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Autore: Medea00    24/09/2011    35 recensioni
Ecco la storia di Blaine...narrata proprio dagli occhi di Blaine. Dal suo primo arrivo alla Dalton fino al fatidico incontro con Kurt, e da lì in poi, tutte le scene topiche del telefilm raccontate dal punto di vista di Blaine, ma non solo. Fanfiction Blaine (e ovviamente Klaine)-centrica.
Mi hanno detto di dire che non scrivo per scopi di lucro e che tutti i personaggi da me trattati appartegono a Ryan Murphy e alla Fox. E già che ci siamo aggiungo che tutti i riferimenti a fatti e persone sono puramente casuali, ahah!
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Tratto dal capitolo 15:
E non riuscii più a negarlo: anche lui piaceva a me. Mi piaceva il suo sorriso, il suono della sua risata, la sua stravaganza, e perfino la sua insolenza. Mi piaceva quando fuori facevano venti gradi e lui indossava un cappotto invernale. Mi piaceva quando piangeva, e non avevo mai creduto fosse possibile, ma ogni volta che vedevo quelle lacrime provavo l’irrefrenabile istinto di baciarle via, perché era bellissimo, anche con la fronte imperlata di sudore e una smorfia di disappunto dipinta sulle sue labbra.
Mi piaceva così tanto da star male. Perché non riuscivo più a non pensare a lui, e alle sue morbide labbra premute contro le mie. Perché, in quel momento più che mai, la mia mente riepilogò quel discorso fatto a San Valentino.
E cominciai a riflettere.
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 33
Non è la fine, è un inizio

 
 
Kurt stava per partire. Indossava uno splendido impermeabile color ghiaccio e la sciarpa che gli avevo regalato per Natale – gliel’avevo detto io, che era troppo calda per il periodo di Maggio, ma lui non ha voluto sentire ragioni-;  accanto a lui, un set di trolley, borsa a tracolla e beauty case, tutti perfettamente coordinati e abbinati al colore del soprabito.
L’aereo sarebbe partito tra pochi minuti, eppure lui sembrava non aver alcuna intenzione di lasciarmi, come se avesse paura di qualcosa. Ma era troppo emozionato all’idea di visitare la Grande Mela, e quindi non smise di fantasticare su New York, sulla Juliard, e sul servizio di benvenuto che gli avrebbe offerto la compagnia aerea. Io rimanevo lì, appoggiato al cofano della macchina, diviso a metà se accompagnarlo di filato all’aeroporto o lasciarlo abbandonare nel suo sognante sproloquio: già, sognante. I suoi occhi, che erano sempre stati incredibilmente belli e affascinanti, ora brillavano di luce propria, di un bagliore che raramente era stato tanto forte, e che aumentava sempre di più assieme al suo discorso. Perché Kurt stava parlando del suo futuro, ed era la cosa più adorabile che avessi mai visto.
Soltanto ad un tratto, quando si accorse che non lo stavo veramente ascoltando, perchè ero piuttosto preso a immergermi nell’azzurro dei suoi occhi, si fermò e mi guardò rammaricato.
“Blaine…mi dispiace.”
Aggrottai le sopracciglia, ma solo un poco: “Per cosa?”
“Io…ho cominciato a straparlare di New York, della Juliard… sono stato un insensibile, non ho la più pallida idea di quello che tu voglia fare nel futuro, e…”
“Kurt, non devi scusarti. Questo è il tuo sogno. Ma che dico, è il tuo futuro: tu sei destinato a questa vita, e io ci tengo troppo a te per non esserne felice.”
Rimase in silenzio. E a poco a poco, con voce sempre più debole, esternò quello che era uno dei suoi peggiori dubbi: “Ma quindi, quando io andrò a New York, e intendo, definitivamente…non ci vedremo più?”
Non risposi. La sola idea di non poter vedere Kurt, per chissà quanto tempo, mi straziava. Già era difficile stare lontano da lui per tre, lunghissimi giorni, non riuscivo a contemplare la concezione di “settimane”, o –e tremavo al solo pensiero- “mesi”.
No, non sarebbe stato possibile; ma cercai di essere ottimista, per amore di Kurt, e anche un po’ per me.
“Beh…non è detto. Potremmo vederci spesso, voglio dire, ti verrò a trovare tutte le volte che posso, e…”
E fu in quell’esatto istante che il suo viso si accese come colpito da un fulmine. I suoi occhi, ora incredibilmente spalancati e deliziosi, brillarono dall’emozione mentre con voce emozionata esclamò quella che gli sembrò l’idea migliore di sempre.
“Potresti venire a New York?”
Rimasi interdetto: “Come scusa?”
“Certo! Oh, Blaine, tu DEVI venire a New York, è perfetta per te! E poi potremmo prendere un bilocale vicino alla Juliard, fare l’abbonamento a tutti i teatri di Broadway…”
“Kurt –lo interruppi, sebbene mi costasse davvero molto- io non sono così sicuro sul mio futuro come te… non posso dire se…”
“Appunto! –Ribatté, raggiante- Qualsiasi cosa tu voglia fare, e lasciamelo dire, se smetti con la musica commetti un crimine contro l’umanità, a New York avrai la possibilità di farla. E la faremo insieme, Blaine: cominceremo una nuova vita, via da questa città, via da tutto.”
Le parole che usò, e il tono con cui furono dette, mi colpirono dritto in mezzo al cuore: perché soltanto in quel momento capii una cosa così dolce, e incredibilmente bella, che quasi non credetti ai miei pensieri finché lui stesso non li confermò, attraverso un sorriso, un’affermazione espressa in modo dolce.
“Il punto è che…in ogni futuro che immagino, in ogni variazione possibile del mio sogno…tu ci sei sempre.”
Sempre.
Che bel suono, sempre. Non era un forse, non era un può darsi. Era un sempre. Era un piano, che andava oltre gli anni del liceo, oltre ogni mia più rosea immaginazione. Era un futuro, non mio, né di Kurt, ma di tutti e due messi insieme: era il nostro futuro.
Eravamo ancora tanto giovani, e forse troppo ingenui, ma si sa, a quell’età ogni cosa sembra realizzabile, e grazie a quell’ipotesi così bella e rassicurante, cominciai ad accarezzare l’idea di un’accademia di musica, di un’università d’arte. Quante ce n’erano a New York? Decine? Dozzine?
Erano sufficienti. Insomma, stavamo parlando di New York. Ma non solo: stavamo parlando dell’idea di trascorrere il college insieme a Kurt.
Non ero certo di quello che avrei fatto, non avevo un piano ben delineato come il suo, e nemmeno dei desideri molto chiari, ma su una cosa ero sicuro: io volevo stare con lui. Se il tempo, e i sentimenti me lo avrebbero concesso, avrei trascorso con lui ogni attimo della mia vita.
E dentro di me quel piccolo fuoco che da un po’ di tempo si stava facendo spazio dentro al mio cuore cominciava sempre di più a crescere, ad infondermi delle leggere e piacevoli scariche di calore.
Mi resi conto solo in quel momento che Kurt mi stava ancora fissando, in attesa di una risposta: perché lo aveva fatto davvero, mi aveva proposto di andare al college insieme, di sfidare il tempo e quel lunghissimo anno di fine liceo per raggiungere poi la vetta dei nostri sogni, dei suoi sogni, in cui io ero assolutamente presente.
E quella cosa mi permise di amarlo un po’ di più.
“New York, eh?”
Assunsi un’espressione pensierosa, come quando mi aveva chiesto se avessi letto il libro di Patty Lupone, e  anche stavolta Kurt ci stava cascando sul serio, credeva che fossi in dubbio: ma come poteva? La risposta era chiara, trasparente, era esattamente davanti ai suoi occhi, e racchiusa dentro ai miei.
“Sarebbe fantastico.”
Si concesse soltanto un attimo: poi mi abbracciò con tutta la forza che aveva in corpo, riempiendo il mio collo e la mia bocca di baci.
Alla fine lo accompagnai all’aeroporto: partì, ma senza timori. Sapeva che, al suo ritorno, sarei stato proprio lì, ad aspettarlo.
 
 
C’erano delle volte in cui adoravo mia sorella, sul serio.
Ma c’erano altre volte in cui rischiavo seriamente di strangolarla, tipo quel giorno, quando mi prese dalle mani il cellulare con fare dispettoso e cominciò a leggere tutti quanti i miei messaggi; ovviamente, tutti di Kurt. E non tutti parlavano dei poster di Wicked o del negozio Tiffany.
“Kitty!”
La sorellina mi ignorò completamente e continuò a saltellare per tutta la casa, ridacchiando e sospirando con dei modi da vera primadonna.
“Kitty, TI PREGO, potresti ridarmi la mia PRIVACY!?”
“Ma siete così carini! E oggi hanno cancellato la puntata di O.C, dovrò pur svagarmi in qualche modo!”
Feci una smorfia. Molto, molto divertente.
“Sei soltanto invidiosa, e adesso ridammi il cellulare!”
“Invidiosa? –Sbottò, salendo sulle scale e facendomi la linguaccia- Sappi che il MIO ragazzo è cento volte meglio del tuo!”
Oh, questa poi…
Sorvolai sull’enorme stupidaggine appena detta, e da brava persona matura mi limitai a rincorrerla a destra e a manca rischiando seriamente di assalirla alle spalle pur di riottenere il tanto agognato bottino.
Alla fine, un po’ per divertimento, un po’ per esasperazione, nostra madre sbucò dalla sua camera e con un’occhiataccia paralizzò entrambi.
“Kitty, consegna il telefono a tuo fratello.”
Lei sbuffò sonoramente, ma con mia grande fortuna obbedì; senza neanche pensarci lo afferrai e lessi velocemente l’ultimo messaggio di Kurt, dal momento che lei mi aveva impedito di farlo prima.
Ho appena cantato in un teatro di Broadway. E non uno qualsiasi. Ho appena cantato For Good, insieme a Rachel, nel teatro di Broadway di Wicked!!! E’ il giorno più bello della mia vita. –K
Sorrisi. Sì, potevo immaginarmelo perfettamente volteggiare tra le quinte e la scenografia, padroneggiando il palco come se fosse nato per questo. Mi sentii soltanto dispiaciuto per non aver assistito alla scena: doveva essere stata sensazionale.
E prima di poter scrivere una risposta, Kurt mi aveva inviato un altro messaggio:
Mi correggo. Sarebbe il giorno più bello della mia vita, se ci fossi tu a viverlo con me. Sappi che ho già adocchiato un paio di appartamenti nell’Upper East Side. E adesso vado, prima che Shuester scopra la nostra piccola “trasferta”. Ci vediamo dopodomani, baci. -K
Fui costretto ad appoggiarmi al muro per impedirmi di accasciare a terra attraverso una poltiglia informe.
Mia madre mi trovò in quello stato esattamente dieci minuti dopo e mi guardò sconcertata: “Blaine, devo preoccuparmi?”
Scoppiai a ridere; il perché, poi, non lo sapevo nemmeno io. Sarà stata la mancanza di Kurt per due lunghi giorni, sarà stata una nuova consapevolezza che stava pian piano insediandosi nella mia mente…no, non nella mente: nel mio cuore.
“Andiamo –continuò mia madre, compassionevole- altre trentasei ore e rivedrai il tuo Kurt.”
Trentasei ore. Sì, avrei potuto sopportarle. Dopotutto, che cos’era un misero giorno e mezzo, messo a confronto con l’immagine che avevo davanti? L’immagine di noi due, seduti su un divano troppo grande per una casa troppo piccola, immersi fino al collo di dvd d’epoca e latte caldo, travolti dal traffico di New York ma allo stesso tempo completamente indifferenti, perché, quando eravamo solo noi due, accoccolati da una copertina di lana, tutto il resto del mondo scompariva.
Quella sensazione piacevole nel petto, ora, rendeva tutto terribilmente offuscato, perfino mia madre, che mi fissò con un’espressione di commozione.
“Oh, tesoro… se solo potessi vederti adesso…sei così dolce. Forse non ti sei reso conto di quello che provi…ma lo capirai presto.”
E fu allora che la guardai, con un volto nuovo, una rinnovata sorpresa.
Perché tutto, in quel momento, mi apparve chiaro e semplice, esattamente per com’era.
“Credo…credo di aver capito.”
Rimasi sopraffatto da quella rivelazione, fatta più a me stesso che a lei, ma dopotutto nemmeno più di tanto: più che altro, provai un’irrefrenabile gioia, un’incontenibile trepidazione, una voglia indescrivibile di vedere Kurt, abbracciarlo, vederlo, dirglielo.
Era una cosa troppo grande, e troppo forte, per poter essere conservata nelle mura del mio cuore.
Con un gesto lento, meccanico, quasi come se dovessi ricordarmi di come fare a pensare, diedi un ultimo messaggio a Kurt, e sospirai.
Devo dirti una cosa, quindi vedi di tornare presto. Ti aspetto. -B
Perché lo aspettavo da sempre. Lo avrei aspettato per tutta la vita.
 
 
Pensai che ci avrei messo una vita a scegliere cosa mettermi. Eppure, quel giorno, quasi per miracolo, quasi per una volontà del destino, ritrovai quella felpa rossa che avevo comprato insieme a Kurt, il giorno del nostro primo appuntamento.
“Un giorno mi ringrazierai”, mi aveva detto. In effetti aveva ragione: dovevo ringraziarlo per essere inciampato nella mia vita. Come un fiore in inverno: inaspettato, eppure, così bello, da lasciarti completamente senza difese.
Mia madre aveva già capito tutto; dopotutto, era pur sempre mia madre. Mi diede un forte bacio sulla nuca e trattenendo un singhiozzo mi sussurrò “vai”, come se mi allontanassi definitivamente da lei, come se partissi lontano. Ma era strano: non stavo andando da nessuna parte, insomma, il Lima Bean non era poi così distante.
Eppure lei sapeva. Da quel giorno in poi, sarebbe cambiato tutto. Sarebbe cominciato tutto.
 
Nel bel mezzo delle strade di Lima cominciai a correre. Correvo talmente forte da ignorare i passanti che mi fissavano scandalizzati, i conoscenti che volevano fermarmi, gli amici che per poco non placcai con la mia energia.
“Blaine!” Esclamarono in coro Nick, Ed, Colin e Flint, afferrandomi per un braccio e costringendomi a rallentare.
“Woah amico, ma dove corri?”
“Da Kurt.” E il mio cuore accelerò di colpo. Ma non era per colpa della corsa.
I quattro, semplicemente, sorrisero.
“Salutacelo.”
“Dobbiamo fare un’altra uscita, un giorno di questi!”
“Se per uscita intendi SPIONAGGIO DI MASSA…”
“Spionaggio, uscita…che differenza fa?”
“Siamo Warblers! Questi mezzi-termini con noi non funzionano.”
“Ma che c'entra!? Un conto è usare correttamente le parole del dizionario, un conto è inventarcene di sana pianta, come il Kurt-sorriso!”
“Già, a proposito Blaine, oggi stai battendo te stesso. Il tuo iper-Kurt-sorriso-Super-Sajan si è digievoluto un’altra volta.”
“Lo so. E’ lo stadio finale, suppongo.” E loro strabuzzarono gli occhi, mentre i miei li fissarono uno alla volta.
Non feci nemmeno in tempo a correre via, che tutti e quattro mi soffocarono in una presa che di abbraccio aveva ben poco. E anche se rischiai seriamente di rompermi qualche costola, non potei fare altro che ricambiare il gesto, con un piccolo moto di orgoglio.Siamo Warblers, ripetei dentro di me, e pensai anche ad un’altra cosa: il mondo era stato veramente benevolo con me.
 
Il lungo viale di Lima non mi era mai sembrato così interminabile e faticoso.
Volevo soltanto raggiungere la caffetteria il più presto possibile, vedere Kurt, ascoltare l’esito delle Nazionali, dirgli che…
“Anderson!”
Mi voltai di scatto: e davanti a me, c’erano Chase...e un’altra persona.
“Priscilla!?”
I due si scambiarono un’occhiata piuttosto eloquente. No, questa non me l’aspettavo davvero.
“Non pensare male -Aggiunse infatti il ragazzo, assumendo il suo solito tono gelido – questa qui non ha voluto mollarmi nemmeno per mezzo secondo.”
“Blainy!” Mi schioccò un bacio sulla guancia, ma non feci obiezioni: ero talmente di buon umore da riuscire a sopportare perfino l’isteria di quella ragazza.
“Un momento: che ci fai qui?”
“Dovrei farvi la stessa domanda – feci io- da quando in qua Lima è diventata la meta degli studenti della Dalton?”
“Oh, noi abbiamo soltanto seguito i Fantastici 4. Ma immagino che oltre Westerville non conoscano altra citta al di fuori di questa.”
Ridacchiai. In effetti, era molto probabile.
“Un momento. –Sbottò la ragazza, con una voce che non era mai stata così seria- Blaine, mi hai detto che hai un ragazzo…”
“Sì.” Affermai, radioso, spostando il peso da un piede all’altro.
Priscilla fissò prima Chase, poi me.
“…Per caso voi due state insieme?”
Ci fu una piccola pausa, minuscola.
Dopodiché, l’orrore.
“CHE COSA!?”
“M-Ma stiamo scherzando!?”
“L’unica cosa che io e questo nano abbiamo in comune…è il fatto di non avere proprio NIENTE in comune!”
“Esatto!”
“Oh - Commentò, in parte dispiaciuta – Peccato.”
Come sarebbe a dire, peccato?!?
“Io devo andare.”
Perché se fossi rimasto un altro minuto, probabilmente avrei sentito altre teorie deliranti che non avevo davvero la forza di sopportare.
“Sì, ok.” Dichiarò Chase, con un leggero cenno del capo, come dire “è meglio per entrambi”.
Salutai quella coppia azzardata. Per via di tutte quelle interruzioni, avrei finito per fare tardi, e non potevo fare tardi, non quella volta.
 
 
Infine, quasi per miracolo, quasi per magia, vidi Kurt. E fu come rivederlo per la prima volta.
Il mio passo rallentò quasi inconsciamente, mentre il mio cuore, al contrario, cominciava a fare i salti su se stesso.
“La compagnia aerea americana è anche sin troppo scrupolosa.” Fu la prima cosa che mi disse, mugugnando ancora per qualche controllo minuzioso ottenuto in aeroporto.
E io, semplicemente, lo abbracciai. Non che non mi interessasse dei soprusi rivolti ai suoi innocenti bagagli, ma in quel momento l’unica cosa che riuscivo a concepire era il corpo di Kurt stretto contro il mio. Erano tre giorni che volevo farlo, eppure, mi sembrava di non averlo mai abbracciato come si deve, fino ad allora.
E, forse, anche Kurt se ne accorse: si distaccò un poco da me, a metà tra lo scosso e l’emozionato: “Tutto bene?”
“Mai stato meglio.”
Prendemmo le nostre solite ordinazioni, ci sedemmo al nostro solito tavolo, e una volta messi comodi, e l’uno di fronte all’altro, Kurt mi parlò di nuovo.
“Allora? Cos’è che dovevi dirmi? Il tuo messaggio era piuttosto emblematico.”
Per fortuna, ero comodamente appoggiato alla sedia, altrimenti le mie gambe non avrebbero retto l’improvvisa ondata di emozione che mi aveva colto alla sprovvista.
“No –mormorai, lottando contro la gola improvvisamente secca- no, prima tu. Raccontami di queste nazionali.”
Potevo aspettare. Dovevo aspettare. Kurt non sospettava di niente, e quello, oh, quello rischiò seriamente di mandare a monte tutto il mio piano, eppure, resistetti, perché volevo ascoltare tutto il racconto di New York, ancora non mi aveva spiegato nel dettaglio il motivo della loro sconfitta; mi aveva detto soltanto due cose, in un messaggio pressoché telegrafico: 1) Abbiamo perso. 2) Due settimane e Finn e Rachel diventeranno TT con il titolo “the kiss that missed”.
“Beh, non c’è molto da dire, in realtà. -Prese un sorso dal suo caffè, e continuò- Siamo arrivati dodicesimi.”
“Dodicesimi!? Non è neanche nella top-ten!”
“Lo so! Oh mio Dio, dovevi vederci. Abbiamo tutti guardato la lista della top-ten e siamo rimasti allibiti. E poi Jesse ha continuato a lamentarsi di quanto il bacio di Finn e Rachel ci avesse costato le nazionali, e…”
“Beh –lo interruppi- capisco la passione, ma anche io penso che non fosse professionale. Comunque scusa, continua.”
“Ok, e insomma torniamo all’Hotel, e Santana perde la testa.”
“Che vuol dire, perde la testa?”
“Nel senso che tra poco non staccava quella di Rachel in un raptus di follia!”
“…Oh.” Chissà perché, riuscivo ad immaginarmi perfettamente quella scena.
“Voglio dire –seguitò lui- il viaggio di ritorno è stato assolutamente silenzioso, nessuno ha detto una parola! Stavamo tutti seduti nei nostri posti a leggerci le copie di Sky-mall.”
Kurt sorrise, e io lo assecondai.
“Un momento –commentai, non appena mi fui reso conto della cosa- non, non capisco. Non sembri affatto dispiaciuto.”
Mi ricordavo perfettamente il suo rammarico per aver perso le Regionali, giusto qualche mese prima, e adesso invece sembrava sereno e tranquillo, come se non avesse davvero perso la competizione più importante dell’anno.
Esitò un secondo, stringendosi nelle spalle.
“Beh…è stato comunque fantastico.”
Oh.
Non seppi davvero descrivere ciò che provai: orgoglio, ammirazione, e tanta, tantissima gioia. Perché era lo stesso ragazzo di qualche mese prima, eppure, era diverso. Era maturato, era sereno, perché ne aveva passate tante, in quell’ultimo anno di scuola, e nonostante tutto si era sempre rialzato in piedi.
Ciò che vidi nei suoi occhi fu la cosa più incredibile di tutte: sprizzavano energia, forza, e un altro sentimento che soltanto allora riuscii a decifrare. Soltanto allora potei riconoscerlo, perché era uguale al mio.
E fu proprio in quel momento, mentre lui continuava a parlare entusiasta del suo viaggio a New York, della sua colazione da Tiffany, del suo primo viaggio in aereo, fu proprio allora che glielo dissi. Perché era una cosa che provavo da troppo tempo, ma che avevo capito di provare da molto poco.
“Ti amo.”
Magari poté anche sembrare fuori luogo, dirlo lì, nel bel mezzo di una caffetteria, per di più interrompendo un suo discorso nemmeno molto romantico.
Ma non c'è lo slow-motion nella vita vera, e nemmeno il quartetto di archi.
E quel posto, sebbene fosse banale, ordinario, quasi dozzinale, non poteva essere più giusto, perché ci aveva visto nascere, crescere, soffrire e fare di nuovo pace, ci aveva visto ridere ad un qualche battibecco scherzoso e sospirare di fronte alla grandezza dei nostri sentimenti.
Perché, in quella piccola caffetteria del centro di Lima, c’eravamo noi, con il nostro amore.
Kurt rimase per un attimo interdetto. Fu costretto ad ingoiare un ingente sorso di caffè per evitare di soffocarcisi dentro.
Il mio sorriso, per quanto umanamente possibile, si addolcì ancora di più: davvero ti ho sorpreso? Davvero non ti eri reso conto di quanto ti ho amato, profondamente e incondizionatamente, sin dal primo momento che ti ho visto?
Quello, davvero, era inconcepibile.
Ma, in un certo senso, capii il suo stupore, non appena sentii quattro piccole paroline.
“Ti amo anche io.”
Lo aveva detto come se fosse la cosa più scontata del mondo.
Che stupido: era scontata. Anche se si era trattenuto nel dirlo ad alta voce, come quella notte in cui mi aveva chiamato per l'incubo, o quando i suoi occhi si illuminavano come fari nell’ombra non appena incontravano i miei. Era ovvio che fosse innamorato di me. Era ovvio che, dopo tutto quello che avevamo passato, i nostri sentimenti fossero i più puri e assoluti di sempre.
E quando me ne resi veramente conto, lasciai che le mie labbra si incurvassero giusto un altro pochino all’insù, attraverso un piccolo, tenero sorriso. Perché l’uomo che amavo più di ogni altra cosa al mondo provava le stesse medesime cose.
“Lo sai? Se ci pensi un attimo, Kurt Hummel ha passato davvero un bell’anno.”
Non era vero. Kurt, in quell’anno, aveva rischiato di perdere suo padre, era stato minacciato di morte, aveva perso gli amici e la scuola per recarsi in un posto del tutto nuovo, era stato distrutto attraverso uno stupido voto segreto, e in quella stessa serata era risorto dalle sue ceneri.
In effetti, l’unica cosa buona che gli era capitata in quel lungo, difficile anno, ero proprio io.
Ma fu proprio per questo motivo che lo disse: per merito mio, tutte le cose brutte erano soltanto dei piccoli ricordi; perché non potevano contrastare la felicità, e la fortuna, di esserci incontrati. Questo voleva dirmi, in un modo ironico, un po’ cinico, come soltanto lui sapeva fare.
E in quel momento, il mio cuore si permise di amarlo un po’ di più.
Ma non fu possibile: lo amavo già completamente, con ogni fibra del mio essere.
 
 
 
Passammo il resto della giornata insieme.
Comprammo gli spartiti per la mia esibizione al Six Flags, parlammo del suo musical dedicato a Pippa Middleton –sapevo, anzi, temevo che prima o poi l’avrebbe fatto- e, cosa più importante di tutte, continuammo a dirci “ti amo”. Ce lo dicemmo praticamente in ogni momento.
“Vuoi un altro caffè, Kurt?”
“Ti amo.”
“Ti sei messo la felpa che ti ho comprato!”
“Ti amo.”
“Blaine, perché stiamo piangendo?”
“Non lo so, Kurt. So solo che ti amo.”
“Ti amo anche io. Forse è per questo. Forse, siamo soltanto troppo felici.”
Eravamo ormai in macchina quando successe quella cosa. La giornata si era trasformata in sera, e alla caffetteria si era sostituito il piccolo parcheggio di casa sua.
Kurt si asciugò le lacrime con la manica del suo cardigan, e io ne approfittai per staccarmi la cintura del sedile e sporgermi verso di lui.
“Kurt?” Enunciai, prendendo dolcemente il viso tra le sue mani, ed inspirando a pieni polmoni il suo profumo.
“Sì?” Chiese in modo ingenuo, trattenendo un’altra volta il fiato, come se fosse la prima. Era incredibile quanto riuscisse ancora a sorprendersi di quelle piccole paroline, in un modo talmente spontaneo da renderlo ancora più splendido.
“Ti amo.”
Sorrise ancora di più, e mi baciò.
Blaine, io ti amo, dal primo momento che ti ho visto camminare lungo quelle benedette scale della Dalton.
“Sul serio?” Domandai, perché non riuscivo a crederci che mi amasse da così tanto tempo, era semplicemente troppo bello.
Lui annuì, e subito dopo scoppiò a ridere come se si fosse appena ricordato di una cosa.
“Hai presente il giorno in cui ci siamo visti per la prima volta, dopo che hai cantato Teenage Dream?”
Certo che me lo ricordavo. “Il nostro primo incontro”, sussurrai.
“Ecco. Io quel giorno ho rubato un annuario scolastico dalla biblioteca e ho tagliato via la tua foto.”
Strabuzzai gli occhi. “Che cosa?”
“L’ho messa nel mio armadietto subito dopo aver ricevuto il tuo primo sms.”
Courage.” Ricordai, e i miei occhi luccicarono di commozione.
Allora era proprio vero. Era tutto reale, Kurt mi amava quanto e forse più di me.
“Anche io ti ho amato.” E lui scoppiò di nuovo a ridere.
“Beh, prima di me hai amato Jeremiah, e anche un po’ Rachel.”
“Oh no..” mormorai, affondando la testa nell’incavo del suo collo, e potei sentire la sua gola emettere delle vibrazioni di pura ilarità.
“Non è vero - ribattei, con voce piccola piccola, e il morale sotto terra – non è vero Kurt, io ti ho sempre amato.”
“Io ti amo da più tempo.” Rispose, e io mi strinsi ancora di più a lui, perché era competitivo perfino in una situazione simile, e soprattutto, lo amavo da morire per questo.
Si scostò un attimo, quanto bastava per guardarmi dritto negli occhi.
“Ho amato solo te.”
Valeva molto di più di “ti amo”. Ed era molto più veritiera di “ti amerò sempre.” Perché non potevamo essere sicuri del futuro, ed eravamo ancora troppo piccoli per concepire quelle enormi e bellissime emozioni vissute in quell’istante. Ma c’era una cosa, una sola cosa di cui potevamo essere perfettamente certi: Kurt mi aveva amato, senza se e senza ma, e io avevo ricambiato il suo amore, e anche se lo avevo fatto con un po’ di ritardo, non toglieva nulla all’intensità dei miei sentimenti.
Perché i nostri due cuori si erano incastrati ancor prima che io, o lui, ce ne fossimo veramente accorti.
Perché ormai non riuscivo a vedere nient’altro al di fuori di Kurt, e Kurt poteva vedere la sua anima dentro ai miei occhi nocciola.
Guardai gli occhi di Kurt e potei contemplare il cuore di Kurt, perché adesso era completamente aperto verso il mio, ed era bellissimo, mi riempiva di un amore che non avrei mai sognato provare. Era tutto ciò di cui avevo bisogno.
 
Non so esattamente cosa spinga due persone a legarsi.
Forse la sintonia, forse le risate, forse le parole.
Probabilmente, l'incominciare a condividere qualcosa in più, a parlare un po' di se, a scoprire pian piano quel che il cuore cela. Imparare a volersi bene, ad accettarsi per i difetti, i pregi, per le arrabbiature e le battute. O forse accade perché doveva accadere. Perché le anime son destinate a trovarsi, prima o poi.(*)
 
 

*****
 
(*) L’ultima frase, ahimè, non è mia. Era troppo bella per essere stata scritta dalle mie umili mani. Appartiene, invece, a Paulo Coehlo, ed era semplicemente perfetta.
Come loro due.
E come la gioia che sto provando adesso mentre compongo la mia ultima prefazione, perché ho deciso di non fare nessun epilogo, sarebbe inutile, non voglio rovinare questo capitolo e voglio che concluda questa storia.
 
E quindi, quando rilascerò questo capitolo 33, spunterò la casellina “completa”, e mi si stringerà il cuore nel farlo, ma so che è giusto così.
Ho voluto salutarvi così, passando un po’ in rassegna tutti i personaggi di questa storia, e poi, concludendo quella bellissima scena della 2x22.
Non sono portata per i finali. Sono tristi, e in un certo senso, danno l’idea di qualcosa che finisce. Ma sappiamo tutti che questa non è la fine, ma l’inizio!! A parte che sicuramente continuerò a scrivere qualcos’altro (all’inizio qualche one-shot senza pretese, e poi chi lo sa? Questa terza stagione promette bene…), ma esiste facebook, esiste skype e msn (chi mi vuole, mi aggiunga), esistono le mail e gli mp.
Insomma, io SO che non smetterò di sentirvi. In ogni caso, mi farebbe piacere leggere le vostre ultime recensioni (lacrimuccia), soprattutto da tutti quei lettori fantasma che hanno riso, pianto (o magari schifato) in silenzio sulla mia fanfic... mi riferisco soprattutto a questi ultimi, di cui pareri so poco o niente: spero che questa storia vi sia piaciuta.
Ne scriverò altre? Sicuramente. Diverse one-shot, per il momento, in attesa di ricevere l'ispirazione geniale per un'altra long-fic. Voi comunque continuate a seguire la sezione “Glee”, e se trovate qualcosa di insensato, romantico, o estremamente fuori controllo, con riportato il nome “Medea00”, allora fateci un salto. Ma solo se vi va! ;)
E adesso, i ringraziamenti. Preparatevi, perché sono belli lunghi.
Innanzitutto ringrazio le 349 recensioni ricevute (finora)
Le 64 persone che hanno ritenuto questa storia degna di essere messa tra le preferite (e di questo non ringrazierò mai abbastanza)
Le 89 persone che mi hanno seguita, rendendomi incredibilmente fiera di me
Le 7 perone che mi hanno ricordata, perché io di certo mi ricorderò di voi.
E ora, i ringraziamenti ad personam.
 
A Lievebrezza, perché…beh, perché è mia moglie.
 
Monochrome. Ottima beta, e carissima amica.
Ne approfitto per ringraziare tutti i miei amici in real che mi hanno sopportata finora, Nih, HellenMarieClaire, Sosia92…ragazze, scusatemi. So di essere una frana quando mi prendono le paranoie.
 
Sirymcgregor perché ha recensito TUTTI e dico TUTTI I CAPITOLI!! E mi ha veramente spiazzata...e da lì ogni recensione era una gioia!
 
Aurinella che ho conosciuto in seguito ma con cui è nata una bella e reciproca amicizia ^^
 
Akindofmagic, perché le sue recensioni mi fanno sempre emozionare!!
 
Livya_Vitty, perché ha segnato le 200 e le 300 recensioni…quando si dice il destino!! Ahah
 
Sakura_Elisa perchè ha letto e recensito quasi I CAPITOLI in una botta sola....STIMA PROFONDA!!!!
 
Safelia 22 perché ormai ti ritengo una mia amica, visto che abbiamo condiviso delle bellissime chiacchierate che andavano oltre Glee, e di questo ti ringrazio infinitamente.
 
Evy78 ed ElyCey perché…beh, perché sono degli idoli...mi hanno seguita da sempre…oh vi voglio bene ragazze! <3
 
Alchbell. A parte che mi ha fatta rotolare dalle risate, ma grazie a diversi mp ho potuto conoscerti meglio, e fattelo dire: ti adoro!!
 
Hale_y...che dire, sei fantastica. Ottima traduttrice, e ancora di più splendida come lettrice. Davvero, sei la lettrice che ho sempre sognato (lacrimuccia)
 
Endgame_Klaine… troppi scleri e mp che mi hanno portata ad adorarla con tutta me stessa XD che dire, grandi menti, stesso nome! ahahah
 
Daisydrop che mi ha fatta rotolare con la sua euforia. Spero che tu mi lasci una recensione delle tue, almeno mi risolleverai un po’ il morale da questa depressione post-fanfic!
 
Ilaryf90, perché le sue recensioni sono sempre molto riflessive, e mi permettono di ragionare insieme a lei. Adoro quando si va oltre i complimenti e mi esprimi i tuoi pareri, soprattutto perché sei una Kurt-addict convintissima!
 
Nem, perché sei stata sempre gentilissima e le tue recensioni mi hanno sempre fatta sorridere di gioia.
 
Paloma_201…hai ancora il blocco del recensore? Ho davvero bisogno di una recensione delle tue ç_ç sono già in status depressivo per la fine della fanfic…a parte questo, davvero, GRAZIE.
 
Heyitsgeorgia13 -anche se non leggerà questo post perchè mi ha tolta dalle seguite
 
kithiara - che ha creato i fantastici 4 e la adoro per questo.
 
mistica ---SUPER recensione per il cap 25 (Richard deus ex machina) e miticissimi scleri… quante risate spese davanti al pc!!!
 
Ringrazio anche
GleeKinn518,  Beatrice S, valigleek, Angel666, ColferAddict gentilissima ;), ForeverAlone, Bababortola, Gleekoscia, Natalie91, Bryn123, LoveUpMe, GiuliaCriss, Babyitscoldoutside, VomitingKlainbows, Carolina110411, Whereismymind, e tutte le altre persone che SICURAMENTE ho dimenticato di scrivere, ma vi assicuro, non ho dimenticato la gioia che ho provato grazie alle vostre recensioni.
Perdonatemi, ma sono quasi le tre, e io comincio a sentire la depressione post-fanfiction.
 
Ci risentiamo per i saluti personali attraverso i messaggi di risposta.
Grazie.
Come ve lo devo dire?
GRAZIE.
Non sarei mai riuscita a finire questa storia senza di voi. Quindi, sul serio, grazie.
E alla prossima! (O almeno, lo spero!)
Un bacio, Fra.
   
 
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