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Autore: Lynx__    23/09/2011    1 recensioni
"Evangeline scostò una ciocca di capelli neri e guardò con molta attenzione l’orario: era in anticipo di qualche minuto.
Sospirò e si strinse nel cappotto, chiudendo gli occhi, poi mosse qualche passo incerto verso l’entrata.
Sapeva che, una volta entrata lì dentro, avrebbe dovuto dire addio al suo amatissimo Jaques.
Le sue gambe tremavano, così come il labbro inferiore. Non voleva perdere l’unica cosa bella che le era capitata nella vita , e aveva paura."
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Adieu, mon amour


Evangeline osservò l'edificio color panna di fronte a lei e sospirò.
Era una uggiosa mattinata di inizio marzo e la cittadina francese di Lunéville era intrappolata in un fittissimo banco di nebbia.
L’insegna di ferro Gare de Lunéville era appena visibile dalla strada e ancora più difficile, era distinguere le lancette dell’orologio, posizionato sulla facciata della stazione.
Evangeline scostò una ciocca di capelli neri e guardò con molta attenzione l’orario: era in anticipo di qualche minuto.
Sospirò e si strinse nel cappotto, chiudendo gli occhi, poi mosse qualche passo incerto verso l’entrata.
Sapeva che, una volta entrata lì dentro, avrebbe dovuto dire addio al suo amatissimo Jaques.
Le sue gambe tremavano, così come il labbro inferiore. Non voleva perdere l’unica cosa bella che le era capitata nella vita , e aveva paura.
La guerra, ecco il motivo per cui lui doveva allontanarsi da lei, forse per sempre.
Il pensiero che ,un giorno, avrebbe potuto ricevere una lettera che annunciava la morte di Jacques, la spaventava.
No, la terrorizzava.
Abbassò lo sguardo sconsolata e fissò per alcuni secondi la punta delle sue scarpette, rivestite da una vernice nera.
Sarà un guerra lampo affermavano i politici.
Seconda guerra mondiale dicevano gli anziani seduti fuori ai bar.
Ormai Evangeline non sapeva cosa aspettarsi. La prima affermazione era molto più rassicurante, ma i politici erano famosi per raccontare sempre un sacco di sciocchezze.
La seconda affermazione era catastrofica, ma le persone anziane erano solite vedere gli eventi come qualcosa di apocalittico.
Un semplice raffreddore per loro era segno di morte imminente.
Evangeline scosse la testa per scacciare quei brutti pensieri e si incamminò titubante verso il binario dove sarebbe arrivato il treno diretto a Reims.
Avanzò a fatica tra la folla composta unicamente da uomini in divisa, donne in lacrime e qualche bambino.
Improvvisamente si fermò.
Un bambino dai folti capelli biondi fissava il padre allontanarsi, senza capire esattamente cosa stesse succedendo. Allora tirò la gonna della madre e chiese: «Mamma, dove va papà?»
A quella domanda la donna sospirò e accarezzando la testolina del figlio rispose:
«Papà va in un posto un po’ lontano, ma non starà via per molto»
Il bambino spostò lo sguardo sulla decorazione del pavimento.
«Allora domani non mi accompagna al parco?»
«Ti accompagnerò io…» sussurrò la madre prendendo il figlio per mano e uscendo dalla stazione.
Evangeline sentì una stretta al cuore e, ricominciando a camminare, pensò a tutte le famiglie che sarebbero state divise dal demonio della guerra, quante mogli avrebbero sofferto e quanti bambini sarebbero cresciuti senza un padre.
Scosse la testa. Non doveva pensare certe cose.
Jacques sarebbe sopravvissuto e lei lo avrebbe sposato qualche mese dopo la guerra, circondata da tutti i suoi cari e con un bellissimo vestito bianco.
Si, tutto si sarebbe risolto per il meglio e ci sarebbe stato il “per sempre felici e contenti”.
La ragazza, nonostante i progetti sul futuro prospero che la attendeva, non riusciva a tranquillizzarsi.
Il pensiero che Jacques potesse morire le si era insinuato nel cervello, impedendole di liberarsene.
Istintivamente però, quando lo vide seduto su una panchina adiacente al binario, sorrise.
Lui teneva la testa bassa e lasciava che i capelli castani gli coprissero gli occhi, li aveva sempre portati un po’ lunghi.
La ragazza si diresse titubante verso di lui regolando il respiro e calcolando qualche eventuale via di fuga.
Sentiva l’agitazione crescergli nel petto e ad un certo punto iniziò a pensare di non volerlo salutare affatto e che forse sarebbe stato meglio scappare via.
Jacques alzò lo sguardo e corse verso di lei.
«Evangeline! Avevo paura che non venissi…» disse raggiungendola e accogliendola in un caloroso abbraccio.
Lei sorrise dolcemente e posò la mano sulla divisa da militare che lui indossava.
«Non avrei mai potuto lasciare che tu partissi senza averti salutato… Ti sta bene l’uniforme»
Lui colse una nota di amarezza nella voce della fidanzata e il sorriso che aveva stampato in volto sparì.
«Preferirei non doverla indossare…» ammise sfiorando con le labbra le dita di Evangeline.
«Qualcuno dovrà pur difendere la nostra nazione, no?»
Perché devi essere proprio tu a dover andare via? era la domanda che voleva veramente porgli. Il ragazzo le accarezzò la guancia.
« Già, spero solo di poter ritornare presto da te…»
«Lo spero anche io Jacques…» rispose lei in un sussurro.
«Vedrò di non farmi uccidere il primo giorno di guerra »
Lo disse scherzando, ma Evangeline sentì una lancinante stretta allo stomaco e chiuse gli occhi .
Ci vollero alcuni minuti prima che riprendesse il controllo della propria voce.
«Jacques, ho paura…» confessò fissando le iridi verdi del compagno.
«Non devi avere paura…»
«Ma ho paura. Se tu non dovessi ritornare, io…io…» iniziò senza riuscire a continuare.
« Non pensarci nemmeno, ok? Io tornerò il più presto possibile e sarò sano come un pesce»
Lei annuì abbassando lo sguardo e lasciando che una lacrima le rigasse la guancia.
«J-Jacques, promettimi che ritornerai»
Il ragazzo esitò prima di rispondere.
«Certo che tornerò»
Evangeline lo guardò negli occhi.
«Promettimelo»
«Te lo prometto»
Un’altra lacrima le rigò la guancia, ma venne subito asciugata dal tocco leggero della mano di lui.
Gli occhi grigi di Evangeline divennero ancora più lucidi e presero la colorazione dell’argento.
Jacques la accarezzò per qualche minuto quando, dopo aver asciugato un’altra decina di lacrime, disse:
«Non voglio vederti così. Dovresti sempre sorridere. Il mondo è migliore quando sorridi..»
La ragazza sorrise e si abbandonò nell’abbraccio del fidanzato.
«Promettimi di scrivermi sempre»
«Ti scriverò due volte al giorno, te lo prometto»
«Mi stai promettendo troppe cose…»
«Manterrò ogni promessa, non preoccuparti»
Sorrisero entrambi e si baciarono teneramente.
«Il treno con destinazione Reims è in arrivo sul binario 5» urlò uno dei controllori passeggiando sul marciapiede.
Evangeline si sentì morire. Le rimanevano solo pochi minuti per salutare Jacques e non voleva attendere oltre.
Il treno frenò dolcemente all’arrivo in stazione e ,quando si fu fermato del tutto, iniziarono a scendere i passeggeri.
Jacques sospirò e si voltò verso la sua Evangeline. Sapeva che era giunto il momento dei saluti, ma non riusciva a lasciarla andare. Non credeva a tutte quelle promesse, non credeva ai miracoli e tanto meno alle sue abilità militari.
«Ti scriverò non appena mi avranno collocato. Cerca di rimanere tranquilla, va bene?»
Lei annuì e si alzò sulle punte per dargli un ultimo e appassionato bacio.
«Forza, siamo in partenza!» urlò il macchinista.
«Ora devo andare» fece Jacques allontanandosi svogliatamente da Evangeline.
Salì sul treno e ,sistematosi in una cabina, si sporse dal finestrino per salutarla ancora una volta.
«Ti amo»
A Evangeline gli morirono le parole in gola. Il treno stava partendo e Jacques si allontanava. Iniziò a correre seguendo il treno e quando fu abbastanza vicina al finestrino di Jacques urlò:
«Sono incinta!»
«Cosa?» chiese il ragazzo.
Il rumore assordante della locomotiva gli impediva di udire ciò che la ragazza cercava di dirgli.
«Parla più forte!» urlò.
«Sono incinta!!»
Jacques non capì, ma ormai il treno stava lasciando la stazione a tutta velocità ed Evangeline fu costretta a fermarsi e a osservare il mezzo allontanarsi tra la nebbia, temendo di aver perso la sua unica possibilità.



  
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