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Autore: Mary_    22/09/2011    4 recensioni
"Piove sul bagnato.
Giovanni non aveva mai provato sulla propria pelle quelle parole, nonostante conoscesse il loro significato.
In quel momento però le sentiva sulla pellle, eccome.
La pioggia non gli stava dando tregua e lui se ne stava lì, seduto sul marciapiede, completamente zuppo.
Quindi in quel caso stava veramente piovendo sul bagnato e Giovanni era davvero, davvero bagnato.
Ma proprio tanto. Sentiva di avere anche le ossa fradice.
Eppure non poteva andarsene a casa, all’asciutto, aveva promesso che avrebbe aspettato, e lui mateneva le promesse. Quando le faceva a lei per lo meno."
[...]
"-Hem… non che mi abbia dato fastidio, ci mancherebbe, ma potresti spiegarmi cosa cavolo voleva dire?-
Martina si morse il labbro inferiore.
-Voleva dire, Santani, che hai vinto. Soddisfatto?-
Il ragazzo spalancò gli occhi, facendola ridere.
-Cioè… ce l’ho fatta? Davvero? Tu….-"
Ecco qua, questa one-shot fa riferimento alla long fiction "Dietro le Quinte", ma si può leggere tranquillamente senza paura di non capire.
Prego, prendere un ombrello e buttarsi sotto la pioggia per saperne di più su Giovanni Santani e Martina Nova.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PIOVE SUL BAGNATO

 

 

Piove sul bagnato.

Giovanni non aveva mai provato sulla propria pelle quelle parole, nonostante conoscesse il loro significato.

In quel momento però le sentiva sulla pellle, eccome.

La pioggia non gli stava dando tregua e lui se ne stava lì, seduto sul marciapiede, completamente zuppo.

Quindi in quel caso stava veramente piovendo sul bagnato e Giovanni era davvero, davvero bagnato.

Ma proprio tanto. Sentiva di avere anche le ossa fradice.

Eppure non poteva andarsene a casa, all’asciutto, aveva promesso che avrebbe aspettato, e lui mateneva le promesse. Quando le faceva a lei per lo meno.

Il ragazzo si diede per la millesima volta del deficiente. Il che era una cosa grave, di solito era lei a dargli del deficiente, non il contrario.

Martina gli dava davvero tante volte del deficiente, ma lui ormai ci aveva fatto l’abitudine.

Del resto, doveva ammetterlo, quella volta tutti i possibili insulti che gli aveva urlato addosso erano stati più che giustificabili.

Giovanni sapeva che alla lunga poteva essere esasperante e, nonostante ormai il suo scopo fosse proprio quello di esasperarla, quella mattina aveva proprio esagerato.

Giovanni Santani ormai non teneva più il conto di tutte le volte che aveva cercato di fare colpo su Martina Nova, ma sapeva che erano parecchie.

Nei primi tempi si comportava in modo piuttosto normale, poi visto che falliva sempre aveva puntato su tentativi di conquista assurdi cercando di sorprenderla. O quanto meno di portarla all’esasperazione e infine alla rassegnazione e all’accettazione.

Dopo almeno un anno la ragazza non aveva ancora ceduto e lui non si era ancora arreso. Be’, non si può dire che non fosse perseverante.

Quella mattina però era caduta la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

Parlando sempre di gocce, eccoci ritornati al perché Giovanni se ne stava davanti a casa di Martina, bagnato fradico per l’acquazzone.

Quando quella mattina, durante l’ora di fisica, il ragazzo si era girato di nuovo verso di lei e aveva cominciato a chiacchierare per attirare la sua attenzione, la professoressa Mercanti si era definitivamente esasperata e li aveva entrambi chiamati interrogati dopo aver dato loro una nota.

A Giovanni la cosa non aveva dato troppo fastidio, con tutte le note e insufficienze che aveva, uno dei motivi per cui poi sarebbe finito al Doposcuola Punitivo.

Martina però l’aveva presa davvero male, visto che non capiva niente di fisica e prendere un’altra insufficienza non avrebbe migliorato la sua situazione.

Giovanni non l’aveva mai vista così arrabbiata con lui e, visto che non rispondeva al telefono, si era imposto di andare a casa sua per scusarsi.

Ovviamente gli aveva sbattuto la porta in faccia e lui si era rassegnato ad aspettare fuori, sotto la pioggia.

 

Martina si scolò il quinto bicchiere di succo all’arancia. Lo beveva sempre quando era nervosa, e in quel momento lo era tanto.

Dannazione a quell’idiota, come avrebbe recuperato un altro quattro in fisica? I suoi l’avrebbero uccisa.

Pensando perciò che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe bevuto succo d’arancia ne prese un sesto bicchiere.

Si stava ubriacando di succo, fantastico.

E tutto per colpa di Giovanni.

Le sarebbe venuto un esaurimento nervoso, e sarebbe stata solo colpa sua. Sua e delle sue uscite idiote.

Il primo motivo per cui non lo sopportava era che la faceva sentire strana. La faceva sempre arrossire e tutte le volte che le parlava le si contorceva lo stomaco. Se poi tra sé e sé le capitava di pensare che era carino –bè, era un dato di fatto, non è che le persone stressanti devono per forza essere brutte- le veniva un arresto cardiaco per l’incredulità dell’essersi soffermata su un pensiero del genere.

Dannazione, perché doveva essere così… Giovanni?

Perché non la lasciava perdere evitandole di sentirsi tutta sotto sopra ogni volta che la guardava, facendola sentire un’idiota e di conseguenza rendendola una ragazza scorbutica?

Diede un’occhiata fuori dalla finestra della cucina.

Un particolare le fece sgranare gli occhi e pensare che Giovanni Santani era davvero l’idiota che credeva.

Non pensava che facesse sul serio quando aveva promesso che sarebbe rimasto là fuori ad aspettare che lei gli parlasse.

Ah, che cretino!

 

-Giovanni, tu non sei sano di mente.-

Disse infatti cercando di ripararlo come poteva con l’ombrello.

-Bè, ma io te l’avevo detto, no?-

-Sì, ma non credevo che dicessi sul serio!-

Esclamò la ragazza, ancora sorpresa.

-Posso entrare un attimo ora?-

-Certo che no!-

Giovanni sgranò gli occhi e Martina alzò i suoi al cielo.

-Su, scherzavo, vieni.-

 

Giovanni la seguì in casa sgocciolando ovunque.

Lo fece andare in cucina, che al momento era la stanza più calda della casa, e lo fece appiccicare al calorifero.

-Guarda qua, idiota… sei tutto bagnato…-

Mormorò più che altro a sé stessa lei sfiorando la manica della felpa che il ragazzo indossava.

-La colpa non è mia.-

Lo sentì borbottare in risposta mentre si dirigeva verso i fornelli.

-Ti faccio un tè caldo, ok?-

Il ragazzo annuì e cominciò a guardarsi intorno curioso.

Una delle cose che la mettevano a disagio di Giovanni era proprio la sua curiosità, soprattutto quando era concentrata su die lei, e succedeva spesso.

-Marti?-

-Mh?-

-Guarda che ero serio… cioè, mi dispiace veramente.-

La ragazza cessò di armeggiare col bollitore.

Si voltò a guardarlo, imbarazzata. In quel momento si era totalmente dimenticata di essere arrabbiata con lui.

Aprì un armadio e prese un asciugamano che poi porse al ragazzo.

Mentre lo guardava strofinarcisi i capelli si accorse che purtroppo lei ci era caduta con tutte le scarpe nei suoi tentativi di conquista, senza mai ammetterlo nemmeno a sé stessa.

Accidenti. E adesso?

-Senti, Marti, non è che potresti dire qualcosa? Perché io…-

In tutta risposta la ragazzza si alzò in punta di piedi e lo baciò, non facendogli finire la frase.

Giovanni ricambiò subito, pensando che, anche se poteva essere uno scherzo, tanto valeva approfittarne.

La avvolse tra le braccia e lei, con una piccola parte del cervello, realizzò che la stava bagnando tutta.

Pazienza, non le importava più di tanto. Giovanni poteva infradiciarla quanto voleva, purchè continuasse a baciarla.

Bè, nonostante fosse stata improvvisa e affrettata non era stata male come decisione.

Quando si separarono il ragazzo la fissò confuso.

-Hem… non che mi abbia dato fastidio, ci mancherebbe, ma potresti spiegarmi cosa cavolo voleva dire?-

Martina si morse il labbro inferiore.

-Voleva dire, Santani, che hai vinto. Soddisfatto?-

Il ragazzo spalancò gli occhi, facendola ridere.

-Cioè… ce l’ho fatta? Davvero? Tu….-

Lei annuì divertita.

-Quindi… posso baciarti ancora?-

Martina assunse un tono falsamente indifferente e annoiato.

-Bè, se porpio devi…-

Ma questa volta fu lui a non farle finire la frase, tornando a baciarla.

 

Appoggiando la testa tra l’incavo del collo del ragazzo e la sua spalla si accorse, sentendosi un po’ in colpa, di quanto la sua pelle fosse gelata.

Gli avrebbe dato dei vestiti asciutti di suo fratello, se non avesse saputo che lo avrebbe ucciso non appena lo avesse scoperto.

Mentre ancora la teneva stretta Giovanni spezzò il silenzio che si era creato nella stanza.

-Wow. Se avessi saputo che mi bastava essere bagnato fradicio per conquistare il tuo cuore di ghiaccio mi sarei buttato in un lago o in un fiume già più di un anno fa.-

Lei ridacchiò contro la sua spalla.

-Sei un deficiente.-

-Ecco, dovrò abituarmi all’idea che non sei una di quelle ragazze dolci con i propri ragazzi. Nessun “tesoro” o altri nomignoli. Immagino che domani quando ci vedremo mi accoglierai con un “Hey, deficiente”, giusto?-

Martina scoppiò a ridere per conferma.

-Oh, be’, per lo meno faccio ridere.-

-Tu mi fai sempre ridere.-

Osservò lei. Se c’era qualcuno nato per essere il buffone della classe, quello era Giovanni Santani.

-Tutte le volte che ti ho rivolto la parola hai cercato di uccidermi solo con la forza dello sguardo.-

Osservò lui pratico.

-Bè, questo ufficialmente. Dentro di me ridevo sotto i baffi. A volte eri davvero ridicolo. Come quella volta che hai chiesto aiuto a Irina per consegnarmi un mazzo di fiori, per poi scoprire che ne era allergica. Mi ricordo che ancora prima di raggiungermi ti sei fermato a guardare la povera Iri che si era gonfiata come un pallone.-

-Sì, possiamo dire che in questo anno e mezzo abbiamo sofferto insieme per colpa tua.-

Disse il ragazzo ricordando tutte le volte in cui Irina Rainieri, la sua compagna di banco nonché amica, era finita in mezzo a quasi tutti i suoi disastrosi piani di corteggiamento.

-Appena iniziamo il corso di scultura le facciamo una statua, ok?-

Martina annuì divertita.

 

Proprio nel momento in cui la ragazza si era allungata verso il volto di Giovanni per baciarlo ancora, la chiave nella toppa della porta d’ingresso girò, portando alll’entrata in scena di Guido Nova, fratello maggiore di cinque anni di Martina, che ora li guardava scioccato.

Spostò lo sguardo dalla sorella al ragazzo che la stava stringendo e che fino a qualche secondo prima la stava baciando. La prima cosa che notò fu che il ragazzo era bagnato fradicio dalla testa ai piedi. Poi si rese conto del fatto che aveva le mani addosso a sua sorella e che prima le stava praticamente mangiando la faccia.

L’impulso di picchiarlo fu bloccato dalle parole imbarazzate della sorella.

-Hem… Giovanni, mio fratello Guido. Guido, Giovanni Santani, il mio ragazzo.-

Il suo cosa?

Giovanni Santani. Ma non era mica il tizio contro cui la sentiva imprecare ogni santo giorno? Come faceva a essere di colpo il suo ragazzo?

Probabilente l’aveva costretta.

La sua piccola parte razionale gli suggerì che forse quelli non erano affari suoi, e prima di smettere di ascoltarla si congedò con un cenno e un’occhiataccia rivolta a entrambi, ma soprattutto al tipo. Senza dire una parola raggiunse la sua stanza ancora sotto l’effetto della gelosia da fratello maggiore.

 

-Sto simpatico a tuo fratello, mi è sembrato di capire.-

Commentò Giovanni quando il sopracitato fratello se ne fu andato.

-Scusalo,ha la sindrome del fratello geloso iper-protettivo.-

Sbuffò lei irritata dal comportamento di Guido.

-Ti ricordi quando stavo insieme a Claudio Reggiani?-

Giovanni fece una smorfia.

-Sì, me lo ricordo bene.-

-Ecco, io credo che Guido lo abbia traumatizzato. Dopo averlo incontrato non ha più voluto venire a casa mia.-

-Ecco qualcosa di cui gli sarò riconoscente a vita.-

Disse Giovanni sorridendo soddisfatto.

Martina alzò gli occhi al cielo e si staccò da lui, notando di avere tutti gli abiti inumiditi.

-Forse è meglio che tu vada ora, sei tutto bagnato e mi sentirei un po’ in colpa se ti prendessi una polmonite.-

Lui fece spallucce, dirigendosi verso la porta d’ingresso.

-Ho un sistema immunitario micidiale, io.-

-Vedi di ricordartene domani quando dovrai venire a scuola.-

-Domani verrei a scuola anche se avessi quarantadue di febbre.-

-I professori saranno contenti di questa tua passione improvvisa per lo studio.-

Il ragazzo rise e uscì dalla porta.

-Gio, aspetta un secondo.-

Esclamò lei uscendo sotto la pioggia, che non aveva cessato di cadere. Lo raggiunse e lo baciò ancora una volta, senza pensare alle gocce d’acqua che la stavano investendo.

-Ti stai bagnandotutta.-

Osservò lui con sagacia quando riuscirono a staccarsi.

Lei rispose con non curanza.

-Così adesso siamo pari. Ci vediamo domani, deficiente.-

Giovanni sorrise e le diede un ultimo bacio sulla guancia, per poi correre verso la sua bicicletta, riparandosi inutilmente con le mani dalla pioggia.

Martina scoppiò a ridere quando, rientrata in casa, lo vide dalla finestra mentre saltava e alzava il pugno in segno di vittoria.

 

 

Chissà se avrebbe avuto il coraggio di venire, pronto a guardare la morte in faccia.

Al momento Martina era apparentemente tranquilla, ma Irina sapeva che quando Giovanni sarebbe arrivato a scuola e avrebbe iniziato a parlare con lei, la ragazza lo avrebbe ucciso.

Sì, quella volta non l’avrebbe passata liscia,l’aveva fatta davvero grossa.

Quando lo vide entrare in classe e dirigersi verso lei e Martina si voltò verso l’astuccio, in cerca di una qualsiasi arma per difenderlo.

Insomma, in fondo era suo amico, dopo più di tre anni di buon vicinato di banco doveva pur cercare di evitargli una morte così cruenta.

Rimase impietrita quando il ragazzo si sedette sul banco della loro compagna.

Ma era impazzito?

-Hei, ma devi proprio sederti sul mio banco?-

Fai come ti dico, Gio, scappa!

-Perché, ti dà fastidio?-

Oddio. Irina chiuse gli occhi. Già immaginava Martina mentre impugnava una matita e lo pugnalava senza pietà.

-Mi togli la luce. E poi, scusa, ma stai scomodo. Siediti qui, no?-

Ecco, lo sapevo… Cosa?!?

Irina riaprì gli occhi stupita per guardare la ragazza che indicava a Giovanni la sedia accanto alla sua.

Continuò a fissarli sconvolta mentre Giovanni le si sedeva vicino e lei sorrideva.

-Hei, deficiente.-

Giovanni rise.

-Lo sapevo che lo avresti detto.-

-Puoi proprio scordarti che io ti dica cose come “Hei, tesoro”.-

Irina si guardò attorno, notando le facce altrettanto attonite dei suoi compagni di classe presenti.

Insomma, come mai Giovanni non stava morendo per mano di una micidiale e rancorosa Martina? In quale universo parallelo erano finiti?

-Gio, ci stanno guardando tutti.-

Sentì sussurrare Martina.

-Probabilmente perché mi stai parlando in modo civile.-

-Io ti ho sempre parlato in modo civile!-

-Be’, ma adesso non stai ringhiando.-

-Io non… Oh, senti, tanto per mettere in chiaro la situazione ed evitare che si inventino chissà quale storia, facciamo vedere le cose come stanno.-

Sbottò lei infastidita, per poi avvicinarsi al ragazzo e baciarlo davanti a quasi tutta la classe.

A quel punto Irina per poco non cadde dalla sua sedia.

I due si staccarono e Giovanni le si rivolse come se niente fosse.

-Ciao, Iri!-

-…-

-Senti, potresti controllare se ho lasciato l’ombrello sotto al mio banco?-

-…-

-Iri?-

-…-

Non ci poteva credere. Ce l’aveva fatta. E senza il suo aiuto!

-Hem… Iri, stai bene?-

-Tu… tu mi hai fatto fare di tutto, e alla fine ci sei riuscito da solo! Mi hai fatto gonfiare come una palla, mi hai fatto recapitare stupide lettere, vestire di rosa! E alla fine te la sei cavata senza di me! Ti odio!-

Sbottò dopo parecchi minuti di silenzio la ragazza, dopo che si era resa conto di aver fatto mille lavori ingrati per niente.

-Io…-

-Marti, dimmi che almeno prima l’hai fatto soffrire.-

Si lamentò Irina, piagnucolando.

Martina rise.

-Sì, be’, direi che mi hatto soffrire abbastanza.-

Borbottò Giovanni. Martina gli colpì la spalla e Irina sorrise vendicativa.

-Ti ho fatto soffrire lo stesso necessario.-

-Quindi… ora non mi devo più preoccupare, né fare sedute da psicologa?-

Domandò Irina speranzosa, guardando Giovanni che passava un braccio intorno alle spalle della sua ragazza. La sua ragazza. Alleluja!

-No, non ti devi più preoccupare. Alla fine ha ceduto all’abbondanza disarmante del mio fascino.-

La rassicurò il suo compagno di banco.

-Più che altro ho avuto compassione.-

Sorrise perfida Martina, accolandoglisi però addosso.

Irina si voltò ancora un po’ scioccata, soprattutto incredula.

Si ricordò di quella volta che Giovanni l’aveva costretta a vestirsi di rosa solo perché era il colore preferito di Martina e, a quanto pareva, le serviva un’alleata in tinta color confetto ammuffito.

La ragazza scosse la testa e sperò, nonostante fosse contenta per entrambi, che in effetti Martina prima lo avesse fatto soffrire davvero.

 

 

 

 


*Angolo di Mary

Buonasera a tutti!

Finalmente, dopo essere stata in cantiere per circa un secolo questa one shot è riuscita a saltar fuori.

Allora, chiariamo alcune cosette. I personaggi usati sono Giovanni Santani e Martina Nova, e fanno parte della mia long "Dietro le Quinte".

Giovanni è uno dei ragazzi del Doposcuola Punitivo del liceo sperimentale Michelangelo e con Martina fa l'indirizzo artistico. Martina non è mai comparsa nella storia se non nel nuovo capitolo e questa one shot serve proprio a introdurla, ma soprattutto a dimostrare che il caro Giovanni è più avanti degli amici e ha già la ragazza, a differenza di quei poveretti. Una piccola rivincita per lui, che viene sempre maltrattato.

Mi sono estremamente divertita a scrivere di loro due, soprattutto nella parte finale, dove compare anche Irina Rainieri, protagonista di "Dietro le Quinte".

Oh, bè, ringrazio davvero i coraggiosi che si sono infilati sotto l'acquazzone per leggere di questi due,

Mary

P.S. Come sempre, chiedo scusa per gli eventuali errori di scrittura.

  
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