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Autore: Lara Rye    22/09/2011    2 recensioni
Il respiro le mancava.
Lei capiva. Aveva sempre capito, anche quando la sua mamma le aveva detto che papà era in cielo, saltando sulle nuvole spumose come la panna, insieme agli angeli. Sapeva che non c'erano nuvole come la panna ed angeli con le ali.
Sapeva cosa significa la morte.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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cindy allahe Cindy Allahe was her name.
She believed in dragons and she loved butterflies.
Probably, if everything had been different, she would have been an artist, a painter maybe.
And first of all, she loved her mum. That was Allahe.
Just a little girl who believed, after that terrible 11th semptember, that all the men are terrible.
Is she wrong?


I
testi di storia non parlano di lei. Non penso che mai lo faranno ma la storia di Cindy è una delle più tragiche, una di quelle che, spesso, non si vorrebbero dire ad alta voce, una di quelle che molti genitori non vorrebbero fare ascoltare ai propri figli e forse, semplicemente, la storia di Cindy Allahe è una storia tragica, una storia di vita.

«Ho paura, mama.»  Dalla finestra chiusa, si vide un bagliore, nel mezzo della notte. 
«Allahe, non ti preoccupare, okay?» Le sposto il boccolo biondo dietro l'orecchio, delicatamente. 
«Se avrai ancora paura, vieni pure di là, ma prova a resistere tesoro. Ti ho lasciato anche Spaffi, visto?»
Un piccolo sorriso si aprì sul volto impaurito della bimba.
«Grazie.»  La madre si alzò, raggiungendo la porta. «Mama?» Eilen si voltò, guardando la figlia. La faceva sognare il fatto che la sua bambina avesse solamente paura dei temporali e non di tutto quello che stava succedendo al di là, fuori da quella casa colma di fantasia e principi. In fondo, Allahe era la cosa più bella al mondo.
«Ma perchè i temporali sono cattivi?»
«Oh, non lo sono, cucciola mia. I temporali sono qualcosa di splendido, credimi. Un giorno imparerai ad amarli: starai a guardarli da una finestra come questa, immobilizzata dalla loro meraviglia. Il mondo è cattivo, spesso, ma i temporali sono una gioia. Ci danno qualcosa di prezioso.»
Allahe si girò sul fianco, guardando un tuono. Chiuse gli occhi, spiando leggermente.
«Tutta matta.» I temporali la terrorizzavano terribilmente, ma in fondo, cosa ci si poteva aspettare da una bimba di soli otto anni?

***

«Torno fra quattro ore, okay?»
«Va bene, mamma.»
«Ma sei sicura che starai bene?» Allahe annuì, decisamente esasperata. Non riusciva a capire come mai si preoccupasse tanto. Cosa poteva succedere? Mica poteva essere rapita dagli alieni, o almeno non pensava.

«Oh diamine, sono in ritardo.» Si mise la giacca velocemente, prendendo le chiavi della macchina. «Allahe? Sean viene fra un'ora per darti un'occhiata, okay? Io sono a casa fra quattro, così pranziamo. Se hai bisogno, sai dove chiamarmi.»
Le diede un piccolo bacio sulla fronte, come un piccolo dettaglio d'amore. Chiuse la porta, velocemente. Un solo minuto dopo la riaprì, guardando Allahe.
«Niente cioccolata e ti voglio bene, tesoro.»
«Anche io, mamma.»  Allahe corse in cucina, prendendo il barattolo di nutella tra le mani.

Se solo avesse saputo... Se solo avesse saputo quella cioccolata non l'avrebbe mangiata. 

***

Nessuno era arrivato quel giorno.
Allahe aveva speso tutta la giornata leggendo un libro di Roald Dahl, perdendosi in quelle meravigliose storie che gli leggeva sempre la sua mamma, la sera.
Nessuno era arrivato quel giorno.
Dov'era Sean?
Dov'era la sua mamma? Non stava dimenticando solo il pranzo, ma anche la cena.
Con la cioccolata quasi finita e un pò di nausea a causa di tutto quello zucchero, si addormentò, sul divano, con ancora il televisore spento.

***

8.40
Il suono della sveglia. Forse sua mamma era tornata e non l'aveva voluta svegliare.
Corse più velocemente che potè al piano superiore, spalancando la porta della camera di sua madre, vedendo il vuoto e il letto ancora fatto dalla mattina precedente.
Dov'era?
Dov'era la sua mamma?
Accese la televisone, quasi d'urgenza, come se lo sentisse dentro di sè quel qualcosa di storto. Ci voleva solo mezz'ora di macchina da New York. Allora perchè non aveva ancora sentito il rumore odioso della loro vecchia macchina grigia? Perchè?!
L'unica cosa che vide veramente quel giorno fu quell'immagine, quelle torri distrutte, devastate, quelle persone morte. Ora sapeva dov'era la sua mamma.

***

Il respiro le mancava.
Lei capiva. Aveva sempre capito, anche quando la sua mamma le aveva detto che papà era in cielo, saltando sulle nuvole spumose come la panna, insieme agli angeli. Sapevi che non c'erano nuvole come la panna ed angeli con le ali.
Sapeva cosa significa la morte. 
Non riusciva più a respirare, camminare, fare qualsiasi cosa. Corse giù per le scale con estrema fretta, aprì la porta violentemente. Guardò la strada vuota, il silenzio, le poche persone lontane piangenti e gridò in una maniera in cui non aveva mai gridato, nel modo in cui, per la prima volta, conobbe la disperazione. Grido solo:
«Mamma

***

Camminava distrattamente, quasi senza badare a nulla: i sassi, la terra, l'asfalto, la pioggia cadente.
«Piccola...» sussurrò un uomo accanto a lei ma Allahe proseguì, non guardandolo.
«Hei piccolina, stai bene?»
Alzò lo sguardo, vedendolo sfuocato, ma cogliendo qualche dettaglio come la barba rossa e gli occhi azzurri.
«Ieri mamma è andata al lavoro e non è più tornata. Nessuno è arrivato.»
«Il tuo papà?»
«Non ce l'ho.»
«Dove lavora la tua mamma, piccola?» disse con la voce spenta, pronto a sentire quelle parole.
«Alle torri gemelli. Sono cadute vero?»
«Si, piccola. Sono cadute.»

***
Erano un anno che si trovava in quella casa insieme a tanti bambini e qualche adulto, o forse di più.
Tutto aveva perso la sua importanza, il suo susseguirsi. Le avevano spiegato che mamma e zio Sean erano morti in quell'attacco di terrorismo. Non sapeva esattamente cosa era il terrorismo, ma sapeva che era qualcosa di terribile, qualcosa di cui aver paura. Era quelli che la spaventavano, non i temporali.
Il signore che l'aveva trovata per strada -Philip-  la veniva a trovare due volte al mese, portandole una torta alle mele e qualche gioccattolo. Insieme giocavano a scacchi. Era sempre stata un genio, lei.
Oltre a Philip, non aveva nessuno. Generalmente non parlava nemmeno con nessuno. Aveva troppo paura, Allahe.
Una notte, all'incirca un anno dopo l'incidente terroristico, c'era stato un temporale fortissimo. Allahe lo guardava, abbracciando il suo peluche Spaffi, vedendo in quei tuoni la sua mamma che la salutava.


   
 
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