“Signori e signore” disse l’ex detective Angell “Vi presento l’”Angelo della morte”, in vita killer spietata, che ha qualcosa da ridire sul nostro amico, il quale l’ha spedita  qui… cioè… lì” e fece segno verso il basso.
“Quindi, se ho ben capito" esordì questa “volete dargli una lezioncina su come si trattano le donne?”.
“Dai, aiutaci!” fece Aiden speranzosa.
“Beh, non saprei” rispose lei "Io non aiuto gli altri, io sono CATTIVA”.
“Su, non farti pregare, ci divertiremo un mondo…” la incoraggiò Marisol.
L’Angelo della morte ci pensò su un istante.
Poi con un sorriso gelido, disse: “Ok, ci sto!”.
 
PARTE SECONDA
 
Quella mattina il suono insistente della sveglia strappò il detective Mac Taylor da un sonno profondo e popolato da sogni stranissimi, che non sarebbe mai riuscito a descrivere.
Brontolando, si tirò su; scese dal letto e, ancora intontito e con gli occhi semichiusi, si diresse verso il bagno.
Avvertiva una latente sensazione di straniamento, ma si limitò ad ignorarla; tuttavia, non poté fare a meno di notare che, chissà come mai, il bagno non era più dove l’aveva lasciato la sera prima.
O almeno così gli sembrava.
Alla fine lo trovò, non prima di avere urtato dolorosamente la caviglia contro una bassa consolle interamente occupata da ninnoli e gingilli di porcellana.
“Bah” pensò, non ancora perfettamente lucido “come mi è saltato in mente di mettere quell’affare in  mezzo al passaggio?”.
“Ma, soprattutto: non ricordo di avere mai avuto un obbrobrio del genere in casa!”. 
Si sciacquò il viso frizionandolo energicamente e sperando che l’acqua gelata lo avrebbe aiutato a superare quello stranissimo disorientamento che lo opprimeva.
Asciugatosi la faccia, istintivamente si guardò allo specchio posto sopra al lavandino.
“Stella?”.
Si voltò, mentre per una frazione di secondo gli attraversò la mente l’improbabile ipotesi che la collega si fosse introdotta nottetempo nel suo appartamento e ora, senza farsi sentire, lo avesse seguito in bagno.
Ovviamente non era così e infatti, voltandosi, non vide nessuno alle sue spalle.
“Ok” pensò, sostenendosi con entrambe le mani al lavabo di ceramica “Stiamo calmi, deve esserci una spiegazione, certamente sto ancora sognando”.
Dopo avere riflettuto un istante, disse tra sé e sé: “Chiaro, deve essere un sogno, devo avere soltanto sognato di essermi svegliato. Lo sapevo: ieri sera ho esagerato con il thé al gelsomino e Claire me lo diceva sempre che aveva degli strani effetti su di me…”.
“Va bene, ora torno a letto, sogno di riaddormentarmi e quando mi sveglierò davvero tutto sarà normale, come al solito”.
Si rimise a letto e si era quasi riaddormentato quando improvvisamente il telefono squillò; Mac non lo trovò subito e, quando alzò la cornetta, per poco non venne meno sentendo la propria voce (LA PROPRIA VOCE) urlare dall’altro capo del filo.
“MAAAAAAC!” gridava “SONO STELLA!”.
“Stella?” rispose Mac con una voce che riconobbe all’istante per quella della collega.
“Mac?” disse la voce “Ti prego, TI SUPPLICO, vieni subito nel tuo appartamento: è successa una cosa… Oh, MIO DIO! Fa' presto, mi sembra di impazzire!”.
Poi chiuse la comunicazione.
Mac, frastornato e confuso, corse di nuovo in bagno, dove lo specchio gli rimandò l’immagine di una Stella Bonasera dall’aria stravolta. Si guardò dentro la camicia da notte: inequivocabilmente, aveva le tette.
Più veloce che poté, si vesti e uscì: ovviamente conosceva la strada.
 
**********
 
Mac allungò le banconote al tassista e senza prendere il resto scese precipitosamente dall’auto sbattendo la portiera.
“Ehi, signora, faccia piano!” esclamò l’autista.
Poi, tra sé e sé, brontolò “Le donne… quando hanno le loro cose sono insopportabili”. 
Mac corse a perdifiato rischiando un paio di volte la vita a causa dei tacchi.   
Giunto al proprio appartamento, suonò e in una frazione di secondo gli aprì…
…se stesso, ancora in pigiama.
“Stella?” disse Mac.
“Mac?” chiese Stella.
“Stella!” esclamò Mac.
“Mac!” ribatté Stella.
Stella, non appena fu entrato, richiuse velocemente la porta.
“Oh, mio DIO!” esclamò Stella, accasciandosi su di una poltrona.
“Stiamo calmi” ripeté Mac, passeggiando nervosamente aventi e indietro “Deve esserci di certo una spiegazione: forse è un sogno, oppure siamo stati entrambi drogati, o ipnotizzati”.
“Mio Dio” mormorò Stella, sull’orlo delle lacrime “Ma com’è possibile?”.
“Non farti prendere dal panico, siamo scienziati” riprese Mac “Deve esserci senz’altro una spiegazione… razionale” ripeté.
“Mac!” strillò a quel punto Stella, schizzando in piedi “Stamattina mi sono svegliata con un…” e si indicò l’inguine con evidente imbarazzo “che poi, tra parentesi, è anche il tuo: NON PUO’ ESSERCI NESSUNA SPIEGAZIONE RAZIONALE!”.
A quel punto anche a Mac - che fino ad allora aveva cercato di mantenere la calma - saltarono i nervi.  
“Non credere che per me sia più facile!” gridò “Non avrei mai pensato che ci volesse una laurea in ingegneria per chiudere un reggiseno… e vogliamo parlare dei collant? Stamattina per poco non mi sono rotto l’osso del collo nel tentativo di infilarmeli”.
Dopo quello sfogo tacquero entrambi per un momento, ciascuno preda dei propri, tormentosi, pensieri.
Poi Mac, che sembrava essersi calmato un  po’, prese le mani di Stella e le disse: “Senti Stella, lo so che quello che ci è accaduto ha dell’incredibile, ma dobbiamo cercare di mantenere la calma e, in qualche modo, vedrai che ne usciremo”.
“Cosa possiamo fare?” gli chiese Stella, con voce tremante “Potremmo parlarne con qualcuno al laboratorio, magari con Sheldon, che è un dottore: forse lui potrebbe aiutarci…”.
“No, ti prego” rispose Mac “lo capisci anche tu che non ci crederebbe nessuno, correremmo solo il rischio di farci prendere per pazzi, perderemmo il lavoro e tutto il resto”.
Stella sapeva che lui aveva ragione e tacque.
“Allora, che facciamo?” domandò dopo un istante.
“Ascoltami” le disse Mac “per oggi cerchiamo di fare finta di niente, non diciamo nulla a nessuno. Io sono sicuro che questa follia, così com’è arrivata, altrettanto improvvisamente svanirà e noi torneremo normali”.
“E se non fosse così?” sussurrò la collega fissando il pavimento, con aria profondamente sconsolata.
In quel momento, Mac pensò che in tutti gli anni trascorsi insieme non si era mai trovato davanti una Stella più abbattuta e confusa.
Quell’inaspettata - per quanto del tutto giustificabile - fragilità lo intenerì profondamente.
Le straordinarie circostanze li avevano resi l’uno per l’altra indispensabili; non avrebbero potuto essere pienamente sinceri se non tra loro e nessun altro, probabilmente, li avrebbe compresi.
Sull’onda di quella strana sensazione, Mac abbracciò strettamente Stella.
“Ti fidi di me, vero?” le chiese.
“Sai che l’ho sempre fatto…” rispose Stella, senza staccare gli occhi dai suoi.
“Allora, ascoltami”.
 
PARTE TERZA
 
LA GIORNATA DI STELLA BONASERA
 
Andando in ufficio quella mattina, Stella Bonasera rifletteva sul fatto che aveva lavorato talmente tanto a lungo al fianco di Mac che se c’era qualcuno che potesse sostituirlo validamente quel qualcuno era senza dubbio lei.
Inoltre, conosceva alla perfezione il suo modo di parlare, le diverse intonazioni, le espressioni di collera e di soddisfazione che animavano il suo volto: insomma, sperava di cavarsela senza combinare troppi pasticci, facendo buon viso a cattivo gioco.
E, in effetti, tutto sarebbe andato liscio se verso la fine Stella non fosse caduta in un paio di banali distrazioni, che ebbero un effetto assolutamente imprevedibile.
 
**********
 
Prima, durante una pausa, era andata a prendersi un caffè nella saletta comune; lì aveva incontrato Adam e Sheldon, intenti a discutere animatamente davanti ad una rivista, aperta su delle fotografie.
“Bene Capo” disse Adam vedendolo arrivare “Possiamo approfittare della sua presenza per dirimere una questione tra di noi?”.
Stella gli rivolse un’occhiata interrogativa.
“Secondo te” gli chiese allora Sheldon “è più sexy Jennifer Lopez oppure Rihanna?”.
“Beh, io, veramente” rispose Stella senza riflettere “ho sempre avuto un debole per Brad Pitt!”.
Quando si rese conto del guaio che aveva appena combinato, era ormai troppo tardi.
“Voglio essere sotterrata. O dilaniata. Da quattro cavalli da tiro” pensò Stella.
Tentando di fare finta di niente ma non riuscendo a celare un sorrisetto imbarazzato, si allontanò lasciando senza parole i due uomini che, dopo essersi scambiati un’occhiata stupefatta, seguirono con lo sguardo il tenente mentre lasciava la stanza.
 
**********
 
A un certo punto, Stella Bonasera doveva fare assolutamente pipì.
Sovrappensiero, presa dalle questioni di lavoro, automaticamente imboccò la porta del bagno delle donne: comportamento che le procurò, nell’ordine, un ceffone, un invito a cena e due denunce per molestie sessuali sul luogo di lavoro.
Basta, era troppo.
A Stella cedettero i nervi: chiusa nell’ufficio del suo capo, scoppiò in un pianto irrefrenabile.
Così quando Danny e Lindsay entrarono per chiedere a Mac di firmare delle autorizzazioni lo trovarono singhiozzante, con la testa appoggiata alle braccia ripiegate sulla scrivania.
“Capo” disse Lindsay sconvolta, dopo aver rivolto uno sguardo sconcertato al compagno “Ma… sta piangendo?!?”.
Stella sollevò il viso bagnato di lacrime, si alzò in piedi e disse, scuotendo il capo con aria affranta: “Mi dispiace così tanto…”.
Danny e Lindsay si guardarono, sempre più perplessi.
“Mi dispiace” ripeté Stella “Ma proprio non ce la faccio”.
Detto questo, scappò via senza dare alcuna spiegazione.
Dopo un istante di silenzio, Danny esclamò con fare sicuro: “Lo sapevo che prima o poi sarebbe accaduto!”.
Stella spalancò con tutte le forze la porta a vetri dell’ufficio senza accorgersi che, proprio in quell’istante, era sopraggiunto Sinclair il quale evidentemente aveva bisogno di parlare con Mac: la superficie di vetro lo colpì con violenza in piena faccia, mandandolo gambe all’aria.
L’uomo cadde rovinosamente all’indietro, con un grido di dolore; senza riuscire a rialzarsi, si portò una mano al naso, che aveva iniziato a sanguinare copiosamente.
“Taylor!” urlò “Ma sei impazzito? Mi hai rotto il naso… giuro che te la faccio pagare!”
“Fermati!” strillò.
Stella non lo udì nemmeno, voleva solo andare via.
Scese le scale a perdifiato, incurante delle occhiate stupefatte degli agenti che incrociava, e una volta in strada, ansimante, si guardò un attimo intorno.
Attese ancora un istante, turbata e confusa; poi, iniziò a correre.
 
PARTE QUARTA
 
LA GIORNATA DI MAC TAYLOR
 
Al contrario, la giornata di Mac Taylor - iniziata con un increscioso incidente - proseguì con un’inattesa rivelazione.       
Come gli aveva chiesto Stella, cercò di attenersi scrupolosamente agli appuntamenti che la collega aveva segnati sulla sua agenda e che avrebbero riempito uno dei suoi rarissimi e agognati giorni di libertà.
Il primo era in un centro estetico e Mac ne varcò la soglia con la curiosità di chi non è mai stato in vita sua in un posto del genere.
“Signora Bonasera!” gli disse allegra un donnone di colore, che sfoggiava, oltre al camice rosa intenso, un trucco perfetto e un’acconciatura cotonatissima “Che piacere rivederla”.
Consultò il memo; poi, alzò gli occhi sulla cliente e disse: “Bene, bene, una ceretta all’inguine: si accomodi, arrivo subito da lei. Cominci pure a spogliarsi!”
Mac ebbe la subitanea tentazione di scappare, ma Stella lo aveva pregato di rispettare tutti i suoi impegni e, tra l’altro, la donna lo stava già scortando verso una cabina, dove era sistemato un lettino di metallo coperto da un lenzuolo di carta riciclabile.
Rimasto solo, vincendo un certo imbarazzo, si spogliò e si sedette sul lettino.
“Cazzarola!” pensò.
In effetti, in momenti di estrema tensione come quello anche a uno come lui scappava qualche parolaccia.
“Cazzarola!” ripeté “Coraggio, Mac… sei un ex marine, hai fatto la guerra, ti hanno sparato addosso, inseguito, picchiato e gettato dal secondo piano: che vuoi che sia una ceretta all’inguine?”.
“E poi” concluse, facendosi coraggio “non può mica essere così terribile, in fondo le donne la fanno da secoli”.
In quell’istante entrò il donnone di prima, brandendo un pentolino fumante.
“Perfetto, è pronta?” gli chiese.
“Ehm… si, cominciamo pure” rispose lui, sfoggiando un sorriso temerario.
Dopo qualche secondo, un urlo lacerante - che poco aveva di umano - squassò l’isolato, spaventando a morte e facendo schizzare in volo gli innumerevoli stormi di piccioni di stanza nel vicino Central Park.
 
**********
Il secondo impegno della giornata di vacanza del detective Stella Bonasera era un pranzo con le sue quattro amiche newyorkesi: Samantha, Charlotte, Carrie e Miranda.
Questo non sarebbe stato difficile, pensava Mac, che ancora non si era del tutto ripreso dall’avventura mattutina: in fondo, stare in silenzio e ascoltare erano attività a lui abbastanza congeniali.
 
**********
Dopo tre ore, Mac si era fatto una cultura su interventi di chirurgia estetica soft, zone erogene e nuove diete fulminanti ed era, ovviamente, in stato pre-comatoso.
Vinto ma non domo, stava pensando seriamente di chiedere a Sinclair di aprire una succursale della Scientifica di NY sul Monte Athos, quando all’improvviso la conversazione prese una piega interessante.
“Insomma, Stella” gli chiese a un tratto Carrie “si può sapere perché sei così silenziosa oggi? Va tutto bene?”.
Prima che lui potesse rispondere, intervenne Miranda: “Non mi dire che hai litigato un’altra volta con il tuo capo?”.
Mac aguzzò le orecchie, improvvisamente incuriosito.
“N-no… perché?” rispose.
“Come perché? hai una faccia” disse Samantha con un sorriso “E noi sappiamo che esiste solo una persona capace di sconvolgerti in questo modo: sono anni che ci tormenti con quell’uomo!”
 “E’ vero” confermò Charlotte “Parola mia, mai vista una donna più innamorata”.
Mac era rimasto letteralmente senza parole.
Stella? La “sua” Stella? Innamorata di lui?
All’improvviso gli tornarono in mente infiniti piccoli particolari, mille sfumature, innumerevoli gesti, sguardi sfuggenti, parole che assumevano un significato oggi completamente nuovo.
Inutile cercare di fingere con se stesso: quella rivelazione fortuita l’aveva colpito profondamente, sconvolgendo tutte le sue certezze in un istante solo.
Era proprio vero? E, se sì, come aveva potuto essere così cieco? Lui - che si riteneva capace di leggere al primo sguardo nell’animo di qualsiasi sospettato - non aveva capito assolutamente nulla…
Intanto la conversazione proseguiva.
“Già” disse Miranda in tono un po’ acido “anche se, sinceramente, non so proprio cosa ci trovi in lui!”
“No, dai” rispose Carrie “Non sarà Mister Big, però è un uomo affascinante”.
“Sono d’accordo!” intervenne Charlotte.
“Per i miei gusti è solo un po’ troppo vecchio” chiosò Samantha.
“Vabbé” le rispose Charlotte in tono scherzoso “per te se non sono “toy-boys” niente, eh?”.
“Ragazze, ma andiamo” disse a quel punto Miranda “è il classico cazzone di Chicago: e sapete che io ho un debole per gli eufemismi”.
Mac -  che non aveva sentito una sola parola, completamente assorto com’era nei suoi pensieri - scattò a quel punto in piedi: si era reso conto che doveva assolutamente fare una cosa.
Senza dire una parola, si diresse verso l’uscita come un fulmine.
“Ehi, aspetta!” disse Carrie, cercando invano di trattenere Stella.
“Miranda, guarda che hai combinato” aggiunse contrariata.
L’amica fece spallucce.
 “Lo sai quanto è suscettibile quando si tratta di lui, dovevi proprio essere così brutale?”
“E’ vero” aggiunse Charlotte “Lo difenderebbe anche se fosse Jack lo squartatore”.
Intanto Mac aveva attraversato precipitosamente il ristorante, schivando a stento i camerieri.
Giunto in strada, in preda ad un’emozione che non sarebbe mai riuscito a descrivere a parole, iniziò a correre.
 
PARTE QUINTA
 
La Dea dell’Amore, quel pomeriggio, doveva stare guardando proprio verso New York City perché Mac e Stella, provenienti da direzioni opposte, si incontrarono esattamente davanti ai cancelli di Central Park.
Entrambi trafelati.
Stella, comprensibilmente infelice.
Mac, inspiegabilmente felice.
“Mac…” esclamò Stella.
“Stella…” rispose Mac.
Una ben strana coincidenza: si guardarono negli occhi per un lunghissimo istante.
Poi, Mac disse a Stella “Devo parlarti”.
La prese per mano ed entrò nel parco; camminarono per un po’ a passo svelto, in silenzio, senza guardarsi.
Stella onestamente non sapeva proprio cosa aspettarsi ed era piuttosto abbattuta.
A un tratto, disse: “Dio, Mac, è stata una giornata allucinante… io non ce la faccio più! Ti prego, dobbiamo assolutamente trovare una soluzione, io non credo che riuscirò a resistere un altro giorno ancora”.
“E’ stato così terribile?” le chiese lui con uno strano sorriso.
“Ma stai scherzando?” esplose lei “Devi essere impazzito! Sembra quasi che tu ti stia divertendo”.
“Beh” rispose lui senza smettere di sorridere “è stato molto, molto strano, ma ho fatto una scoperta interessante… anzi, ti dirò, questa giornata mi ha messo in contatto con il mio, come dire? “lato femminile”.
“Mac, non fare l’idiota”  disse Stella, con insolita durezza “TU NON HAI UN LATO FEMMINILE!”
Lui tacque un attimo, sorpreso dal suo tono.
“Vuoi dire che per me è impossibile essere gentile, empatico e sensibile?” chiese.
“ESATTO, PROPRIO COSI’” concluse Stella acidamente.
Mac fece qualche passo, poi si fermò e si voltò verso Stella: aveva tutt'a un tratto cambiato umore e il suo volto adesso tradiva una grande tristezza.
“Certo” disse lentamente “devo essere davvero una persona orribile se essere stata me per nemmeno ventiquattro ore ti ha resa così fredda e scostante…”
Stella capì di avere esagerato.
“No, aspetta, mi hai fraintesa” rispose.
“Invece hai ragione” proseguì lui “sai, si dice che per capire una persona devi “metterti nei suoi panni”: è un’espressione banale, un luogo comune, ma a noi due è capitato davvero per uno strano scherzo del destino…”
Stella cercò di dirgli qualcosa, ma Mac la fermò.
“Aspetta, ascoltami: da quanti anni ci conosciamo? Quanti momenti importanti abbiamo condiviso? Eppure, io non sono mai entrato davvero nel tuo mondo, non ho mai cercato di capire veramente come tu fossi…”. Ormai era un fiume in piena. "Si tratta di un classico della mia vita: ho talmente tanta paura di soffrire di nuovo che non trovo altra soluzione che allontanare le persone - ferirle persino - per evitare che siano loro a fare del male a me”.
“E quanto più sono importanti, tanto più pongo delle barriere, degli stupidi ostacoli”.
“Invece tu, nonostante il tuo passato, hai conservato la capacità di aprirti agli altri, di condividere e di dare sostegno: oggi ho conosciuto una parte del tuo mondo della quale ignoravo l’esistenza, ho intravisto la possibilità di una vita diversa, diversa da quella che mi sono costruito nel corso degli anni, senza tristezza e solitudine”.
“Mi sono reso conto che le persone che ti sono intorno non possono fare a meno di amarti…”.
Stella non credeva alle proprie orecchie: mai, nemmeno nei suoi sogni più sfrenati, avrebbe immaginato che Mac le dicesse parole come quelle.
Parole morbide come il velluto.
Semplici e definitive.
“Insomma” riprese lui dopo un istante di silenzio “Quello che sto cercando di dire è che, in fondo, non mi dispiacerebbe rinunciare alla mia vita per vivere nel mondo che tu hai costruito intorno a te”.
“Oh, Mac” riuscì finalmente a dire Stella “Sono le parole più dolci che un uomo mi abbia mai detto, in tutta la mia vita…”
Lo abbracciò con trasporto.
“In fondo” disse “il tuo lato femminile non è poi tanto male”.
Questa battuta gli strappò un sorriso.
“Forse, però” disse Stella dopo un istante, allontanandosi da lui “C’è una speranza: noi due siamo sempre gli stessi, Stella e Mac, solo in un involucro diverso”.
“Le emozioni, i pensieri ed i sentimenti sono sempre gli stessi…” ripeté continuando a fissarlo.
“Allora” disse a quel punto lui “credi che per noi ci sia comunque una possibilità, nonostante questa follia?”
“Insieme… sì” rispose Stella.
Lui annuì.
“Per sempre” disse.
Stella non resistette più e lo baciò sulle labbra. Prima delicatamente, poi con intensità.
L’imbarazzo era del tutto scomparso.
“Ehi, fa piano” scherzò lui “è la prima volta che bacio un uomo!”
Camminando strettamente allacciati, si diressero verso l’uscita.
Dopo qualche minuto Stella si fermò davanti a un angolo particolarmente romantico.
Si baciarono ancora.
“Aaah” sospirò Stella “chissà cosa direbbero quegli olmi laggiù se potessero parlare?”.
“Semplice” replicò lui “Direbbero: beh, veramente siamo aceri!”
Lei rise e gli fece una linguaccia.
“Ti odio quando fai così…” scherzò.
Mac per tutta risposta la baciò di nuovo.
Poi, riprendendo a camminare, disse: “Adesso, per favore, andiamo a casa: questi tacchi mi stanno uccidendo”.      
  
EPILOGO

Intanto, tre metri sopra il cielo, Marisol Delko Caine stava raccontando a un’interessatissima Natalia Boavista una delle sue ultime serate terrene in compagnia di Horatio.
 “A’n certo punto, mentre stavamo a letto, lui se levò pé n’istante li bernardoni, me smicciò e me disse: cocca, ma a te che te passa per la mente quanno me vedi gnudo? E io: che c’ho un sacco da stirà…[1]
Natalia masticava vigorosamente una cicca enorme. A un tratto, fece un pallone gigantesco.
In quel momento, risuonò la voce di Tim: “Ehi, venite a vedere! Si stanno baciando!”
Accorsero tutti a vedere, sporgendosi oltre il tappeto di nubi.
“Anvedi st’impuniti, aho’[2]!” esclamò Marisol.
“Aaah! che carini” sospirò Jessica “L’ho sempre detto che erano fatti l’uno per l’altra…”
Aiden la zittì con una gomitata.
 “Uffa!” disse Claire “Ma non è valido”.
“Già” aggiunse Aiden “volevamo dargli una lezione e invece lo abbiamo reso… felice!”
Tutti insieme si voltarono verso l’Angelo della Morte che, seduta sul tavolo con le gambe accavallate, si stava accuratamente limando le lunghissime unghie rosso fuoco.
Senza alzare lo sguardo e senza interrompersi, lei disse: “Non guardate me… ve l’avevo detto che io sono cattiva”.
All’improvviso una folgore si scaricò tra le nubi e dall’alto si udì un vocione tonante: “Ma insomma! Quante volte ve lo devo dire: dovete lasciare in pace i mortali!”.
Apparve LUI e immantinente l’Angelo della Morte lanciò un urlo agghiacciante e scomparve, inghiottita dalle nuvole, in un turbinio di zolfo e fuliggine.
LUI era veramente in collera.
“Allora” disse con voce roboante “si può sapere chi di voi è stato?”.
Istantaneamente, Tim e Warrick stesero il braccio indicando il gruppo delle donne, che erano lì accanto.
“Sono state loro!” esclamarono all’unisono.
“Pfui…” esclamò Claire “Uomini: dai tempi di Adamo ed Eva non sono cambiati per niente!”.
LUI passeggiava nervosamente avanti e indietro.
Poi disse, guardandole in viso una per una: “Ho già in mente una giusta punizione per ciascuna di voi”.
“E loro?” si azzardò a chiedere Jessica “I mortali?”
“Quanto a loro” rispose LUI indicando verso il basso “era giusto ristabilire l’ordine delle cose: ho già cancellato dalla loro memoria questa giornata pazzesca. Non ricorderanno mai nulla”.
“Per loro sarà come se oggi non fosse mai esistito”.
 
FINE
   
Questi personaggi non sono di mia proprietà, ma appartengono alla CBS Broadcasting Inc.
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro


[1]“Di punto in bianco, mentre eravamo a letto, lui si sfilò per un momento gli occhiali da sole, mi fissò intensamente negli occhi e mi disse: Tesoro, cosa pensi quando mi vedi nudo? Ed io gli risposi: che ho moltissimi panni arretrati da stirare” N.d.T.
[2]  “Per dindirindina, guarda un po’ quei due birbantelli!” N.d.T.
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