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Autore: Ziggie    23/09/2011    2 recensioni
- Perché vuoi imbarcarti, bambina? –
- Per rendere omaggio, al mare e ai suoi uomini, con le mie storie -.
- Un’oratrice, dunque? –
- Una scribacchina -.
Eh si, non mi smentisco mai, l'argomento sono sempre i pirati e l'irlanda, ma che ci volete fare, li amo entrambi. Spero che questa piccola storiella vi solletichi gli animi, buona lettura quindi e recensite in tanti ;)
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Buon pomeriggio amati lettori :) Eccomi qua con un piccolo esperimento. Quella che state per leggere è una storiella originale inventata su due piedi, tanto per non parlare sempre di Barbossa, ma sempre inerente al mondo piratesco che amo da impazzire. No, non ha nulla a che vedere con pirati dei Caraibi, è giusto qualcosa di diverso dal solito, spero che vi piaccia. Buona lettura :)
 

     “La scrittrice del mare”
 

           1.Maire, la stella del mare

Il mio nome, così come la mia vita, è legato a quella vasta landa blu che è il mare.

Sono cresciuta nella contea di Antrim, laddove i giganti hanno costruito la loro via per passare dall’altra parte, distruggendola, poi, in seguito. Vivevo, con mio padre, in una piccola casetta di pietra, con il tetto di paglia, sulla scogliera: baciata dalla spuma dell’onda e attorniata dal verde della brughiera.

Il mio vecchio, Lothar, era un pescatore, che a volte si improvvisava commerciante con gli stranieri e i mercanti  cittadini. Era una vita di stenti, non proprio quella adatta ad una bambina, ma a me piaceva.

Tra bancarelle e differenti moli, apprendevo le più svariate storie delle terre lontane e degli uomini del mondo. – Crescendo – mi dicevo – avrei viaggiato anche io, ed avrei fatto delle storie, il mio lavoro -.

Capelli ramati, mossi e occhi verdi: Maire, la stella del mare, si presenta a voi.

Ora ho 18 anni e ho lasciato la mia verde Irlanda, ma il suo Shamrock è il mio ciondolo e nessuno cancellerà le mie origini.

Il vecchio lotta è morto due mesi fa e due settimane dopo la sua morte, presi il mare a bordo dell’Avvelenata, un mercantile dallo scafo blu notte e dalle velature bianche, intrise ai lati di rosso bordeaux.

Giusto per rinfrancarvi anima e corpo, su quella nave non ero l’unica donna a bordo e perciò non occorsero travestimenti. Con me, vi era la figlia del capitano, da cui la nave prendeva il nome: Maeve.

- Perché vuoi imbarcarti, bambina? –
- Per rendere omaggio, al mare e ai suoi uomini, con le mie storie -.
- Un’oratrice, dunque? –
- Una scribacchina -.

Rimasi a bordo dell’Avvelenata per tre mesi, allietando l’equipaggio ogni sera con i miei racconti, solitamente accompagnati da un dolce sottofondo musicale.

Vidi le coste calde della Spagna mediterranea; l’isola di Capo Verde, ma quando avevamo all’orizzonte la meta più agognata, fummo attaccati da un vascello senza bandiera: pirati!

Fu una carneficina. L’avvelenata perse l’albero maestro, il capitano e di cinquanta uomini, ne rimasero quindici.

Il capitano pirata fece appello alla sua misericordia, sarcastico; risparmiò me e Maeve, pensando bene che potevamo intrattenere la ciurma con le nostre doti femminili; spedì poi dieci uomini del nostro vecchio equipaggio su una scialuppa, abbandonandoli al loro destino e cinque li imprigionò, fino ad un cambio repentino di idee.

Partimmo per Tortuga:  regno di pirati e perdizione, dove fiumi di alcool, tabacco, donne dai facili costumi la facevano da padrone. Le vie pullulavano di pirati ubriachi, stravaccati e privi di sensi a terra, mentre altri, più impegnati, carezzavano le labbra interiori di qualche pulzella, sotto le loro sottane. Il rum, con il suo odore acre, impregnava le menti più caste, aprendo i sensi più impuri e nascosti.

Ero affascinata da quel nuovo mondo, che mi si presentava, decisa ad imprimerlo nella mia mente per poi raccontarlo. E fu così  che, alla taverna più in voga della città, seduta ad un tavolo appartato, mi misi a scrivere.

Fu allora che il mio capitano mi guardò con occhi diversi, non bramosi di sesso, ma curiosi.

- Non vi divertite, Maire? –
- Certo, capitano – convenni sorridente – scrivo -.
Lui alzò un sopracciglio – è questo, infatti, che ha scaturito la mia domanda -.
Mantenni il sorriso – scrivere è la mia vita capitan Daimy. E’ con l’intento di raccontare del grande blu e dei suoi uomini, che ho preso il mare: marinai o pirati che siano -.
- Cosa state scrivendo, or dunque, ora? –
- La storia di una scribacchina che, per puro caso, è diventata pirata -. 
  
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